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Il “Diavoletto Indipendente” (XII)

Posted by on Nov 3, 2024

Il “Diavoletto Indipendente” (XII)

Il Diavoletto, Anno XIII, N. 164, 15 luglio 1860 Ultime notizie

Napoleone III fa avvertire l’Europa col mezzo dell’organo semiufficiale del signor Grandguillot
ch’esso non pensa ad ingrandimenti di sorte. Per chi ci crede, il Constitutionnel canta alto e basso e
su tutti i tuoni che la Francia non vuole allargare i suoi confini. Le proteste del giornale di Parigi
fanno l’effetto contrario, almeno sopra di noi; quando Napoleone ha detto o fatto dire al mondo che
non armava, era proprio allora che venivano fusi quei tali cannoni rigati che servirono in Crimea ed in Lombardia; quando Napoleone disse che la guerra voleva farla per l’Idea fu allora che il contratto di Nizza e Savoia era bell’e segnato. Ora vedremo su che cosa ha messo l’ occhio Napoleone III;…… forse in Oriente?


Inghilterra e Francia hanno dichiarato, così il dispaccio di Borsa di ieri sera, che non intendono
intervenire in Oriente; ma anche questo non intervento è condizionato; toccherà alla Turchia a
salvarsi da sè stessa da un tale intervento – intanto e Francia e Inghilterra sembrano intese
sull’argomento… e se le cose non cammineranno a senso dei loro intendimenti, si farà uno sbarco
nella Siria; – e la Russia? – e l’Austria? e la Prussia? – che diranno queste potenze segnatarie esse
pure del trattato di Parigi?
Ma lasciamo l’Oriente e la sua questione che molti credono prematura, e veniamo a noi, all’Italia.
L’Independance comincia la sua rivista essa pure col Constitutionnel. Questo giornale, essa scrive,
ha pubblicato ieri (11) un curioso articolo sulle cose d’Italia, nel quale dichiara che l’Europa dopo
essersi interessata per gli affari della penisola, ora ne è stanca; che il re di Napoli risuscitando senza
restrizione la costituzione del 48 è andato troppo innanzi; (povero Francesco II, da retrogrado è
diventato demagogo) che se egli è imbarazzato, lo è altrettanto Garibaldi; che la Sicilia non vuole
annessione al Piemonte; che nessuno insomma è contento, e che per conseguenza è giunto il
momento di ritornare al progetto di Confederazione, sottoposto nell’esordire della questione italiana,
alla meditazione degli uomini serii; e di stabilire questa Confederazione cogli elementi attualmente
esistenti: cioè; Italia superiore, Roma (ma Roma sola?) Napoli e la Sicilia. Il Papa darebbe riforme.
Alle sentenze del Constitutionnel, l’Indépendance fa, già s’intende, le sue obbiezioni; e parlando di
Francesco Il essa non ha niente a lodarsene, ed in perfetta disarmonia col Constitutionnel stesso,
crede che il re di Napoli non vada avanti abbastanza; prevede che il paese si dividerà e dal re e dai
ministri, pronunciandosi nel senso di una rottura colla dinastia.
E ci vorrà poco, tanto siamo innanzi per questa strada.
Quasi tutti i giornali francesi sono d’accordo (e come non potrebbero esserlo se sono diretti da una
sola volontà ?) nel sostenere la Confederazione Italiana, e nello spingere Pio IX alle riforme; la
Patrie ha un lungo articolo sugli Stati Romani; essa crede che le riforme sarebbero salutate con
gioia dall’Europa, poichè rannodando tutti gli italiani riconcilierebbero nello stesso tempo tutti i
cattolici; vede in esse il salvamento del Sommo Pontefice, il quale seguendo i consigli della Francia
ripacificherebbe l’Italia.
Alla Nuova Gazzetta Prussiana si scrive da Parigi che il gabinetto di Pietroburgo si è espresso in
modo molto favorevole circa l’intervento francese a vantaggio dei cristiani nella Siria; e si crede che
la Francia sia in istrette trattative colla Russia per un intervento in altri punti della Turchia.
L’interesse che desta la quistione orientale non pregiudica la italiana; l’ambasciatore francese a
Torino avrebbe dato ripetute ammonizioni al conte Cavour, onde esso se la intenda colla corte dei
Borboni di Napoli.
Se riesce a Francesco II di stornare il nembo che gli sovrasta, non si lascierà molto aspettare un
movimento nella Toscana in senso dell’autonomia.
Leggiamo nella Patrie intorno alla futura alleanza fra il re Vittorio Emanuele e il re di Napoli
quanto segue:
“Le ultime notizie di Napoli ci assicurano che un corriere, latore di dispacci importantissimi diretti
al conte Canofari, era partito per Torino la sera del 10 luglio. Si afferma che questi dispacci
contengano le proposte dirette al Gabinetto di Torino, il quale cedendo ai consigli della Francia, Russia, Prussia ed Inghilterra avrebbe ammesso in massima la trattazione dell’alleanza. Si crede che il commendatore de Martino, la cui presenza era indispensabile in questi momenti a Napoli, si recherebbe più tardi a Torino per assistere il comm. Canofari quando le trattative saranno abbastanza inoltrate. La città di Napoli era tranquilla, e l’appoggio che la diplomazia presta al ministero liberale lo aiuta a tener testa alle difficoltà della situazione”.
