Alta Terra di Lavoro

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IL BRIGANTAGGIO LUCANO (X)

Posted by on Giu 29, 2024

IL BRIGANTAGGIO LUCANO (X)

La Colonna del “Maggiore” D’Errico

La colonna D’Errico, sostanzialmente, non fa che seguire i briganti ed arriva sempre dopo che i vari paesi sono stati messi a ferro e fuoco evitando accuratamente lo scontro e la battaglia: così a Venosa, Rionero e Melfi metre Barile e Rapolla vengono osservate da lontano, in fiamme! Ma sentiamo come descrive quei fatti Filippo Pace, milite della Guardia Nazionale di Napoli che si trovava in quel periodo a Genzano e che, quindi, fece parte della “Colonna D’Errico”: 

«A Maschito si presentò il signor D’Errico alla testa di alcuni uomini a cavallo di Palazzo ed aveva il “bonet” di maggiore (berretto militare in stoffa che indicava il grado). Ciò produsse una forte dispiacenza in Davide Mennuni, ma l’ansiosa volontà del pubblico bene fece transigere quel generoso giovane sul rancore personale. Infatti Mennuni volentieri riconosceva Bochicchio per comandante, attribuendogli tutti i numeri di bontà e di prodezza, necessari per una spedizione contro i briganti, ma, non riconosceva queste qualità in D’Errico e gli negava il grado di maggiore che costui si attribuiva perché anche Davide Mennuni era stato creato maggiore da Garibaldi nel tempo dell’insurrezione, come lo era stato D’Errico da Camillo Boldoni e per ciò non intendeva nè per bravura nè per grado cedergli il comando, mentre il maggiore riconosciuto nel distretto era Francesco Bruno da Bella, di più il grado di capitano nazionale di Genzano era sostenuto da Mennuni ed il signor D’Errico non aveva alcun carattere in Palazzo.»

Si tenne allora un Consiglio dello Stato Maggiore di tutti i capi e quì, certamente fra aspre polemiche, si stabilì che Gabriele Bochicchio avrebbe comandata la fanteria, Davide Mennuni la cavalleria e il “Maggiore” D’Errico si riservava il comando della spedizione.

«Il giorno 17 fu imposto di partire alla Cavalleria. Quest’ordine produsse un’immensa gioia fra noi, e tutti credevamo che si andasse a combattere i briganti. Uscimmo da Venosa col Maggiore alla testa, ed incominciammo a percorrere le montagne … In una delle perlustrazioni incontrammo due giovinetti piangenti, i quali erano fuggiti all’incendio di Barile … ed imploravano l’aiuto nostro… A questi orrori si volea subito partire ma il Maggiore, dicendo che non eravamo molto forti, ci condusse su alcuni colli ove si scoprì Barile e Rapolla in fiamme e Rionero in lontananza. Poi ci fece spiegare la nostra Cavalleria in tutta la sua ampiezza sul ciglione della collina e dopo aver guardato col cannocchiale Barile incendiato ed averci trattenuto per una mezz’ora in quel modo, disse: “Certamente questa bella dimostrazione ha fruttato, mentre certo ci avranno veduti e si sono impauriti.” !!!

Questo fatto produsse un malcontento, ed allora incominciarono molte dicerie sul conto suo. Si diceva che egli era d’accordo coi briganti, che voleva vendicarsi della Provincia perché non era stato eletto a Deputato. Parole che erano dettate contro quel zelante cittadino dalla stanchezza, e dalla collera della lungheria dell’azione, e dall’ozio in cui forzatamente si vedean condannati a vivere gli uomini più distinti del paese! Ed infatti se noi fossimo andati ad incontrare i Briganti prima di farli entrare in Lavello non si sarebbero saccheggiati Lavello, Barile e Rapolla!

Il giorno 18, rimanendo una piccola guarnigione in Venosa, partimmo per Rionero. Giunti al villaggio Laginestra in poca distanza da Venosa, si scopriva Ripacandida a fronte, e vi si osservava la bandiera bianca. L’opinione di tutti era di assalirla prima di andare a Rionero, ma si disse che lo avrebbero fatto i Piemontesi. Noi dicevamo, e che ci siamo riuniti a fare? Basta; fummo obbligati ad ingoiare anche questa pillola, e giungemmo a Rionero ove fummo accolti con molta allegria, ed alle grida di viva i prodi Lucani, ma che avevamo fatto per meritar ciò? Eravamo stati nutriti ed alloggiati a spese dei comuni che avevamo occupato dopo i briganti ed inoltre avevamo avuta la costanza di essere pagati ogni giorno!…

In Rionero si seppe che vi era stato un combattimento fra una ottantina di militari e Guardia Nazionale di colà con i briganti e che costoro si erano ritirati in Barile donde non si era potuto snidarli per essere la notte inoltrata, ma molti di essi erano rimasti uccisi. Noi non avevamo altro a fare che invidiare la sorte di quei valorosi che avean combattuto, e tacere per amore della pace, mentre di alcuni si proponeva d’inviare con una palla il Maggiore a dirigere le spedizioni dell’altro mondo…

Durammo in Melfi fino al giorno 23. Colà le mormorazioni di ricever la paga a carico del Comune senza molto operare, ed in danno dei propri interessi, giunsero al colmo. E massimamente quando si intese che il signor Maggiore avea detto che essendosi i briganti gettati nella provincia di Avellino, dopo aver devastato Monteverde e Carbonara, era compito il nostro obbligo perchè li avevamo scacciati dalla nostra Provincia!

Finalmente dopo 11 giorni di totale inattività, che avevamo per dura necessità fatto codazzo alla vanità del maggiore del Sant’Ufficio, staccatasi dalle cavallerie di Corato, Spinazzola, Andria, Minervino e Terlizzi, la colonna partì alla volta di Rionero dove si seppe che i briganti, sconfitti nell’avellinese, avevano occupato il territorio di Lagopesole.»

Il Mennuni decide allora di fissare il proprio quartiere militare in Forenza allo scopo di poter intervenire con più facilità nei luoghi dove il bisogno lo avesse richiesto.

fonte

http://www.archeopolis.it/Pubblica/genzano/brigantaggio/index.htm?colonnaDerrico.htm&2

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