CONTRORIVOLUZIONE Dagli spalti di Civitella: per Dio, la Patria, il Re
Son trascorsi — e me ne accorgo anche dalle fotografie, ormai ingiallite — ventotto anni da quando, nel 1988, dopo un mio soggiorno in Francia, a Parigi, un anno prima del bicentenario della Rivoluzione Francese, presi contatto con il giornalista François Brigneau, Presidente del Comitato ANTI 89 francese, formatosi per ricordare i crimini della Rivoluzione, ansioso di formare anche in Italia un Comitato per ricordare quella data e, soprattutto, quell’eroica Guerra della Vandea in cui si vide sterminato un popolo che era insorto, in armi, in nome del Trono e dell’Altare.
Un motivo anche per ricordare, qualche anno dopo, la Grande Insorgenza antigiacobina italiana del 1799 contro i francesi — quella davvero unitaria, fatta in nome della Fede e della Libertà, non contro la Fede che era il cemento delle popolazioni della Penisola — e che lo storico Niccolò Rodolico così descrive:
«Quando i reggitori della Repubblica di San Marco, tremanti di paura alle minacce francesi, strappavano le gloriose insegne del leone alato, e supplicavano pace, i contadini del Veronese gridavano Viva San Marco! e morivano per esso in quelle Pasque che rinnovarono i Vespri. Quando sotto il cumulo di umiliazioni patite da prepotenti francesi e giacobini paesani, Carlo Emanuele avvilito abbandonava Torino, i montanari delle Alpi, i contadini piemontesi e monferrini, continuavano disperatamente la resistenza allo straniero. Quando nella Lombardia gli Austriaci si ritiravano incalzati dai Francesi, i contadini lombardi a Como, a Varese, a Binasco, a Pavia, osavano ribellarsi al vittorioso esercito del Bonaparte, sfidando la ferocia della sua vendetta. Quando il mite Ferdinando III di Toscana era licenziato dai nuovi padroni, e i nobili fuggivano, e i Girella, democratici improvvisati, venivano fuori con la coccarda tricolore, i contadini toscani insorgevano al grido di Viva Maria! Quando nelle Marche scappavano generali e soldati pontifici e il vecchio Pontefice arrestato era condotto via da Roma sua, non i Principi cattolici osarono protestare, non Roma papale insorse, ma i contadini dai monti della Sabina alle marine marchigiane caddero a migliaia per la loro fede e per il loro paese. Quando vilmente il Re di Napoli con cortigiani, ministri e generali fuggiva all’avanzarsi dello Championnet, soli, i montanari degli Abruzzi, i contadini di Terra di Lavoro, i Lazzaroni di Napoli si opposero all’invasore in una lotta sanguinosa e disperata.» (Cfr. Niccolò Rodolico, Il popolo agli inizi del Risorgimento nell’Italia Meridionale, Felice le Monnier Editore, Firenze 1926)
Ecco, teso a rivendicare, secondo la nota formula del visconte De Bonald — «i diritti di Dio rispetto a quelli dell’uomo” e a tener viva la memoria storica di quelle persone e di quei movimenti che hanno impedito alla Rivoluzione di impossessarsi dell’Italia — nacque l’ANTI 89 italiano, la cui parabola avrebbe dovuto concludersi, con la partecipazione di una delegazione di oltre duecento rappresentanti, alla manifestazione a Parigi del 15 agosto 1989 in cui centomila, assisterono, in piazza del Louvre, a una solenne Messa tradizionale celebrata, “ad memoriam” delle vittime della Rivoluzione, dall’abbé Louis Coache, sfilando, poi, in un interminabile processione, per le vie della città.
Nacque anche (febbraio 1988 – in attesa di registrazione) “Controrivoluzione”, un “bollettino” di collegamento che dal maggio dello stesso anno diverrà un trimestrale di tutto rispetto presentato, come “Organo ufficiale dell’ANTI 89”, a Roma il 13 maggio dello stesso anno durante un Convegno, organizzato, appunto, dall’ANTI 89 e dalla Fondazione Volpe, presso il Palazzo Pallavicini, alla presenza della Principessa Elvina, e con la partecipazione di François Brigneau, Pucci Cipriani, Massimo de Leonardis, Roberto de Mattei, Augusto Del Noce, Jean de Viguerie, Enrico Nistri, Julien Freund, Francesco Grisi.
Da allora “Controrivoluzione”, che ha per motto “Sub Christi Regis Vexillis militare gloriamur” (Ci gloriamo di militare sotto gli Stendardi di Cristo Re), per oltre venti anni, è uscita, sia pur con immensi sacrifici, 123 volte, fino al 2010, poi, dopo una pausa per riprendere un po’ di ossigeno (in tutti i sensi,) grazie all’impegno e alla passione dell’editore e amico Marco Solfanelli, che ha voluto affidarmi nuovamente la Direzione, riprende le pubblicazioni e le… battaglie.
