Episodi della vita militare del bersagliere Margolfo Carlo (III)-Mi toccò in sorte il numero 15
INVASIONE DELLA STATO PONTIFICIO. BATTAGLIA DI CASTELFIDARDO. ASSEDIO DI ANCONA
(settembre-ottobre 1860)
Si trattava di discacciare i barbari d’Italia
Partenza da Ferrara: correva il giorno 3 settembre del 1860, ed eravamo nella bella e deliziosa città di Ferrara, quando giunse un ordine superiore col quale, il 4 settembre, fummo costretti a partire per Bagnacavallo alle grosse manovre. Passando di S. Nicola nelle Umbrie (14) siamo rimasti circa un’ora in riposo. Di nuovo partimmo, dopo 9 ore di marcia siamo giunti in Argenta (prima tappa), non senza fatica essendo il primo giorno di marcia.
Mercoledì 5, partimmo di Argeta per Lugo in 8 ore di marcia, con un intermezzo di piccolo alt (in termine militare l’alt della pizza): seconda tappa.
Giovedì giorno 6, partimmo di Lugo per Faenza (Romagna), rimanendo circa un due ore di riposo: marcia memorabile, che per stanchezza molti soldati si ricoverarono nei caffè, trattori
(15) ecc. ed altri proseguirono la marcia per Forlì: terza tappa. Dopo 13 ore di cammino, [per] la gran stanchezza, il caldo, la polvere, la truppa rimase indietro circa la metà.
Venerdì 7, partimmo di Forlì con gran pioggia, sembrando che Domine Dio avesse aperte le cateratte del cielo onde ac- compagnarci in quella benedetta quarta tappa. Passando di For- limpopoli, lo abbiamo attraversato sempre con quel passo quasi di corsa consueto del bersagliere (16), che dopo 4 miglia abbia- mo fatto sosta di circa un ora. Passata l’ora, di nuovo si cammina, e finalmente siamo giunti in Cesena, bella e prospera città, stanchi ed umidi dalla continua pioggia in tutta la tappa.
Sabato giorno 8, partimmo di Cesena, passando di S. Arcan- gelo, Sevignano [Savignano], Rimini, e finalmente siamo giunti alla Cattolica, quinta tappa, dopo 11 ore di marcia, senza nessun riposo e, sempre sotto la pioggia, ci siamo accampati.
Domenica giorno 9, giorno di riposo, e grandi discorsi sotto le nostre tende.
Lunedì giorno 10, tutta la truppa abbiamo passato la rivista del nostro comandante del 4° Corpo d’Armata generale Cialdini
(17), che in pari tempo ha fatto la predica onde incoraggiare il soldato di essere franco e leale, che si trattava di discacciare i barbari d’Italia (18), e dando ordine ai comandanti del 6° e 7° Battaglione Bersaglieri che all’occasione facessero gettare a terra la roba dello zaino, per essere più liberi per giungere più presto al nemico.
Martedì giorno 11, si udì il rumore del cannoneggiamento, quindi una certa animazione nei soldati.
Mercoledì giorno 12: questo giorno per me sarà sempre [nella] mia memoria, ricordando che al mattino partimmo dalla Cattolica. Dopo un 4 ore di marcia, distendono la truppa alla cacciatora incominciando il fuoco contro il nemico, e dopo 4 ore di fuoco continuo abbiamo dovuto dare l’assalto nel forte, onde impadronirci e facendo prigioniera la guarnigione nemica, ed abbiamo fatto l’entrata trionfale di Pesaro, che l’accoglienza fatta a noi dai cittadini sono indescrivibili, con gli «evviva, evviva».
Che bello a trovarci in mezzo ai cittadini festosi! E dopo aver fatto tutto ciò descritto, un ordine di nuovo viene a disordinare le nostre idee: partendo di Pesaro [siamo] giunti in Fano, senza un piccolo riposo. Giunti a tre miglia circa di Fano ci siamo accampati, in notte scura, con pioggia, nel terreno fangoso, rimanendo sino l’indomani: settima tappa.
Giovedì giorno 13, partimmo di questo accampamento passando di fianco alla città di Senigallia, senza il minimo riposo. Quindi siamo scesi (19) sopra una collina e di nuovo [ci] siamo accampati: ottava tappa.
Venerdì giorno 14, di nuovo partenza come avanguardia, distesi alla cacciatora, passando di Chiaravalle. I cittadini, vedendo la truppa italiana, accorsero a mille a mille, uomini, donne, e piuttosto anche belle, ad acclamarci; così pure la musica cittadina è venuta ad accompagnarci sino a Jesi. Oltrepassando la città di circa un 4 miglia, di nuovo ci siamo accampati dopo 8 ore di marcia, e così eravamo di avamposti: nona tappa.
Sabato giorno 15, siamo rimasti fermi in riposo.
