Episodi della vita militare del bersagliere Margolfo Carlo (XI)-Mi toccò in sorte il numero 15
SESTA SPEDIZIONE CONTRO IL BRIGANTAGGIO
nel Molise (novembre 1862)
Nel Bosco della Crotta
Dall’agosto al 27 novembre, sono stato a Napoli, quindi di nuovo partenza per Campobasso per il brigantaggio, rimanendo 2 giorni pattugliando per scoprire la banda Nunzio (77). Dopo pochi giorni senza nessun risultato, però abbiamo scoperto che stavano ad abitare nel Bosco della Crotta.
Partimmo per la città di Larino passando da Casacalenda, facendo un piccolo riposo, ed abbiamo fatto l’arresto di due fa- mosi briganti ricoverati in chiesa, sedicenti bigottoni, non mo- strando d’aver visto l’arrivo del 29° battaglione Bersaglieri.
Dopo fatto l’arresto di questi 2 briganti, li abbiamo condotti con noi a Larino, depositandoli nelle carceri, e siamo rimasti in riposo 2 giorni. Dopo partenza per Orrore [Ururi] (78), entrando in chiesa ad acquartierarci.
Il nostro Capitano faceva sapere ai paesani che per molto tempo saressimo stati in Ururi onde salvare il paese dal brigan- taggio. Invece era tutt’altro, era di accalappiarli: tutt’altro, senti- rete.
Un giorno il Capitano mandò a chiamare i preti, il sindaco e tutti i consiglieri, finanche il cursore, all’insaputa l’uno dell’altro. Riuniti per un pretesto qualunque in chiesa, la sentinella alla por- ta aveva la consegna di non lasciarli sortire. Quindi è successo un po’ di malumore con questa illustre superiorità (79) del paese, ma che hanno dovuto fare? Rimanere in chiesa.
Il capitano intanto manda a chiamare il rinforzo, per paura [che] nel condurre [via] questa superiorità avesse [a] succedere una rivolta. Dopo due ore furono arrivate due altre compagnie, ed abbiamo condotto questi galantuomini primari del paese a Larino, al Comando di Piazza.
Siamo rimasti a Larino un giorno in riposo, quindi partenza per S. Croce [S. Croce di Magliano], riposando in un paese prima, onde arrivare di notte. In quel paese il brigantaggio dis- turbava il sindaco De Matteis e i suoi beni.
Gli fece avere un bel lepre
Appena giunti in S. Croce siamo partiti per una masseria di questo De Matteis. E là infatti abbiamo trovato una gran quantità di briganti, Banda Cassoni e Morganti, facendo un arresto di tre briganti e due cavalli, conducendoli in Santa Croce, indi a Lari-no.
Il giorno appresso, di nuovo a perlustrare, non trovando niente.
Il capobanda Cassoni e Morganti gli fece avere un bel lepre, dicendogli che, sapendo che non fece caccia, [aveva] pensato bene a mandargli il lepre al Capitano. Il Capitano gli mandò [a] dire che non sapeva che farme, e che la caccia verrà fatta a suo tempo.
Partiti siamo di S. Croce al Bosco della Crotta in caccia, rientrando sempre in santa Croce.
Stando in Santa Croce acquartierati, sempre di notte tempo si andava in pattuglia alle masserie Verticchio, De Matteis e Mi-rani.
Un giorno, nella masseria Verticchio, l’abbiamo circondata, sapendo che c’era dentro il brigante. Ed infatti abbiamo fatti più della metà prigionieri di questi galantuomini, e li abbiamo condotti in S. Croce, quindi a Larino.
Siamo rimasti in Larino in riposo onde aspettare di riunire il battaglione, quindi partenza per Bonafro [Bonefro], passando di nuovo in Ururi, diretti ad una frazione di S. Croce per fucilare un brigante, sospettando che il paese avesse a rivoltarsi.
Dopo la fucilazione, partenza diretti per S. Martino [S. Mar- tino in Pensilis], nostra sede.
Circa 20 giorni sono rimasto alla Madonna Grande, pattu- gliando sino a Termoli e Campomarino, onde sostenere gli ope- rai addetti ai lavori ferroviari.
