Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

“LA VANDEA ITALIANA” NE PARLIAMO CON MASSIMO VIGLIONE

Posted by on Giu 2, 2024

“LA VANDEA ITALIANA” NE PARLIAMO CON MASSIMO VIGLIONE

Basta leggere il numero di saggi, studi e ricerche di (Massimo Viglione – massimoviglione.net) per capire chi è Massimo Viglione. In pochi in Italia hanno studiato e trattato come lui le insorgenze italiane e la controrivoluzione dal 1796 al 1815 e non è un caso che un titolo di un suo lavoro porta il nome di “Vandea Italiana”. Il Prof. Massimo Viglione non ha bisogno di ulteriori presentazioni e lo ringraziamo per l’intervista che ci ha concessa venerdi 4 febbraio 2021 e per vederla basta cliccare il link di seguito

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Quattro chiacchiere con Adamo Massimo Lancia eccellenza musicale Papalina di Pontecorvo

Posted by on Mag 1, 2024

Quattro chiacchiere con Adamo Massimo Lancia eccellenza musicale Papalina di Pontecorvo

La Media Valle del Liri che i geologi chiamano Valle Latina, si trova nel cuore dell’alta terra di lavoro che il trascendente, come la legge degli uomini gli hanno riservato un posto d’onore nel palchetto della civiltà dell’uomo almeno fino a quando non è diventata provincia di Frosinone. Il tentativo di rendere provinciale e subalterna la cultura di quella che fu la terra più fedele alla casa regnante napoletana dandole l’etichetta dell’anti cultura per eccellenza che prende il nome di Ciociaria, è veemente e costante ma inversamente proporzionale al suo fallimento e alla sua inutilità e non basta una “Damnatio Memoriae” ben studiata a tavolino da parte dalle forze risorgimental-fasciste per abbattere un gigante che ha millenni di vita. Se vogliamo analizzare la perdita della bussola identitaria e culturale di questo territorio facendo un ragionamento serio e con un importante fondamento di verità, è quello che la Media Valle del Liri grazie o per colpa, dell’arrivo della Fiat è stata costretta a confrontarsi  in maniera improvvisa e prepotente con un mondo che aveva la presunzione di portare progresso e modernità ma che alla fine ha solo portato il “paese dei  balocchi”. Una popolazione che dopo il brigantaggio insorgente, il sacrificio dei giovani nella prima guerra mondiale, la distruzione della seconda guerra mondiale e dell’esodo biblico dell’emigrazione iniziato nell’Italia post unitaria che prosegue fino ai giorni nostri, ha avuto una trasformazione antropologica che, per i suddetti motivi, s’è facilmente fatta sedurre dalla chimera della industrializzazione che a conti fatti non si sa se è stato un bene o un male. Certo per un paio di decenni il benessere economico è stato enorme con un mondo agro-pastorale che ha avuto un doppio reddito frutto del lavoro in fabbrica, dove “quann vag alla Fiat m’arreposo”, e del lavoro delle proprie aziende agricole, intestate alle donne di casa, che hanno portato importanti ricchezze ma che ora, con una “fabbrica” che sta tirando le cuoia per non chiudere e con un agricoltura che è stata sacrificata per dare spazio alle produzioni tosco padane, ci ritroviamo con un territorio che è impantanato a metà del guado ha perso l’identità contadina, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma non ha acquisito quella industriale che a come stanno le cose non prenderà più, per fortuna, e che grazie alle sue radici molto profonde che affondano nella propria storia, non è diventato apolide. In quel ventennio d’oro si sono abbandonate le vecchie tradizioni artistiche e culturali popolari che grazie all’appartenenza al mondo napolitano sono sempre state colte e nobili e che oggi purtroppo non si vivono più, se qualche traccia è rimasta lo dobbiamo a ricercatori vissuti durante il fascismo e a quelli vissuti negli anni immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Tra le nuove generazioni di ricercatori e studiosi, che si differenzia da chi lo ha fatto per poco tempo più per seguire la moda di matrice progressista che aveva deciso di impadronirsi della civiltà popolare per dargli un impronta marxista e storicizzarla, c’è Adamo Massimo Lancia di Pontecorvo, enclave papalina fino al 1860, che per molti anni ha ricercato, catalogato e divulgato l’importante patrimonio immateriale artistico e culturale popolare del suo territorio che oggi purtroppo non esiste più e che grazie alla “missione” di Adamo oggi possiamo apprezzare e ammirare per la qualità e l’alto livello, che esprime un mondo contadino nobile e aristocratico misto tra papalino e regnicolo scomparso in superficie ma che al di sotto è sempre vivo e se un giorno tornerà su lo dobbiamo anche grazie all’opera di Adamo Massimo Lancia.
Adamo mi ha anticipato che ci parlerà anche della sua vita vissuta nel mondo delle Bande Musicali di Paese, un altro grande lascito del Regno di Napoli sotto i Borbone, e dopo aver ascoltato il Maestro Nicola Samale, ospitarlo è per noi un onore. Via diamo appuntamento a giovedì 2 maggio alle ore 21 su i nostri abituali canali cliccando di seguito  

