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Gli eroi della Nunziatella dimenticati dalla storia!

Posted by on Set 26, 2024

Gli eroi della Nunziatella dimenticati dalla storia!

Il 7 settembre 1860 alla “Nunziatella” regnava una grande agitazione: la notizia che il Re aveva raggiunto Gaeta e che l’esercito avrebbe tentato un’ultima difesa sulla linea del Volturno, nonostante i silenzi di molti ufficiali ed istruttori, era trapelata. Alcuni dei ragazzi decisero di fuggire dal collegio per raggiungere il loro Re e per poter partecipare all’ultima difesa.

I loro nomi volutamente dimenticati dalla storia non possono essere cancellati, perché rappresentano sentimenti e valori che non hanno confini, ed il loro esempio sarebbe stato di grande aiuto al popolo meridionale, molto più che il ricordo di Garibaldi e di Cavour. Non possiamo ricordare come eroi positivi solo quelli che, venuti da fuori, ci avrebbero “liberato” invadendoci. Furono invece cancellati dalla storia i due fratelli Antonio ed Eduardo Rossi, 17 e 14 anni, che erano figli di un ufficiale morto nella campagna di Sicilia del 1848. Un giornalista francese presente a Gaeta durante l’assedio li ricorda così: “Ho incontrato stasera su una batteria un sottotenente di 15 o 16 anni che serviva ai pezzi con due soli uomini per quattro cannoni, caricando, puntando e tirando con rabbia. Questo bravo ragazzo si chiama Rossi ed ha un fratello che, come lui, si è distinto durante l’assedio”. Eliezer Nicoletti, 17 anni, figlio del maggiore di fanteria che sbaragliò i garibaldini di Pilade Bronzetti alla battaglia del Volturno, Ludovico Manzi, 17 anni, Ferdinando de Liguoro, figlio del colonnello comandante il 9° Puglia, reggimento da lui condotto da Capua a Napoli con i garibaldini ormai padroni della città. Dopo la resa fu come gli altri vessato e maltrattato. Non furono riconosciuti a questi ragazzi nemmeno i gradi acquisiti sotto il loro legittimo Re. De Liguoro emigrò in Austria, dove fu ammesso nell’esercito e combatté anche a Custoza contro i piemontesi nel 1866. Alfonso Scotti Douglas, 11 anni, il più giovane di questi ragazzi, figlio del generale di origine parmense Luigi, fu adibito ai lavori del genio nella piazza di Capua. Carmine Ribas, 18 anni, che raggiunse l’anziano padre di stanza a Gaeta, fu anch’egli adibito ai lavori del genio nella piazza di Capua. Francesco e Felice Afan de Riviera, 17 e 16 anni, figli del generale Gaetano, raggiunsero i fratelli maggiori che combattevano a Capua. Anch’essi dopo Gaeta emigrarono in Austria e Felice abbracciò in seguito la vita religiosa entrando in convento a Napoli, dove morì nel 1924. Francesco Pons de Leon, 18 anni, raggiunse il padre, maggiore in servizio nella piazza di Gaeta e operò lui pure come semplice servente ai pezzi di una batteria. Ferdinando Ruiz, 17 anni, nipote del generale Vial, fra mille peripezie riuscì ad arrivare a Gaeta solo nel gennaio 1861. Ferdinando e Manfredi Lanza, 17 e 16 anni, figli di un ufficiale del genio, si comportarono da piccoli eroi a Gaeta e Ferdinando, l’ultimo giorno d’assedio, fu colpito da una granata che gli troncò di netto un piede. Infine Carlo Giordano, 17 anni, orfano da pochi mesi del padre, generale napoletano. Fuggì dalla Nunziatella il 10 ottobre, dopo i suoi compagni. Durante l’assedio servì alla batteria Malpasso con abnegazione e coraggio, supplendo all’inesperienza con la forza della sua giovane età e con l’entusiasmo di chi difende la propria Patria da una vile aggressione. L’11 febbraio 1861 iniziarono le trattative di resa della piazza di Gaeta. Il generale Cialdini preferì non interrompere il bombardamento, anzi lo intensificò perché, come scrisse a Cavour, naturalmente in francese, “le bombe fanno ragionare male e diminuiscono le condizioni richieste”. Poche ore prima della firma della capitolazione, il 13 febbraio 1861, scoppiò con un tremendo boato il deposito di munizioni della batteria Transilvania, che travolse uomini e cose e distrusse la batteria servita da Carlo Giordano. Fu l’ultima vittima di una inutile ferocia e di una assurda guerra civile. I suoi resti non furono mai trovati, ma il suo ricordo deve rimanere nei cuori dei meridionali perché il suo sacrificio non sia dimenticato. Da nessuna parte, né a Gaeta né altrove esiste una lapide che ricordi questo ragazzo che, a torto o a ragione, considerò il Regno delle Due Sicilie la sua Patria!

Nonostante avesse provato, sin dalla sua fondazione, di essere un “semenzaio di ottimi ufficiali”, la Nunziatella seguì il destino di tante istituzioni dell’ex Regno delle Due Sicilie e con decreto di Vittorio Emanuele II di Savoia del 4 maggio 1861 fu declassata da accademia a scuola militare del Regio Esercito: tale operazione prevedeva che essa fosse destinata a preparare i giovani alla vita delle armi, in vista della loro ammissione all’Accademia di artiglieria e genio di Torino e alla Scuola di fanteria e cavalleria di Modena. Il nuovo ordinamento del ridenominato Collegio militare di Napoli fu sancito da un decreto del 6 aprile 1862 e prevedeva l’ammissione dei ragazzi tra i tredici e i sedici anni che avessero compiuto gli studi ginnasiali. Il numero complessivo degli allievi era fissato a un valore massimo di 250 unità[. Tra gli altri, il deputato Giuseppe Ricciardi nel 1861 lamentò in Parlamento tale atto, inserendolo in un più vasto scontento per l’abolizione di altre istituzioni culturali napoletane; e pochi anni più tardi, nel 1870, fu l’ex-allievo e professore Mariano d’Ayala a battersi nel Parlamento del Regno d’Italia contro la nuova minaccia di soppressione[. Nonostante ciò, la Nunziatella diede un notevolissimo contributo alla formazione dei quadri direttivi del Regio Esercito, tanto che i tre ex-allievi Enrico Cosenz (1882-1893)[Domenico Primerano (1893-1896) e Alberto Pollio (1908-1914) ne furono rispettivamente il primo, secondo e quarto capo di Stato maggiore. Bernardino Milon (1842-48) fu invece Ministro della guerra nel periodo 1880-81.

Un atteggiamento di diffidenza continuò ad esistere nei confronti dei quadri direttivi provenienti dall’ex-esercito delle Due Sicilie e della Nunziatella che solo dopo la I guerra mondiale iniziò a diminuire.

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