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“ CUORE” … NAPOLITANO di Castrese Lucio Schiano

Posted by on Giu 8, 2021

“ CUORE” … NAPOLITANO di Castrese Lucio Schiano

     I fatti di cui mi accingo a parlare, pur se rientranti a pieno titolo tra quelli che la “STORIA” dovrebbe registrare come semplice “atto d’ufficio”, paradossalmente, non sono riportati in nessun libro che tratta la materia. E’ come se in un manuale di testo di qualunque scienza si pretendesse di sostenere che le conoscenze alle quali siamo pervenuti attualmente possano prescindere dalle ricerche  e dai tentativi portati avanti nel tempo da quelli che sono stati i precursori.  I motivi di tale stranezza cerco di spiegarli nella maniera più semplice possibile: ricorrendo frequentemente a degli esempi che, però, non tolgono nulla alla realtà dei fatti.

    Per dare un’idea di come intendo procedere, comincio con un primo esempio che, per la sua aderenza alla realtà, può ben attagliarsi ad ognuno di noi e, per analogia, anche a emblematici momenti della storia di cui intendo parlare.

    E’ notte fonda. Un rumore proveniente da una delle stanze dell’appartamento ci desta, gettandoci in uno stato di ansia e di paura. Infatti, non avendo animali domestici in casa e a meno che  non sia da attribuire ad una suggestione, il rumore che ci ha destati dal sonno non può significare altro che in casa ci sono delle presenze estranee.

      Con non poca trepidazione ci alziamo dal letto cercando di fare il minimo rumore possibile per non mettere in allarme l’eventuale intruso e, ignorando cosa ci aspetterà una volta raggiunto il punto da cui abbiamo sentito provenire il rumore, ci armiamo col primo oggetto che ci capita tra le mani: un mattarello.

     Raggiunta la zona critica, veniamo quasi accecati dal potente fascio di una torcia elettrica, ed appena abbiamo modo di riaverci, oltre a vedere cassetti e ante aperti, biancheria ed indumenti sparsi disordinatamente per ogni dove, ci accorgiamo che gli intrusi sono addirittura due. Armi automatiche e di precisione alla mano, costoro ci fanno segno di non tentare alcunché, quindi ci imbavagliano, ci legano su una sedia e poi, con tutta tranquillità, continuano il loro lavoro, rovistando dappertutto. Quando si ritengono soddisfatti, anziché per il punto da cui furtivamente si erano introdotti in casa nostra, se ne escono tranquillamente dalla porta d’ingresso.

     Una volta andati via gli intrusi e liberati da familiari nel frattempo accorsi, ci convinciamo che la nostra disavventura si sarebbe potuta concludere in una maniera più brutale. Sicché ci consideriamo fortunati per come essa sia finita, nonostante che – obiettivamente parlando – siamo stati vittima di una violenza. Però, ciononostante, non possiamo fare a meno di chiederci come mai ci sia stato riservato un tale trattamento, e mentre cerchiamo di trovare una risposta la troviamo di lì a poco in un comunicato lasciato sul tavolo dai due visitatori notturni. Apprendiamo così che le persone che si sono introdotte in casa nostra dichiarano di non essere dei ladri ma di essere seguaci di una nuova  dottrina sociale che condanna la proprietà privata in ogni sua forma e che predica – anche a dispetto di chi potrebbe non essere d’accordo – un’equa distribuzione dei beni disponibili fra tutte le persone. Per cui, chi gode di una situazione di maggior favore rispetto agli altri, volente o nolente, deve privarsi di tutto quello che la nuova ideologia ritiene superfluo e metterlo a disposizione degli altri.

     Ora, facendo ricorso alla sola ragionevolezza della razionalità umana, penso che se qualcuno si introduce furtivamente in casa mia per appropriarsi dei miei beni, costui commette più di un reato: violazione di domicilio, eventuali effrazione o scasso, appropriazione indebita, furto, sequestro di persona, ecc. In definitiva la nuova ideologia si configura come qualcosa di reprensibile e condannabile sia da un punto di vista sociale che etico, che non può essere condivisa acriticamente, perché, anche se improntata genericamente a principi di solidarietà, per la loro attuazione sono previsti  ricorso alla violenza, limitazione della libertà personale e un totale disconoscimento delle individualità, visto che da che mondo è mondo si sa che non tutti gli esseri umani la pensano allo stesso modo su un determinato argomento.

