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Il BRIGANTAGGIO,Francesco II, Franchini, Pietrarsa, la situazione e la questione meridionale, Mafia Gabelle e Gabellotti (II)

Posted by on Giu 21, 2021

Il BRIGANTAGGIO,Francesco II, Franchini, Pietrarsa, la situazione e la questione meridionale, Mafia Gabelle e Gabellotti (II)

L’espugnazione di Gaeta decreta, se ce ne fosse ancora bisogno, la fine dei Borboni. Il nuovo status nazionale sta mettendo a nudo un’infinità di problemi: primo fra tutti la presenza di un nuovo stato e quindi di un nuovo ordine, politico ed economico, al sud.

Lo stato nazionale fatto di leggi, di diritti ma anche di doveri era per i più incomprensibile.  Il clero ricco istigava nei poveri il concetto che lo stato fosse anticlericale (e lo aveva già ampiamente dimostrato), perché voleva la fine del papato e dei benefici della chiesa.  Nel mezzogiorno e nelle isole le condizioni di vita, il livello dell’educazione e quello del reddito sono molto bassi, specialmente nelle zone interne scarsamente collegate. Ecco dunque un terreno ideale per la leggenda del fuorilegge, il brigante, il Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri.  Le bande che si costituiscono sono composte in parte da ex soldati borbonici, delinquenti evasi o liberati, e anche da poveri braccianti. Insieme formano bande di varie decine di persone, a volte  migliaia, che assaltano e occupano città e comuni. In mancanza di comunicazioni, di un progetto e di una strategia “unitaria” la loro esistenza è a tempo. Francesco II e la moglie Sofia, scappati a Roma, fanno la loro parte con denaro e rifugio per chi varca i confini del papato. Di fronte al ramificarsi del fenomeno, il governo prende adeguate misure, già all’indomani dell’entrata a Napoli di Garibaldi. Lo stesso Garibaldi vi era già stato costretto. Erano giunte notizie di bande che operavano nell’Abruzzo, poi in Calabria, ed infine nelle isole. Ventiquattro dei trentasei battaglioni bersaglieri a disposizione vengono dislocati nel Sud. Famosi capibanda furono Crocco, Nanco, il Generale spagnolo Borjes; ecco poi un marchese di Namur, Alberto de Trezegnes agli ordini del brigante Schiavone; Giacomo Giorgi nell’avellinese, i fratelli La Gala evasi da Nisida che si mangiarono un contadino chiacchierone, Tamburini nel Chietino, i fratelli Pomponio, il Tiburzi in Maremma e Musolino nell’impenetrabile Sila.http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Esercito-LeggePica.htm#lotta  

