Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

CHAMPIONNET général en chef au DIRECTOIRE EXÉCUTIF-Napoli il 5 piovoso anno VII (24 gennaio 1799)

Posted by on Ott 22, 2023

CHAMPIONNET général en chef au DIRECTOIRE EXÉCUTIF-Napoli il 5 piovoso anno VII (24 gennaio 1799)

«Amministratori cittadini,

Vi annuncio che l’esercito francese occupa Napoli e tutti i suoi forti. Tre giorni di combattimenti consecutivi bastarono appena a sottomettere l’immensa popolazione di questa città, sostenuta dai resti dell’esercito reale che vi si era gettato.

Il delirio e il fanatismo avevano armato sessantamila uomini.

Lo stesso numero era sui miei fianchi, alle mie spalle, ma i francesi avevano tanti oltraggi da vendicare che il valore compensava il numero. Voi conoscete le condizioni dell’armistizio che ho concluso, avete sentito i vantaggi, il risultato è quello che vi avevo offerto. Salvando l’esercito francese distrussi quello dei napoletani. Il generale Mack si ritirò in Germania. Il re fuggì in Sicilia; i patrioti hanno la meglio, la rivoluzione è fatta: un monarca in meno, una repubblica in più: questa è la storia degli affari. Unii l’esercito davanti a Capua, mentre il generale Rey continuava a dirigere le colonne Moile per disarmare i dintorni di Sessa, le rive del Garigliano e ristabilire le comunicazioni iniziate con noi essere un po’ meno incerto che per soli tre giorni. L’esercito viveva nella fede dei trattati, i resoconti quotidiani mi informavano che era stata messa una taglia sulla testa del generale Mack; che a Napoli regnava una grande fermentazione. Infatti il ​​generale Mack fu costretto a rifugiarsi tra i francesi. I lazzaroni disarmano parte dell’esercito regio, si impadroniscono delle canne dei pezzi d’artiglieria, e minacciano di attaccarci. I soldati disarmati arrivano a frotte; li riceviamo, li iscriviamo.

L’effetto segue da vicino la minaccia dei lazzaroni; attaccano gli avamposti di Ponte Rotto; vengono respinti.

Ho solo chiesto questa dimostrazione di genialità. Inoltre, nessuna delle condizioni imposte dal trattato era soddisfatta. Ero quindi: liberato dallo spettro dell’armistizio che avevo concluso. L’esercito, debole com’era, fu riunito.

Alle mie forze mancava solo la divisione del generale Rey; ma bisognava venire in aiuto dei patrioti di Napoli; il movimento è stato eseguito. La prima divisione, comandata durante l’assenza del generale Lemoine dal generale Dufrosse, fece prigionieri ad Aversa trecento cavalieri; un colonnello catturò un equipaggio di coperta, centocinquanta cassoni e quindici pezzi di cannone. La seconda divisione, comandata dal generale Duhesme, prese posizione dopo aver battuto, in vari scontri, masse di contadini e incendiato un villaggio. Il capo brigata Broussier, che si ritirava da Benevento e fungeva da retroguardia della divisione del generale Duhesme, con la 17a linea e il 7° reggimento cacciatori di cavalli, era circondato da seimila contadini.

Si sta facendo chiaro. Broussier cerca una posizione vantaggiosa; finge di fuggire, tende un’imboscata, attira lì il nemico, lo carica e uccide ottocento uomini, ferendone mille. Questa lotta ha avuto luogo vicino alle Forche Caudine. Il giorno appresso ordinai alle due divisioni di marciare avanti, e di chiudere la piazza di Napoli, di coronare tutte le alture, e di rovesciare tutto ciò che si presentava.

Lo ammetto, non mi aspettavo alcuna resistenza. Tuttavia, le riprese iniziano con la prima divisione; il nemico viene respinto, perde i cannoni; mentre questa azione si svolgeva sotto Capo di China, la 12a linea marciava per impadronirsi della bella posizione di Capo di Monte; la posizione viene portata via alla fine della giornata.

Il generale Duhesme ha trovato più ostacoli a sinistra; ha marciato per chiudere la città; viene attaccato su tre colonne; ma la 27a leggera, i granatieri della 73a e un battaglione dell’84° di linea respinsero, rovesciando i lazzaroni e le truppe di linea che erano fra loro miste.

Il generale Monnier costituisce un esempio di audacia; cade ferito. Il comandante Ordonmau, aiutante di campo del generale Duhesme, fu messo fuori combattimento da una mitraglia. L’infortunio del generale Monnier è considerato pericoloso. Questa disgrazia si aggiunge ai rimpianti dell’esercito che perderebbe uno dei suoi migliori generali.