Domenica giorno 16, al mattino partenza, e faceva un caldo soffocante, ed abbiamo sceso le colline, passando in Osimo (città). Al di là di questa, dopo 7 ore di cammino, ci siamo accampati: decima tappa, montando le sentinelle in avamposti, ed a poco a poco ci siamo avanzati onde attaccare il nemico.
Lunedì giorno 17, partenza, e ci siamo avvicinati a Castelfi- dardo, e poco lungi ci siamo accampati rimanendo la notte.
Sentimmo le trombe a chiamare soccorso
Martedì giorno 18, al mattino si udì il cannone. Il 26° Batta- glione Bersaglieri col 10° Reggimento Fanteria, trovandosi sull’ala sinistra, cominciarono il fuoco contro il nemico. Quasi subito sentimmo le trombe a chiamare soccorso a passo di corsa; quindi noi partimmo di corsa veloce col Reggimento Novara e Milano Cavalleria [e] il mio Battaglione n. 6; li abbiamo attaccati, sempre cercando di tenere a bada il nemico, finché la cavalleria giungesse alle spalle il nemico a tagliargli la ritirata, e così fu. Dopo però un tre ore di fuoco continuo le nostre perdite saranno state dai 600 ai 700, perché il 26° Battaglione Bersaglieri ed un battaglione del 10° Fanteria pochi sono rimasti del combattimen- to. Abbiamo fatto un due mille prigionieri, tra napoletani, francesi, preti e tante altre qualità di soldati assoldati di Borbone e Papa. Siamo rimasti padroni del campo ed abbiamo aiutato al soccorso dei feriti [di] ambo le parti, insomma fu un combattimento molto sanguinoso.
Dopo tutto ciò siamo rimasti d’avamposto in quella medesima posizione.
Mercoledì giorno 19, partimmo il mattino, ritornando indietro verso Osimo, con un calore e senza il minimo riposo. Dopo 7 ore di viaggio ci siamo accampati, ed abbiamo passato la rivista dai superiori, onde vedere come stavamo in tutto ciò [che] con- cerne al soldato, e fu la mia undicesima tappa.
Giovedì giorno 20, siamo rimasti nel medesimo accampamen to, con un desiderio di trovarci di nuovo a fronte al nemico, che la voce circolava che dovessimo combattere il forte di Ancona.
Venerdì giorno 21, ci siamo messi in viaggio e ci siamo portati sopra una collina ad accamparci di nuovo, senza il minimo inci- dente, verso il nemico.
Sabato giorno 22, di nuovo siamo partiti alla sera, ore 4 po- meridiane, e ci siamo accampati di fianco al paese di Castello
(20) e siamo rimasti sino all’indomani.
Domenica giorno 23, al mattino abbiamo passato la rivista, e alle 4 pomeridiane partenza, cambiando posizione e avvicinandoci al forte di Ancona. Quindi grande animazione nella truppa trovandoci vicini ad un nuovo combattimento con i nostri nemici: allegria, baldoria, musiche, canti, e di tutto ciò che si poteva essere allegri ecc. sino l’indomani.
Sarò vivo, sarò morto in questa Ancona?
Lunedì giorno 24, circa le ore 9 del mattino, siamo partiti diretti al forte di Ancona, ci siamo accampati in piano e si udiva il rumore del cannone.
Martedì giorno 25, abbiamo montato le sentinelle al Piccolo Porto, guardando il stradone postale che conduceva in Ancona. Mercoledì giorno 26, dopo mezzogiorno, il cielo si oscurava a poco a poco e poi ha cominciato la pioggia, continuando sino alla sera circa le ore 6; quindi il 6° Battaglione ed altri ha dovuto partire in mezzo a quel fango, marciando diretto al Borgo di Ancona. In quella sera ci siamo nascosti sotto i portici, e tutta la notte i cannoni a mitraglia minacciavano sempre i nostri cari pet-
ti. Eravamo lungi dal forte circa 150 metri.
Giovedì giorno 27, ci siamo avanzati di più e ci siamo coricati a terra sino alle 2 dopo mezzogiorno, quando il nemico fece una discarica di fucile, che noi del 6° Battaglione non si sapeva cosa fare per metterci in salvo in mezzo a questo fitto piombo.
Finalmente circa le ore 7 di sera discendiamo al Piccolo Por- to. Un ordine viene dal maggiore, di togliere le fodere dal cappel- lo per nascondere al nemico la luce viva che tramanda la coper- tina al chiaro di luna e per [che] fare? Abbiamo dovuto fare un salto di circa 3 metri ad uno ad uno per saltare dalla riva alla barca coperta, un plotone per volta, e fare il piccolo tragitto dal Piccolo Porto ad un palazzo denominato il Lazzaretto.
