Alta Terra di Lavoro

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COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (III)

Posted by on Nov 22, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (III)

I. RELIGIONE 

OLTRAGGI, E PERSECUZIONI AL CLERO: – EMPIETÀ:

– SPOGLI A DANNO DELLA CHIESA:

– PERDITA DI FORZA MORALE DEL NUOVO REGNO SUBALPINO. 

Per sostenersi forzosamente nella usurpata unità italiana, dimostrata oramai impossibile, la fazione trionfante si spinge ai più sfrenati eccessi, sopratutto a danno della RELIGIONE.

Comecché pe’ suoi scaltri disegni, e per servirsene nella sua ambiziosa politica il Cavour avesse creato l’ironico proverbio di chiesa libera in libero stato adottata per accalappiare i semplici, e spodestare il sommo Pontificato, – si vergognerebbe nondimeno ogni altra regione del mondò anche eretica, scismatica, turca, di manomettere colsi indegnamente la propria Chiesa, come sì pratica dal nuovo governo italico, a dispetto de’ popoli, che gemono pe’ loro vescovi, e sacerdoti imprigionati, esiliati, e profughi; – pe’ loro templi profanati e manomessi; pe’ loro claustrali dispersi, ed ammiseriti. La religione, il diritto delle genti; e il diritto pubblico hanno sofferto in Italia tali attentati, che ogni uomo onesto non può fermarsi a pensarvi senza raccapriccio.

Troppo lunga sarebbe il doloroso elenco di tutti i fatti di codesta specie; pure sarà utile rammentarne taluni, che nel corso dell’anno 1862 si sono consumati nel reame delle due Sicilie.

I. Sono già luttuose, ma onorande pagine della storia contemporanea le fiere persecuzioni contro l’Episcopato delle due Sicilie. Il deputato Petruccelli-Gattina nel parlamento di Torino, tornata de’ 18 luglio (1) ha detto: «risulta dalla statistica (1) Atti ufficiali della Camera n.768, pagina 2964 col.3. 2 presentata dal guardasigilli che sopra sessantacinque vescovi delle Provincie meridionali, cinquantaquattro sono messi al bando della legge. E con maggior franchezza il medesimo deputato nell’altra tornata de’ 28 novembre ha proclamato esser falsa la politica che volle far credere di potervi essere chiesa libera in libero stato: chiesa e libertà sono per noi due linee parallele che non possano stare unite, e si prolungano all’infinito» -.

E il deputato Ferrari nella susseguente de’ 29 dello stesso mese aggiungeva «questo bisticcio Cavouriano inattuabile della «libera chiesa in libero Stato».

Se di tutti i prelati e minutamente si avesse a fare la commemorazione, avrebbe la continuazione degli antichi martirologii de’ primi secoli della Chiesa;

– Per due volte è brutalmente aggredito. dagli agenti governativi ed espulso l’Eminentissimo cardinale arcivescovo dì Napoli la cui operosa carità, e l’apostolica zelo, gli avevano conciliato l’amore universale del popolo;

– Gravi pericoli corrono g|i arcivescovi di Salerno di Gonza, di Acerenza, di Trani, spogliati, nelle proprie case, espulsi 4 compre plebaglie; il vescovo di Castellaneta e e quindi di Teano, mortalmente ferito, e prodigiosamente salvo;

– Tiranniche incarcerazioni si fanno soffrire, e con i modi i più brutali, agli arcivescovi di Reggio, di Sorrento, di Rossano, ed a’ vescovi di Capaccio-Vallo, di Anglona e Tursi, la innocenza e santità de’ quali è in seguito riconosciuta;

– Rimarrà memorando l’arresto arbitrario del vescovo di Avellino, scortato da’ carabinieri a Torino, dove rimane da lungo tempo, e volendolo liberare il governo, vi si oppone il famoso prefetto Nicola de Luca, adducendo per motivi «che avendo consultato il popolo (ossia quattro preti mestatori che godono la sua confidenza) questo avea pronunziato di non voler Monsignore (1). (1) La stampa imparziale osserva sul proposito: “Quando, da’ municipi del Napoletano si fanno istanze al governo, come 3 – È del pari memoranda la morte i monsignor Domenico Ventura arcivescovo di Amali, lontano dalla sua Diocesi, nella cui cattedrale ricondotto il cadavere tra le lagrime dell’affettuosa popolazione, avvengono tali atti d’indegnità, da motivare la interpellanza’ dell’onorevole sig. G. Bawìer rappresentante nella Camera de’ comuni delta Gran Brettagna: – «essere cioè, informato che la Chiesa in cui è collocato il cadavere dell’arcivescovo di Amali fu invasa, e ohe le truppe rivoluzionarie diedero o questo cadavere varii colpi di pugnale sembrare cosa certa che queste truppe commisero altri oltraggi».