Il generale Broussier, il vice generale Thiébault inseguono i briganti; li gettano in città; venti pezzi di cannone vengono riportati indietro, le case vengono incendiate, le strade sono disseminate di cadaveri; la notte pone fine a questa lotta, “… e il generale Duhesme ritirò le sue truppe. La situazione a Napoli diventava terribile per i suoi abitanti. Credetti necessario intimarli alla resa, a deporre le armi. I lazzaroni ricevettero il parlamentare a colpi di fucile: questo eccesso di delirio mi lasciò affiigea L’esercito passò la notte in posizioni sulle alture di Napoli. L’insolenza degli assediati mi aveva amareggiato; gli uomini valorosi che l’esercito aveva perduto, gli omicidi parziali che la vigliaccheria commetteva ogni giorno giustificavano il bisogno di vendetta. Do l’ordine per l’attacco del giorno successivo.

Le colonne marceranno armate di fiaccole incendiarie, non avanzeranno che di rovina in rovina; spareranno a chiunque porti armi. Nel frattempo apprendo che i patrioti napoletani sono degni di essere amici dei francesi. Hanno occupato il Forte Sant’Elmo. Il valoroso Moliterno vi comanda. Approfitto della notte per lanciarvi due battaglioni; lì vengono accolti al grido di Viva la Repubblica! Suona il cannone del forte Sant’Elmo. Questo segnale è concordato. L’esercito si precipita avanti; attacca con furia; viene accolto allo stesso modo.

Mai lotta fu più ostinata; non c’è mai stata un’immagine più terribile. I lazzaroni, questi uomini sorprendenti, questi reggimenti stranieri e napoletani, fuggiti dai resti dell’esercito fuggito davanti a noi, sono eroi confinati a Napoli. Combattiamo in ogni strada; il terreno si combatte passo dopo passo, i lazzaroni sono comandati da intrepidi condottieri. Il forte Sant’Elmo li abbatte; la terribile baionetta li trafigge; si ritirano in ordine, ritornano alla carica, avanzano coraggiosamente, spesso guadagnando terreno. Tuttavia, metà della città viene conquistata entro la fine della giornata.

Vi chiedo di inviare una lettera di congratulazioni ai valorosi Pignatelli, originari di Napoli, patrioti calorosi, di inesauribile coraggio. Uno di loro, capo di una legione, conquistò Castel Nuovo; il fratello, capo squadriglia, caricando alla testa di alcuni cacciatori, prese quattro pezzi di cannone. Speravo che il terribile esempio di vendetta costringesse i lazzaroni a chiedere quartiere. Lontano da lì; schermagliano tutta la notte, moltiplicano gli attacchi e attendono coraggiosamente la marcia delle colonne francesi. Ordino quindi un terzo attacco, la rimozione del Forte Nuovo, quello del Carmine e l’incendio del quartiere lazzaroni (Basso Porto).

La lotta ricomincia con furia, i francesi sono vittoriosi su tutti i punti; Castel Nuovo viene spazzato via; rimane solo quello del Carmine. La città rischia un saccheggio generale. Infine offro ancora parole di pace. Mi interessano i patrioti sfuggiti alla sfortuna; Convinco i preti, il popolo li ascolta; uno dei loro leader è vinto. La speranza rinasce; si mostra il cittadino pacifico; è tornata la calma, e questo stesso popolo che combatteva disperatamente per la causa di un perfido Re, confessando il suo delirio, benedicendo i francesi, risuonò la melodia di Viva la Repubblica! Gli uomini della guerra sono solo sulle macerie che ci circondano. La bandiera tricolore sventola su tutti i forti, ricevono guarnigione francese; l’esercito si posiziona, lo proclamo esercito di Napoli. È una ricompensa che deve immortalare la sua gloria. La storia fedele dirà un giorno che questo esercito attaccò inaspettatamente, privo di tutto, senza ricevere rinforzi, abbandonato alle sue sole energie, invase il regno di Napoli, sconfisse e distrusse un esercito di ottantamila napoletani perfettamente organizzati; che questo esercito combatteva contro l’enorme massa di una popolazione sfrenata, mille volte più pericolosa delle truppe regolari; prese trecento pezzi di cannone, tutte le armi del nemico, e infine, dopo un combattimento tanto sanguinoso quanto strano; ha sottomesso un popolo scatenato contro di lei, e ha dato loro il dono della libertà».

Il giorno prima, Championnet aveva scritto al Cardinale arcivescovo di Napoli:

«Io ho sospeso pel momento il furore militare, la vendetta dei torti ricevuti: profitterò di questo momento per aprire tutte le chiese, e far esporre il Santissimo, e far predicare la tranquillità, la pace, il buon ordine e l’obbedienza alle leggi. Tirerò un velo sul passato e m’impegno a far rispettare la Religione, le persone e le proprietà. Voi assicurate il popolo che arresterò il saccheggio, e la tranquillità e la pace regnerà in questa tradita e delusa città. Se un colpo di fucile partirà da una finestra, farò subito fucilare la casa, da cui è partito, e gli abitanti che contiene. Seguite dunque i doveri del vostro ministero; e spero che il vostro zelo sarà utile al pubblico bene.

