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Il commercio dell’avorio nel regno delle due Sicilie

Posted by on Ago 13, 2024

Il commercio dell’avorio nel regno delle due Sicilie

Il commercio dell’avorio nel regno delle due Sicilie e l’esplorazione di un viaggiatore siciliano nel cuore dell’Africa.

Nella Sicilia durante il governo del Borbone la ricerca di forme di sviluppo commerciale alternativo, garantito da un complesso impalcato industriale, permetteva di intraprendere iniziative rivolte a implementare la disponibilità di merci pregiate circolanti nel regno. Le occasioni prodotte dagli scambi mercantili in una piazza come Messina, facilitava l’incontro fra la domanda e l’offerta in grado di garantire laudi guadagni. La Sicilia in quel dato momento storico, offriva grande disponibilità: di minerali come lo zolfo e il carbone, manifatture tessili di vario genere merceologico, di materie prime nel campo alimentare di ottima qualità, importando per i suoi fabbisogni spezie, droghe, cereali e sommamente merci mancanti nel suo territorio di riferimento. Accadeva allo stesso modo che a cavallo fra il 1851 e il 1856 il mercato internazionale, si apriva alla richiesta di una merce particolarmente pregiata e rara, l’avorio. Il traffico per incettare il dente di elefante, trovava immediate disponibilità nel continente africano. Fu proprio la corsa all’accaparramento di questo prodotto animale a spingere alcuni mercanti inglesi e italiani, a gareggiare per costruire delle agenzie commerciali in quel paese equatoriale. I siciliani ad esempio, da molto tempo avevano nel cuore dell’Africa, sviluppato un percorso di traffico mercantile, prevedendo delle basi portuali sulla costa del Sudan prospiciente il mar Rosso, i flussi principali verso il porto di Suakin, per incamminarsi verso Khartum la piazza principale di quel regno. I traffici sudanesi prendendo a risalire il mar Rosso puntavano a raggiungere prima dell’apertura del Canale di Suez, la penisola del Sinai dirigendosi verso il porto mediterraneo di Giaffa, e da quella costa indirizzandosi verso il porto franco di Messina, cuore dei maggiori traffici provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa orientale si aprivano i maggiori traffici all’Europa.(nota Francesco Grispigni e Luigi Travellini, Annuario scientifico ed industriale. Anno nono. Editori della biblioteca utile F.lli Treves. Milano 1872 pp. 838-39. Il signor Schweinfurth voleva condurre uno di questi nani in Europa; ma l’Akka ch’egli aveva scelto morì in Nubia durante il viaggio di ritorno. Ritornato al seriba di Ghattas, il signor Schweinfurth impiegò parecchi mesi in diverse escursioni nei territo rii circonvicini. Un deplorevole accidente distrusse in quell’epoca, a cagione dell’incendio del seriba, una parte considerevole delle collezioni del viaggiatore. Bisognava allora pensare al ritorno; ma il signor Schweinfurth utilizzò assai bene i sei mesi ch’egli passò ancora nel bacino del Bahr-el-Ghazal. Si spinse all’ovest nel paese dei Kredj, e in quattro giornate di cammino, oltrepassò il punto più occidentale cui era precedentemente arrivato il signor di Heuglin. I Kredj, i Golo ed i Sere furono ridotti dalla tratta degli schiavi in uno stato deplorevolissimo. L’otto giugno 1871, il dottor Schweinfurth s’imbarcava in un canotto per discendere il Nilo. Il 27 luglio giungeva a Khartum; il 26 settembre partiva da Suakin; e il 2 novembre arrivava a Messina, rivedendo così il suolo europeo dopo un’assenza di tre anni e quattro mesi.) Il flusso mercantile sviluppato in quel corridoio marittimo aveva visto gli albori di quella presenza siciliana già a partire dal XV secolo; e in vari momenti successivi, fatte salve le precarie condizioni politiche di quell’area geografica, dai mille riverberi di movimenti insurrezionali fra le molteplici comunità presenti nei vasti territori, ebbero a mantenere attivo quel corridoio per buona parte del XVII secolo, incrementando i propri affari durante il settecento. Numerose cronache confermano questa particolare attitudine di intraprendenti avventurieri siciliani a sperimentare il commercio con i regni centro africani, trovandosi in relativo vantaggio rispetto agli inglesi, pronti a sperimentare ogni occasione di