Episodi della vita militare del bersagliere Margolfo Carlo (IV)-Mi toccò in sorte il numero 15
INVASIONE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE INCONTRO CON GARIBALDI
E VITTORIO EMANUELEII
(ottobre-novembre 1860)
Per compagna di viaggio cadeva di nuovo la pioggia
Venerdì giorno 12, di nuovo siamo partiti e siamo passati in S. Benedetto [S. Benedetto del Tronto]. Oltrepassati circa un due miglia dal paese fecero caricare le armi e siamo entrati nello stato napoletano, con una allegria indescrivibile, tanto nei soldati che nei borghesi, facendo sosta di circa un’ora di riposo; di nuovo marciammo e ci siamo accampati di fianco alla città di Giulia- nova, vicino al mare, dopo 10 ore di marcia, formando la mia diciassettesima tappa.
Formate le tende, io con 12 altri miei compagni fummo co- mandati di recarci in città a prendere la paglia onde coricarci; appena entrati in campo con la paglia e il desiderio di provarla sotto la tenda, un ordine espresso: abbiamo dovuto partire, por- tandoci avanti onde assicurare l’intero corpo. Nella partenza, per compagna di viaggio, cadeva di nuovo la pioggia.
Sabato giorno 13, al mattino partenza con un bellissimo tempo, con l’avanti-guardia per timore che poco lungi dovessimo trovare il nemico e briganti.
Abbiamo fatto un riposo alla Torre di Carano [Torre de Pas- seri?]. In questo giorno, invece di acqua abbiamo sofferto un gran calore, quando tutto ad un tratto si presenta un ostacolo, il quale i nostri superiori la pensarono per bene.
Avevamo un fiume da passare (25), e come si fa? Hanno messo i carriaggi uno in fila all’altro, lasciando perpendicolari (26) le timoncelle, che servivano di guida per passare il fiume, perché i carri restavano sotto l’acqua circa un metro. In questo ponte siamo passati tutta la nostra divisione.
Il calore prima, e poi, passando il torrente, abbiamo preso un freddo, ed un dolore ai piedi che non potevo più camminare assolutamente, ma la mia buona volontà di non essere tra i brutti soldati, cioè quelli che non hanno volontà di fare (cioè i battifiacca) (27).
Finalmente, dopo tanto, siamo giunti in città di Pescara, circondata tutta da bastioni e forti. Ci siamo acquartierati in città dopo 11 ore di marcia.
Domenica giorno 14, al mattino partenza, ed hanno fatto una divisione di corpi: noi del 6° e 7° Bersaglieri, coi Lancieri Milano e No vara e due compagnie del Genio, siamo partiti prima diretti pei monti. La Fanteria ha preso un’altra direzione, non saprei dove.
Dopo due ore di salita siamo giunti nella bella città di Chieti. Avrei avuto desiderio di fermarci in quella città, invece mi fecero marciare fino a sera, accampandoci entro una valle dove non si poteva nemmeno trovare un po’ d’acqua, dopo 7 ore di marcia: mia diciannovesima tappa.
Lunedì giorno 15, passando di Bostianica [Bucchianico] facendo un’ora di riposo, di nuovo facemmo cammino: dopo 8 ore e 1/2 di viaggio facemmo sosta: ventesima tappa.
Martedì giorno 16, partenza. Arrivammo al paese [di] Candello S. Martino [S. Martino Marmano? Casa Canditella?], al qua- le siamo rimasti un’ora in riposo; quindi partimmo, ed alla sera, appena ci siamo accampati, incominciò la pioggia che sembrava un diluvio, ed ha continuato tutta la notte, e noi sotto le tende, senza paglia, in mezzo al fango ed acqua: ho passato una vera notte da disperato. Questa fu la mia ventunesima tappa.
Sopra la neve e senza paglia
Mercoledì giorno 17, partiti siamo con un bel sole, incomin- ciando a salire e discendere, salire e discendere sui monti degli Abruzzi, passando di Castelnuovo ed Alpino Cassalo [Aitino e Casoli], e verso sera incominciava a piovere, accampandoci do- po 10 ore di marcia, molto stanchi, in alto sopra questo monte: ventiduesima mia tappa.
Giovedì giorno 18, di nuovo salire, e discendere, passando per Gesso Paluma e Lama [Gessopalena, Lama dei Peligni], senza riposo, avanti, avanti. Dopo 10 ore e 1/2 di marcia ci ac- campavamo sopra il monte più alto degli Abruzzi (28), sopra la neve e senza paglia; quanto freddo che abbiamo dovuto soffrire nella notte.
