Alfio Borghese, ancora
instancabile organizzatore di eventi culturali, ha presentato sabato 20 maggio
a Boville Ernica la mostra d’arte sacra nell’ambito della manifestazione
“Pasqua con Giotto” promossa dall’amministrazione comunale
rappresentata dal sindaco Enzo Perciballi e dal consigliere Martina Bocconi con
delega al turismo e centro storico.
La kermesse ha visto esposte le
opere di 20 artisti nel suggestivo spazio espositivo allestito nella chiesa di
San Francesco dal meraviglioso soffitto ligneo a cassettoni. Qui artisti
contemporanei si sono inconsapevolmente misurati con maestri del passato che
hanno lasciato le loro tracce sulle pareti della chiesa sulle quali ancora
sopravvivono porzioni di affreschi che narrano il livello qualitativo, il
prestigio, le stratificazioni pittoriche ed architettoniche dell’edificio
chiesastico.
Alfio Borghese, nel suo prologo introduttivo,
nell’auspicare una prospettiva di successo della esordiente manifestazione, ha
anche ricordato come medesime iniziative del più recente passato – fra le quali
la biennale d’Arte Sacra di Sora ideata e curata per diverse edizioni da Michele
Rosa – abbiano attirato complessivamente migliaia di artisti anche dall’estero.
Dunque una “Pasqua con Giotto” che va continuata sulla scia di quella
storica esperienza che ha segnato un periodo particolarmente fecondo nel
territorio frusinate.
Alla mostra erano presenti anche
opere di artisti storici che hanno operato nel nostro territorio e che hanno
arricchito il ventaglio di proposte artistiche presenti come G. Filocamo, F. Rea
ed il già citato M. Rosa. A questi ultimi due Borghese ha inoltre tributato
ufficialmente il riconoscimento alla carriera artistica consegnando ad ognuno
una targa al merito.
Fuori questa sede – ma all’interno
di altri due àmbiti chiesastici, anch’essi a navata unica e sempre nel centro
storico, Elena Sevi e Marco Gizzi hanno allestito due diverse e
particolarissime istallazioni artistiche che hanno evidenziato la personalità
ed il percorso maturativo di ognuno di essi, proponendo ora suggestioni
teatrali, ora effetti scenografici e multisensoriali ove ombre e giochi di luci
hanno reso particolarmente coinvolgente l’interazione tra fruitore, istallazione
e “contenitore”.
La ricerca dei luoghi espositivi,
ha inoltre permesso di apprezzare il suggestivo contesto urbano d’impianto
medioevale e preziosa cornice all’iniziativa culturale.
Particolarmente apprezzata è stata
inoltre la proiezione di un audiovisivo illustrato da Umberto Messia sugli
affreschi di Giotto presenti nella cappella Scrovegni a Padova, con una
sequenza fotografica ad alta definizione alternata alla visione di spettacolari
immagini dallo spazio di galassie remote. La visione di nebulose dai colori
sgargianti e spettacolari quanto inquietanti buchi neri era sapientemente esaltata
dalle musiche di accompagnamento firmate da Ennio Morricone.
Ha chiuso piacevolmente la serata il
concerto di musica classica tenuto nella stessa chiesa di S. Francesco, dal
quartetto di maestri con musiche di Mozart ed altri, eseguite con strumenti ad
arco e clarinetto che hanno prodotto emozioni rievocative di forte intensità.
Una scommessa, la sua, quella di trasformare le inefficienze
culturali della provincia in positiva possibilità di elevazione umana
attraverso l’arte, strumento di promozione sociale, di sviluppo e di pace. Un
personaggio internazionale, Rosa, che dopo i tre anni di studi all’Università
dell’Illinois e dopo la dolce vita romana, invece di accettare l’insegnamento
di Storia dell’Arte all’Università di Londra, sceglie di operare in Prov. di
Frosinone correndo il rischio di essere definito pittore provinciale, pur di
valorizzare il territorio e dare spazio agli artisti locali.
Una fatica immane, lui che aveva raggiunto una notorietà
dovuta al successo delle mostre al Palazzo delle Esposizioni a Roma e in tutta
Italia. Una impresa epica, quella di convertire un pubblico refrattario ad
assorbire messaggi formativi e artistici, in un ambiente di sottosviluppo
economico e sociale, non ancora sostenuto dalla Cassa del Mezzogiorno e
dall’insorgere della Questione Meridionale. Un’idea, quella di mettere la
provincia al centro del mondo, lavorando sulle infinite potenzialità del
territorio, condivisa dallo scrittore Libero De Libero. Un’idea condivisa anche
da: Domenico Purificato, direttore dell’Accademia milanese di Brera, che alla
Prefettura di Frosinone affresca personaggi e panorami frusinati e che, a
Fondi, si inventa il premio “La Pastora”;
Manlio Sarra, di ritorno dagli USA, che dedica le sue opere
alle donne ciociare, ai mercatini, alle conche di rame e alle tradizioni
locali;
dagli scultori Umberto Mastroianni con grandi opere a
Frosinone e a Cassino e Tommaso Gismondi che realizza le porte delle chiese di
tutto il Basso Lazio.
