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COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (XVII)

Posted by on Dic 6, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (XVII)
II. MANCANZA DI RIGUARDI DIPLOMATICI. 

1. Ad ingannare la pubblica opinione, il ministero di Torino, nel mese di aprile, fa trombare da tutti i suoi giornali, il grande onore che in occasione del viaggio per Napoli del nuovo Re d’Italia, farebbero i governi di Francia, e d’Inghilterra inviando le loro flotte ad accompagnarlo colà.

Ma la flotta inglese vi giunge prima del re, ed in tutto il tempo della costui dimora in Napoli, non dà segno di vita. Per la francese, con un avviso ufficiale del Moniteur vien dichiarato, che se giunse insieme con il re, fu per effetto di nebbie, di oscurità, di coincidenza casuale insomma, e non di proposito deliberato.

A parare questo scacco il ministero adopra nuova arte, e fa scrivere dal re all’imperatore de’ francesi la lettera di ringraziamento, che contro ogni uso della diplomazia rende di pubblica ragione pria che giunga al suo destino. Il Moniteur però nel riprodurla ili Parigi omette il periodo (riportato dianzi, p. 228. 229. sotto l’articolo della guerra civile) che parla dell’ordine ristabilito, delle calde testimonianze d’affetto, e della unità che riposa sopra solide basi; – con che dimostra di non ammettere la verità di tali asserzioni, e rivolge quell’arte tutta a danno di chi avevala escogitata.

2. Del discredito governativo, e nel tempo stesso diplomatico, sì ha una confessione esplicita nella tornata del parlamento di Torino de’ 24 novembre, dove il ministro Pepoli fa nuove rivelazioni circa il modo come si sono compiute le annessioni Italia, ed in quale sfiducia finanziaria si versi: – Il governo del Re (egli dice) ha sussidiato l’Emilia (Legazione di Bologna tolta allo Stato Pontificio), oltre al prestito, di cui facevasi mallevadore; 248 le anticipava 4. milioni; – e senza questa anticipazione ci sarebbe stato malagevolissimo proseguire negli armamenti… Il giorno dopo la pace di Villafranca, io medesimo ho portato a Bologna dugentomila franchi, che il ministro di Finanze del Piemonte mi aveva in quel tempo con larghezza concessi. Aggiungerò un fatto ancora. Il prestito delle Romagne incontrava grandi difficoltà, ed io non avevo trovato banchiere, che volesse assicurare questo prestito: venni a Torino, esposi le cose quali erano re, che vedendo le angustie in cui versavamo, mi guarentiva, con atto che sommaraente l’onora, per ben cinquecentomila franchi….; ma niuno de’ banchieri si mostrò disposto a scontare questi titoli che noi loro offrivamo… Ecco perché ho detto che senza che il sussidio del Piemonte, io non avrei potuto in nessun modo».… (qui è interrotto da varie parti; ma s’intende da se il rimanente del concetto). Il presidente della camera rimedia a questa confessione, asserendo che allora non erano ancora succedute le annessioni, e che «i sussidi di quel tempo non si concedevano dal re di Sardegna col carattere di re».

Né sola questa, ma altre più interessanti particolarità il medesimo ministro rivelava nella tornata precedente de’ 22 novembre (atti ufficiali n. 906. pag. 3523.).

Ad ammaestramento, ed a rettificazione della storia contemporanea, il ministro Pepoli nel parlamento di Torino nel 1862 smentisce le inesattezze del proclama reale diretto dal re Vittorio Emmanuele a’ popoli dell’Italia meridionale a’ 9 Ottobre 1860 da Ancona.

Gioverà fare un confronto fra le assertive dell’uno, e le smentite dell’altro. 249

 

Parole del re Vittorio Emanuele nel proclama de’ 9 ottobre 1860

Dopo la pace di Villafranca, quelle provincie italiane (tra cui le Romagne) dimandarono la mia protezione contro il minacciato ristauro degli antichi governi, Se i fatti: della Italia centrale erano la conseguenza della guerra alla quale noi aveva mo invitati i popoli se il sistema delle intervenzioni straniere doveva essere per sempre sbandito dall’Italia, io dovevo conoscere e difendere in quei popoli il diritto di legalmente e liberamente manifestare i loro voti.

Ritirai il mio governo, ed essi fecero un governo ordina- io: ritirai le mie truppe, ed essi ordinarono forte regolari; ed a gara di concordia e di civili virtù vennero in tanta riputazione e forza che solo per violenza di armi straniere avrebbero potuto esser vinti.

Grazie al senno de’ i popoli … la Italia crebbe nella estimazione delle genti civili , e fu manifesto all’Europa, come gli italiani sieno acconci a governar se stessi.

Parole del ministro Pepoli 22 novembre 1862.