Arrivati che fummo tutti in questo palazzo, quanti pensieri che feci: Cosa faremo? Sarò vivo, sarò morto in questa Ancona? Ma sempre ricordandomi che Delebio ha un protettore S. Car- poforo, il quale mi diede sempre un fermo coraggio come avessi [da] andare ad una festa da ballo, tant’era la mia gran volontà di fare l’entrata alla fortezza di Ancona, trattandosi poi che nella notte stessa doveva succedere l’assalto al forte.
Per quale causa nella notte non è successo l’assalto non so di preciso, ma il fatto sta che, in causa di questo, noi poveri soldati abbiamo dovuto travagliare giorno e notte a costruire delle barri- cate per nostra difesa, sembrando che avesse di andare con la peggio.
Venerdì giorno 28, il nemico, appena che furono avvisati che noi eravamo nel palazzo Lazzaretto, incominciarono a far fuoco a mitraglia e moschetteria; credevamo proprio che questo palaz- zo sarebbe stato la nostra sepoltura. Noi bersaglieri eravamo
distesi nelle finestre di detto palazzo, in posizione buona di fare fuoco sopra i nemici, sempre mirando bene i cannonieri, e con nostra buona soddisfazione facevamo una buona dose di morti, continuando tutto il giorno a far fuoco.
Qui potete immaginare quale divertimento poteva essere, calcolando che era già due giorni ed una notte senza prendere di mangiare né bere un po’ d’acqua, avendo nulla, perché non si poteva più sortire, né ricevere dal di fuori nessuna sussistenza.
Finalmente, [come] Dio ha voluto, cominciarono ad avvici- narsi le fregate di guerra, e queste subito incominciarono a bom- bardare il forte, che distrusse[ro] tutte le sue batterie dopo circa due ore di bombardamento. Intanto arrivarono di nuovo le fregate Carlo Alberto e Maria Adelaide, che mandarono una discarica a palle, fecendone saltare e scoppiare la polveriera di sotto la lanterna di mare, che perirono dei nemici più di 300 fra morti e feriti.
Un quarto d’ora dopo si sono resi, col patto di avere l’onore delle armi.
Considerate, o lettori, quale consolazione si può aver avuto, prima per la resa del forte, ma più di tutto così potremo rifocil- larci e non morire dalla fame.
Ad un tratto, saranno state circa le ore 8 di sera, arriva un contrordine di rimanere ai loro posti, onde essere pronti in qua- lunque cosa potesse accadere entro la notte.
Nella notte poi non vi fu nessun fatto d’armi, fuorché la fame e la sete che divorava.
Quanti pensieri di questo e di quello…
Sabato giorno 29, passammo la quarta notte senza riposo. Alla mattina si udì di nuovo il cannone che continuava a fare fuoco. Circa ad 8 ore antimeridiane cessò il fuoco e trattarono la resa, cogli onori delle armi come la prima volta.
Quale assalto alle pagnotte del rancio dopo la resa! Credevo proprio di dover soccombere [al]la morte, ma morte di fame, se non succedeva il trattato. Il 6° battaglione Bersaglieri, più fortu- nato degli altri, oltre la fame doveva perire dal fuoco, se per caso non avessero fatto la resa [e], perché? perché il palazzo era in fuoco [e] fiamme.
Ringraziando Domine Dio, anche questa volta l’ho scampata bella, ma bella assai: se per caso la resa tardava un paio d’ore eravamo morti tutti di quella morte infame della fame, e sete, o fuoco o mitraglia, niuno poteva scamparla.
Ora è soddisfazione a poterla raccontare, ma in quelle ore quanti pensieri di questo e di quello… ma posso dire che il co- raggio non mi è mai mancato.
Dopo ben ristorati, si stava aspettando l’ordine di fare l’entrata in Ancona, dopo tante fatiche sofferte.
Dopo 5 ore di marcia ci siamo accampati a Turrero [Torret-
:e?], travagliando circa mezza notte onde formare il campo: mia dodicesima tappa.
Domenica 10, giorno di festa, quindi la maggior parte dei soldati dimandarono il permesso giornaliero per recarsi a visitare il forte reso di Ancona e le sue rovine. Per combinazione anch’io ;ol mio compagno avevamo il permesso, quindi ci avviammo per a città diretti. Entrando in città, quale animazione nella cittadinanza, un andare e venire di soldati di tutte le armi; si vedevano quindi i cittadini curiosi anche loro di vedere i suoi fratelli, dimandavano di questo e di quest’altro, con un certo qual modo :che noi andavamo orgogliosi a trovarci in quella occasione bella ii essere tra i liberatori dallo straniero in Italia, come me ne vado orgoglioso.
Ma la cosa più bella in Ancona fu questa, che per 3 giorni tutta la truppa poteva entrare in alberghi, trattorie e caffè, e tutto sarà pagato.