È ben noto come furono con violenza esiliati dalle loro sedi i vescovi di Aquila, di Castellammare, di Andria, d’Isernia, di Bovino, e di Sora; ma i tre ultimi ne sono poi morti di angosce;

– Violente deportazioni subiscono i vescovi di Séssa, e di Teramo; – come pure quello di Patti, monsignor Celesia, che dopo una biennale relegazione in Palermo, è obbligato in febbraio ad abbandonare la Sicilia; e dirigersi a Livorno:

– Per compiere il dovere del loro sacro ministero, protestando contro le apostasie di taluni traviati de’ loro cleri e rassegnando i loro indicizzi’ di devozione al Sommo Pontefice, acerbe persecuzioni hanno a soffrire il vescovo di Nardò, ch’è espulso a’ 21 aprile dalla sua diocesi sotto scorta di truppa piemontese; e – l’altro di Lecce; – con grande apparato dì forze di carabinieri è arrestato il vescovo di Foggia monsignor Frascolla e scortato per lungo tragitto nel pubblico carcere di Foggia, ed a’ 30 settembre è condannalo dalla corte d’assise a 2 anni di carcere, e 4500 lire di multa, ed al canonico Ciulli è inflitta in parecchie Diocesi è avvenuto, perché sia richiamato il Vescovo nella sua residenza, il governo risponde essere i Vescovi perfettamente liberi. Nello stesso tempo dà a’ Vescovi il consiglio di non ritornare per ora; per non correre pericolo nelle ostilità, e reazioni. Intanto li riguarda come assenti volontariamente, e ne confisca i beni delle mense, eccitando lo zelo de’ suoi esattori, con l’aumento del compenso dal 3 al 20 per cento su le rendite vescovili che introitano!» (Si veggano i giornali di Napoli) 4

nel contempo la metà ili tale condanna; riporta pure altra condanna pecuniaria l’arcivescovo di Otranto, e 13 preti della sua diocesi-.

– AI vescovo di Eumenia Prelato ordinario di Altamura, ed. Acquaviva (Puglia) è addebitata come grave colpa una lettera di esortazione da lui diretta agli alunni di un Seminario, creato da dieci anni a sua cura, abilmente diretto con un programma di studi! encomiato anche dall’Episcopato francese, e bruscamente ora strappato dalla sua direziona e sottoposto al municipio; per cui fatto segno alle ire rivoluzionarie. II. Ma ad aggravare ognor più le tristi condizioni dello Episcopato delle due Sicilie in oltraggio della religione, si pubblicano le due circolari del ministro guardasigilli Conforti de’ 10 aprile, e 3 luglio 1862, con le quali s’ingiunge rigorosamente a tutta la magistratura penale «di colpire senza indugio e con la massima severità delle leggi qualunque atto di preti o di Vescovi, il quale si risenta di tendenze politiche contrarie all’intento del governo; – e si raccomanda altronde D’INCORAGGIARE CON OGNI ASSISTENZA E PRESIDIO i preti ribelli a’ propri Vescovi, ed infedeli a’ loro’ doveri verso la Chiesa».

Né di ciò contento, il medesimo guardasigilli nello stesso mese di luglio propone al parlamento la seguente legge: – «Art.1. Non saranno ammessi, e riconosciuti nel a regno, né potranno produrre effetto civile, e né manco avere esterna esecuzione i decreti degli Ordinarii Diocesani, e delle loro Curie portanti sospensioni, e destituzioni da ufficii, da funzioni ecclesiastiche, se non sieno stati emessi in iscritto, e non contengano la esposizione delle ragioni e de’ fatti, che vi diedero argomento. Il modo di procedere detto ex informata conscientia, od altro di simile natura non è ammesso nel regno. – Art.2. Dovendo i decreti, di cui sopra è parola essere motivati da fatti deducibili innanzi a’ tribunali, gli Ordinarii comunicheranno in iscritto al tribunale competente i fatti, 5 che han dato motivo al loro decreto, affinché il magistrato secolare si pronunci su i medesimi; dopo dì che l’Ordinario potrà procedere all’applicazione della petta ecclesiastica, che dalle leggi del regno è riconosciuta di sua competenza; se il fatto sarà così grave da richiedere la immediata applicazione della pena ecclesiastica. gli Ordinarii potranno ciò fare, col voto del capitolo della cattedrale, in seguito di che comunicheranno al tribunale competente i motivi del decreto col voto del capitolo in iscritto. – Art 3 La pena pronunciata dall’Ordinario contro un beneficiato porterà la sola privazione dell’ufficio. Per produrre la privazione, o sospensione del godimento delle temporalità del beneficio, sarà mestiere di un provvedimento governativo, che l’Ordinario dorrà provocare per mezzo del ministero di grana e giustizia, e de’ Culti. – Art.4. La inosservanza dei precedenti articoli costituendo un conflitto tra l’autorità civile, e la ecclesiastica, sarà deferita al Consiglio di Stato a’ sensi dell’art.19 legge 30 ottobre 1859. – Art. Tutti gli Ordinarli del regno dovranno presentate al ministero di grazia e giustizia e de’ culti le pastorali, istruzioni, circolari, ed in genere tutte le loro scritture destinate ad essere pubblicate nelle loro diocesi, o in parte delle medesime. Essi non potranno pubblicarle con la stampa o in qualsivoglia altro modo, se prima non sieno state approvate dal ministro guardasigilli. – Art.6. Qualunque contravvenzione alla disposizione precedente sarà deferita al tribunale del circondario, e punita, secondo i casi, col carcere, estensibile a sei mesi, o con multa estensibile a lire 500.

