FUORI L’ABATE URLA LA GENTE “una frase abituale per la popolazione di Scurcola”
… Appesi alla fune e molto silenziosamente, scendemmo tutti e cinque. Furtivamente, senza proferire parola, ci avviammo quindi verso le nostre abitazioni che distavano a non più di cento metri dal campanile. Solo Vittorio abitava più lontano, in Via delle Scuole. La bravata descritta non è stata mai raccontata. Tutti e cinque non ne siamo mai stati fieri, sia per l’atto compiuto, sia per rispetto nei confronti di don Carlo.
Così Dario Colucci nel suo “De SCURCOLA MARSORUM” giugno 2008, pagg. 221-223, a proposito del tentativo di “cacciare” l’Abate Grassi dalla guida delle anime paesane.
I fatti raccontati dal Colucci, anni 1949-1950, sono legati alle quattro confraternite (quanto mai), alla processione di S. Antonio. Prosegue il Colucci … a causa del solito passaparola, il risentimento si diffuse per tutto il paese. Alcune donnette, unitamente ad un gruppo di esagitati scurcolani, iniziarono a gridare “FUORI DON CARLO … FUORI DON CARLO”.
L’occasione coinvolse cinque giovani, che, visto il concentramento dei dimostranti in piazza del Mercato, andarono sul campanile della Collegiata a suonare le campane, segno popolare per avvisare la popolazione che qualche cosa non andava secondo il solito.
I fatti sono stati ricostruiti attraverso il racconto orale e alla documentazione ritrovata dallo scrivente nell’archivio di Stato dell’Aquila.
Il motivo questa volta è stato la nomina del vice parroco don Alfonso Moscatelli ad altra parrocchia.
Il Moscatelli, in soli tre mesi, si era integrato nel tessuto giovanile paesano, dimostrandosi organizzatore stimato fra i giovani. Nominato dal vescovo Valerii, alla guida di una parrocchia della diocesi, il povero don Carlo non aveva avuto nessuna interferenza sulla nomina, i paesani, però, erano convinti che ci fosse lo zampino dell’abate, perché vedeva scemare il suo potere parrocchiale.
Il prof Elio Falcone, molto legato alla famiglia di don Carlo, conferma quanto letto negli atti dei carabinieri.
Passiamo a esaminare il verbale della legione territoriale dei carabinieri di Chieti, Tenenza di Tagliacozzo.
Nel rapporto del 12 marzo 195… ore 20 circa, ieri corrente, un centinaio di persone radunavano improvvisamente davanti la chiesa parrocchiale di Scurcola Marsicana invocando, ad alta voce, all’indirizzo del parroco Don Carlo Grassi, con abitazione annessa alla Chiesa stessa, di lasciare Scurcola. Tale concorso di persone fu preceduto da alcuni tocchi di campane provocati da persone rimaste finora sconosciute.
Così il Sotto Tenente comandante la Tenenza Onorio Tesi scriveva alla Prefettura dell’Aquila.
L’intervento dei carabinieri della Caserma di Scurcola convinse i paesani a sciogliersi e tornare nelle abitazioni.
Il giorno successivo si identificavano nella Caserma locale i più facinorosi della sommossa, sempre dai verbali apprendiamo che erano … Fiori Giuseppe di Carmine e di Leonio Nicolina, nato a Scurcola Marsicana il 25-03-1928 contadino; Fiori Angelo nato a Scurcola Marsicana il 27-02-1924 (fratello di Giuseppe) contadino; Fiori Sabino fu Domenico e di Corazza Maria, nato a Scurcola Marsicana il 25-03-1927, contadino; Silvestri Celeste di Domenico e di Cerrone Lucia Anna, nato a Scurcola Marsicana il 28-03-1937, contadino; D’Onofrio Antonia fu Gioacchino e fu Catenaccio Anna, nata a Scurcola Marsicana il 20-01-1898, casalinga; Falcone Dante di Antonio e di Magliocchetti Francesca, nato a Scurcola Marsicana il 30-04-1926, contadino, nonostante gli interrogatori, secondo i Carabinieri non fu possibile identificare chi suonò la campana né gli organizzatori della riunione.