     Ci si chiederà a questo punto in che modo la situazione appena presentata possa avere attinenza con argomenti storici, anche se presentati in maniera non convenzionale. Ma, se ci si accosta alla lettura senza pregiudizi – disposizione necessaria per un approccio ai fatti senza  le deformazioni dovute all’ ideologia – si potrà constatare che la scelta non è stata, poi, infelice, perché, fatte le opportune sostituzioni, l’esempio iniziale può essere calato pari pari nei momenti storici oggetto di queste pagine, momenti in cui sparuti gruppi di persone, convinte che i loro vagheggiamenti potessero ottenere una condivisione plebiscitaria, si arrogarono il diritto di decidere per tutti, e quando le persone in nome e senza il consenso delle quali erano state prese delle decisioni fecero capire di non essere d’accordo si verificò uno dei fatti più strani della storia: che la maggioranza dissenziente venne stigmatizzata come incapace di capire e di apprezzare tutti i benefici della nuova ideologia e la minoranza, le cui idee e i cui vagheggiamenti, avevano provocato morti, rapine, stupri, devastazioni e saccheggi vennero ricordati come eroi, salvatori, padri e madri della patria e andarono a riempire libri di storia; andarono ad affollare piazze, strade, edifici pubblici e furono oggetto di interminabili celebrazioni, seminari e convegni.

       E’ proprio delle azioni di queste minoranze e delle loro idee che intendo parlare, applicando l’elementare principio della “logica del sagrestano”, secondo la quale, indipendentemente dai motivi alla base della decisione, se sono cittadino di uno Stato e faccio violare i confini della mia patria da un esercito straniero, che poi si abbandona a saccheggi, massacri, distruzione e incendi di grandezza apocalittica, al vaglio di un giudizio morale, la mia azione non potrà essere ritenuta degna di encomio ed io non potrò essere considerato che un traditore.

     Probabilmente, per l’esercito invasore –  pur nutrendo qualche dubbio in proposito, perché chi tradisce una volta può tradire sempre, – potrò anche essere considerato un eroe, ma per i miei connazionali non penso che potrò essere ritenuto degno di analoga considerazione.

     Ora, sempre in tema di “logica del sagrestano”, nella nazione di cui faccio parte, posso anche sentirmi un disadattato e non condividerne, della dinastia o della classe politica di turno, gli orientamenti e le scelte né per quanto riguarda gli affari interni né quelli internazionali. Allora, se sono una persona corretta, devo trasferirmi nella nazione che ritengo essere la mia patria ideale. In questo modo non provoco danni né alla mia terra natia né ai suoi cittadini, e nessuno avrà da ridire sulla mia decisione. Se, invece, mi comporto in modo che la mia scelta sarà causa di lutti e distruzione per quella che era la mia terra, non potrò aspettarmi ringraziamenti o onorificenze.

     Ecco la validità degli esempi.

     Siamo nel 1799, in quella parte dell’Italia conosciuta come Regno di Napoli e di Sicilia (non ancora Regno delle Due Sicilie). Alcune persone, tra nobili e intellettuali appartenenti alla borghesia, affascinati dai venti rivoluzionari provenienti dalla Francia, decidono che è giunto il momento che quella che è la loro patria cambi forma e che, da monarchia, diventi repubblica. Intessono quindi una fitta rete di intese con la loro madrepatria ideale ed alla fine riescono nel loro intento. Una numerosa, feroce e sanguinaria macchina di morte, al comando di generali ed ufficiali superiori dai nomi terrificanti, al grido di liberté, egalité, fraternité viola i sacri confini nazionali e dovunque passa, sia durante la discesa che  nella ritirata, semina morte, distruzione, stupri, profanazione di luoghi sacri, saccheggi e rapine. Alla fine, escludendo quelli caduti in combattimento, si conteranno, 3300 morti di civili, 12700 persone passate a fil di spada, uccisi tutti gli abitanti di due paesi (Castellonorato e Ceglie), 1563 legittimisti condannati a morte e fucilati.

