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Concetto di rivoluzione. Analogie tra il movimento del 1799 e del 1860

Posted by on Apr 6, 2016

Concetto di rivoluzione.  Analogie tra il movimento del 1799 e del 1860

un altro contributo da parte di un identitario insorgente vero, lucio castrese che vi invito a leggere,  in allegato il documento con le note storiche.

 

Concetto di rivoluzione. Analogie tra il movimento del 1799 e del 1860 

 

Siamo un paese veramente strano.

Votiamo dei referendum e restiamo indifferenti allorché, mortificando la nostra volontà, un qualunque governo, senza distinzione di colore politico e con atteggiamento sprezzante, si arroga il diritto di ignorare completamente le nostre decisioni. (1) Nella nostra anormalità, definiamo “rivoluzione” un avvenimento che tale non è; definiamo “liberazione” un genocidio ed usiamo due metri diversi per definire “eroi” dei traditori e “traditori” degli eroi. Abbiamo perso veramente il senso della misura e della realtà. Cerchiamo di dimostrare l’assurdità di questo comportamento e la conseguente veridicità circa la perdita del senso della realtà.

Il fenomeno che nel 1799 interessò il Regno di Napoli e conosciuto come “Repubblica Napoletana” è definito “rivoluzione”. Nulla da eccepire se il termine viene usato in esclusivo riferimento ai giacobini napoletani. L’ambiguità e la distorsione cominciano a delinearsi allorché si vuole forzosamente presentare l’evento come una spinta proveniente dal basso, dal popolo minuto, dalla “plebaglia”, per dirla alla giacobina.

E vediamo perché.

Dall’Enciclopedia Treccani, per il termine “rivoluzione”, viene fornita la seguente definizione:<< Il crollo o il rovesciamento di una vecchia legalità; la sovversione parziale o totale delle regole prestabilite>>. Ovviamente, affinché questo rovesciamento e questa sovversione possano verificarsi, c’è bisogno di un “agente”; e, trattandosi di qualcosa di grosso, l’ “agente” non può essere certamente una sola persona, ma almeno un gruppo abbastanza numeroso che si ingrossa man mano che le idee diffuse fanno presa negli animi delle persone che vengono gradualmente coinvolte. Caratteristica peculiare di un movimento rivoluzionario, però, è che il desiderio di cambiamento deve essere “spontaneo”, nel senso che esso non deve essere “imposto” dall’alto – vuoi con la forza fisica, vuoi con quella ideologica. Analizzando il movimento della Repubblica Napoletana, invece, notiamo che il fascino delle idee rivoluzionarie provenienti dalla Francia interessa una ristretta cerchia di persone, composta da intellettuali ed aristocratici. Costoro, ritenendo, per chissà quali convinzioni, che tali idee potessero affascinare anche le classi più povere, convincendole a condividerle e a lottare per esse, si sforzarono in tutti i modi di farle sentire proprie anche a strati sociali diversi, che non ne avvertivano né il desiderio né l’utilità e che, di conseguenza, anziché esserne i protagonisti, subirono passivamente lo sviluppo e le conseguenze di quel movimento. Pertanto, se il movimento del 1799 lo si vuole etichettare col nome di “ rivoluzione” , nulla quaestio, purché, si abbia l’accortezza di riferirlo a quelli che ne sono stati prima gli ideologi e poi i protagonisti.

Se – come si vuol far credere – il popolo si fosse trovato male, avrebbe reagito spontaneamente, senza che glielo facessero notare persone lontane dalla sua condizione e che sicuramente non conoscevano se non astrattamente i problemi di sopravvivenza giornaliera con i quali dovevano confrontarsi quotidianamente i “lazzaroni”.

Se la rivoluzione ha come fine il rovesciamento di un regime obiettivamente tirannico, essa può ritenersi anche giustificata e i nomi di coloro che ne sono stati gli ideatori e gli artefici è giusto che vengano scritti nel libro degli eroi e come tali vengano ricordati negli annali della nazione. Lo stesso giudizio, però, non si può esprimere per un’azione messa in atto per soddisfare un puro “vagheggiamento” o per semplice desiderio di emulazione, specialmente se messa in atto contro un regime che obiettivamente non può essere definito tirannico.

Prima di scendere nel particolare portiamo degli esempi di carattere molto generale dai quali, poi, il giudizio per il momento storico in esame discenderà automaticamente.

Diciamo che i concetti di “tiranno”, di “tirannia” e di “tirannico”, come tutti i concetti umani, non sono assoluto. Gli esempi, pertanto, hanno proprio lo scopo di rendere meno relativistico il giudizio intorno a queste categorie.

Nell’anno 1799 era Re del Regno di Napoli e di Sicilia Ferdinando (IV come Re di Napoli, III come Re di Sicilia e, dopo il 1816, I come Re delle Due Sicilie).

Ribadendo sempre il concetto che le generali condizioni di vita, con piccole differenze, erano pressoché le stesse in tutti gli Stati e che, più o meno, i sovrani si assomigliavano un po’ tutti nei rapporti con i propri sudditi, facciamo parlare semplicemente i fatti, senza alcun commento.

