Torniamo a parlare del 1799 che da anni trattiamo con determinazione e continuità nella consapevolezza che quel periodo lo si può considerare uno spartiacque tra la concezione dell’uomo con “u”minuscola e quella dell’Uomo con la “U” maiuscola. Gli intrecci tra giacobini e sanfedisti, tra tradizionalisti e modernisti , tra cattolici e atei, sono gli argomenti più studiati e divulgati ma c’è un altro argomento molto importante, se non fondamentale, che è quello dell’anticattolicesimo che nasce con Lutero e che con l’illuminismo e la rivoluzione francese germoglia nell’albero della libertà che nel mondo contemporaneo è diventato forte e robusto. Dopo aver parlato delle profezie di Sant’Alfonso de Liguori sul 1799 con il Prof. Fernando Di Mieri, venerdì 22 marzo alle ore 21 e sempre con il Prof. Di Mieri, parleremo dell'(anti)cattolicesimo della Repubblica Napoletana che nel Regno di Napolinon nasce per caso e per saperne di più basta cliccare di seguito
Ferdinando II di Borbone di Napoli un gigante della storia napolitana, italiana e planetaria che la vulgata dominante più lo ignora e più la sua forza intrinseca cresce di dimensione che al di la dei confini italiani certificano e la studiano con attenzione. Fino all’ultimo giorno della sua breve vita ha sempre dimostrato di essere un Re Bomba ma non per il motivo che gli viene additato da i prezzolati storici italiani, ma per l’amore, “esplosivo” che aveva per il Regno e per il popolo napolitano dimostrato fin da quando giovanissimo, s’è insediato sul Trono del Regno delle Due Sicilie come abbiamo già visto nella chiacchierata avuta con Claudio Romano qualche settimana fa quando abbiamo parlato delle politiche economiche messe in piedi da Ferdinando II per risanare le casse vuote del Regno. Francesco Maurizio Di Giovinesuddito fedele della tradizione e dei Borbone di Napoli, dopo una ricerca durata anni, ha scritto un libro sul viaggio di Ferdinando II che fece nelle Puglie, pochi mesi prima della sua scomparsa, per ricevere la Principessa Maria Sofia che di li a poco sarebbe diventata l’ultima Regina del Regno di Napoli al fianco dell’ultimo Re, Francesco II di Borbone. Per la rubrica “Incontro con l’autore” venerdi 15 marzo alle ore 21 incontreremo Francesco Maurizio Di Giovine, che già altre volte c’è venuto a trovare, per approfondire la sua ultima fatica letteraria e per vederlo basta cliccare di seguito.
Quanti padri della patria ha l’Italia?tanti, troppi forse, tra cui c’è un personaggio poco ricordato anche da i libri scolastici se non per le sua frasi ad effetto come la più famosa “fatta l’Italia bisogna fare gli Italiani”, non è certo l’abbia pronunciata lui, e che invece è stato fondamentale per le genesi del paese chiamato Italia che secondo il mio modesto parere, bisogna mettere al fianco di Cavour e parlo di Massimo D’Azeglioda Torino. Un borghese membro del movimento dei cattolici liberali che sposò la figlia di Manzoni, e fratello del gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio, influenzò Papa Leone XIII nella stesura dell’enciclicaRerum novarum sulla condizione dei lavoratori e che era con lui in forte dissenso, che da pittore e amante della vita decise all’improvviso, convito dal settario “Filippo”, a intercedere su Carlo Alberto di Savoiae su i suoi successori, affinchè si adoperasse per fare l’Italia Unita e poichè fu avvicinato in un periodo della sua vita in cui si sentiva molto annoiato e ad un passo dalla depressione, accettò. Geniali le sue rassicurazioni ai settari carbonari che poco si fidavano del pavidoCarlo Alberto“Non ci si può fidare di un ladro quando si vuole convertirlo alla giusta morale ma se lo inviti a spartire il bottino si”, come la lucida riflessione “il suffragio universale? Io non so nulla di suffragio, ma so che al di qua del Tronto non sono necessari battaglioni e che al di là sono necessari. Dunque vi fu qualche errore e bisogna cangiare atti e principi. Bisogna sapere dai Napolitani un’altra volta per tutto se ci vogliono, sì o no” e di cosa pensasse di Mazzini cioè un terrorista. Di tutto questo ne parleremo con la Prof.ssa Elena Bianchini Braglia, che spesso ci ha omaggiato della sua presenza, venerdi 8 marzo alle ore 21 e per vederla basta cliccare di seguito