 P. S. Farò mettere una guardia d’onore a S. Gennaro.

 Napoli 4 piovoso dell’anno 7°». [1]


[1] RICCARDO CARAFA DANDRIA, Ettore Carafa conte di Ruvo, monografia storica. Tipografia Elzeviriana, Roma 1886, pp.21-26.

versione in francese

 Du quartier général de Naples le 5 pluviôse an VII (24 janvier 1799)

CHAMPIONNET général en chef au DIRECTOIRE EXÉCUTIF

« Citoyens directeurs,

« Je vous annonce que l’armée française occupe Naples, et tous ses forts. Trois jours de combats consécutifs ont suffi à peine pour soumettre !’immense population· de cette ville, soutenue par les débris de l’armée royale qui s’y étaient jetés.

« Le délire et le fanatisme avaient armé soixante mille hommes. Le même nombre était sur mes flancs, sur mes derrières, mais les français avaient à venger tant d’outrages, que la valeur a suppléé au nombre.

« Vous connaissez les conditions de l’armistice que j’avais conclu, vous en avez senti les avantages, le résultat est celui, que je vous avais offert. En sauvant l’armée française j’ai détruit celle des napolitains. Le général Mack s’est retiré en Allemagne. Le roi a fui en Sicile ; les patriotes ont le dessus, la révolution est faite : un monarque de moins, une république de  plus: voilà l’histoire des affaires. Je réunissais l’armée devant Capoue, tandis que le général Rey continuait à diriger les colonnes mobiles pour désarmer les environs de Sessa, les bords du Garigliano et rétablir les communications qui nous commencent à être un peu moins incertaines que depuis trois jours seulement L’armée vivait sur la foi des traités, les rapports journaliers m’apprenaient que la tête du général Mack était mise à prix ; qu’une, grande fermentation régnait dans Naples. En effet le général Mack est obligé de se réfugier parmi les français. Les lazzaroni désarment une partie de l’armée royale, s’emparent des canons des pièces d’artillerie, et menacent de nous attaquer. Les soldats désarmés arrivent en foule ; on les reçoit, on les enrôle.

« L’effet suit de près la menace des lazzaroni ; ils attaquent les avant-postes de Ponte Rotto; ils sont repoussés.

« Je ne demandais que ce coup d’éclat. D’ailleurs aucune des conditions imposées par le traité n’était remplie. J’étais donc dégagé du fantôme d’armistice que j’avais conclu. L’armée toute faible qu’elle était, se trouvait réunie.

« La division du général Rey manquait seulement au cadre de mes forces ; mais il fallait voler au secours des patriotes de Naples ; le mouvement s’exécuta. La première division, commandée, pendent l’absence du général Lemoine, par le général Dufrosse, fit prisonniers, à Aversa, trois cents cavaliers ; un colonel s’empara d’un équipage de pont, de cent cinquante caissons et de quinze pièces de canon. La deuxième division, commandée par le général Duhesme, prend position après avoir battu, en diverses rencontres, des masses de paysans, et brulé un village. Le chef de brigade Broussier, qui se retirait de Benevento et faisait l’arrière garde de la division du genéral Duhesme, avec le 17e de ligne et le 7e régiment de chasseurs à cheval, est enveloppé par six mille paysans.

« Il se fait jour. Broussier cherche une position avantageuse ; il feint de fuir, dresse une embuscade, y attire l’ennemi, le charge et lui tue huit cents hommes, en blesse mille. Ce combat s’est donné près des Fourches Caudines. J’ordonne, le lendemain, aux deux divisions de marcher en avant, et de resserrer la place de Naples, de couronner toutes les hauteurs, et de culbuter tout ce qui se présenterait.

« Je l’avoue, je ne m’attendais à aucune résistance. Cependent la fusillade s’engage avec la première division ; l’ennemi est repoussé, il perd des canons ; tandis que cette action se passe sous Capo di China, le 12e de ligne marchait pour s’emparer de la belle position de Capo di Monte ; la position est emportée à la fin du jour.

« Le général Duhesme trouvait plus d’obstacles sur la gauche ; il marchait pour reserrer la ville ; il est attaqué sur trois colonnes ; mais la 27e légère, les grenadiers de la 73e et un bataillon de la 84e de ligne repoussent, culbutent les lazzaroni et les troupes de ligne qui sont mêlées parmi eux.