Il 20 marzo 1952, il Prefetto Stella svolgeva una relazione per il Ministero dell’Interno, sulla manifestazione contro il parroco di Scurcola Marsicana dove … non è stato possibile identificare chi suonò la campana né gli organizzatori della riunione. Sei persone che presero parte alla manifestazione sono state identificate e denunziate all’Autorità Giudiziaria.
Per la verità, Scurcola è stata sempre in combutta con il clero locale e l’idea di “cacciare” attraverso il suono delle campane l’abate di turno si è verificato più volte nel secolo scorso.
Nel 1924, l’abate D’Amico credendo di migliorare il calvario del Venerdì Santo sera, volle prendere un armonium e lo portò nella Chiesa.
La novità di suonare l’armonium al posto del tradizionale organo creò incidenti; si arrivò a sfiorare il tumulto popolare, come è anche dal fitto carteggio di quell’epoca tra la sotto-prefettura di Avezzano ed il prefetto dell’Aquila e tra il parroco don Domenico D’Amico e il vescovo dei Marsi. L’abate D’Amico rischiò tantissimo tanto che dovettero intervenire in Chiesa i carabinieri per sedare la sommossa popolare.
Se nel 1924 l’abate D’Amico riuscì a superare le incomprensioni con la popolazione, lo stesso non avvenne nel 1937, quando sempre per il cenacolo e la gestione delle confraternite la tensione esplose di nuovo.
Come in precedenza, si boicottò la Cara Processione del Venerdì Santo, in pieno periodo fascista, quando, nonostante la notevole autorità, il Prefetto non riuscì a piegare la tenacia del popolo di Scurcola, e dovette, a malincuore, accettare le disposizioni del decreto del 1908, che garantiva il mantenimento di tale consuetudine centenaria.
Sui fatti attingiamo dal manoscritto inedito di Vincenzo Nuccetelli “Aprile dopo Pasqua 1937” … Siamo giunti all’anno 1937 anno che si ricorderà finché dura il mondo per il fatto che due o tre persone autorità locali anno ridotto il popolo di Scurcola ad un lutto ed a un continuo smormorare non si fa altro che di parlare male del podestà del segretario pulitico del segretario Comunale e anche qualche volta del Parroco starei quasi per dire sempre. All’entrata dell’anno hanno incominciato i priori delle confraternite a dire al Presidente della congregazione ma che si fa il cenacolo quest’anno? lui per le prime volte a risposto vediamo un po’, poi lui ed il podestà insieme al segretario anno rinnovato le piaghe al prefetto ed il prefetto secondo di quello che loro gli anno detto e raccontato gli a detto che il cenacolo doveva scomparire perché secondo la legge firmata da sua Maestà e dal Ministro dell’interno il cenacolo non stava scritto da farsi ma bensì le somme destinate alle Confraternita dovevano essere spese per elemosine ai poveri. … Hanno allora deciso dì andare ad Aquila e parlare personalmente col prefetto e decisero di andarvi lunedì ma la domenica stessa telefonarono al prefetto e gli fecero conoscere quando e come la pensavano il popolo di Scurcola la mattina di lunedì fecero venire un’automobile da fuori che doveva portarli ad Aquila ma però lo più ci interessava d’andarono per portare il figlio dì Cacciotti Casimirro al ritiro ad Aquila ed allora ci andiete il priore della Trinità Alberico Trombetta per conto del Santissimo, il Podestà, il Presidente, il segretario parlato col prefetto e fatto conoscere come la pensava il popolo concesse un giorno solo e si diceva per un solo anno, forse giusto per quietare il popolo ma ritornati a Scurcola il presidente vuol dare metà di denaro ad ogni confraternita, rifiutarono il denaro o tutto o nulla ansi volevano riconsegnare le chiavi delle stanze ma il presidente non volle riceverle e gli fu detto che specialmente i priori facendo tale atto di voler riconsegnare le chiavi era probabile essere denunciati e messi dentro. Il giorno delle palme dopo mezzo giorno furono invitati tutti i fratelli una riunione generale alla casa del fascio le autorità non si presentarono la sala del fascio era gremita fu invitato il vice brigatiere locale perché si era dato malato forse proprio perché sapeva che succedeva così Alvise Nuccetelli Priore del Suffraggio