Alta Terra di Lavoro

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IL BRIGANTAGGIO LUCANO (IX)

Posted by on Giu 26, 2024

IL BRIGANTAGGIO LUCANO (IX)

La Cavalleria Mennuni e il brigantaggio nei dintorni di Genzano

Distaccatesi dal maggiore D’Errico, la cavalleria capitanata da Davide Mennuni, giunge in Forenza e saputo che i briganti si aggirano nei boschi di Lagopesole, decide di attaccarli. 

Lo scontro avviene in località “Quattro Frati”, una zona boscosa ubicata non molto distante dal castello. Riportiamo a riguardo la relazione redatta dal Mennuni per il Colonnello Domenico Asselta:

VITTORIO EMANUELE II RE D’ITALIA

COMANDO DELLA GUARDIA NAZIONALE A CAVALLO

Avigliano, 25 aprile 1861

Signor colonnello,

ieri l’altro con la cavalleria da me capitanata ed in unione del maggiore D’Errico, giungemmo in Rionero partiti da Melfi. Colà ci pervenne la notizia che l’orda dei briganti, transitando per le vicinanze di Atella, si era diretta verso il castello di Lagopesole. Ieri mattina verso le ore 16, dietro forte opposizione, finalmente mi fu permesso uscire dalla linea che guarda le falde del Vulture, che io sapeva stare bene fortificata, per percorrere quella che congiunge i paesi Venosa, Maschito, Forenza, Acerenza e Pietragalla nel doppio intento di non farla passare più innanzi, e di circondarli tra la detta linea e quella di Avigliano e delle falde del Vulture. Ieri sera verso le ore 24 si pervenne in Forenza, e stamane sul far del giorno sono uscito con la detta cavalleria percorrendo il Bosco Grande di detto paese, l’Arenare e poscia il Lagopesole. Quasi al termine dell’ultimo bosco esistono gli agghiacci vernili del principe Doria. Mi è caduto il sospetto che colà si fossero annidati i briganti. Mi sono diretto verso la parte del primo agghiaccio, ove mi sono imbattuto in una ventina di essi e già uno aveva impugnato il fucile per tirarmi, ma essendosi accorto che alla punta dell’arma eravi lo stoppaglio, gli è accinto a levarlo; io più desto di lui l’ho disteso a terra con una fucilata. A questo colpo si sono menati fuori e la cavalleria ha energicamente sostenuto un fuoco di circa due ore, ammazzando una trentina dell’orda senza ricevere i nostri alcuna offesa.

In questo mentre gli altri masnadieri che stavano accovacciati in altro agghiaccio discosto dal primo circa quaranta passi, si sono posti a fuggire profittando della contiguità del bosco, ove la cavalleria non poteva più avanzarsi, ma noi seguendoli coi cavalli fin dove era possibile, ne abbiamo altri massacrati.

Dopo l’attacco ho creduto far perquisire la pagliata ultima, e nell’avvicinarci, sono usciti altri due individui dell’orda stessa dei quali mentre uno cercava darsela a gambe è stato ucciso, ed un altro che in atto cercava commiserazione, dalla pronunzia si è riconosciuto essere piemontese, ma vestito con lungo soprabito alla paesana. Era quel desso che nell’attacco nelle vicinanze di Carbonara era stato fatto prigione.

Abbiamo guadagnato nove cavalli qualche fucile ed una sciabola. Ho creduto mio dovere parteciparvi tale lieta notizia, e mi attendo altre disposizioni.

Il Capitano: Davide Mennuni

Dopo lo scontro vengono perquisiti i “Iazzi Vernili” di proprietà del principe Doria e fittati al signor Vincenzo Scafarelli di Potenza dentro i quali si trovano molti sacchi di pane, alcuni cavalli, poche armi ed in un sacco si trova del sapone da barba, alcune monete antiche e qualche camicia. Subito dopo la colonna parte per Avigliano dove giunge accolta da calorose manifestazioni di giubilo da parte della popolazione.

Il medesimo giorno il Mennuni relaziona, nel modo indicato precedentemente, al colonnello Domenico Asselta.

Il pomeriggio del giorno 26 aprile la cavalleria lascia Avigliano per Potenza, dove viene accolta dai galantuomini del luogo che fanno cerchio attorno al Mennuni lo accompagnano al largo del palazzo municipale dove una folla festosa “con altissimo grido acclamò Maggiore il nostro Capitano”.