Nel periodo in esame, sotto il regno di Ferdinando, si ebbero:

1735 – Prima Cattedra di Astronomia in Italia

1754 – Prima Cattedra di Economia nel mondo (affidata ad Antonio Genovesi)

1762 – Accademia di Architettura (una delle più prestigiose in Europa)

1763 – Primo Cimitero italiano per poveri, fuori la città (Napoli, Poggiorerale) … appena qualche annetto prima del più famoso Editto di Saint Cloud (12 giugno 1804)

1771 – Polo siderurgico della Mongiana (fondato nel 1768) e riapertura della fabbrica di porcellane di Portici

1778 – Inizio dei lavori per il Real Teatro Fondo (Mercadante)

1779 – Ristrutturazione del teatro dei Fiorentini

1778/1780 – Villa Reale a Napoli (poi Real Passeggio di Chiaia, Villa Nazionale, Villa Comunale)

1781 – Primo Codice Marittimo nel mondo (Michele Jorio)

1782 – Primo intervento in Italia di profilassi antitubercolare

1782 – Edificazione del Teatro Nuovo

1783 – Primo Cimitero in Europa ad uso di tutte le classi sociali (Palermo)

1789 – Prima assegnazione, in Italia, di “case popolari” e prima istituzione di assistenza sanitaria gratuita (S. Leucio, Caserta)

1790 – Costruzione del Teatro San Ferdinando

1792 – Primo Atlante Marittimo nel mondo (G. Antonio Rizzi Zannoni “Atlante Marittimo delle Due Sicilie” elaborato dalla prestigiosa Scuola Cartografica Napoletana)

1801 – Primo Museo Mineralogico nel mondo

1807 – Primo Orto Botanico in Italia (Napoli)

1812 – Prima Scuola di ballo in Italia (annessa al Teatro S. Carlo)

1813 – Primo Ospedale Psichiatrico napoletano (Morotrofio di Aversa)

1818 – Prima nave a vapore nel Mediterraneo (Ferdinando I)

1818 – Primo Osservatorio Astronomico in Italia (Napoli, Capodimonte).

Ma per i giacobini napoletani questo sovrano che aveva dato alla propria nazione tanti primati, non certo per solo diletto personale, questo sovrano che, nonostante l’opera dei bastian contrari, aveva dato vita a quello stato ideale, rappresentato dalla Comunità di San Leucio che, da allora fino ai nostri giorni, nessuna istituzione e nessuna scuola di filosofia o di economia più ha avuto la capacità di replicare, ebbene, questo sovrano era stato giudicato e condannato senza appello come oscurantista, come tiranno ed andava tolto dalla circolazione ad ogni costo e con ogni mezzo.

A questo punto i giacobini napoletani, che, fino a prova contraria, erano a tutti gli effetti, cittadini della Nazione Napolitana, alla quale dovevano la loro condizione e che avevano goduto o godevano della protezione della corona, cosa fanno? Fanno invadere quella che era la loro patria da truppe straniere, sottoponendo, in nome del tanto decantato principio della Libertà, dell’Uguaglianza e della Fraternità (termini con un che di sinistro, di cui, purtroppo, avremo occasione di riparlare), la propria nazione ed i suoi abitanti a saccheggi, ruberie, stupri e violenze di ogni genere. (2) Da qualunque angolazione lo si voglia guardare, è mai possibile definire nemmeno “eroico” ma corretto un tale comportamento ed “eroi” i protagonisti?

Alla fine, però, cosa succede ? Che coloro che hanno tramato contro quel tipo di ordine costituito che, come visto, non può essere considerato tra i più retrivi dell’epoca, coloro che sono dei rinnegati e dei traditori a tutti gli effetti, vengono consegnati alle pagine della storia come “eroi” e successivamente come “martiri”, allorché, una volta ristabilito l’ordine sovvertito, alcuni di loro debbono fare i conti con la ripristinata giustizia e quelli che hanno combattuto per non far stravolgere lo “status quo” e per difendere la loro vita, i loro beni e le loro convinzioni vengono definiti con gli epiteti più mortificanti ed offensivi.

Allora o le uccisioni, gli assassini, le rapine, gli stupri hanno lo stesso nome e lo stesso significato per tutte le parti in causa o non c’è alcuna possibilità di confronto e di dialogo ed ognuno rimane con le proprie convinzioni. Se appartengo ad uno schieramento che mi ha garantito una certa condizione di vita e poi, affascinato da idee straniere, passo dall’altro lato, sono un rinnegato. Se apro le porte della mia nazione ad un esercito straniero (di cui, poi, le cronache hanno riportato ogni tipo di violenza) permettendogli di distruggere la mia terra e di massacrare i miei conterranei, non posso non essere definito un traditore. E se intraprendo una “rivoluzione” per abbattere un regime tirannico e dispotico, si dovrebbe pensare che, una volta riuscito nell’intento, dovrei comportarmi in maniera diametralmente opposta a quella del regime che ho contribuito ad abbattere. Il primo articolo di legge che, invece, promulga Carlo Lauberg appena nominato presidente della neonata Repubblica non è altro che l’affermazione di un principio liberticida che anticipa di ben 64 anni la famigerata “legge Pica”. (3)    

(Continua per il 1860)

C. Lucio Schiano

 

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