Il “Diavoletto Indipendente” (XIV)
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 167, 19 luglio 1860
Notizie politiche
[…] ITALIA. Roma 13 luglio. Il Santo Padre pronunciò in Concistoro una allocuzione sugli attentati e condanne contro i preti nelle Romagne e nei Ducati.
Palermo 8 luglio. Ecco come l’Unità Italiana di Genova racconta in una sua corrispondenza di Palermo del giorno 8 luglio lo sfratto del sig. La Farina:
“Ieri sera verso le otto il sacerdote Gusmaroli e due guide di Garibaldi si sono presentati alla casa di La Farina con un passaorto e un ordine di partenza immediata, chiedendogli cortesemente sopra qual bastimento da guerra voleva imbarcarsi.
La Farina strabiliò a questa intimazione, protestava, dichiarava di non voler partire. La resistenza fu inutile e finalmente domandò di essere portato sulla Maria Adelaide. Il vice-ammiraglio rimase sorpreso quando vide arrivare il presidente della Società Nazionale, e ancor più sorpreso quando gli accompagnatori lo pregarono di voler loro dare atto della consegna, come se si fosse trattato di un collo di merci.
Il grande agitatore fu travasato sulla Gulnara e rincantucciato nella sua cameretta, per a bell’agio meditare sulla stranezza delle vicende umane, mentre l’alato legno si avvia verso Genova per deporvi il prezioso carico, che il dittatore rimanda a Cavour”.
- La Greca, che recasi in missione a Parigi e Londra, è giunto in Marsiglia.
- Leggesi in una corrispondenza palermitana dell’Unità Italiana di Firenze:
Le colonne Medici e Malenchini il giorno 5 partirono da Cefalù per Santo Stefano, marciando sopra Milazzo.
- Moltissimi giornali si pubblicano a Palermo; più diffusi sono il Giornale officiale di Sicilia, l’Annessione e il Precursore. La Forbice, giornale popolare, è quello che è in mano di tutti.
L’Annessione è giornale stabilito per conto, si dice, del sig. Cavour. Direttore del Precursore è il sig. Crispi.
- Leggesi in un’altra corrispondenza palermitana dello stesso giornale, in data del 10 corrente: “Si tratta di un processo che va ad istruirsi contro alcuni faccendieri per attentato ad annettere
immediatamente la Sicilia al Piemonte essendo l’annessione il più grande pericolo e per la Sicilia e per l’Italia.
“PS. Il pretore di Palermo annunzia al pubblico che il giorno natalizio del dittatore avverrà il 19 luglio”.
Palermo 9 luglio. Leggesi nel Giornale ufficiale di Sicilia:
“Sabato, 7 corrente, per ordine speciale del dittatore, sono stati allontanati dall’isola nostra i signori Giuseppe La Farina, Giacomo Griscelli e Pasquale Totti. I signori Griscelli e Totti, corsi di nascita, son di coloro che trovano modo di arruolarsi negli uffici di tutte le polizie del continente.
“I tre espulsi erano in Palermo cospirando contro l’attuale ordine di cose. Il governo che invigila perchè la tranquillità pubblica non venga menomamente turbata, non poteva tollerare ancora la presenza tra noi di cotesti individui venuti con intenzioni colpevoli”.
Palermo 12 luglio. Ieri all’alba il cav. Piola, ministro della marina, e il marchese Anguissola partirono sul Veloce per porsi in crociera, prendendo la rotta di Messina. Essi tornarono accompagnati da due grossi vapori da guerra napoletani, che passano sotto gli ordini di Garibaldi, con copia di munizioni, danaro e vestiario: sono l’Elba e il Duca di Calabria 1.
Il Lombardo, ch’era arrenato a Marsala, venne estratto ed arrivò a Palermo.
La Loggia, La Porta e Orsini rimangono al ministero. La situazione della Sicilia è eccellente.
Leggesi nell’Unità Italiana di Palermo: all’estero, e fra non guari perverranno per servizio della spedizione.
1 Ci giunge per dispaccio da Genova (scrive la Gazz. di Torino) la seguente rettificazione: L’Elba e il Duca di Calabria passati sotto gli ordini di Garibaldi, sono due piccoli vapori mercantili da trasporto.
Duecento cannoni alla Paixhans, parecchi vapori e mille selle si sono di già commissionati
Altri cannoni ed utensili di guerra si fanno col massimo calore nelle fonderie qui stabilite, servendosi d’un gran numero di campane, che una commissione incaricata, raccoglie dalle chiese di questa metropoli.
Da quanto dunque si è operato, e si opra incessantemente, speriamo che pria di spirare il mese che corre, gli apparecchi militari saranno tutti al lor termine.