salì su di una panca e parlò quello che gli avevano di nuovo detto i Signori Podestà, Segretario e Presidente, erano sempre le stesse parole Alvise non poteva fare altro che dire il giusto di quello che gli avevano detto ma sotto sotto diceva non accettate quello che io dico, e gridate che volete il cenacolo, il brigadiere sendendolo parlare favorevole acconsentiva ma tutti quelli che erano dentro gli fecero capire come andava la cosa ed il brigatiere stesso non sapeva come meglio pigliarla … Sa avvicina la sera viene Salucci dal seminario chiama i priori e gli impongono di fare la processione, si presenta pure il podestà ed il presidente, alla saputa che era venuto Salucci l’abate d’Amico si oppone che si deve fare il cenacolo ma Salucci risponde tutti abbiamo i superiori, giovedì Santo nulla si vede e un lutto sembrava che il redentore dovesse morire di nuovo come fù nell’anno della sua passione e morte la mattina fiocca a grosso pezze come se non avesse mai fioccato, suona la messa come sempre vi era la comunione generale e gli apostoli che le due Confraternita Santissimo e Trinità dovevano come sempre tener presenti alla chiesa per la lavanda poca fu la gente che si comunicò ma almeno quei vecchi col capo bianco più vicini alla morte secondo la legge naturale nessuno si presentò né a comunicarsi nemmeno a vestirsi per farsi la lavanda dei piedi. Termina la messa con lo smormorare e col seguitare il cattivo tempo. … Il priore del Santissimo è obbligato ad aprire le porte della stanza dove sono i Santi che devono portarsi in chiesa mentre il predicatore svolge il panegirico della passione di Cristo, nessuno e presente ansi il podestà impone a parecchi di accompagnare le statue ma vi è chi si rifiuta chi sono quelli che portano le statue gli impiegati del comune cioè becchini o scopini i figli della maglianella Totò e l’avvocato il maestro Valentini il farmacista due figli del podestà il figlio di Antonio della vedova cioè l’amico del Presidente della congregazione della carità i figli di Lorenzo Ansini Arturo Talone che poi fenisce in prigione Antonio il guardiano e il signor Manfredonia. Le croce che doveva essere prima venne affidata dal Signor priore a persona prima che non erano della confraternita del Santissimo cioè fu portata da Vecchietto Giovanni Colucci e Vipacco. Termina il panegirico ma prima di terminare quanto il predicatore chiama i Santi Maria e Giovanni i due primi ad entrare sono il farmacista ed il maestro Valentini avanti in appresso tutto il resto … alla sede della confraternita del Santissimo dove si devono prendere la Croce dei Misteri la Sindone e il Cristo morto con il Baldacchino questa gente e tutta concentrata in quel locale per incominciare la scena ma non la processione. Ecco finalmente escono quei pochi piccoli balilla accompagnati dal maestro Valentini. Esce la croce che viene portata da Giovanni Colucci ai lati a portate le torce vi è da un lato Filippo Orlandi e dall’altra Salvatore De Amicis quest’ultimo uomo che non a voluto mai sentire di Santi e ne di chiesa perché quasi protestante, in quei giorno si fa vedere che lui è il primo a portare la processione in seguito viene la Sindone, portata dalla guardia Comunale Angelo Dì Gasbarro che poi all’uscita della chiesa viene portata da Santuccio Saccoccione le torce vengono portate da due ragazzi ecco, la bara col baldacchino portata dal farmacista e da altri suoi amiconi. Siamo di fronte alla chiesa di S. Vincenzo 1° Stazione che notiamo nella processione quei suindicati ma vediamo altre persone come i figli di zuccarino figli di Giuseppe Nuccetelli di Lorenzo Ansini e i figli di Nazzareno e Agostino Falcone, dietro il corteo vengono le autorità il Commissario il brigatiere di publica sicurezza il podestà ed altre persone. … Mentre si avviano a S. Antonio un gruppetto di ragazzi come solito vogliono cantare canzone di venerdì Santo lungo la strada Statalelo sentono le autorità sempre con a capo il Segretario pulitico fa tagliare i campi ai garabinieri che vengono incontro al canto i bravi ragazzi alla vista della benemerita lascia di