Claudio Saltarelli

  

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PIETRARSA……NELLA MUSICA NELLE PAROLE DI LELLO TRAISCI

Posted by on Apr 30, 2024

PIETRARSA……NELLA MUSICA NELLE PAROLE DI LELLO TRAISCI

Nel 1972 un gruppo rock progressivo milanese, Stormy Six, registra un Lp dal titolo “Unità” con singoli dedicati alle vicende post-unitarie che sorprese il mondo della musica come il mondo istituzionale. Fu la prima volta, al di fuori della musica popolare, che l’arte musicale cominciò a trattare Garibaldi come antieroe e il brigantaggio in forma politica, come fu la prima volta che il mondo della musica cominciò a sentir parlare delle drammatiche vicende di Pontelandolfo. Fu anche la prima volta che si parlò della prima strage di operai della storia che scioperavano per difendere il posto di lavoro per mano del neonato stato italiano attraverso bersaglieri e forze di polizia, accaduta alle officine di Pietrarsa a Portici il 6 agosto 1863, giorno in cui si dovrebbe festeggiare la festa dei lavoratori e non il primo maggio. Da tempo mi sono chiesto perchè se da Milano hanno ricordato la tragedia di Pietrarsa e a Napoli s’è cantato e suonato un altro dramma sul lavoro come lo scoppio della fabbrica di Sant’Anastasia a metà degli anni 70 grazie al capolavoro degli ‘E Zezi, gruppo musicale napolitano che ha scritto pagine importanti della Musica Popolare e della World Music, dal titolo “Sant’Anastasia” ma nessuno ha pensato di creare un pezzo sulla suddetta strage? big della musica cantano il brigantaggio o “bella ciao” in tutte le salse ma perchè nessuno ha pensato di portare alla ribalta la suddetta tragedia e siamo ancora fermi agli “Stormy Six”? da oltre 30 anni assistiamo al concertone del 1 maggio organizzato dalla “triplice sindacale” ma perchè mai s’è ricordata Pietrarsa?E’ una lacuna troppo grande che ai più non dice nulla, ma a chi come me da anni studia e divulga la storia della Patria Napolitana dice molto, infatti Pietrarsa la troviamo nel grande baule della “DAMNATIO MEMORIAE” nazionale che bisogna sempre più far conoscere al mondo anche con la musica e questa volta bisognava farlo da Napoli e dopo anni passati a pensare ch potesse trasformare in realtà la mia idea, il mio pensiero è caduto su Lello Traisci autore e compositore napoletano e caro amico, a cui stanno a cuore le vicende post-unitarie e da me contatto per chiedergli di fare qualcosa, immediatamente ha colto l’occasione e ha scritto e musicato un pezzo dal titolo “Pietrarsa….” che, senza aggiungere altro, vi invito ad ascoltare e vedere in in video di seguito.