Di questa legge è stato detto anche dalla stampa la più liberale, che mette in istato di assedio la Chiesa – Il Siècle di Parigi la chiama tirannica, inammissibile e somigliante alla costituzione civile del clero che produsse in Francia pessimi effetti»! Il Tempo la disapprova altamente con vigoroso ragionamento, nel quale sono notevoli le seguenti proposizioni, tra le altre: 6 – «Il parlamento italiano adottando codesta legge (la cui proposta di urgenza ha accolta con applausi) commetterebbe un errore cui non potrebbero mancare gravi conseguenze. E’ sopratutto un tempo di rivoluzione è nel momento in cui si formano le instituzioni d’un popolo che importa rispettare i principii della giustizia e della libertà. – Or questi principii sono violati con la proposta legge nel modo il più grossolano. Il principio liberale vuole che la Chiesa sia libera nella sfera delle sue attribuzioni…. e dal momento che lo Stato interviene per sostituire i suoi regolamenti a quelli della Chiesa, lo Stato si rende colpevole di abuso d’autorità. – La legge adunque presentata al parlamento è una legge di collera. Il governo trovò il clero bella opposizione, e risolse di infrangere questa. – E più breve: ma non è così che si fonda la libertà. – Egli ha confuso la libertà d’un partito, con la libertà d’un paese. Un partito è libero quando è giunto al potere, e governa a suo talento; ma il paese non è libero egualmente; anzi la contrario. Un popolo non è libero quando non ha nel suo seno libertà per tutti, per la opposizione come pel potere; – pe’ vinti, come pel vincitore. Amare e chiedere la libertà solo per suo proprio conto, oh! La bella cosa! Non è ciò che può dirsi utile, meritorio, liberale, la misura del nostro rispetto per la libertà, è la sollecitudine, che proviamo per gl’interessi de’ nostri avversari.»

Mirabile per coraggio civile e per apostolica fermezza è la protesta contro la detta legge dall’episcopato toscano diretta al guardasigilli a’ 29 agosto, confutandone le odiose esorbitanze, come lo è dal pari la risposta data da Cardinale Arcivescovo di Napoli a’ 4 novembre da Roma al suo clero napoletano pel coraggioso Indirizzo di questo contro il cennato disegno di legge del guardasigilli, nel quale «riconosce un attentato gravissimo contro la episcopale autorità, una macchina adoperata a sovvertire l’ordine gerarchico della Chiesa e scinderne l’unità: 7 D’onde la conchiusione del Clero autore dello Indirizzo stesso «di rigettare con esecrazione. tutti i sei sopratrascritti articoli della iniqua legge proposta e di volere, anche a costo del sangue, serbare al proprio Pastore la obbedienza promessagli a piè dell’Altare». Ma l’ira è pessima consigliera, ed acceca l’intelletto, mentre da tutti i punti del globo, è sotto governi delle più svariate forme, i vescovi accorrono nella Capitale del mondo cattolico allo invito del Sommo. Gerarca per la solenne funzione religiosa, a’ soli Vescovi italiani è proibito di muoversi dal governo di Torino, con questo editto «Regno d’Italia – Ministero di grazia e giustizia de’ Culti, – Torino 27 aprile 1862. Il governo del Re ha deliberato di un concedere il passaporto a quegli Ordinari del regno, i quali divisassero condursi a Roma per la solennità della canonizzazione de’ martiri giapponesi. Siffatta deliberazione venne determinata, dal prudente concetto, di sottrarre gli Ordinari del regno alle conseguenze, cui potrebbero essere esposti rimpetto a’ loro diocesani, se intraprendessero un viaggio avversato dalla pubblica opinione etc.» –

Né il governo tralascia occasione alcuna per confermare la sua ostilità al clero, – finanche ad incrudelire con aumento di pene (contro ogni regola di comune giustizia) a carico del clero ne’ reati di diserzione militare, come sarà rilevato nella Sezione III.

Ed i prefetti di Avellino, e di Foggia ne’ loro bandi: degli 11 e 33 ottobre, (riportati nella parte 5. di queste colpo d’occhio) l’uno sotto l’art.13, e l’altro sotto l’art.9 con i più oltraggianti rigori, assoggettando il clero a misure ingiustissime, e ad una sorveglianza, vessatoria, di polizia. – E pure si è menato tanto rumore pe’ provvedimenti. di vigilanza che il passato governo esercitava su i cosi detti attendibili in politica!