Come pure è da citare lo scrittore e poeta Giuseppe Bonaviri
che alterna i suoi libri con le passeggiate sulla Casilina Sud insieme a
Vittorio Miele.
È con loro che Rosa si incontra, al centro di Frosinone, per
dare risonanza alla propria terra d’origine.
Sono gli anni sessanta quando Rosa, insieme a Gualdini, decide di riunire, alla “Saletta”, i personaggi di livello nazionale che vogliono discutere di arte e cultura. Un salotto letterario
che Rosa fondò e diresse dal 1961 al 1968, un piccolo locale
espositivo usato da Gualdini come laboratorio di cornici, che divenne poi luogo
di scambi anche tumultuosi di punti di vista, cenacolo culturale, fenomeno di
costume e passerella alla moda per signore eleganti e giovani contestatrici.
Rosa, infatti, pretendeva dai suoi artisti il rifiuto ad assoggettarsi alle
ideologie politiche e, peggio, ad un asservimento dettato dal bisogno
commerciale e dalla voglia di emergere. In particolare, in quegli anni, era
facile schierarsi a favore dell’ideologia marxista dominante nella cultura,
senza poi condividere le idee del grande filosofo.
Il gruppo di questi artisti, ognuno dei quali in seguito
prenderà strade e tendenze diverse, sarà riconosciuto nel movimento definito a
posteriori con il termine “Controavanguardia frusinate”, di cui Rosa è
considerato il capo-corrente, prima dal docente di letteratura italiana
all’Università di Cassino Giuseppe Varone (Michele Rosa l’uomo e l’artista.
Provincialità e nuove istanze culturali, edizioni Bianchini, 2006) poi dalla
giornalista Nicoletta Turriziani (Provincia italiana e Controavanguardia,
edizione TramArte, 2012).
Un movimento intellettuale
che anticiperà la “Transavanguardia”, un gruppo di artisti genericamente
cattolici, con prima regola l’indipendenza dalla politica; poi il recupero di
motivi, forme e contenuti più tradizionali la rappresentazione di soggetti,
paesaggi, scorci e ritratti legati al territorio. Sono gli anni nei quali nasce
a Roma la “Nuova Figurazione” del “Gruppo dei Cinque” di “sinistra”, composto
da Fernando Rea, Italo Scelza, Adolfo Loreti, Emanuele Floridia e Federico
Gismondi con i quali ci sarà da discutere.
L’arte, insomma, portata in periferia, come nel 1963 quando
troviamo Rosa all’Abbazia di Casamari, giudice al concorso di “Pittura in ………….”
presieduto da Giorgio De Chirico, con Eliano Fantuzzi, Felice Ludovisi, Franco
Miele, Claudia Refice, Carlo Savini, Giuseppe Selvaggi e Gisberto Ceracchini.
Oppure quando organizza le prime tre edizioni della Biennale
di Arte Sacra di Pittura e Scultura di Sora e quando avvia, dal 1966 in poi,
scambi culturali con Jugoslavia, Romania, Cecoslovacchia, ma anche con Cina e
Corea. Quando, dopo il suo soggiorno a Parigi, apre a Sora, nel 1967, la
galleria Arte Club Esposizione per ospitare in provincia artisti italiani e
stranieri.
Ma è certamente la “Saletta” il luogo in cui comincia a
realizzare il suo sogno di riportare l’attenzione sull’arte periferica. E lo fa
con le mostre del decano degli artisti ciociari, Giovanni Savani, ovviamente di
Ettore Gualdini e di Nicola Solimena, Manlio Alfieri, Erasmo Ranucci, Francesco
e Piero De Bernardis, Giuseppe De Rosa, Ulisse Arduini, lo scultore Marcello
Lucarelli, Giovanni Filocamo ricordato quest’anno con una mostra alla Villa
Comunale di Frosinone, Gaetano Franzese, Vittorio Miele, Bruno Leonetti,
Giovanni Fontana, Carlo Marcantonio, Gianpistone famoso per le cupole di Roma,
Vincenzo Bianchi, Antonio Ciuffarella, Alba e Iole Carfagna, Olga Manzi, gli
attori e pittori Giancarlo Riccardi e Sandro Morato e Lamberto Bracaglia.
Tra i frequentatori della “Saletta” anche Pietro Giambelluca,
Mario Celletti, Fiammetta De Feo, Alfonso Capocci, gli architetti Zoldan e
Antonio Sanguinetti, il critico d’arte Daniele Maione, i poeti Nestore
Caggiano, Ercole Maria Martire e Paolino Colapietro, il presentatore Nino
Cellupica, Tullio Perticone e tanti altri.
La ricerca di Rosa, negli anni successivi, lo porterà a
superare l’indirizzo figurativo di ispirazione espressionista, per indagare gli
spazi dell’astrattismo e dell’arte informale. Uno studio attento di nuove
soluzioni cromatiche, passando dall’iniziale sfaldamento delle immagini alla
negazione del modello accademico, con l’uso di materiali poveri e di recupero
misti a lamine d’oro, soluzioni personali ed originali che colpiscono
l’immaginazione.