Il Mennuni entra, dunque, in Potenza venerdì pomeriggio del 26 aprile 1861; il direttore del “Corriere Lucano”, il giovane e brillante avvocato lavellese Saverio Favata descrive nel modo seguente l’ingresso in città:

“L’entusiastica ed onorevole accoglienza che questa città capoluogo faceva venerdì al capitano delle guardie nazionali a cavallo Signor Mennuni ed alla sua valorosa colonna è ben degna di rimarco. Verso le 5 pomeridiane saputosi che quei bravi nostri compatrioti muovevano a questa volta, subito parecchie centinaia di fanciulli (i quali definitivamente sono addiventati i più formidabili claqueurs dei politici avvenimenti) eran mosse all’incontro con gran popolo e la nostra benemerita fanfara che si va rendendo sempre più accettata e pel suo sentito italiano, e per la parte artistica. Sicché i fanciulli innanzi con ramoscelli di ulivo, e poscia la fanfara suonante una melodiosa e vivace polka, entravano settanta valorosi delle guardie nazionali di Genzano, Forenza, Palazzo, Lavello, tutti a cavallo, quasi tutti professori, proprietari e possidenti preceduti dal loro benemerito signor Mennuni che il giovedì aveva operato prodigi assaltando con pochi uomini l’orda dei briganti che muoveva a questa volta.

La strada per la quale passava rigurgitava di gente di ogni età, sesso e condizione. Gentiluomini e signore dai balconi agitavano fazzoletti e bandiere tra gli evviva all’Italia, a Vittorio e Garibaldi, plaudivano ai valorosi (e se non fosse la modestia che vi si oppone) vorremmo ben volentieri nominar due signorine che, gentili oltre misura, gettarono mazzolini di primolette e viole sul capo del signor Mennuni, che al certo non poco restò commosso dell’accoglienza, e commosso da tanta gentilezza. Il dì seguente poi, allo incanto furono venduti i nove cavalli che i briganti lasciarono nelle mani dei vincitori; e tra la pubblica gioia se ne faceva la ripartizione eguale tra tutti come bottino di guerra. Onore alle valorose nostre guardie nazionali, onore ed evviva ai loro uffiziali”.

Dopo questa operazione che ottiene positiva risonanza in tutta la regione, il Prefetto della provincia De Rolland e il generale Fabrizi, nell’agosto 1861, per porre freno alle scorribande che le bande brigantesche vanno determinando, invitano il Mennuni ad organizzare, su basi militari, una squadra di uomini a cavallo da lui scelti e comandati, per poter accorrere nei luoghi dove maggiormente il movimento di reazione infierisce.

Il Mennuni costituisce, quindi, uno squadrone di cento e più individui, abili tiratori e tutti a cavallo, ed ha numerosi scontri con le bande operanti nel melfese, così come nel resto della provincia.

Mentre il Mennuni, su invito dell’autorità civile e militare, organizza il suo squadrone di cavalleria scegliendo i militi oltre che in Genzano, anche nei paesi limitrofi ed ai quali è dato un compenso di 10 carlini al giorno, nel nostro paese continuano le manifestazioni patriottiche.

Il Corriere Lucano comunica ai lettori: “Ci scrivono da Genzano. Il giorno 7 si è qui festeggiato in una maniera splendida e lietissima l’anniversario dell’entrata di Garibaldi a Napoli. Spari, luminarie, musiche, limosine, frenetiche evviva in tutta la giornata a Garibaldi, all’Italia ed a Vittorio, e da ultimo un discorso applauditissimo pronunziato dal Signor Antonio Carcuro ricordarono che la memoria degli illustri fatti non debba essere mai obbliata”.

Procede, intanto, febbrilmente nella provincia la mobilizzazione della Guardia Nazionale; infatti, al 28 agosto 1861 le compagnie mobilizzate sono già 8 mentre quella a cavallo del Capitano Mennuni conta già 35 uomini.

Intanto nel Novembre del 1861 si unisce al Crocco, nel bosco di Lagopesole lo spagnolo Borjes arruolato dagli esuli borbonici ed inviato in Basilicata per tentare di sollevare le popolazioni contro il nuovo governo piemontese.