III. Come se fossero pochi gli attentati irreligiosi contro i Vescovi, s’infierisce ancor più nel corso del 1862 a manomettere le case, i beni, e le persone ecclesiastiche. 8 S’incoraggia l’arbitrio governativo cm la legge che «dà facoltà al governo di occupare a suo piacimento le case delle corporazioni religiose in tutte le provincie del regno». Protesta il re Francesco II da Roma contro le tante inqualificabili esorbitanze del potere usurpatore, e riandando le precedenti di lui protestazioni reiterate dal 6 settembre 1860 al di 8 giugno 1861, con un ultimo del 1 settembre 182 da Albano sempre più «deplorando i danni della religione e le sventure crescenti de’ suoi popoli, dichiara nulle arbitrarie, immorali, e di non effetto tutte le vendile ed alienazioni de’ beni appartenenti al sacro patrimonio della Chiesa, e corporazioni pie, e religiose (che è pure il patrimonio dell’indigente, dello orfano dello infermo, della vedova, e che è formato dalle libere disposizioni dei privati); e dichiara altresì nulle le altre vendite de’ beni è detta Real Casa Borbonica etc.» come si è attentato con le leggi sanzionate a Torino a’ 21 luglio, e 21 agosto 1861, che permettono a condizioni vilissime la vendita de’ beni dell’anzidetta natura.

Lo stesso giornalismo rivoluzionario nel rammentare il famoso decreto de’ 17 febbraro 1861, col quale la Luogotenenza dì Napoli spogliava e sopprimeva varie case religiose, io definisce come marchiato dal suggello d’incostituzionalità.

Tra le persecuzioni d’ogni specie, è utile rammentare le seguenti:

1. Muoiono di stenti, e di angosce nelle prigioni di Basilicata (stivate di migliaia di detenuti) gli ottuagenari sacerdoti curati, D. Giuseppe Gulfo, di Colubraro, fondatore d’un ritiro per gli orfani,benefattore de’ poveri, venerato generalmente; – e l’arciprete Claps, di Avigliano, trascinato pel tragitto di nove miglia da Avigliano a Potenza, allorché fu arrestato, e più volte minacciato di morte lungo il cammino. – S’impedisce finanche a’ cleri de’ paesi, nelle cui prigioni son morti, di celebrarne le esequie, temendo di movimento popolare. 9 2 Nella Chiesa principale di Terre del Greco, malgrado la resistenza del rettore canonico Noto, e il manifesto dispiacere della divota popolazione, la consorteria faziosa ivi predominante compie a scherno della religione un sacrilego; perocché sveste la sacra Immagine della ss, Vergine Immacolata de’ consueti arredi, abbigliandola alla garbaldina, con fasce tricolori, ed altri emblemi settarii: cosi deturpata si pretende recarla in processione pel paese, ma i preludii del vulcanico disastro che ha desolato quel paese, impediscono ogni ulteriore profanazione.

3. A Catanzaro (Calabria) le Chiese sono ridotte in altrettante prigioni riempite de’ sospetti di connivenza con i briganti, da’ quali si cerca strappare qualche rivelazione, intimando loro di non confessarsi al sacerdote, ed apparecchiarsi ad esser fucilati. – Cosi si fanno vivere in angosce per una notte, non ha guari un farmacista di Acri è rimasto vittima di questo trattamento.

4. Il canonico Tipaldi, vicario della curia arcivescovile di Napoli, dopa essersi protestato (1) con dignitosa fermezza verso il prefetto Lamarmora per le violazioni della clausura de’ monasteri di donne (proteste, che pe altro: furono da costui schernite, e reiette) è condannato in marzo a tre mesi di prigionia ed a mille lire di ammenda per asserta insinuazione alle alunne del nobile Educandato Reale de’ Miracoli che si sono ricusate al canto sacro del Te Deum in onore del nuovo Re d’Italia. Accumulando la persecuzione officiale con altra sentenza gli si fulmina una seconda pena di tredici mesi di esilio e 1500 Lire. d’ammenda, perché le medesime alunne non hanno voluto prestare giuramento allo stesso nuovo re d’Italia. (1) In quasi tutti i giornali è riportata la corrispondenza epistolare pe questo fatto fra il Rev. vicario Tipaldi, e il prefetto Lamarmora,30 gennaio,6 e’ 7 febbraio 1862. 10 4.

Il parroco-curato di Portici D. Gennaro Formicola, dopo varie persecuzioni di fatto, ne subisce una officiale di diritto; perocché a’ 25 marzo è condannato a 4 mesi di prigionia, e cento lire d’ammenda per essersi ricusato di cantare il Te Deum in onore del suddetto Re. E’ inviso altresì il detto sacerdote per essersi negato ad imporr e il nome di Garibaldi ad un neonato

5. Molto più iniquo è il trattamento al sacerdote D. Giuseppe Cocozza, che predicando la divina parola a’ 15 marzo nella celebre Chiesa di S. Severino in Napoli, è costretto a soffrire oltraggi, e a beffe da taluni scapestrati studenti, che turbano i divini ufficii: il popolo s’adonta contro i sacrileghi, li discaccia, li insegue fino alla prossima Università; – si impegna un conflitto cresciuto il numero degli studenti tirano colpi di revolvers, e sì barricano; la popolazione irritata vuole attaccar fuoco alla località: vi son morti, e feriti; il governo, con nuovi principii di giustizia, mette in carcere l’oltraggiato sacerdote, e ve lo fa rimanere per 4 mesi fino a’ 16 luglio, quando trattatasi la causa da tribunali, è dichiarato innocente.