guadagno possibile, adesso che potevano raggiungere gli stessi territori ricchi di avorio praticando il transito merceologico passante dal Cairo capitale dell’Egitto, o penetrare dai territori dell’alto Riff nell’attuale Marocco, discendendo dal versante atlantico il continente nero. La via più comoda, senza dubbio quella che attraversava le coste sudanesi del mar Rosso, favoriva un rapido accesso al Mediterraneo abbassando i costi di navigazione. Ufficialmente il commercio dell’avorio in Sudan fu aperto dal 1853 dall’ingegnere minerario gallese John Peterick, ingaggiato per esplorare il sottosuolo dell’Egitto al tempo del Pashà Khedive Mehemet Ali, avendo anche giurisdizione nei territori del Sudan settentrionale.(nota Massimo Giacometti, Gli Azende Storia e istituzioni politiche. Editoriale Jaca Book Milano 1976, versione italiana di un volume di E. E. Evans- Pritchard, originariamente intitolato: The Azende History and Political Institution – Il regno di Gbudwe I. p. 335, Fu un gallese, John Petherick, il primo ad aprire la porta attraverso la quale in seguito mascalzoni di ogni specie provenienti dal Sudan settentrionale sarebbero entrati nella regione del Bahr al-Ghazal spargendo ovunque miseria e desolazione. Schweinfurth ci dice che il primo battello che entrò nel Bahar al-Ghazal fu quello di un mercante di Khartoum di nome Habeschi nell’anno 1851 e che Petherick lo seguì a due anni di distanza.) Successivamente il pavido gallese si diede a commercializzare gomma arabica e nel 1854 raggiunse per i suoi affari il grande mercato di Khartum, venendo a conoscenza della nuova merce, l’avorio che permetteva grossa resa commerciale. Sulla stessa piazza, da alcuni anni, si ritrovava un piccolo nucleo di faccendieri italiani originari del regno degli Stati Sardi e del regno delle due Sicilie. Tutti intenti a raccogliere quanto più possibile avorio, e nel 1855 si costituirono in compagnia commerciale aprendo di fatto, il transito di grosso quantitativo di materia prima verso Messina (piazza mercantile dalla quale fin dal 1728 si concentrava una discreta fornitura d’avorio, che fruttava alla dogana fra dazio diretto e indiretto 8 onze, 6 tarì e 6 grani il cantaro), e da qui, i prodotti sudanesi viaggiavano verso l’Europa.(nota Nicola Ansaldo, Istruzioni e nuovo regolamento dello scalo, e porto franco di questa nobile, fedelissima, ed esemplare città di Messina. Impr. nel reg. stab. di D. Michele Chiaromonte e e Antonino Provenzano. Messina 1728 Tariffe – Dalle mercedi che potranno esigere li facchini del Lazaretto, e Porto Franco dai negozianti, e trafficanti sopra le loro mercanzie nel Lazaretto. p. 8. Nell’immissione e Lazzaretto, Dente d’elefante il cantaro 7 onze, 4 tarì e 10 grani. Nell’estrazione per regno 13 tarì e 10 grani. ) La vera impresa però, che acconsentiva a un intraprendente siciliano di nome Filippo Terranova, originario di Sommatino, centro del distretto di Caltanissetta aveva del prodigioso, per quell’impresa d’esplorazione geografica, entrando immediatamente nelle cronache delle maggiori enciclopedie dell’epoca, riuscendo a navigare primo fra gli europei, uno sconosciuto affluente di destra del Nilo Bianco, dalle tribù nere del posto chiamato Sobat. Filippo Terranova non fu un viaggiatore ritrovatosi per caso in centro Africa, anzi, tutt’altro; proveniente di una facoltosa famiglia fin dal 1836 al seguito del padre Antonio Terranova e dello zio medico, Paolo Terranova, presero a dimorare in Egitto presso il Cairo. La figura di questo giovanotto nisseno non fu secondaria per il regno delle due Sicilie, ritrovatosi in alcune occasioni a fungere da consulente e interprete in questioni commerciali e addirittura legali, che coinvolsero questo siciliano a formulare un carteggio per dirimere una controversia, scoppiata fra il consolato austriaco e il governo egiziano. (nota Theobaldo Filesi, The public archives of campania with special reference to the archive of state in Naples. Publ. Brill. Leiden 1973. Raccolta 1922. Giovanni Iannettone, p. 101 fascio 2369 – Alessandria d’Egitto, regio console, diversi. Anno 1860: carteggio Giuseppe Antonio Montemuro e Filippo Terranova per omicidio Diodato Cristofoli, austriaco, e vertenza consoli napoletano e austriaco.)