Sbarca in Calabria e, dovunque, è accolto come un malfattore; nonostante ciò riesce, con un abile quanto disagevole percorso, a raggiungere il bosco di Lagopesole, toccando anche Genzano. La presenza dello spagnolo Borjes nel nostro territorio non passa inosservata, infatti, il sindaco di Genzano, segnala nei seguenti termini l’avvenimento al governatore:

AL SIGNOR GOVERNATORE DI BASILICATA

Genzano, 20 ottobre 1861

Signore, Vengo informata da persona sicura che nella sera di ieri l’altro più di sessanta individui a piedi vestiti tutti quasi da galantuomini e con coppole in testa parlando un dialetto forestiere ma non distinto di quale nazione, e due vesti ti alla calabrese, i primi armati di fucili militari e i secondi di due colpi, sorpresero un individuo nel bosco di Banzi dal quale si fecero accompagnare per essere condotti alla contrada Cicerale, tenimento di Pietragalla se non errato, vicino Lagopesole, dicendo per istrada che non temevano della forza perché erano molti e bene armati, e portavano molta moneta. Nel cammino incontrarono una capanna di un forenzese di cui non si è saputo indicare il nome, dalla quale si presero certo pane, uno o due pecore ed un cappotto pagando bene il tutto, e poiché l’individuo di Banzi diceva non conoscere la strada che mena alla cennata contrada, così si fecero accompagnare anche dal forenzese che rinvennero colà.

Giunti nel precisato luogo trovarono tre persone che dissero appartenere alla compagnia di Crocco, e così il capo della masnada scrisse un biglietto ingiungendo a questi ultimi di andare a chiamare il detto Crocco, licenziando i due individui che seco loro avevano portato e così quello di Banzi essendo ritornato quest’oggi è venuto stasera a riferirmi tutto ciò.

A mio modo di vedere, avendo quei ribaldi parlato il dialetto forestiere, ed essendo uniti a quei due calabresi, credo che siano il residuo di quei spagnoli che sbarcarono in Calabria.

Ho creduto mio dovere riferire ciò alla autorità di Lei onde dia quelle disposizioni energiche che crederà nella di Lei alta intelligenza per distruggere questi perfidi che mantegono in agitazione questa povera Basilicata. Mi pregio infine prevenire che non ho potuto munire il presente di suggello essendo l’ora tardi.

Il Sindaco: Federico MENNUNI

Unendosi, dunque, allo spagnolo Borjes, Crocco invade il materano occupando Trivigno, Calciano, Garaguso, Craco ed Aliano. Qui, presso i torrente Sauro, affluente dell’Agri, sconfigge un battaglione di fanteria, bersaglieri e guardia mobile. Nel combattimento cade, ferito a morte, il capitano Icilio Pellizza di Parma, del sessantaduesimo fanteria al quale briganti staccano la testa dal busto.

Dopo tale rotta toccata agli infelici militi, la Cavallleria Nazionale è chiamata in questi luoghi ed unita alle colonne di bersaglier e di linea, impedisce la presa di Grottole, San Mauro, Cirigliano Gorgoglione, Accettura, Tricarico, Oppido e Genzano stesso “benché la brava gente di quest’ultimo paese adunata da proprietari, istruita nei veri principi di liberalismo, avrebbe senza il minimo soccorso saputo resistere ad ogni aggressione di briganti”.

Dopo Stigliano, i briganti invadono Vaglio e non potendo o volendo attaccare Potenza, ripiegano su Pietragalla dove vengono ripetutamente respinti dalla popolazione e dalla Guardia Nazionale del luogo al comando del maggiore De Bonis.

Si rifugiarono allora, dopo essersi divisi in piccoli gruppi, nel bosco di Lagopesole sperando poi di poter rientrare tranquillamente nei rispettivi paesi.Tali drappelli vengono attaccati e sconfitti dalla cavalleria Mennuni nei boschi di Tolve, Tricarico, Calciano e Garaguso e molti briganti, presi con le armi alla mano, vengono fucilati sia in questi paesi e sia in Grassano e Montepeloso (l’odierna Irsina).

Verso la fine del 1861 e fino alla primavera del 1862, la Cavalleria Nazionale rientra nel territorio di Genzano e si stanzia nel castello di Monteserico da dove effettua varie perlustrazioni nelle zone circostanti.

Perlustrando il territorio di Genzano e della vicina Puglia, il giorno 8 maggio 1862 la cavalleria Mennuni si spinge in territorio barese.