cantare e seguono come tante altre centinaia di persone la passegiate della via di S. Antonio vengono presi … dei giovani che non vi avevano preso parte al canto, forse perché vedendoli strattonati delle autorità e condotti in caserma erano 6 cioè quel Arturo Talone che la sera avanti portava una statua in chiesa Mario Mazzei Deobaldo Nuccetelli Mario Nuccetelli Antonio Di Massimo Luigino l’Imperatore esaminati dal commissario tre vengono trattenuti tre mandati fuori e nel mentre che erano dentro il campanello del telefono si sentiva trasmettere dalle autorità di voler sapere quello che faceva la popolazione di Scurcola gli rispondevano la popolazione è calma e la processione è in corso avemo 3 giovani fermati ma verranno presto rilasciati. Fuori qualcuno vocifera viene dal Commissario e da qualche garabiniere preso a calci ma passa così dopo terminata la funzione ognuno se ne và per conto suo viene la sera è ora del calvario quel signore del priore del Santissimo che appassionate a portare la croce si fa accompagnare dal brigatiere di publica sicurezza da un guardiano compaesano locale e da uno di Avezzano manco se qualcuno lo volesse assalire ecco si termina le autorità”.
La popolazione scese in forte contrasto con l’abate, la documentazione conservata nell’archivio della diocesi, testimonia la situazione elettrizzante che si viveva nel paese circa i rapporti fra il D’Amico, la popolazione e le confraternite. Riportiamo una lettera del Parroco di Scurcola indirizzata al Vescovo in data 9 giugno 1938 così scriveva “Eccellenza Illustrissima e Reverendissima.
Dall’incidente avuto per diniego di fermata con la Statua di S. Vincenzo Ferreri alla casa di una nubile che ha avuto un bambino e che il Maresciallo chiama di facili costumi, non si è sentito nulla fino a ieri. Ieri stesso, circa le undici antimeridiane è venuto in caserma il tenente dei Carabinieri per un interrogatorio. Per primo a chiamato il Farmacista che ha avuto dimostrazione nelle ore seroline da una moltitudine di ragazzi al suono di zampogna e pifferi, con urli e schiamazzi pronunziando un sopranome. Per secondo ha chiamato me e gli ho raccontato l’accaduto, mi ha consigliato ad accontentare il popolo col fermarmi dove sono collocati i tavoli per porvi le Statue e dare la benedizione che se disordini se ne fossero avuti, si sarebbero rivolti contro di me come causa di essi, aggiungendo che anche al suo paese si fa lo stesso. Oggi doveva aver luogo la processione per riportare S. Vincenzo nella sua Chiesa e portare la Statua di S. Antonio in parrocchia per un triduo di preparazione alla festa che si sarebbe celebrata il giorno 19 corrente. Ieri sera, dubitando che, per protesta degli ultimi avvenimenti i fratelli non si sarebbero vestiti di camici, avvertii personalmente i priori, i quali si radunarono, anche per volere del locale Commissario e promisero che dal conto loro avrebbero fatto del tutto affinché oggi la processione si effettuasse. Invece, dopo che le campane hanno suonato a festa, nessuno si è fatto vedere, tranne poche donne. Un numero sufficienti di carabinieri è venuto a Scurcola da Tagliacozzo, ma ha fatto viaggio inutile. Domenica ventura dovrà farsi la processione del Titolare SS. Trinità. Perché non avvenisse la stessa cosa ho avvertito l’assistente Domenico Nuccitelli perché si ritirasse e non osasse prendere fermata presso la casa essendo unito con una cugina ed avendo l’uno e l’altro prole dai relativi coniugi viventi da cui ambedue sono separati. Ha accettato l’ammonimento mandandomi regolare rinuncia. Prima che i carabinieri ripartissero sono venuti a casa il Capitano e il Maresciallo. Si è parlato della processione. Il Maresciallo dall’astensione di questa mattina che è stata totale, ha giudicato che difficilmente, data la situazione, i fratelli delle Congreghe parteciperanno alle future processioni, quella del Corpus Domini compresa. Allego la rinunzia del confratello Domenico Nuccitelli perché ne abbia visione. Con i rispettosi e distinti ossequi sempre sottoposto ai suoi consigli. Umilissimo e Devotissimo Servo. F.to Domenico D’Amico”.