Giornale “L’Operaio” di Napoli (1861) – Fasti brigantesco-papalini
Scrivono da Roma, 7 dicembre 1861 alla Nazione:
Il comando e la polizia francese in Roma non solo non reprime, ma si può anche dire che favorisce il brigantaggio. Prima di tutto non si capisce come il Governo di Francia permette l’opera impunita dei comitati legittimisti di Marsiglia e di Parigi, i quali forniscono alimento al brigantaggio, in uomini, armi o denaro. In seguito posso darvi assicurazione dei seguenti fatti. È stato dato il cambio alle guarnigioni francesi del Frosinonese: nuovi mandati ebbero un’allocuzione del generale De Goyon nella quale disse di non ispiegare soverchio zelo contro i così detti briganti, perché niuna ricompensa od onorificenza si dovevano aspettare, e non era cosa che riguardava la Francia. I briganti arrestati all’osteria di Alatri sono stati tutti rimessi in libertà, e a piccole squadre son tutti ripartiti per gli antichi covili, rivestiti, pagati a 4 paoli il giorno, e con regolare foglio di via pontificio. L’amministrazione delle strade ferrate si presta anch’essa a quest’opera buona, arruolando come lavoranti questa canaglia, radunandoli poi tutti in certo dato tempo a Ceprano, o in altro punto di confine dove poi al passaggio di Chiavone si trovano belli e uniti, e vanno con esso. Cosi appunto fecero 200 di costoro per la spedizione d’Isoletto e San Giovanni in Carico. Il campo Chiavone sta ora nella provincia di Marittima, e da Fossanuova (abbazia) si vedeno i suoi fuochi e le sue tende: i Francesi li vedeno e li lasciano stare. Quattro pezzi da montagna furono condotti nel convento di Scifelli: ne fu dato avviso al comando francese di Veroli, ma questi rifiutossi ostinatamente a far perquisire il convento, e i quattro pezzi vi stanno ancora sicuramente a disposizione del brigantaggio. È falso falsissimo che i Francesi siensi mai affrontati coi briganti, tranne quella spedizione del tenente Antonmarchi, fatta appunto a Scifelli, dove i briganti trassero sui Francesi, e i Francesi risposero e li fugarono. Infine, lo scorso lunedì Chiavone era in Roma, e doveva alla sera alle ore 5 e mezzo pomeridiane avere una conferenza con parecchi capi-squadra di briganti, alla “locanda del sole” sulla piazza della Rotonda, nel centro della città. La polizia francese ne fu avvertita, ma Chiavone conferì sicuramente coi suddetti, concorsi in numero di trenta circa, e solo la seguente mattina, quasi a dileggio, si presentarono alcuni birri papali a domandare se v’era Chiavone. Questa, e non altra, è la cooperazione francese alla repressione del brigantaggio. Vi dissi già che quel Ferdinando Ricci, capo brigante, arrestato dai Francesi, è stato dimesso dal consiglio di guerra; qualche persona, che può essere al caso di saperlo positivamente, mi assicura che i giudici di detto consiglio furono il giorno innanzi, invitati a pranzo da Francesco II (abitava in Roma), e vi andarono. Ne meno sfacciata è la cooperazione del Governo papale in promuovere e fornire il brigantaggio: vi rammentate di quei sessanta briganti arrestati pro forma verso Palombara dai gendarmi papali, e custoditi poi nella stessa caserma dei gendarmi? Or bene, lo stesso giorno del loro arrivo, due uffiziali di gendarmeria si portarono in carrozza chiusa al magazzino d’abbigliamento militare a San Giacomo, e l’ho da persona che li vide cogli occhi propri, là caricarono una quantità di vecchie uniformi e pantaloni, e i briganti cosi rivestiti furono rimandati ad ingrossare la banda di Chiavone: parecchi di costoro colla detta uniforme si trovarono, e furono uccisi a San Giovanni in Carico. Se poi volete sapere come dal Governo papale si alimenti il brigantaggio estero, ecco qual’è la trafila. Il Comitato legittimista di Marsiglia, che fa capo al signor Anatolio Lemercier, finge di arruolare dei Belgi e dei Francesi pel servizio della Santa Sede: a tal fine dà loro una carta con un bollo analogo. Gli arruolati vengono sui postali francesi a Civitavecchia, donde il monsignor Delegato li spedisce colla ferrovia a Roma. Qui vengono subito presi in consegna dal signor Luzzi segretario particolare di De Merode, i quali hanno la posizione segreta e sono esclusivamente incaricati del servizio militare borbonico. Sopra un semplice ordine di De Merode, vengono forniti dal magazzino militare le vesti, gli armamenti, le cariche, senza sapere a chi, e mettendo solo come documento l’ordine suddetto. I signori Lepri e Luzzi passano immediatamente i detti arruolati nei ruoli borbonici: li fanno dormire alla spicciolata nei quartieri dei battaglioni esteri presso S. Maria Maggiore, e fanno ad essi somministrare il vitto dalla taverna di un certo Rufinoni, presso la detta basilica, in uno stanzone appartato dietro la cucina, ove non entra alcuno. Dopo qualche giorno i detti arruolati o vengono spediti ai confini per Chiavone, o vengono rimandati a Civitavecchia, dove il console napoletano signor Galera tiene in pronto i posti nei vapori postali francesi, e mediante questi li manda a Napoli, se possono andare senza sospetto o più ordinariamente a Malta, Cosi si è formata la banda Boriès e Langlois che ora va desolando la Basilicata. Del resto è continuo l’andirivieni dei legittimisti di tutte le specie. Lo scorso martedì uno di costoro, che si dice gran signore si portò al conte di Trapani e gl’insinuò d’indurre Francesco Il a fare due proclami, uno agli operai, uno alla nobiltà di Francia. Con questo detto il signore sperava far gran concorso nelle file reazionarie ed assicurava più volte che il terreno era stato ben preparato all’uopo. (lbidem; 22 dicembre 1861, n° 7)

fonte

https://digilander.libero.it/fiammecremisi/briganti.htm

1 Comment

  1. Si parla nell’articolo di uno stato nazionale come se lo stravolgimento di un Regno e le sue conseguenze fossero una cosa ovvia…una fonte ovviamente di parte ed estranea ai fatti tragici che sconvolsero un Regno con la prospettiva di scardinarne un altro vicino… E’ la visione superficiale diffusa a posteriori, forse per giustificare le tragiche leggi che furono messe in atto dal nuovo “stato nazionale” appunto, inventato dopo il caos che si era prodotto, ed e’ diventato lo stato di oggi!.. poveri noi! caterina ossi

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