Dopo la pace di Villafranca il moto italiano si fermava, e senza la persistente volontà de’ ministri di Torino, Farini, e Ricasoli, L’UNITA’ ITALIANA AVREBBE MISERAMENTE NAUFRAGATO. Io era in que’ tempi ministro degli affari esteri nelle Romagne: avevo partecipato a que’ moti e cooperato per la liberazione del mio paese. Noi ci trovavamo adunque , dopo Villafranca, in dolorose condizioni: la giunta di governo in Bologna era sprovvista di denaro e senza soldati per difendere il paese: trovò forte ed efficace ajuto nel ministero di Torino presieduto da Lamarmora, di cui era parte precipua Rattazzi, i QUALI DIEDERO GAGLIARDO APPOGGIO ALLE ROMAGNE, senza del quale non si avrebbe potuto tutelare l’ordine, e tenere in rispetto i nemici (s’intendono per tali i molti che desideravano il restauro dell’antico governo Pontificio): ora, come avremmo potuto mai difenderci da costoro, se non avessimo avuto que’ potenti aiuti del ministero di Torino? stava allora un reggimento di soldati piemontesi a nostra difesa nella Emilia in Bologna: il governo francese aveva richiesto, che queste milizie fossero subitamente ritirate secondo i patti di Villafranca. 

Il ministro Rattazzi si adoperò in modo che le milizie stesse continuarono a stanziare fra noi, e così riuscimmo a mantenere l’ordine. Il nostro erario era in dissesto; mancavamo di tutto: i banchieri ci rifiutarono ogni aiuto di credito e di denaro; ma il ministero di Torino fu largo al governo provvisorio delle Romagne di que’ sussidi senza i quali saremmo stati rovinati; di più il governo del re Vittorio Emanuele garantì un cospicuo imprestito a quelle provincie. 

250 

Non occorre far osservare che de’ fatti in quistione il Pepoli è fissai meglio informato, e sa indicarli con precisione; donde i popoli dell’Italia meridionale, cui fu diretto. il proclama reale anzidetto, potranno profittare per la estimazione di quant’altro ivi si contiene.

3. A’4. novembre centrano nel porto di Napoli il principe ereditario di Prussia con la consorte, ed il principe di Galles; e prima loro cura è di mandar avviso a’ consoli della loro rispettiva nazione di rifiutare ogni maniera di visite, e ricevimenti ufficiali. Ricusano la ospitalità ne’ reali Palazzi, loro offerta in nome del prefetto generale Lamarmora. Si recano privatamente ad osservare tutte le rarità, è meraviglie di quella Capitale, e dintorni, un dì sì felice, ed ora oppressa, dalla tirannide rivoluzionaria; sgradevolmente colpiti dalla necessità in cui si trova l’autorità militare, di perlustrare con due battaglioni armati in guerra la via, che da’ reali viaggiatori deve percorrersi per salire al Vesuvio; ciò che dà loro una tristissima idea della sicurezza pubblica in quelle provincie, dove i piemontesi millantano esser venuti a restaurare l’ordine morale. 251 Egli è perciò, che il principedi Prussia dice afd una deputazione napoletana presentatiglisi in Roma. – «Sono 10. anni, che io venni a visitare Napoli: allora volli vedere il Vesuvio. S. M. il re Ferdinando II. mi diede una guida sicura, e mi fece accompagnare da due gentiluomini della sua corte. Jeri ho desiderato rivedere il Vesuvio, ed il generale Lamarmora non ha creduto, che io potessi fare con sicurezza questa corsa senza essere accompagnato da due battaglioni di soldati!»

L’augusto principe in questo viaggio evita di passare per Torino; – di transito a Milano rifiuta il pranzo offertogli dal principe ereditario del Piemonte; – e diretto per Verona, si reca a Vienna, dove è cordialmente festeggiato. – Il conte Brassier de Saint-Simon rappresentante della Prussia a Torino è richiamato dal suo posto, e tramutato altrove, asserendo la stampa piemontese esser ciò derivato, sia per essersi mostrato troppo italianissimo; sia per aver osato di fare qualche osservazione su questo contegno del Reale viaggiale. – In rimpiazzo viene destinato il generale Williesn. Sul proposito i giornali osservano che la Prussia richiamando Brassier de Saint-Simonn, non solo ha voluto togliere a Torino un amico troppo dichiarato; ma ha voluto invece mandarvi un avversario». Di fatto, gli stessi fogli ministeriali annunziano con rancore ohe il Willisen sia quel medesimo, che nel 1849 trovavasi al campo di Radetzky durante la battaglia di Novara in cui fu battuto l’esercito piemontese.

Si parla anche del richiamo di quello di Russia per lo stesso motivo che ha indotto la Prussia a richiamare il suo.

Si afferma, che il governo imperiale Francese vada ad apportare una mutazione nel personale de’ Consoli della penisola italiana, sostituendovi persone, che’ non abbiano tendenze favorevoli al Piemonte; e sieno d’accordo pel consolidamento del potere temporale Pontificio, e per la ristorazione de’ Borboni a Napoli (Dal giornale il Diritto de’… Dicembre). 252 

continua……

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/02_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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