La tensione era altissima, il vescovo ricevette una lettera dal prefetto dell’Aquila, che lo sollecitava a far dimettere dall’incarico il Parroco. Presentiamo la missiva del prefetto, “Prefettura di Aquila, Ufficio Affari di Culto, Oggetto: Parrocchia della SS. Trinità in Scurcola Marsicana. Ordine pubblico. A Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Vescovo dei Marsi, Avezzano. Porto a conoscenza della S.V. Rev. Che la inopportuna intransigenza del Sac. Domenico D’Amico, parroco di Scurcola Marsicana, durante lo svolgimento della processione in onore di S. Vincenzo, diede luogo ad una dimostrazione a lui ostile, terminata soltanto per l’energico intervento della forza pubblica, la quale impedì che gli venissero usate delle violenze. Già altra volta ho avuto occasione di richiamare l’attenzione della E. V. Rev. sul contegno di detto Sacerdote, il quale continuamente provoca delle reazioni da parte di quella popolazione, con turbamento dell’ordine pubblico. Egli è malvisto per la sua esagerata venalità, e sebbene disponga di una non indifferente rendita prebendale, lascia la Chiesa in continuo minaccioso deperimento. Perché la tranquillità ritorni in quel Comune si rende necessario ed urgente l’allontanamento del Sac. D’Amico dalla parrocchia e sono certo che tale provvedimento verrà adottato dalla E.V. Rev. Nell’interesse dello stesso Sacerdote, la cui permanenza in Scurcola Marsicana si è dimostrata dannosa. Resto in attesa di cortese riscontro al riguardo”.
Il giorno dopo don Domenico D’Amico, terminava la cura delle anime scurcolane: dava le dimissioni per motivi di salute. La popolazione era pronta a suonare le campane! La lettera dell’Abate è riportata integralmente per chiarire i fatti “Eccellenza Illustrissima e Reverendissima Atteso la mia malferma salute che ha bisogno di una vita più tranquilla, sono venuto alla determinazione di rinunziare alla parrocchia della SS. Trinità di Scurcola: quindi con la presente formalmente vi rinunzio, riservandomi quanto mi concede il codice di diritto canonico e confido nella sua carità che spero vorrà concedermi qualche cosa in più, avuto sempre riguardo alla mia salute che ha bisogno quotidianamente della cura di insulina. Baciando il sacro Anello domando la Sua Benedizione. Umilissimo e Devotissimo. Scurcola Marsicana 13 giugno 1938. F.to Domenico D’Amico. Vincenzo Giusti testimonio, Giovanni de Medici teste”.