Secondo altri giornali partirebbe in missione per Torino il commendatore Manna.
Il Diavoletto,Anno XIII, N. 166, 16 luglio 1860 Rivista di Politica.
Trieste 17 luglio.
A Torino si aspetta non una sola ambascieria, ma due, la napoletana e la romana.
Della prima ne sono pieni i giornali; chi la vuol partita e chi no; e altri anzi ne mettono in dubbio fin
l’esistenza 1; della seconda ne parla oggi anche l’Adriatico. Che il re di Napoli, o diremo meglio, chi
comanda adesso nel reame voglia tentare un ravvicinamento fra Torino e la Corte borbonica, lo
crediamo benissimo, come crediamo anche che il conte di Cavour dovrà far buona cera ai messi di
Francesco II se Napoleone lo vuole; ma che Pio IX mandi i suoi rappresentanti alla Corte di Vittorio
Emanuele per cercarne l’amicizia, e in certo modo, la protezione, ecco quanto non possiamo
credere, e che non crederemo mai fino a che avremo fede nella giustizia e nel diritto. Di cose che in
questi ultimi tempi si sarebbero credute impossibili pur troppo se ne avverarono molte; ma che il
Sommo Pontefice venga tratto a tanta umiliazione, per l’onore di Lui e per il decoro della romana
chiesa non lo possiamo credere. Pio VI e Pio VII furono più grandi nell’esilio che sul trono, e Pio IX
non può venir meno a quei magnanimi esempii che diedero ad esso i martiri suoi predecessori.
L’ostinazione posta ora da Napoleone nel voler attivata l’idea della Confederazione, dopo che lasciò
si disperdessero i veri elementi della medesima, non ci rassicura per nulla, né acquieta il presente di
lui mutamento la pubblica opinione, assuefatta da molto tempo alle voltate politiche del Nipote del
gran Zio.
Intorno a Garibaldi ed alle condizioni della Sicilia, così si esprime un corrispondente dell’Indépendance scrivendo da Palermo in data del 6 luglio, cioè prima dell’espulsione del La Farina.
“Cercai dopo il mio arrivo a Palermo l’occasione d’avvicinare Garibaldi, l’occasione mi si è
presentata ieri sera (5) dacchè ho potuto passare oltre a venti minuti in compagnia del dittatore.
La mia qualità di francese non era certo una buona raccomandazione presso Garibaldi, ma tuttavia,
benchè dapprima si mostrasse renitente, pure si entrò nel campo della politica.
Quello che mi premeva sapere erano i suoi progetti politici; ma capirete ch’esso si è guardato dal
comunicarmeli; tuttavia io credo d’aver potuto capire che l’unico suo pensiero egli si è quello
d’organizzare l’armata, colla quale egli vuole, malgrado tutte le costituzioni concesse a Napoli e da
concedersi a Roma, o per conto della Sardegna o per conto proprio, conquistare l’Italia, e ritornare
a Palermo facendo il giro dell’Adriatico.
La convinzione di Garibaldi si è che i Borboni non possono né devono regnare più oltre a Napoli;
un’ alleanza del re Vittorio Emanuele con Francesco II non sarebbe possibile se non quando il re di
Napoli cedesse 150 mila uomini per liberare l’Italia; il che è assolutamente impossibile. Egli è
adunque la rivoluzione che si deve fare a Napoli e farla ad ogni costo, è la cacciata del Papa da
1 Vedi dispacci telegrafici.
Roma che vuole Garibaldi.
Questi particolari vi ponno dare un’idea esatta della situazione del dittatore in Sicilia; l’assedio di
Messina sembra aggiornato, e tutte le preoccupazioni di Garibaldi sono per l’organizzazione
militare; il dittatore conta poco sui Siciliani, abbastanza cattivi soldati, ed ecco perchè egli domanda
a Bertani che gli spedisca armi ed armati; lo spirito pubblico intanto è pieno d’esitazioni, e regna
dovunque confusione grandissima; qui vi sono Siciliani puri, unitarii, annessionisti ecc. ecc. il che
reca imbarazzi al dittatore che non vuole l’annessione se non che dopo aver preso Napoli”.
Questi ragguagli ci sembrano abbastanza espliciti, e mostrano chiaro il pensiero di Garibaldi – ora
se le idee espresse dal corrisponnte dell’Indépendance sono le idee di Garibaldi, come potranno esse
accordarsi con quelle di Napoleone, e con quelle di Cavour, le quali piegano per la volontà del
primo a trattative col re di Napoli? Siamo sempre a quella, o di romperla affatto colla rivoluzione o
di gettarvisi dentro a corpo morto, e il Piemonte si trova nel bivio terribile che si è da sè stesso
fabbricato. Garibaldi da Napoli vuol passare a Roma e da Roma a Venezia; e con esso sta la
rivoluzione, e la repubblica quando Vittorio Emanuele non si metta seco lui di conserva nel
progettato viaggio di conquista.
È impossibile però che l’Europa lasci aperta la corsa alla rivoluzione che dalla Sicilia viene bandita
da Garibaldi – è impossibile che la Russia, la Germania, e le altre potenze conservatrici non sentano
la necessità di abbandonare il loro sistema d’apatia per infrenare, fin che v’ha tempo, il torrente che
allaga l’Italia e può scatenarsi sull’Europa ove vi sono pur troppo elementi preparati a riceverlo”.


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