« Le général Monnier donne l’exemple de l’audace ; il tombe blessé. Le commandant Ordonmau, aide de camp du général Duhesme, est mis hors de combat par un coup de mitraille. La blessure du général Monnier est jugée dangereuse. Ce malheur ajoute aux regrets de l’armée qui perdrait un de ses meilleurs généraux.

Le général Broussier, l’adjoint général Thiébault poursuivent les brigands ; ils les jettent dans la ville ; on ramène vingt pièces de canon, le feu est mis aux maisons, les rues sont jonchées de cadavres; la nuit met fin à ce combat, et le général Duhesme replie ses troupes. La situation de Naples devenait affreuse pour ses habitants. Je crus devoir les faire sommer de se rendre, de déposer les armes. Les lazzaroni reçurent le parlamentaire à coups

de fusil : cet excés de délire m’ affligea. L’armée passe la nuit en positions sur les hauteurs de Naples. L’insolence des assiégés m’avait aigri ; les braves que l’armée avait perdus, les assassinats partiels que la lâcheté commettait tous les jours justifiaient le besoin de la vengeance. Je donne l’ordre de l’attaque pour le lendemain.

« Les colonnes marcheront armées de torches incendiaires, elles n’avanceront que de ruines en ruines; elles fusilleront tout ce qui portera les armes. Sur ses entrefaites, j’apprends que les patriotes napolitains sont dignes d’être les amis des Français. Ils se sont emparé du fort Saint-Elme. Le brave Moliterno y commande. Je profite de la nuit pour y jeter deux bataillons ; ils y sont reçu au cri de Vive la République ! Le canon du fort SaintElme tonne. Ce signal est convenu. L’armée s’élance ; elle attaque avec fureur ; elle est reçue de même.

« Jamais combat ne fut plus opiniâtre ; jamais tableau ne fut plus affreux. Les lazzaroni, ces hommes étonnants, ces régiments étrangers et napolitains, échappés des débris de l’armée qui avait fui devant nous, sont des héros renfermés dans Naples. On se bat dans toutes les rues ; le terrain se dispute pied à pied, les lazzaroni sont commandés par des chefs intrépides. Le fort SaintElme les foudroie ; la terrible baionette les enfonce; ils se replient en ordre, reviennent à la charge, s’avancent avec audace, gagnent souvent du terrain. Cependant la moitié de la ville est conquise à la fin du jour.

« Je vous prie d’adresser une lettre de félicitation aux braves Pignatelli, originaires de Naples, chauds patriotes, d’un courage à toute épreuve. L’un d’eux, chef de légion, s’est emparé de CastelNuovo; son frère, chef d’escadron, chargeant à la tête de quelques chasseurs, a pris quatre pièces de canon. J’espérais que l’exemple terrible de la vengeance forcerait les lazzaroni à demander quartier. Loin de la ; ils escarmouchent toute la nuit, multiplient les attaques, et attendent avec courage la marche des colonnes françaises. J’ordonne donc une troisième attaque, l’enlèvement du Fort Neuf, celui du Carmine et l’incendie du quartier des lazzaroni (Basso Porto). « Le combat recommence avec fureur, les français sont vainqueurs sur tous les points ; le Chateau Neuf est emporté ; il ne reste plus que celui du Carmine. La ville est menacée d’un sac général. Enfin j’offre encore des paroles de paix. J’intéresse les patriotes échappés au malheur ; je persuade les prêtres, le peuple les écoute ; un de leurs chefs est gagné. L’espérance renait ; le citoyen paisible se montre ; le calme se rétablit, et ce même peuple qui se battait en désespéré pour la cause d’un Roi perfide, revenu de son délire, bénit les Français, fait retentir l’air de Vive la République ! Les hommes de la guerre ne sont plus que sur les décombres qui nous environnent. Le· pavillon tricolore flotte sur tous les forts, ils reçoivent garnison française ; l’armée prend position, je la proclame armée de Naples. C’est une récompense qui doit immortaliser sa gloire. L’histoire fidèle dira un jour que cette armée attaquée à l’improviste, manquant de tout, ne recevant aucun renfort, abandonnée à sa seule énergie, a envai le royaume de Naples, battu et détruit une armée de quatre-vingt mille napolitains parfaitement organisés; que cette armée a combattu la masse énorme d’une population effrénée, mille fois plus dangereuse que des troupes réglées; a pris trois cents pièces de canon, tout le pare de l’ennemie, et qu’enfin , après un combat aussi sanglant qu’ étrange; elle a soumis un peuple déchaîné contre elle, et lui a fait don de la liberté. »[1]


[1] RICCARDO CARAFA DANDRIA, Ettore Carafa conte di Ruvo, monografia storica. Tipografia Elzeviriana, Roma 1886, pp.21-25.

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