Venerdì giorno 19, di nuovo partenza. Passando in Foriero
[Rionero Sannitico] abbiamo trovato un battaglione di Garibaldini, oltrepassando i suoi avamposti di circa 7 miglia, sempre in discesa, mettendoci di avamposti in diverse posizioni, perché alla distanza di circa 4 miglia c’era il nemico napoletano: ventiquat- tresima mia tappa.
Sabato giorno 20, sapendo che il nemico si trovava poco lun- gi da noi, a poco a poco incominciavamo ad avvicinarci. I cuci- nieri prontavano il nostro rancio, intanto noi altri, silenziosamente, in posizione ferma, attenti alle mosse del nemico.
Circa le ore 8 antimeridiane, vediamo il nemico che marciava desiderando di occupare la nostra posizione: che fare? siamo stati costretti al passo di corsa [a] scendere le alture e lasciare in mano al nemico il nostro caro e amato rancio.
Il nemico, appena che mi scoprirono, incominciarono delle scariche, insomma un fuoco continuo contro di noi.
A poco a poco ci siamo messi in catena distesa, e con vero coraggio italiano, marciando contro i nemici, abbiamo combattuto di circa mezz’ora.
Come sia stata la causa non si sa, siamo stati costretti a ritirarci alla corsa e rimanere in cima di una collina circa un’ora, aspettando il rinforzo, ma sempre continuando il fuoco, ma la munizione si diminuì.
Giunse il 9° Reggimento Fanteria, allora coraggiosamente ci siamo alzati al passo di corsa ad incontrare il nemico e lo abbiamo assalito ad arma bianca. Il nemico spaventosamente si ritirarono ed hanno perso la posizione, noi vincitori del campo facen- do un mille prigionieri, col generale comandante Bosco (29) e colonnelli, con diversi ufficiali.
Questo combattimento per noi non fu tanto sanguinoso; non fu così per i Borboni, perché diversi morti e molti feriti continuarono a portarli nelle ambulanze.
Dopo facemmo l’entrata, la gloriosa entrata nella città di I- sernia, e la mia compagnia fu rimasta in città facendo la guardia ai prigionieri.
Circa le ore 4 pomeridiane, la terza compagnia venne a rile- varci, quindi siamo partiti ad accamparci col rimanente del battaglione.
Poco dopo entra in campo Vittorio Emanuele nostro re, col generale Cialdini nostro comandante, dimandando ai comandanti l’appello dei bersaglieri morti in questo combattimento. Con questo fu la mia venticinquesima tappa.
Domenica giorno 21, riposo, discorsi tra noi bersaglieri di questo [e] di quest’altro fatto, e ristoramento del mio povero e patito corpo.
Lunedì giorno 22, ci siamo rimasti, passando la rivista del Maggiore.
Martedì giorno 23, di nuovo partenza, passando il paese di Moggia [Macchia d’Isernia], e qui abbiamo fatto sosta di circa un’ora di riposo, lasciando il tempo di avanzarsi [al]la cavalleria, onde riconoscere le posizioni. Riconosciuto il terreno, camminando siamo entrati in Venafro, bel borgo di circa 4 mila e 500 abitanti, oltrepassando il borgo di circa un miglio, mia ventiseiesima tappa, e ci siamo accampati.
Mercoledì giorno 24, ci siamo avanzati di circa un miglio, quindi fecero montare gli avamposti, rimanendo sino all’indomani.
C’erano ancora le piante di quando Dio creò la terra
Giovedì giorno 25: questo giorno fu per varie cose un ostacolo alla nostra marcia.
Noi del 6° Battaglione, circa le ore 10 antimeridiane, ten- demmo la direzione delle montagne, caricando diversi muli delle cassette contenenti articoli di medicamenti. Salimmo il monte
(30) e trovammo un ostacolo per la gran fitta piantagione (31) si può dire un bosco che c’erano ancora le piante [di] quando Dio creò la terra.
Che fare? tornare a discendere con questi muli e levare le cassette? Il dottore fece le provviste più necessarie all’occorren-za e mandarono le cassette ad un’altra via.