6. Per ignota causa ne’ principii dell’anno soro arrestati, e tradotti legati in carcere da’ carabinieri piemontesi il Superiore e vari monaci francescani di un convento di Mirabella (provincia dì Avellino)

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7. A’ 28 aprile (vigilia della visita del re Vittorio Emmanuele nel grande ospedale Incurabili in Napoli) sono espulsi tutti i sacerdoti cappellani dello stesso stabilimento contumaci a prestar giuramento al nuovo governo, gli infermi, ed i moribondi rimangono senza i conforti della religione.

8. A” 26 dello stesso mese D. Antonio Minucci arciprete di Stignano-Staiti Calabria) è condannato a due anni di prigionia, e 1500 lire di multa, per aver omesso in una sua predica di benedire il nuovo re d’Italia. La stessa sorte subisce il sacerdote D. Domenico Surace mansionario della insigne Chiesa Collegiata di Palmi (Calabria) arrestato nella 11

il sera del sabato santo: per aver omesso in quella mattina il nome dello stesso Re nel preconio. Altri processi s’istruiscono colà contro i sacerdoti confessori, che hanno rifiutata l’assoluzione agli ascrìtti nel circolo nazionale unitario.

9, E’ oramaì di pubblica ragione, che i canonici dell’arcivescovado di Napoli, a denunzia del Guardasigilli Conforti sono stati condannati dal Supremo Consiglio amministrativo alla perdita di un anno di loro prebenda canonicale per non essersi trovati presenti quando il re Vittorio Emmanuele visita il duomo. – È pure nominata una Commistione straordinaria per risolvere sul destino de’ sacerdoti cappellani del Tesoro di San Gennaro accaginati della stessa mancanza de’ Canonici.

10. Senza motivo legale a’ 25 maggio sono arrestati dalla Polizia piemontese in Ruvo: (Puglia) i. due canonici d. Pietro, ed. Paolo Chicco, i religiosi domenicani d. Domenico Cassuco, e d. Pietro Caputo; e il sacerdote d Raffaele Pellegrini; tradotti nel carcere di Barletta, sono malmenati e percossi a sangue (specialmente l’ultimo di essi) da taluni escandescenti di Corato, senzacohè la forza di scorta avesse cercato difenderli.

11. È invaso il Convento de’ Crociferi in Trapani, per allogarvi la gendarmeria ohe avrebbe potuto comodamente abitare altrove -‘quindi quello del Carmine in Caltagirone; . e da ultimo il celebre convento di S. Lorenzo maggiore in Napoli, d’onde è costretto ad esulare il venerando nonagenario monsignor Gigli, che avea rinunziato al vescovado di Muro per vivere nella calma del suo antico chiostro.

12. Nella Sicilia on la espulsione de’ religiosi vengono usurpati dal governo i seguenti monasteri: – in Patti, quello di S. Maria di Gesù servito da’ Minori osservanti: – in Messina, quello di S. Girolamo, e de’ Benedettini Cassinesi – in Mezzojuso di Palermo, quello di S. Basilio (rito greco.) quella di S. Rocco, in Trapani – in Noto il convento di S. Antonio: – in capo luogo di Trapani quello degli Agostiniani; 12 – in Ciminna di Palermo quello dì S. Domenico; – in Corleone quello di S. Agostino; – in Termini, quello de’ Domenicani; – in Abruzzo, quello di Cicoli. – Ed in Calabria, il convento de’ Minori conventuali in Gerace –

13. Sono espulsi i religiosi del celebre saltuario di S. Brigida in Napoli, – e la Chiesa cotanto popolare rimane a disposizione del prefetto Lamarmora, che conculca i diritti dell’amministrazione diocesana.

14. Soppresso il convento de’ Cappuccini di Foggia, scacciati con violenza i frati, tra le lagrime della popolazione, questa rimane scandalizzata nel vedere i quadri, le statue, le sacre suppellettili profanamente divelle dagli altari, e gettate su’ carri, e la piccolezza della Chiesa essere disadatta ad ogni uso, cui potesse addirsi dal governo.

15. Contemporaneamente sono espulsi gli Agostiniani, di Salerno, cotanto benemeriti, ed amati dal paese. Sì risolve dal governo lo scioglimento preliminare della guardia nazionale, temendo che non avesse a pronunziarsi in loro favore.

16. Il 21 giugno, è giorno di lutto per la stessa città di Salerno: le vecchie monache (circa trenta scheletri umani) del celebre monastero di S. Gregorio, che contava oltre tredici secoli, rispettato dalle orde de’ Saraceni e dalla decennale occupazione militare, sono state a forza strappate dal chiostro, dove speravano morire, per cedere il posto a’ soldati che avevano comode caserme altrove.

17. In Teramo (Abruzzo) a’ 19 agosto è condannato a 17 anni di lavori forzati il parroco-curato D. Rocco Sabatini, per imputazione di aver datò asilo alle bande reazionarie.