Dopo aver percorso, in mezza giornata lo spazio di ben quaranta miglia attraverso i pietrosi luoghi delle Murge baresi, la cavalleria intercetta ed attacca nel bosco o “Parcone” di Ruvo, un forte concentramento di briganti di Puglia e Basilicata al comando rispettivamente di Scazzacristo e Ninco Nanco. Il combattimento dura molte ore e con esito incerto fino alla fine.

Nel momento in cui i militi sono quasi accerchiati il Mennuni ordina l’attacco con le sciabole sguainate. Questa mossa disorienta i briganti i quali lasciano sul campo più di 30 morti e 22 cavalli.

Il consiglio comunale di Genzano, il giorno 15 giugno 1862, invia al Prefetto della provincia la deliberazione comunale con la quale si dichiara il Signor Davide Mennuni ed i militi della sua compagnia benemeriti cittadini.

Dal maggio 1862 all’agosto del 1864, la Cavalleria Nazionale divisa in due drappelli, svolge la funzione repressiva nel circondario di Potenza e in quello di Matera. Seguono le principali azioni effettuate in quel periodo.

8 maggio 1862:La guardia nazionale mobile a cavallo guidata dal Mennuni intercetta le bande Ninco Nanco e Scazzacristo presso Poggiorsini uccidendo sedici briganti.
luglio 1862:Nella zona del materano a un solo rumore delle sciabole sguainate, si presentano al Mennuni e al capitano Donasi del quattordicesimo, circa trenta briganti a cavallo.
agosto 1862:Un drappello di venti militi della cavalleria, unito al maggiore signor Gorini assale e mette in fuga un gruppo di briganti al comando di Cavalcante, sopra le alture di Caporino.
23 agosto 1862:E catturato da un drappello di militari della cavalleria, in unione con i Reali Carabinieri al comando del brigadiere Todeschini, il brigante Antonio Agatiello che è fucilato nei pressi della croce della villa comunale di Genzano.
fine ago. 1862:Venti militi della cavalleria attaccano sulle alture di Sant’Ilario, il capo brigante Coppa con trenta compagni. Fanno due prigionieri che sono subito passati per le armi.
22 sett. 1862:Un maggiore dei bersaglieri e Davide Mennuni con un grosso nerbo di bersaglieri, di fanteria e di guardie nazionali, appartenenti alla cavalleria Mennuni, di lancieri e di ungheresi designano di dare caccia ai briganti che si aggirano tra i boschi di Monticchio, Montesirico e Lagopesole, accerchiarli da punti diversi, inseguirli, stringerli e finirli; ma non riescono nell’intento, anzi vi muoiono tre militi per gli ostacoli delle siepi e per le boscaglie di Monticchio verso il lenimento di Calitri.
28 sett. 1862:La cavalleria Mennuni, unita alla sedicesima compagnia, attacca i briganti in vicinanza di Iscalonga presso Filiano; è catturato Giuseppe Papariello di Vietri che è fucilato al castello di Lagopesole.
fine sett. 1862:E’ ucciso in contrada Manche di Acerenza un brigante di Forenza ed un altro, nativo di Tolve, è ucciso nel bosco Frognato.
12 ottobre 1862:Vengono catturati dalla cavalleria Mennuni e dai militi della sedicesima compagnia i briganti Giuseppe Cugini di San Gregorio, Antonio Cavaliere di San Fele, Federico Di Bologna di Castelfranco e Giuseppe Scorribello di Ricigliano. Vengono tutti fucilati in Avigliano.
gennaio 1864:Muove da Potenza una compagnia scelta di guardie nazionali comandate dal maggiore Saverio De Bonis per dirigersi verso il Lavangone per sorprendere la banda di Ninco Nanco. Giunti in quella contrada si incontrarono con la compagnia a cavallo di Davide Mennuni ed insieme accerchiano quelle capanne di coloni in traccia di briganti. Ed ecco un giovine, quasi in camicia, sbuca dalla capanna ed a precipizio fugge verso le fratte di un burrone, ma il Mennuni sospettando di lui, l’insegue, e prima che quegli avesse trovato il desiderato scampo, lo fredda a colpi di rivoltella. A quei colpi una madre prorompe in pianto ed in grida strazianti di dolore: «Figlio mio – diceva – ti ho salvato per tanto tempo dalle unghie di Ninco Nanco per vederti ucciso, quando meno mel credeva». Difatti quella povera madre soleva far nascondere in un cassone il figlio quante volte temeva che si avvicinassero i briganti, ed in quel giorno trovandosi a letto, n’era fuggito, preso da non minore paura per le guardie del Mennuni, perché per quella gente, quasi selvaggia, ogni ombra di guardia era causa di paura e di esagerati sospetti.
20 Marzo 1864:Distruzione, nei pressi di Stigliano, delle bande riunite di Egidione, Canosa e Percoco ad opera di Carabinieri, truppe e cavalleria Mennuni.