Claudio Saltarelli

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“CARCERI E CARCERATI” PRIMA E DOPO IL 1860, NE PARLIAMO CON VINCENZO GIANNONE

Posted by on Apr 18, 2024

“CARCERI E CARCERATI” PRIMA E DOPO IL 1860, NE PARLIAMO CON VINCENZO GIANNONE

Un mantra ossessivo di stampo lombrosiano da 160 anni ci avvolge quando si parla dell’insorgenza brigantesca post unitaria da cui nasce la teoria che i napolitani e siciliani sono geneticamente, morfologicamente e antropologicamente predisposti a delinquere e a commettere crimini di vario genere. La relazione Massari dolosamente costruita su questa tesi razzista e positivista non solo è servita a giustificare il clamoroso fallimento politico, sociale ed economico della nuova Italia che fin dai suoi primi istanti di vita ha fatto nascere una resistenza armata popolare che da Teramo a Mazzara del Vallo non accettava il Regno Italiano appena nato basato sulla sofferenza e sulla pelle degli ex sudditi di Francesco II, ma a preparare la vergognosa e scandalosa “Legge Pica” che mai s’era vista prima nel mondo occidentale. Una popolazione che nella sua storia post impero mai è stata guerrafondaia, mai s’è imbarcata per invadere altri territori e avendo come virtù principali l’accoglienza e la convivenza. Il Regno con Ferdinando II mai nella sua storia aveva avuto una popolazione carceraria cosi bassa e come mai all’improvviso in pochi mesi s’è trovata in una spirale di violenza inaudita riempiendo le carceri come un blob fino a costringere alla divulgazione della suddetta “Legge Pica”?Venerdi 19 aprile alle ore 21 per la rubrica “Incontro con l’autore” ne parleremo con Vincenzo Giannone che presenterà un lavoro saggistico e scientifico inedito

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“Roccasecca, Storia, Memoria, Identità” ce ne parla Alessadro Marcuccigli per la rubrica “Incontro con l’Autore”

Posted by on Apr 11, 2024

“Roccasecca, Storia, Memoria, Identità” ce ne parla Alessadro Marcuccigli per la rubrica “Incontro con l’Autore”

Da anni ripeto e grido ad alta voce che fin dalla notte dei tempi l’alta terra di lavoro non è mai stata spettatrice degli eventi ma li ha creati, non ha mai visto passare la storia ma l’ha fatta almeno fino a quando non è diventata provincia di Frosinone divenendo un luogo subalterno ad una subalternità che assorbe cultura, che subisce il protettorato romano che a sua volta ha un provincialismo cronico nato da quando Roma è passata da “Caput Mundi” a Capitale d’Italia sperando di trasformare il desiderio mazziniano di farla diventare “La Terza Roma” che a distanza di 150 anni ancora aspettiamo. Quello che è stata l’alta Terra di Lavoro, quando viveva nell’orbita di Napoli Capitale, la si vede nella Cornucopia simbolo della Terra di Lavoro e per la sua multietnicità nella bandiera del Regno delle due Sicilie testimonianza di una globalizzazione secolare basata sugli uomini e non sulle merci. Uno dei luoghi più importanti per la sua unicità e simbolo della grandezza dell’alta terra di lavoro, è Roccasecca, non dei Volsci ma di Arce come si dice nell’antica tradizione orale in Marittima, un paese pieno di storia, di cultura, di arte, di misticismo e famoso per aver dato i natali a San Tommaso d’Aquino, a Severino Gazzelloni, ai fratellli Amati e a tanti ancora. Paese protagonista anche nelle commedie Scarpettiane, nei film di Totò e in molti contemporanei, che riesce ancora a conservare dei residui vitali che lo lega al suo glorioso passato e alle sue tradizioni ben racconte e rappresentate dalle sue pietre, dal suo territorio e dalla sua gente dove spicca uno studioso, un ricercatore, ma soprattutto innamorato della sua Roccasecca, come Alessandro Marcuccilli che da poco ha pubblicato un libro molto importante ed interessante dal titolo “Roccasecca, Storia, Memoria, Identità” che è un atto d’amore appassionato per la sua comunità che nella rubrica “Incontro con l’Autore” conosceremo venerdi 12 aprile alle ore 21e per farlo basta cliccare di seguito.

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