18. Ad onta del divieto del Vescovo, di Aversa varii ufficiali militari, e civili, s’introducono ne’ monasteri di donne. Nel rincontro è pregevole la cristiana fermezza della badessa delle benedettine di S. Biagio, che «protestasi obbediente al governo, in ciò che non si oppone alle leggi di Dio, e della Chiesa, è dichiara risoluta a non cedere contro la minacciata profanazione ancorché dovesse incontrare il martirio, che sarebbe lieta sopportare.» 13 E. qui la vecchiarella badessa conchiude con buon successo: «Siete voi cattolici? Dichiaratevi maomettani e fate quello che volete, ma se cattolici, dovete obbedire alle leggi della Chiesa.»

19. Di eguale coraggio danno pruova le monache Teresiane di Bari, che, comunque spogliate d’ogni loro avere, almeno riescono a rimanere nelle sante mura del loro chiostro, d’onde e si volea pure espellerle.

20. Diversa sorte (benché di pari resistenza facessero uso) incontrano la badessa, e le suore dell’antico monastero della Croce di Lucca in Napoli, dove brutalmente s’introducono il Delegato, ed altri Agenti di Polizia, scassinando le porte, per sottoporre ad inventario tutti gli effetti mobili delle religiose, di cui il governo intende appropriarsi.

21. Egualmente a’ 21 moggio in Avellino, quel giudice mandamentale, in nome del nuovo governo piemontese, si mette in. possesso del monasteri di S. Maria del Carmine, ed a quelle vergini claustrali, che. piangendo protestano contro lo spoglio de’ loro averi acquistati con le pecuniari doti delle loro famiglie, freddamente si risponde dall’Agente governativo, esser quello l’ordine superiore.

22. La stampa imparziale grida contro i quotidiani abusi del governo a danno delle innocenti monache di Napoli; sopratutto di quelle delle Domenicane a S.. Giovanniello in via Costantinopoli, e delle altre de’ nobili monasteri S. Patrizia e Donnaregina, che sono state imi sole spogliate ma si vogliono ora espellere dalle loro religiose dimore. È lodevole il contegno dell’autorità municipale rappresentata dall’Eletto della sezione S. Lorenzo sig. Federico Persico, che nega il suo assenso alla violenta infrazione della clausura, e presenta la sua dimissione; protestando «esservi tali ordini governativi una violazione del domicilio di pacifiche cittadine, dichiarato inviolabile dallo statuto costituzionale, pur non volendo considerare que’ chiostri come luoghi sacri». Ciò non ostante lo atto violento è consumato: il monastero: Donnaregina è invaso; le religiose sono costrette a consegnare tutto ciò che hanno. 14 Di egual destino sono minacciati gli altri conventi delle Perpetue Adoratrici, del Gesù a Porta S. Gennaro, e delle Trentatré. Le monache di S. Patrizia debbono lasciare l’antica loro magione per fondersi con quelle di S. Gregorio Armeno, cui attende in breve la stessa infelice sorte delle altre.

23. In una delle notti di marzo la polizia piemontese, scassinando le finestre scala le mura del convento di S. Maria la Nova in Napoli, perché s’indugiava ad aprire. Procede ad una severa perquisizione, ma nulla rinviene.

24. Impudente è la persecuzione di piazza contro i preti, per opera di sbrigliati giovinastri, che versano sulle vesti sacerdotali materie infiammabili, e si dilettano dello spavento che incutono alle loro vittime di cui si contano. fino a dieci.

25. Sono arrestati in Pastena, e tradotti nel Carcere di S. Germano i sacerdoti Antonio ‘Grosso, Filippo Parise, e Luigi Bartolomucci

26. Per la fermezza mostrata dal parroco di S. Anna di Palazzo in Napoli presso il moribondo monsignore Michele Caputo, se ne ordina lo arresto. – A maggior chiarimento di questa violenta misura governativa, giova accennare, che a’ 7 settembre. collo da favo maligno al collo trovavasi negli estremi dì vita essa monsignor Caputo il solo tra i vescovi del mondo, che il Sommo Pontefice avesse dovuto piangere, come degenere dalla umanità dell’Episcopato cattolico. Circondato dalla consorteria di pochi apostati intimano questi recarsi il Viatico. L’anzidetto Parroco nella cui spirituale giurisdizione trovasi l’agonizzante, vi accede subito, ma gli si vieta bruscamente di entrare prima da costui e di assicurarsi se abbia adempito, com’era di dovere, alla ritrattazione degli errori, in cui era incorso; – adducendo coloro di essersi già da altri confessato, e non occorrere, se non il Viatico e la estrema anione. 15 Insistendo il Parroco per accostarsi a monsignore viene respinto e minacciato. Un notaio chiamato per stipulare l’atto di rifiuto del Parroco, sostiene esser questi nel suo diritto ecclesiastico e si ritira; – Informatone monsignore Vicario Arcivescovile vi spedisce il Priore de’ PP. Predicatori, al cui ordine apparteneva il Caputo, ma viene anche respinto: v’invia altro distinto religioso, e lo trova già trapassato. – La Gazzetta ufficiale di Torino narra al proposito che per cortesia erasi invitato il Parroco di S. Anna di Palazzo ad amministrare i sacramenti: ma che essendosi rifiutato a tal dovere se prima l’infelice Vescovo non avesse ritrattato i suoi falli, il fisco ha spedito contro esso Parroco un mandato di arresto che è stato eseguito.»