Dopo anni di studi e ricerche e dopo l’uscita di due importanti libri, “In punta di baionetta” e “STATO CARNEFICE O UOMO DELINQUENTE”, il Prof. Giuseppe Gangemi chiude la trilogia con “Senza tocco di Campane” (le vittime civili taciute della guerra meridionale) arricchendo con una scientifica e inedita visione, gli studi sui tanti eventi tragici del primo decennio post-unitario. Il Prof. Gangemi collega tra di loro le tante stragi ed eccidi che si sono susseguite, “al di la e al di qua del faro”, riuscendo a legarle tra di loro nonostante le varie motivazioni che le hanno causate, ha utilizzato con maestria la statistica per spiegare la sparizione di una parte importante della popolazione napolitana e siciliana, ha spiegato come è stata preparata politicamente e giuridicamente la “Legge Pica” e come è stata attuata ma soprattutto ha messo la parola fine sulle vicende di Pontelandolfo e Casalduni smontando pezzo pezzo “il revisionismo del revisionismo” messo in piedi da Carmine Pinto e dalla sua collaboratrice Silvia Sonetti che con ingenuità ed inesperienza ha trattato una vicenda così complessa e oscura, e da molti accademici che disperati cercano di aggrapparsi ai documenti ufficiali dell’esercito italiansavoiardo per cambiare una storia che ormai è scritta sulle pietre . Altro grande merito del Prof. Giuseppe Gangemiè quello di aver dato voce e nobiltà ai tanti ricercatori e studiosi locali che grazie alla loro passione, capacità e applicazione condita da una buona dose di entusiasmo, hanno dimostrato che la nostra storia è universale perchè è l’insieme di tante storie locali che hanno peso ed importanza enorme. Per ascoltare dalla viva voce del Prof. Gangemi i vari aspetti del libro “Senza tocco di Campane” nelle linee generali vi invitiamo a vederci venerdi 1 marzo alle ore 21 per la rubrica “Incontro con l’autore” e per farlo basta cliccare di seguito
Se ci immergiamo nella Vandea Italiana del triennio 1797-99 il nome dell’insorgente principe che ti viene subito in mente è quello di Michele Arcangelo Pezza Colonello dell’esercito napoletano e Duca di Cassano alias Fra Diavolo mentre, se facciamo la stessa cosa per il decennio post unitario, il brigante insorgente che pronunciamo immediatamente è quello di Carmine Crocco Donatelli che per anni ha guidato la ribellione lucana guidando un piccolo esercito che mai sul campo di battaglia i piemontesi riuscirono a sconfiggere avendo la meglio solo grazie all’operazione di polizia di Pallavicini fondata sulla ricerca di traditori e sulla soppressione dei familiari, dei fiancheggiatori e dei famosi manutengoli dei guerriglieri napolitani. Anche se Carmine Crocco non è diventato un mito come il Colonello Itrano che è morto giustiziato rinunciando ai privilegi e agli onori che avrebbe avuto se fosse passato nell’esercito francese, il Donatelli invece è morto in carcere di vecchiaia. Fra Diavolo ha sempre combattuto nella sua breve vita per servire il suo Re, il suo Popolo e la sua Terra per cacciare l’invasore giacobino francese mentre Crocco ha combattuto la sua guerra personale prima d garibaldino e poi da borbonico riuscendo a sopravvivere mentre in tanti morirono per difendere il Regno che stava scomparendo dopo quasi 8 secoli di storia. Nonostante è stato scritto molto su Carmine Crocco è importante leggere “Le Calze del Brigante” scritto da Giuseppe Cervoperché guidato dalla sua capacità investigativa di chi è stato un funzionario di polizia, il libro mette in evidenza una lettura diversa dalla solita narrazione infatti Pino è riuscito ad andare nelle pieghe nascoste della vita del brigante insorgente e delle vicende di quel breve, ma intenso periodo, dopo un ricerca bibliografica condotta per anni e incrociando informazioni e dati tra di loro proprio come fa proprio un investigatore. Pino ci spiegherà per la rubrica “Incontro con l’autore”, come e perché ha deciso di diventare un ricercatore e “topo d’archivio” specializzandosi nel periodo post unitario e quali sono le molle che gli hanno permesso di scrivere “Le Calze del Brigante” giunto alla seconda edizione e che è il primo di una lunga serie di pubblicazioni che ci saranno in futuro. Per ascoltarlo vi do appuntamento a Venerdi 23 febbraio ’24 alle ore 21 su i nostri canali come di seguito riporto
Claudio Romano e Antonio Fomicolasono diventati senza ombra di dubbio dei principi della ricerca d’archivio storica dedicata al periodo borbonico del Regno delle Due Sicilie, una ricerca iniziata oltre 40 anni fa che ha portato alla luce una mole di documenti mastodontica importanti per un quadro più preciso e reale sull’ultimo periodo del Regno. Abbiamo già ospitato Claudio Romanoper parlare dei testi “1860: LA VERITA”,che ha in dote documenti importanti ed inediti sugli ultimi mesi di vita del Regno, e Napoli 9 Gennaio 1799 “Una Flotta in Fumo”, che narra la verità sulla distruzione della flotta napoletana nel 1799, e venerdi 16 febbraio alle ore 21 lo ospiteremo ancora una volta per parlare del risanamento del Regno delle Sicilie grazie all’opera chirurgica e onesta di Ferdinando II di Borbone che ereditò dal padre Francesco I un Regno sull’orlo del fallimento, per vederlo basta cliccare di seguito