     Giunti alle porte della nostra Napoli – all’epoca, importante e rispettata capitale di un Regno – i terribili generali e ufficiali superiori e le loro agguerritissime divisioni, vengono energicamente  ed efficacemente bloccati da tutte quelle persone sulle quali l’ideologia rivoluzionaria francese non aveva esercitato alcun fascino: lazzari e plebaglia, che, armati solo del loro coraggio, di qualche peroccola o qualche altra arma improvvisata, senza esperienza militare e senza il comando di prestigiosi generali, tengono in scacco per diverso tempo l’invasore. Per sbloccare la situazione, però, i loro ex compatrioti pensano bene di cannoneggiarli dall’alto del castello di Sant’Elmo. Appena giunti in città i liberatori , su disposizione del loro generale Championnet, chiedono subito una contribuzione di due milioni e mezzo di ducati, da pagarsi in due mesi, e quindici milioni di ducati per le province. (Per opportuna conoscenza dei lettori e per dare un’idea della esosità della richiesta, un ducato equivarrebbe oggi a 31.223,47 lire. Si provi a moltiplicarlo per diciassette milioni e mezzo e si vedrà, a parte i morti di cui sopra, già quanto ci costò il primo giorno di libertà !).

     Il periodo di terrore durò fortunatamente sei mesi appena, perché lo stesso popolo che non aveva digerito il sistema di instaurare la libertà, la fraternità e l’uguaglianza, che imponeva il disconoscimento e l’abolizione della sua millenaria cultura e della radicata religione, alla guida del cardinale Fabrizio Ruffo, riconquistò il regno e scacciò l’invasore.

     Quando il re che era stato detronizzato e la regina (la cui sorella era stata decapitata in Francia durante la rivoluzione del 1789) ritornarono sul trono, avrebbero mai potuto dare encomi o attestati di merito a quelli che erano stati la causa di tanti danni, di tanta violenza e di tanto sangue?

     Eppure, quando i regnanti napoletani fecero giudicare da un tribunale quelli che a tutti gli effetti erano dei traditori, comminando alcune pene capitali – per l’esattezza poco più di cento –  furono consegnati alla storia come sanguinari e coloro per colpa dei quali  furono massacrate decine di migliaia di persone, distrutti paesi, profanati luoghi sacri, saccheggiato tutto quello che era possibile, furono ricordati come patrioti, eroi, padri e madri della patria, martiri. E con questo ultimo nome è loro dedicata, insieme ad altri eroi, una piazza in uno dei luoghi più eleganti di Napoli: Piazza dei Martiri.

     Per par condicio riportiamo anche per la parte borbonica le cifre della sanguinosa repressione che fece scandalizzare l’Europa: di 8000 prigionieri, 105 furono condannati a morte, di cui 6 graziati, 222 furono condannati all’ergastolo, 288 furono deportati, 322 furono condannati a pene minori, 67 furono condannati all’esilio, ma ben 6996 furono liberati. E questa è stata tramandata come sanguinosa repressione!

     Avviamoci adesso a fatti relativamente più vicini a noi e vedremo come anche essi, figli della stessa matrice ideologica, abbiano consegnato alla storia, come eroi e soggetti degni del massimo rispetto, persone prive di ogni attributo per meritare tali riconoscimenti.

     Un’avvertenza. Non meravigliatevi se gli argomenti oggetto di queste pagine possono sembrarvi lontani nel tempo e un mero esercizio di logomachia. I mali che affliggono la nostra società oggi sono figli di quegli eroi e di quei padri e quelle madri della patria che ingombrano ancora il nostro presente.

© Copyright 2021 Castrese L. Schiano

continua

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