Potete immaginarvi quale consolazione, abbiamo mangiato bene e bevuto meglio. Quindi, dopo ben ristorati, siamo ritornati contenti ed allegri ai nostri accampamenti circa le ore 5 pomeri- liane.
Mese di ottobre, lunedì giorno 1°: in questo giorno ci fu ripo- so, e parte accompagnarono i prigionieri in Senigallia.
Martedì giorno 2, abbiamo passato la rivista del Maggiore.
Mercoledì giorno 3, al mattino di nuovo siamo partiti per la piaggia di Ancona, onde rendere gli onori militari alla guarnigio- ne nemica resa nel forte.
Alla spiaggia ci siamo trovati tutta la divisione in ordine di parata. Finalmente il nemico sortì fuori dal forte, ed erano in numero di 13 mila, al comando del generale Lamoricière (21).
Il nostro comandante il Corpo, generale Cialdini, faceva pre-
sentare le armi, altrettanto fecero loro. Dopo, il nemico partì, a sua destinazione a noi ignota.
Un ordine dello Stato Maggiore reca che il nostro re Vittorio Emanuele II viene a visitare Ancona, e quindi noi siamo rimasti a riceverlo. Oh che bel giorno fu stato per me, sapendo che nei reggimenti Fanteria c’erano dei patrioti delebiesi: quindi andai di- filato ed infatti trovai Corti Serafino, Moretti Bartolomeo, Paolòt di Tavani e Ceciliani Pietro: non trovo parole per esprimere la mia grande consolazione trovandomi fra amici delebiesi compa- gni d’arma; [poi] ci siamo recati al campo.
Giovedì giorno 4, siamo rimasti in riposo.
Venerdì giorno 5, il nostro re Vittorio Emanuele II ha visitato l’intiero campo e tutta la nostra Divisione, e quindi riposo.
Sabato 6, ottenni il permesso di recarmi in Ancona, con il mio compagno soldato bersagliere Mosca Giuseppe, che mi invitava a berne un bicchiere alla sua salute, perché in quel giorno porta- va i distintivi di caporale. Nelle ore pomeridiane siamo rientrati nel campo ricevendo l’ordine di partenza.
Oh, quante corone si udivano dai soldati…
Domenica giorno 7, partenza in armi e bagaglio allo stato na- poletano, passando di Camerano, bel paese di circa 3.500 abitan- ti, situato in altura sopra di un monte. Dopo 6 ore di cammino di nuovo ci siamo accampati: mia tredicesima tappa.
Lunedì giorno 8, al mattino partenza, passando di Potenza [Picena], facendo un riposo di circa mezz’ora, e di nuovo, dopo 5 ore di marcia, ci siamo accampati: mia quattordicesima tappa.
Martedì giorno 9, di nuovo partenza, passando in città di Lo- reto, e ad un circa 3 miglia di fuori ci hanno fatto sostare onde riposare di circa mezz’ora; di nuovo si cammina, e siamo entrati in Civitanova [e] Porto Fermo [Porto S. Giorgio]. Non potete immaginare quale accoglienza abbiamo ricevuto dai cittadini quando abbiamo fatto l’entrata: un trionfo addirittura di plausi, bande musicali ad accompagnarci, perché [ci] siamo accampati fuori di città di circa un miglio: quindicesima mia tappa, dopo 9 ore di marcia, facendo l’attendamento consueto onde riposarci.
Circa la mezzanotte incominciò la pioggia, il vento così impe- tuoso che distrusse tutto l’attendamento, cioè tutto il campo.
Figuratevi, stanchi dal viaggio, sonnolenti e trovandoci sotto quel poco temporale, non sapendo a che parte trovare onde metterci
un po’ al riparo, oh, quante corone si udivano dai soldati! Final- mente faceva il crepuscolo del giorno, almeno qualche cosa si vedeva, nell’istesso tempo ridendo che parevamo tanti pulcini bagnati, ed infatti avevamo più nulla di sutto (22) onde cambiarci: bella proprio, trovarsi in questa bella circostanza!
Mercoledì giorno 10, partimmo a volontà (23) sotto quella ma- ledetta pioggia, con un vento che non si poteva assolutamente andare, una vera marcia da disperati, entrando nei comuni di Pilsino, Grottamare e Barra [Baura], e sempre sotto una conti- nua acqua in tutta questa mia sedicesima tappa. Dopo 7 ore di marcia ci siamo di nuovo accampati [a] circa un miglio fuori di Baura, in mezzo al fango e bagnati come eravamo. Questa sedi- cesima tappa per me sarà immemorabile (24).
Giovedì giorno 11, [siamo] rimasti in riposo, ma passando la rivista del battaglione, e fortunatamente il sole è venuto ad a- sciugarci e [a] metterci ancora di buon umore.
continua……..