Sentiamo un grido di aiuto
Nel fiume di Campomarino (80), trovandosi un ponte provvi- sorio e di là passando una povera donna con due figlioli, maschio e femmina di 11 e 12 [anni], come fu non lo sappiamo il caso, sentiamo un grido di aiuto di sua madre, e vedemmo i due figli nel fiume, ed a poca distanza dal mare. In un batter d’occhio due
dei miei compagni si gettarono nel fiume coraggiosamente [e] salvarono quei fanciulli dalla morte. Questi due piemontesi furono applauditi dai suoi compagni del glorioso salvataggio, è così pure dalle autorità del paese ebbero una buona ricompensa.
Passando di nuovo per Bonefro abbiamo trovato una piccola banda di briganti, facendo prigionieri un brigante ed una donna vestita da uomo, ferita di due palle alla gamba destra, qualifican- dosi figlia del sindaco di Ururi, e che l’avevano rapita.
Feci fuoco, che mi scoppiò la canna
La notte dopo consegnata la figlia ai suoi genitori, vediamo comparire il Capitano della Guardia Nazionale, il conte Bevilac- qua, con 100 uomini a cavallo, bene armati, di S. Martino, chie- dendo soccorso al nostro Capitano, che in quella notte ‘lo bri- gante’ gli robarono 60 bestie bovine.
Siamo rimasti il tempo di riunire tutto il battaglione, e quindi partenza per il Bosco delle Grotte: osservando la strada, difatti, dava il segnale di essere passata la mandria di là.
Allora il nostro Maggiore ha detto: «Coraggio, che le peste sono fresche, e quindi di certo vi sarà anche il brigante». Distribuì la compagnia in catena, [e] dopo poco viaggio, noi troviamo due bestie sventrate, ed una bella e tagliata, pronta soltanto di mettere nella pignatta. Di corsa, un po; di qua e di là, abbiamo trovato tutte le bestie pascolando.
Il conte Bevilacqua, trovando tutte le sue bestie, disse: «Co- raggio, fratelli, qui ci deve essere anche il brigante». Difatti co- raggiosamente siamo entrati nel bosco, ed il nostro plotone fece 7 prigionieri e prese 2 cavalli, e le altre compagnie, con la Guardia Nazionale, prese[ro] 40 briganti e 40 cavalli. Contenti tutti di questa bella caccia siamo partiti per S. Martino. I cavalli sono stati venduti in Larino, ed il prodotto ricavato venne diviso fra tutti i soldati che presero parte al combattimento. I briganti presi furono tutti fucilati in Larino.
Di nuovo a S. Martino, indi alla Madonna Grande, il giorno dopo partendo di pattuglia nelle masserie.
Fra le masserie Verticchio e De Matteis il Capitano mi fece rimanere con tre altri miei compagni in una crociera (76) di strade, coperti noi dai boschi; il rimanente delle forze era disposto in maniera di mettere in fuga il brigante.
Quindi noi eravamo impostati come fa il cacciatore al lepre. Ad un tratto sento il mio Capitano che dice: «I briganti, fate fuoco». Vidi a passare difatti a cavallo i briganti, feci fuoco che mi scoppiò la canna, uccidendone uno cadendo di cavallo.
In questa occasione il colonnello Peranda di Ponte [Ponte in Valtellina] (82) mi fece pagare la canna. Questo fu il compenso avuto, sia pure per mia inavvedutezza: alle volte la bocca della canna era piena di terra, o d’un piccolo sasso, che basta per fare scoppiare la canna. Ma?… ma?.
Dopo questo fatto, capitò nella mia compagnia il tifo, che in pochi giorni siamo partiti dalla Madonna Grande a S. Martino in soli 14 di sani. Partendo dalla Madonna Grande ho preso per mia memoria una immagine di S. Lucia.
Anch’io presi il tifo, ma leggero, così pure il mio caro compa- gno De Maestri Emilio di Fucine [Fusine] Valtellino, che in pochi giorni [ci] siamo ristabiliti.
Venne un ordine superiore, che la mia compagnia deve re- carsi a Casacalenda in riposo per il male sofferto: infatti siamo andati e [ci] siamo acquartierati nel palazzo ducale, essendo lui
(83) esiliato dal Governo italiano come borbonico e sostenitore del brigantaggio.
Dopo un mese di riposo, un ordine reca che di nuovo dob- biamo recarci a Napoli. Giunti in Napoli, siamo rimasti sino al 28 dicembre del 1863, partendo diretti per Capua a disarmarci. Il 4 gennaio 1864, par- tenza, sulla fregata Maria Adelaide, per Genova, prendendo poi la linea di Milano, Corno, Colico, per la mia patria Delebio.
continua……..