L’impresa che più di tutte lo ricorda fra i grandi esploratori delle due Sicilie e fra gli europei, fu la sua esplorazione del Sudan settentrionale risalendo l’oscuro letto del fiume Sobat. Dal contenuto di una lettera spedita da Filippo Terranova quando era stanziale sul fiume Agiubbas allo zio Giuseppe rimasto in Sicilia, è stata segnalata e pubblicata nel periodico in lingua francese Nouvelles Annales des Voyages edito nel 1859, la risalita del Sobat per la prima volta compiuta da un europeo.(nota Bulletin de la Société de Géographie d’Égypte, Volume 20 Paris 1939. Phil. Terranova, Relation d’un voyage au Fleuve Blanc; in Nouvelles Annales des voyages, T. IV, 1859, pp. 5-53) Menzione recuperata persino dal periodico francese Tour du monde 1860 contenente un breve estratto di questo viaggio.(nota Bulletin de la Société de Géographie d’Égypte, Volume 20 Paris 1939 p. 360, nota 2, Andrea De Bono, Fragment d’un voyage au Sobat; in Tour du Monde, Paris 1860, Vol. II, pp. 348-352.) La missiva raccontava gli stenti e i rischi che trovò in quella lunghissima navigazione; dando un’idea assai precisa dei luoghi e dei costumi delle tribù presenti in quelle regioni interne. Dal primo tratto della risalita, la foce di quel fiume, dove insisteva una stazione egiziana ebbe inizio nel gennaio del 1854 quella esplorazione. Per mesi interi fu costretto a lottare ora d’astuzia, ora con doni oppure con minacce, facendo incetta in vari luoghi di quel bacino di denti di elefante, nelle regioni poste a sud-ovest dell’Abissinia fra il 5° e il 10° grado, dove vi costituì una stazione commerciale. La sua impresa pubblicata nello Spectateur Egyptien. fu seguita da una nuova esplorazione ancora più dinamica, dopo essere entrato in società con il maltese Andrea De Bono, anch’egli già attivo in questi territori da qualche anno.(nota Pietro Amat di San Filippo, Bibliografia dei viaggiatori italiani: ordinata cronologicamente ed illustrata. Coi Tipi del Salviucci, Roma 1874 p. 100, Filippo Terranova, siciliano – Viaggio lungo il Sobat inserito nello Spectateur Egyptien, giornale d’Alessandria d’Egitto.) L’avventuriero maltese, partito da Khartoum il 23 dicembre 1854 con una dahabia ed un sandal, forte di sessantasette persone, rimontò il Nilo coll’intenzione di tentar fortuna risalendo il Sobat, e il 3 gennaio del 1855 raggiunse la stazione fondata l’anno prima da Terranova.(nota Gaetano Branca, Storia dei viaggiatori italiani. G. B. Paravia e comp., Roma1873 p. 392, Lasciato Chartum il 23 dicembre 1854 con una dahabia ed un sandal equipaggiati da sessantasette persone, rimontò il Nilo coll’intenzione di tentar fortuna risalendo il Sobat, suo affluente di destra ed ancora ignoto. Il 1 gennaio del 1855 entrò nel Sobat e due giorni dopo raggiunse la stazione fondata l’anno antecedente. De Bono vi trovò il suo agente Terranova.) Dopo altri 24 giorni di difficile navigazione, quella comitiva in cui si era associato il siciliano, giunse in una biforcazione fluviale che demarcava l’inizio delle terre delle tribù Gebba, e il territorio delle tribù Bongiak ricco di savane e pozze d’acqua frequentatissimi da branchi di pachiderma, il vero obiettivo della spedizione. Risalendo l’affluente che bagnava le terree dei pacifici Bongiak, dopo ulteriori nove giorni di difficilissimo transito fluviale, giunsero presso i recinti del re di quella nazione, ove Filippo Terranova fu indirizzato come ambasciatore della comitiva in cerca d’avorio. Ricevuto da quel sovrano con tutti gli onori, gli fu affidata un’area di sosta dove poter fare bivacco, e da quella sede, fondare il ricettacolo per una nuova stazione commerciale, dalla grandissime capacità di raccogliere dente di elefante.

Alessandro Fumia

Contenuto librario, estratto da Messina la capitale dimenticata.

Picture estract from book:

Sir Richard Francis Burton, The Lake Regions of Central Africa, A Picture of Exploration. Harper 1860. Tavola d’epoca.

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