27. A 5 settembre la popolazione di Termoli (Molise) malcontenta contro il governo piemontese pel modo con che fa eseguire la leva militane; tumultua in Chiesa; ed i bersaglieri subalpini accorsi pensano di imprigionare il parroco, il sagrestano, e li mettono in carcere, benché innocenti.

28. .A colmare la misura delle vessazioni, il governo rivoluzionario, non bastandogli d’impossessarsi degli ordini religiosi possidenti trova pure il modo di disfarsi de’ mendicanti, facendone occupare i conventi dalle milizie, e così li priva dell’unico loro rifugio.

29. Nel mese di novembre sono espulsi dal loro convento di Napoli, contrada Monti, gli esemplari religiosi de’ Pii Operarii, con che la gioventù studiosa perde abili e gratuiti maestri, ed i poveri restano privi de’ loro più assidui benefattori.

30. Contemporaneamente a’ 28 novembre si discacciano, per ordine pressante del governo, i Padri Alcanterini del convento della Sanità, in tanta venerazione presso il popolo, che mira fremente quel sopruso officiale, cosi che il prefetto Lamarmora è costretto ad inviare molta truppa di linea, in quello estremo rione di Napoli, per tenere in soggezione la gente ivi accalcatasi e tumultuante, a favore de’ religiosi, essendo riescite impotenti le guardie nazionali, e quelle di polizia. 16

Ecco come si frena con fucili e cannoni il tanto vantato voto popolare! – Anche il convento di S. Teresa. degli Scalzi col suo vasto cortile contiguo al palazzo degli studi, va ad esser soppresso ed incorporato al Museo nazionale.

31. Comunque siasi reso di pubblica ragione che le monache de’ soppressi monasteri si lasciano morire di fame dal governo che loro non corrisponde gli assegni promessi in permuta de’ loro beni di cui è appropriato; pure viene egli ad impossessarsi del recondito Ritiro delle religiose di Suor Orsola dell’austera regola delle sepolte vive venerate nel pubblico per le loro sante virtù; – e degli Agostiniani della Maddalena de’ spagnuoli.

32. Sono espulsi i religiosi di s. Francesco da Paola dalla loro casa al rione Stella di Napoli; i PP. Liguorini da Tarsia ed i Benedettini da San Severino. Pe’ principi di febbrajo 1863 tutti i conventi di Napoli debbono trovarsi sgombrati.

33. Un distaccamento di truppa, con carabinieri e poliziotti assalta nel mattino degli 11 dicembre il portone del Monastero della Pietà, in Palermo e vi penetra per eseguirvi una perlustrazione con gli architetti nonostante il divieto di quell’Arcivescovo. Le monache atterrite si rifugiano piangendo nel coro; la indignazione è generale nella città per questo atto di violenza. Il Precursore di Palermo dice di non trovar parole per maledirlo, perché il popolo Siciliano è devoto e senza un assoluta necessità non sono giustificabili atti che turbano profondamene le coscienze. Niun uomo, per quanto spregiudicato in materia di religione, potrà lodare un procedere cosi inumano contro povere donne educate nel ritiro allo esercizio delle virtù cristiane, ed estranee del tutto alle cose del mondo» .

34. Il sentimento religioso è cosi radicato nel minuto popolo, ohe net mese di giugno, nella città di Modica in Sicilia,300 donne armate di coltelli, e bastoni irrompono nella Chiesa dove n predicava un prete passagliano, e lo discacciano a furia di bastonate. 17

35. E quando, dopo tante usurpazioni de ‘conventi e delle loro rendite, si medita alla misera sorte de’ religiosi, e delle claustrali, ridotte alla assoluta mendicità, non si potrà rimanere insensibile. Di fatto, gli stessi giornali di Torino (La Discussione di 30 dicembre) censura l’amministrazione della Cassa ecclesiastica per «gli innumerevoli abusi degl’impiegati, per la pessima gestione pecuniaria, e per aver ridotti i frati e le monache ad una pensione di otto soldi al giorno, e questa né pur liquidata interamente; né pur pagata dopo 2 anni!» IV. Ma quale libertà, quale protezione legale può sperare il clero sotto un governo illegittimo che permette tante persecuzioni, ed altre più accanite ne aggiunge per capriccio? – Il programma officiale sul trattamento agli ecclesiastici è così formolato nel Parlamento di Torino dal deputato calabrese Benedetto Musolino in una delle tornate del mese di giugno: «Noi non daremo altra libertà alla chiesa, se non come a’ valdesi ed a turchi, ma l’indipendenza non mai! L’indipendenza del clero è una eresia politica: il Papa non può pretenderla!…». Garibaldi, nei tanto applauditi suoi discorsi pubblici, ed encicliche, non si stanca di reiterare le bestemmie contro il Sommo Pontefice, contro i Vescovi, contro gli ecclesiastici in generale, che non occorre di trascrivere, essendo troppo notorie.

