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Il commercio di Messina in Oriente nel Medioevo

Posted by on Set 17, 2024

Il commercio di Messina in Oriente nel Medioevo

Sotto le insegne del sovrano svevo Federico II, Messina divenne un porto formidabile, e i suoi cittadini furono considerati un popolo di navigatori. Prima ancora che il celebre Marco Polo si muovesse dalla sua Venezia per dirigersi verso le steppe della Mongolia scambiate per territorio cinese, dai moderni affabulatori italici, i mercanti della Città dello Stretto, avevano stretto rapporti solidissimi con alcuni principi del Levante.

Ambasciatori messinesi incontrarono il 7 ottobre 1239 gli ambasciatori di Scheffino II, soldano di Babilonia per offrire una strada maestra alle loro necessità mercantili permettendo di praticare le tratte controllate da questi siciliani nella Piccola Armenia, e da quella regione discendere presso le coste turche dell’Egeo diretti a Messina, dove avrebbero trovato gente accogliente e una città amica. Accordi intrapresi da questo signore asiatico, successivi a quelli intervenuti lo stesso anno, nella primavera precedente quando una delegazione di mercanti messinesi raggiunsero il palazzo del califfo di Bagdad; e questo signore sancirà per il commercio della seta siciliana, importanti accordi di mercatura, chiedendo ed ottenendo che si aprisse un consolato di Bagdad a Messina. A questo trattato aderì anche il soldano di Damasco, importante snodo sulla via della seta cinese, che incanalava la corrente commerciale di questa piazza marittima siciliana al suo territorio. In poche parole, agli inizia del duecento Messina ebbe a sottoscrivere con i principi di Damasco, Bagdad, e Baabilonia, un fantastico accordo per far girare le merci messinesi in quei paesi, crocevie della seta cinese, posizionandosi sulle estreme diramazioni che dall’Estremo Oriente giungevano in quelle province islamiche, tenendo buoni rapporti di amicizia e di commercio con quelle piazze. Tant’è vero, che lo storico pisano Pegolotti, già a partire dal Trecento, confermava questi rapporti rilanciando la presenza di mercanti messinesi in Persia, in Gedrosia e nella Gangaride oggi, Packistan, Afganistan, e Kashmir indiana. Nelle piazze dell’antica Theeran si conoscevano i pesi, e le unità di cambio di Messina, per favorire il calcolo con valute orientali e relativi pesi. Sicchè, prima ancora che i veneziani si inoltrassero in Asia via terra, Messina attraverso questi accordi ufficiali di mercatura, posizionando dei consolati in quelle città, favoriva la diffusione delle merci del regno di Sicilia in giro per l’Asia. Le vie marittime nell’Oceano Indiano furono praticate e raggiunte da navigatori messinese-amalfitane già al tempo di re Guglielmo II il normanno; quando dopo raggiunti i porti mediterraneo di Giaffa e di Alessandretta, smontavano le loro fuste, e via terra le portavano presso la penisola del Sinai, sui porti del Mar Rosso. E da quel lido navigando quel mare raggiungere il porto di Aden, sulla penisola Arabica, e poi, da quel porto si spinsero fino alla regione dell’India continentale di Madras, intersecando le Maldive. Altresì Messina possedeva delle basi commerciali in Famagosta, a Pera sul Bosforo, presso l’isola di Schio dove insieme ai genovesi controllavano un castello, in Alessandria d’Egitto insieme a mercanti Amalfitani, e a Tunisi tenevano una ulteriore presenza per acconsentire il transito delle merci sudanesi del porto di Suakin, e della provincia di Enarya. Il commercio in Levante da parte dei mercanti di Messina fu praticato molto tempo prima, che si muovessero i mercanti italici delle repubbliche di Venezia e di Genova. Ma questo non si deve ricordare, c’è il rischio che la nostra storia messinese faccia ombra a quelle regioni oggi in Italia dominanti. Questo non è uno scherzo demagogico. La storia italiana ha scientemente nascosto ai terroni le loro glorie; è giunto il momento di far pesare all’Italia questo grido di giustizia.

Alessandro Fumia

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