La risposta del vescovo non si fa attendere “Vista la lettera qui a tergo, scritta di proprio pugno dal Reverendo sac. D. Domenico D’Amico, Parroco di Scurcola Marsicana, titolare del Beneficio della SS. Trinità di detto paese, con la quale rinunzia formalmente al detto beneficio, per ragioni di salute a noi ben note, ci sentiamo in dovere di coscienza di accettare la suddetta rinunzia in data di oggi stesso. Avezzano, li 14 Giugno 1938. F.to Mg. Fr. Pio Marcello Bagnoli Vescovo dei Marsi.
L’ordine pubblico fu restituito. “Revmo Don Domenico D’Amico, ieri sera prima di venire costà, passò da S.E. Mons. Vescovo il Questore per gli affari di Scurcola. Quando vide la sua rinunzia alla parrocchia, rimase assai contento. Di ritorno da Scurcola, il Questore fece sapere a S.E. che aveva parlato coi Priori delle Congreghe, Podestà e Segretario Politico, e che ad essi aveva espresso il desiderio di S. E, che Lei facesse la processione del Corpus Domini. Tutti promisero di svolgere opera dl persuasione in tal senso. Lei quindi faccia pure le processioni di Giovedì come sempre. In quanto a Lei, stia tranquillo che S.E. le sarà padre e non solo non le toglierà nulla di quanto le spetta, ma l’aiuterà come meglio potrà.
Andando indietro con gli anni, la tensione con gli abati di Scurcola investiva quel don Vincenzo De Giorgio, che tanto si ostinò contro i cenacoli.
Nel 1898 la sommossa fu soppressa con l’intervento del priore del Suffragio, l’avvocato Francesco Cerri, il quale a nome di tutta la popolazione si recò in Avezzano dove risiedeva il sottoprefetto, che conosceva bene per la sua attività forense “Tutto il popolo sapeva che Cerri era andato ad Avezzano lo aspettavano lungo la strada provinciale per sentire la risposta, quando arrivò gli chiesero che dovevano fare, siccome era il mercoledì Santo rispose a quella gente e per lo più agli altri Priori incominciate a mettere fuoco, ed il cenacolo fu fatto come prima.
Altri momenti di tensione si raggiunsero nel 1904 “si e da capo l’abate De Giorgio vuole assolutamente che questo cenacolo venga tolto perché non solo le amministrazioni ma i stessi fratelli col vino che bevevano facevano baldoria e molto chiasso la sera mentre il predicatore faceva la passione l’abate De Giorgio aveva un fratello chiamato il notaio De Giorgio e faceva l’amministratore alla famiglia D’Amore e quasi per rispetto di quest’ultimo non successe che l’abate lo assalisse la popolazione, allora lui fa venire parecchi garabineri per esigenza d’ordine publico ma la popolazione insiste sempre ed ottenne per il cenacolo però avendo perduto ogni speranza verso la popolazione il giovedì lascia ogni cosa sa ne và a Roma, se ne accorsero i cittadini allora le campane dicesi legate suonano tre tocchi, lui affretta di più il passo e parte per Roma”
NOTE:
(1) Archivio di Stato dell’Aquila, Prefettura, Atti di Gabinetto, II versamento, busta 219 A.
(2) Giuseppe Morzilli. Manoscritto di Vincenzo Nuccetelli Le satire del 1937, stampato presso Cromografica Roma S.r.l., Roma, per il Gruppo Editoriale l’Espresso S.p.A., 2014.
(3) ADM fondo H busta 18. Cifr. Giuseppe Morzilli, Le Confraternite laicali di Scurcola “fra storia e storie”, stampato presso Cromografica Roma S.r.l., Roma, per il Gruppo Editoriale l’Espresso S.p.A., 2011.
(4) Giuseppe Morzilli. Manoscritto inedito Vincenzo Nuccetelli, op, cit.
(5) Giuseppe Manoscritto inedito Vincenzo Nuccetelli, op, cit.
Estratto da Giuseppe Morzilli. Scurcola Marsicana “Città” dell’Abruzzo Marsicano fra Storia Storie Fatti Cronaca Vita Sociale, II Tomo stampato presso LCL sas Via Cavour Avezzano 2016;
Giuseppe Morzilli