Per venti anni, fino alla sua morte avvenuta nel 2015, l’ANTI 89 ha avuto, come cappellano un eccezionale sacerdote, baluardo della Tradizione, don Giorgio Maffei, che ci ha seguito nei nostri Convegni, sui nostri giornali e, finalmente, negli Incontri della Tradizione Cattolica che si tengono, ogni anno, da circa un trentennio, presso la “Fedelissima” Civitella del Tronto, gli ultimi tre giorni dell’ultima settimana di marzo. Proprio a Civitella del Tronto, ultima Roccaforte del glorioso Regno del Sud, dove un pugno di soldati e di popolani, sotto lo splendido vessillo bianco con i Gigli borbonici, si batterono, animati dal loro cappellano, il francescano p. Leonardo Zilli, prima in nome del Re, poi anche contro il volere del Re che aveva invitato alla resa, per il Trono e l’Altare, sono iniziati quei seri studi di “Revisione Storica” (i cui Atti sono stati pubblicati da “Controrivoluzione”) che hanno caratterizzato i nostri Incontri, come quelli, ad esempio: “1789 – 1989 Metamorfosi della Rivoluzione”, quindi “Dalla Malaunità alla Rovina attuale – 1991” in cui si dimostra come il cosiddetto risorgimento sia stato, in realtà, la Rivoluzione giacobina italiana, sorella di quella francese e come: «in nome dell’unità italiana venne travolto il dominio temporale dei Papi, facendosi così cadere di fronte agli occhi dei popoli il baluardo e il simbolo del potere teocentrico e ponendo il Pontificato romano sotto la soggezione e la pressione del potere laicista ed ateo… (Dunque) l’Unità d’Italia … si inquadrava per sempre in un’ottica nazionalistica che rappresentava la negazione dell’antico e sacro concetto di Cristianità e preparava i grandi conflitti del XX Secolo.» (Cfr. C.A. Agnoli nella prolusione allo stesso Convegno), per arrivare al Convegno del 1992, fatto “in nome di Cristo, di cui Colombo fu il portatore, e della Santissima Vergine di Guadalupe, Regina delle Americhe” per demolire la “leggenda nera” della Conquista delle Americhe: “1492 – 1992: l’espansione missionaria e coloniale dell’Europa Cristiana”, e ancora gli Atti del Convegno della Tradizione del 1997: “A voi il tempo, a noi l’Eternità. Letterati e Pensatori della Controrivoluzione” … fino al 1999 con la “Vandea Italiana” ovvero le Insorgenze controrivoluzionarie dalle origini al 1814 di cui lo storico più rappresentativo è proprio il nostro Massimo Viglione, per giungere all’Incontro di questo 2016: “1916 – 2016 centenario della morte di Francesco Giuseppe I: dall’Impero dei popoli alla dissoluzione odierna”.
Ecco “Controrivoluzione” ritorna ai nostri lettori sicura che le prossime battaglie verranno combattute con lo stesso coraggio, con la stessa abnegazione, in nome di principi immortali, ovvero in nome di Dio, della Patria e del Re.
La Gloria di Dio che ha il suo fulcro nel Diritto Naturale che è impresso nel cuore dell’uomo per cui, come dice san Tommaso: «La Legge naturale è la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole» e il suo fondamento nella trasmissione della Dottrina di sempre: “Tradidi quod et accepi”.
La Patria, intesa non giacobinamente, ovvero costruita a tavolino o in Loggia, con la squadra e il compasso, ma come Terra dei Padri, secondo la definizione di Monsieur Charette: «La Patria per noi sono le nostre case, la terra in cui ci sono le tombe dei nostri avi, ci sono i nostri villaggi… ma per il giacobino cos’è la Patria? Loro l’hanno in testa, noi l’abbiamo sotto i piedi.»
Infine il Re, la Monarchia, la Monarchia Tradizionale, che si discosta dalla Monarchia assoluta e da quella costituzionale, in quanto il suo potere è mediato dai Fueros, i Corpi intermedi: Focolari, Usi Civici, Confraternite… Scriveva il re Carlista Alfonso Carlo, nel 1932: «Io voglio che il padre sia re del suo focolare e che l’autorità si fermi davanti alla porta della sua casa, riverente verso quei diritti che la natura concesse alla famiglia e che nessun potere può infrangere senza ferire il fondamento più forte delle società umane.»
Scaturisce da qui il concetto del Re legittimo che deve avere sia una legittimità di origine (la sua discendenza) sia una legittimità di esercizio (il suo agire), ben sapendo che in politica conta esclusivamente la legittimità di esercizio: ovvero non si è Re se non ci si comporta da Re.
Ho riassunto i cardini, i punti fondanti della nostra battaglia e, ora, non mi resta che augurare lunga vita a “Controrivoluzione” e alla “Controrivoluzione” che non è, secondo quanto scrive de Maistre: «Una Rivoluzione di segno opposto ma il contrario della Rivoluzione.»
Pucci Cipriani
fonte
http://rivistacontrorivoluzione.blogspot.com/2016/04/controrivoluzione-dagli-spalti-di.html