Intanto i soldati rimasti sul monte hanno fatto un passaggio, tagliando per fare diversi buchi, onde poter in qualche modo passare il detto bosco. Abbiamo dovuto inchinarci e rampicare con le mani, e cercare alla bell’e meglio onde passare questo mai veduto bosco, così impraticabile per la sua gran quantità di piante.
Questa marcia è stata eseguita solo dal 6° battaglione, per il motivo che sul monte c’erano del brigantaggio. Dopo otto ore e 1/2 di fatica facemmo sosta per la ventisettesima tappa, senza nessun incontro.
Incontrammo il generale Garibaldi
Venerdì giorno 26, al mattino, dopo tre ore di marcia, incon- trammo il generale Garibaldi con pochi suoi garibaldini. Noi se- guimmo la nostra marcia ed entrammo in Teano, città di circa 13 mila abitanti. Oltrepassata la città, facemmo un riposo di due ore aspettando l’arrivo della truppa.
Circa le 2 pomeridiane seguitammo la marcia. Sarà circa un ora dopo, improvvisamente siamo attaccati dalla cavalleria nemica. Noi che ci trovavamo in prima linea, di corsa siamo saliti su un monte, onde tagliargli la ritirata, e così fu, malgrado la sua forte resistenza.
Per questo fatto siamo cagionati di patire una fame e riposare sulla terra umida, e tutta la notte non abbiamo potuto riposare né dormire.
Dopo 7 ore di marcia fu la mia ventottesima tappa.
Sabato giorno 27, un ordine del maggiore è che dobbiamo partire per dare l’assalto al nemico, e per maggior comodità la- sciare i zaini ai loro posti.
Ci avviammo per incontrare il nemico e per fargli provare il nostro coraggio e la nostra bravura, perché, a dire il vero era[- vamo] la maggior parte tutti soldati vecchi (32).
Coraggio e andiamo, ed invece di trovare il nemico abbiamo trovato tutte le posizioni sgombrate; allora siamo ritornati a prendere di nuovo gli zaini, e di nuovo siamo andati avanti pas- sando dal paese Casanello e Sessa [Caianello e Sessa Aurunca] città anche bellina se si vuole.
Circa un miglio fuori di questa piccola città, essendo stanchi, il nostro superiore fece fare un riposo. Altrimenti saressimo andati in bocca al nemico e saressimo stati in gran parte morti o prigionieri.
Sapendo che il nemico era di lungo superiore a noi, siamo ritrocessi facendo una salita sul monte S. Agata, facendo sosta: ventinovesima tappa.
Domenica giorno 28: in questo giorno siamo rimasti ed il maggiore passò in rivista il battaglione, quindi discorsi fra i militari, a secondo le circostanze.
Credetti di lasciare la pelle sul campo
Lunedì giorno 29: il 6°, 7°, 11° e 12° Battaglione Bersaglieri [il] 4° Reggimento Lancieri Novara, una batteria di artiglieria, par- timmo in riconoscenza (33) al ponte di Garigliano.
Appena il nemico mi videro incominciarono a fare un ben nutrito fuoco sopra di noi. [Ci] siamo distesi alla cacciatora, quindi [ci] siamo avvicinati a poco a poco, incominciando un vivo fuoco d’ambe le parti per circa tre ore. Il 7° battaglione Bersa- glieri si avanzò di troppo, e questa fu la causa di avere nel suo battaglione una quindicina tra morti e feriti.
Saranno state circa le ore 11 antimeridiane [quando] abbia- mo dovuto retrocedere alla corsa, in linee successive ed a grup- pi, sempre con un fuoco continuato.
Credetti proprio, in questa ritirata, di lasciare la pelle sul campo: fu veramente un giorno di combattimento di molta fatica e di un gran pericolo, come purtroppo tanti miei amici sono ri- masti.
Il nemico, credendo di aver vinto la battaglia, come [era] la sua intenzione, alla sera vi fu una straordinaria illuminazione, una gran festa con musiche.
Noi abbiamo veduto e sentito tutta questa baldoria che han- no fatto, perché eravamo poco lungi dal teatro della festa, termi- nando la mia trentesima tappa.
Martedì giorno 30, circa [alle] ore 9 antimeridiane, di nuovo partenza avanzandoci verso il nemico, accampandoci poco lungi, rimanendo il resto in riposo.