E pure, ad onta di così implacabile avversione governativa molti sacerdoti hanno il cristiano corallo di smentire i falsi indirizzi contro la pontificia Sovranità temporale, ne’ quali si è fatto abuso de’ loro nomi, o di ritrattare le sottoscrizioni loro strappate con violenza, con frodi, con rigiri. Il prefetto di Catania, che usurpando anche l’autorità spirituale permette a’ predicatori di fare i quaresimali in disprezzo del divieto de’ Vescovi, organizza in sua casa una petizione in nome del clero per indurre il Papa a cedere Roma, e fattala presentare a monsignor Vicario capitolare D. Gaetano Asmundi, questi la respinge; e perciò la si affida 18 ad un comitato di scapestrati giovani, che avendo il loro gabinetto in piazza, invitano ognuno de’ sacerdoti di passaggio a segnare ivi il loro nome; ed al rifiuto di costoro, li caricano di vituperii; a’ quali ben volentieri sa rassegnarsi quel clero, che non è dell’atea scuola fatalistica, la quale si concilia coi fatti compiuti.

L’arbitraria intrusione governativa si estende ne’ seminarii vescovili, dove si pretende secolarizzare gli studii ecclesiastici, e si commette un altro attentato, oltre i tanti, a danno dell’Episcopato napoletano. Rimarrà come documento per la storia la costui dignitosa e motivata protesta del 1 novembre, avverso alle circolari ministeriali de’ 5 settembre, e 2 ottobre, le quali accusando la tema di «non essere l’ammaestramento ne’ Seminarii Conforme all’attuale ordinamento del governo e piuttosto contrario all’unità italiana» vi ordinano la sorveglianza di polizia applicando loro gli articoli 59.60.61. del decreto luogotenenziale de’ 10 febbraro 1861 risguardante la istruzione secondaria a cura dello Stato.

E la stessa anti-religiosa intrusione governativa si estende pure ne’ più stabilimenti di pubblica beneficenza in Napoli: cosi i nuovi governatori del Beai Albergo de’ poveri, e degli altri istituti da questo dipendenti discacciano gli antichi ecclesiastici addetti pel servizio divino a pro di tanti infelici reclusi, sforzando, ma invano, le loro coscienze, per la prestazione del giuramento, non più secondo la formola della Chiesa (come erano pronti a fare que’ sacerdoti); ma secondo la formola del Ministero di Torino; – e sostituiscono loro presbiteri passagliani.

I medesimi governatori, a sradicare il sentimento religioso in quegli alunni, inculcano: – «non esser necessaria tanta pietà e religione; bastare la messa ne’ dì festivi, esclusa quella quotidiana; – confessarsi qualche rara volta; – richiedersi ora libero tratto, e franco da’ pregiudizii de’ preti».

E coordinatamente a queste nuove teoriche in materia religiosa un giornale governativo di Torino osserva: «Noi abbiamo domandato mille volte, che si fosse cessato di far sentire a’ soldati la messa per obbligo; 19 siccome si è già cessato d’imporla agli studenti. – Al gran principio di Chiesa libera in Stato libero noi abbiamo aggiunto quest’altro, di armata libera in Chiesa libera».

Una chiesa protestante dl culto anglicano (in disprezzo dello stesso testo della Costituzione, che riconosce come unica religione dello Stato la Cattolica) viene inaugurata in Napoli, su quel terreno accordato due anni prima da Garibaldi, ed autorizzatasene poi la costruzione sotto il ministero Ricasoli. La cerimonia è però tenuta segreta per evitare disordini. Appena però il fatto è divulgato per la Città una perturbazione inesprimibile s’ impossessa del popolo, e le declamazioni più vive sono lanciate in pubblico contro i piemontesi, e gli (Piretici loro alleati. Questa emozione non si calma, che a gran fatica, e con l’aiuto della disciplina di ferro, che pesa su Napoli; ciò che però dà una nuova occasione alla popolazione napoletana di manifestare quell’antipatia contro i piemontesi, che le 120 mila baionette di Lamarmora non possono vincere.

Su tale oggetto altronde il giornalismo napoletano esprime il seguente giudizio: – «Non è il protestantesimo, che ci minaccia potendo esso dirsi moribondo in quella stessa Germania, dove ebbe vita; ma sì bene l’ateismo schietto che vorrebbe introdursi in Napoli col favore del nuovo governo ed il tarlo assai più funesto dello indifferentismo. Questi sono i due veri giganteschi nemici del cattolicismo patrio!».

Per coronare gli argomenti finora esposti si ha la franca, rivelazione di uno degli ultimi proconsoli piemontesi, che han governato Napoli. Il conte Ponza di S. Martino assicura alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul brigantaggio che «le vessazioni del governo piemontese in Napoli contro la Chiesa producono principalmente la reazione. I napoletani sono anzi tutto Cattolici, e vogliono un Governo Cattolico; né questo governo potranno mai averla, da’ piemontesi, e dalla fazione loro fautrice». 20 

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/01_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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