Il deputato Giuseppe Massari, componente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Brigantaggio, nel corso del suo intervento alla Camera nella tornata segreta del 3,4,5 maggio 1863, fa riferimento alle squadriglie a cavallo organizzate nel meridione per combattere il brigantaggio, e dice:

«… ma discorrendo di questi corpi speciali non militari, una menzione particolare è dovuta alla cavalleria organizzata e capitanata da Davide Mennuni proprietario del comune di Genzano di Basilicata. Questa compagnia, forte di oltre cento uomini, venne formata nell’aprile del 1861 quando Crocco e i suoi compagni ponevano a sacco e a ruba il melfese e promuovevano dunque sanguinose reazioni.

All’udire di quei casi il Mennuni, che era capitano della Guardia Nazionale di Genzano, radunò senza indugio ventidue coraggiosi cittadini, i quali tutti a cavallo si offrivano volontariamente ad accorrere a combattere le orde dei masnadieri.

Tennero la loro parola egregiamente. Ciò determinò il municipio di Genzano, a deliberare la fondazione di un corpo speciale di cavalleria. Il prefetto De Rolland si affrettò sanzionare con la sua approvazione quella deliberazione, e da allora in poi il Mennuni ed i suoi non hanno cessato nè cessano di rendere utilissimi servizi contro il brigantaggio. Periti dei luoghi, coraggiosi, infaticabili, corrono su e giù pei monti e pei boschi e non danno tregua ai malviventi i quali li temono moltissimo. Davide Mennuni è uomo di modi semplici, modesto, pronto ad ogni sacrificio, commentandolo a voi, o signori, noi auguriamo alla patria molti cittadini che lo rassomiglino».

La Cavalleria Nazionale stanziata nella Basilicata orientale contribuisce, attraraverso la suddivisione in piccoli drappelli, all’annientamento del brigantaggio, fino all’agosto del 1864, anno in cui avviene il suo scioglimento, nel frattempo, Davide Mennuni è nominato Capitano dello Squadrone della Guardia Nazionale mobile a cavallo. La nomina con le relative funzioni di pubblica sicurezza viene conferita al Mennuni il 31 maggio 1863 e l’attività è svolta fino al 2 maggio 1865, anno in cui si dimette dall’incarico.

L’effettivo servizio prestato dal Mennuni è, però, computato fino al 26 dicembre 1864 poiché per alcuni periodi, causa una malattia, il servizio non è prestato. In tale periodo il Mennuni decide di lasciare spontaneamente l’incarico di capitano e presenta le proprie dimissioni.

Con lettera inviatagli dal comandante generale delle truppe in Basilicata, il Mennuni apprende che il Re ha accettato le dimissioni, mentre in Genzano le funzioni di Capitano di Guardia Nazionale vengono assunte dapprima da Vincenzo Polini e poi da Francesco Lomuti.

Amareggiato dalla scarsa considerazione che il governo mostra nei suoi riguardi che non tiene sufficientemente conto dei servizi resi, deluso da una vicenda legata alle sue spettanze economiche, come soprassoldo per l’attività svolta di pubblica sicurezza, richieste non completamente soddisfatte, avvilito da uno stato di salute divenuto alquanto precario, il Mennuni rientra nella sua famiglia dedicandosi ad essa e delegando il fratello Federico alla guida e all’amministrazione dell’immensa tenuta agricola.

Aggravandosi il male, il Mennuni rimane chiuso nel suo palazzo dove si spegne il 18 ottobre 1869, all’età di 45 anni.

L’attività svolta dalla Cavalleria Nazionale non si interrompe con le dimissioni date dal Mennuni; essa continua a svolgere le funzioni di lotta al brigantaggio fino al 1865, anno in cui il fenomeno di reazione è quasi completamente scomparso e la “pacificazione” ristabilita.

fonte

http://www.archeopolis.it/Pubblica/genzano/brigantaggio/index.htm?cavalleriamennuni.htm&2

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