Sentiamo il cannone a fare il suo rumore
Mese di Novembre, martedì giorno 1 (34): dopo mezzogiorno partenza, avvicinandoci ad un fiume vicino a S. Caterina, indi di nuovo accamparci, e siamo rimasti sino al giovedì giorno 2, sotto la pioggia e con un freddo, aspettando soltanto l’ordine di attac- care il nemico. Nel venerdì giorno 3, circa le ore 6 di sera, parti- vamo in direzione del ponte a barconi costruito per passare il fiume. [Ci] siamo distesi, e noi avanti con coraggio. , II nemico era già sloggiato a nostra insaputa. Il motivo è che la nostra flotta gli tirò diversi colpi, che furono costretti a sloggiare, per cui noi abbiamo fatto l’entrata nel comune di Castelforte, quindi si seppe del certo che il nemico è fuggito. Ci accampammo sotto il comune di Fraeto [Traetto] (35).
Saranno state le ore 3 pomeridiane, sentiamo il cannone a fare il suo rumore. Cosa sarà? dove sarà? qui c’è un nuovo combattimento; ed infatti i poveri granatieri, tanti e tanti hanno dovuto lasciare la pelle.
Saranno state circa le ore 5, partimmo di corsa veloce sul teatro dell’azione, ed appena giunti i nemici si sono messi in ritirata sino al di là di Molo [Mola di Gaeta].
Noi attraversammo il campo a canti ed a suono di musica, accampandoci vicino al mare.
Quale vista ho dovuto vedere attraversando il campo, pas- sandogli sopra ai corpi dei nostri granatieri periti nel combatti- mento, che il suolo era tutto coperto, e faceva un certo non so che vedendoli così lunghi lunghi distesi sopra il terreno, con una gran quantità di feriti: trentatreesima mia tappa.
Al mattino, saranno state le ore 8, partimmo e salimmo il monte onde riconoscere la posizione nemica, oltrepassando il comune di Mola. Siamo rimasti sopra il monte in ricognizione sino la sera; la sera stessa abbiamo fatto la discesa ed eravamo di avamposti, e ci siamo accampati; tappa trentaquattresima.
Al mattino, allo spuntar del giorno, levavamo gli avamposti retrocedendo di dietro al monte e di nuovo ci siamo accampati.
Sentiamo il cannone a fare il suo rumore
Mese di Novembre, martedì giorno 1 (34): dopo mezzogiorno partenza, avvicinandoci ad un fiume vicino a S. Caterina, indi di nuovo accamparci, e siamo rimasti sino al giovedì giorno 2, sotto la pioggia e con un freddo, aspettando soltanto l’ordine di attac- care il nemico. Nel venerdì giorno 3, circa le ore 6 di sera, parti- vamo in direzione del ponte a barconi costruito per passare il fiume. [Ci] siamo distesi, e noi avanti con coraggio.
, II nemico era già sloggiato a nostra insaputa. Il motivo è che la nostra flotta gli tirò diversi colpi, che furono costretti a sloggia
re, per cui noi abbiamo fatto l’entrata nel comune di Castelforte, quindi si seppe del certo che il nemico è fuggito. Ci accampam- mo sotto il comune di Fraeto [Traetto] (35).
Saranno state le ore 3 pomeridiane, sentiamo il cannone a fare il suo rumore. Cosa sarà? dove sarà? qui c’è un nuovo combattimento; ed infatti i poveri granatieri, tanti e tanti hanno dovuto lasciare la pelle.
Saranno state circa le ore 5, partimmo di corsa veloce sul teatro dell’azione, ed appena giunti i nemici si sono messi in riti- rata sino al di là di Molo [Mola di Gaeta].
Noi attraversammo il campo a canti ed a suono di musica, accampandoci vicino al mare.
Quale vista ho dovuto vedere attraversando il campo, pas- sandogli sopra ai corpi dei nostri granatieri periti nel combatti- mento, che il suolo era tutto coperto, e faceva un certo non so che vedendoli così lunghi lunghi distesi sopra il terreno, con una gran quantità di feriti: trentatreesima mia tappa.
Al mattino, saranno state le ore 8, partimmo e salimmo il monte onde riconoscere la posizione nemica, oltrepassando il comune di Mola. Siamo rimasti sopra il monte in ricognizione sino la sera; la sera stessa abbiamo fatto la discesa ed eravamo di avamposti, e ci siamo accampati; tappa trentaquattresima.
Al mattino, allo spuntar del giorno, levavamo gli avamposti retrocedendo di dietro al monte e di nuovo ci siamo accampati.
continua…..