Il dittatore ha affidato al sig. Mario, marito di Miss Withe, l’ordinamento del collegio militare nazionale in Palermo.
FRANCIA. Leggesi in una corrispondenza parigina della Perseveranza: “Anche a Parigi si diffuse la voce di un prestito di 100 milioni di fr. che Garibaldi stipulerebbe con una casa di Londra.
S’aggiunge anche che la medesima porrebbe a condizione che tal somma venisse ipotecata sulla Sicilia, e che il parlamento siciliano fosse chiamato a rattificare la convenzione. Sarebbe questo, secondo gli spacciatori della fandonia, un mezzo accorto trovato dagli inglesi per immischiarsi direttamente negli affari siciliani!!.
Ultime notizie.
Se guardiamo all’Italia, nulla abbiamo da presentare ai nostri lettori che valga a dar loro una qualche speranza d’un miglioramento nella situazione politica della medesima; anzi, la situazione va facendosi più tesa ed è prossimo l’ultimo stadio della crisi. Ammesso che bisogna uscire da questo stato di prova che è peggiore d’ogni male, egli è meglio presto che tardi, piuttosto oggi che domani. Un dispaccio pubblicato ieri nell’Osservatore Triestino ci reca la notizia avere il Santo Padre pronunziate terribili parole contro il re di Sardegna, e chiamata in una allocuzione, sacrilegio l’annessione delle Legazioni al Piemonte. Non erano poche ore dacchè avevamo scritto di Pio IX essere impossibile ch’esso avvilisca la sua sacra persona umiliando le somme chiavi ai nemici giurati del suo temporale potere, ed ecco che le tremende parole del Sommo pontefice vennero per così dire a giustificare la nostra asserzione.
I francesi partono da Roma. Noi non osiamo dire che Pio IX potrà da solo vincere la rivoluzione che il minaccia da ogni parte, ingrossata nello stesso reame di Napoli poscia le riforme e l’amnistia, e il ritorno dei festeggiati esuli che dal Piemonte recano a Napoli il fardello delle schede d’annessione. Non ci facciamo illusione intorno ai grandi pericoli che lo minacciano, e sappiamo benissimo che fatalmente gli uomini della rivoluzione non si arresteranno dinanzi a nessun ostacolo, per raggiungere i loro scopi; sappiamo che il partito dei buoni è grande perchè grande è il numero degli onesti e dei veri cattolici; ma conviene confessarlo, questi ultimi non hanno l’ardire dei primi; Pio IX sopraffatto dalle forze ardite della rivoluzione potrà cadere; ma la sua caduta sarà grande come lo fu quella di quegli eroi di costanza dei quali esso assunse il nome.
Il Signore, nelle cui mani stanno i cuori dei Principi, risvegli in essi quel sentimento di cristiana pietà del quale devono essere compresi i naturali difensori della fede; a noi non resta se non che di far voti perchè il rappresentante di Cristo in terra trionfi de’ suoi nemici, che sono pure quelli dell’altare e della croce.
E quasi non bastassero le tremende prove a cui è sottoposto il mite cuore di Pio, ecco che dall’Oriente migliaia di voci strazianti si alzano ad invocare aiuto e protezione; i cristiani della Siria cadono vittime del ferro musulmano e quel ferro trafigge il cuore del padre dei fedeli.
La Siria è insanguinata – Damasco è fatta un circo di gladiatori, le vittime cadono a centinaja; le civili nazioni dell’ Europa potranno esse rimanere più oltre spettatrici di tali massacri?
Le politiche gelosie devono tacere dinanzi a fatti che disonorano l’umanità tutta se li lascia impuniti; non è una vendetta che si domanda, è una giustizia, una tremenda giustizia che dee esser fatta.
Si dice che se la Porta non agirà con vigore, le grandi potenze d’Europa entreranno esse nella lotta onde far cessare le barbarie di cui si bruttarono i Drusi. Ebbene, a chè si tarda adunque? – il male è già grande, e l’oltraggio è tuttavia impunito; chi ci assicura che questo male non sia per passare i confini della Siria? Si vuole forse attendere una nuova esplosione del fanatismo musulmano prima d’agire? Ci si accusi di ragionare col cuore – andiamo superbi di tale accusa – ma i veri gridi di dolore che partono dal Libano noi li sentiamo a preferenza di quelli che partivano in altri tempi dalla Lombardia, da Modena, da Parma, da Firenze, da Bologna, da Napoli: i gridi di dolore che giungono da quelle terre infelici sono strappati alle madri delle quali si scannano i figli attaccati al loro seno, ai padri, ai fratelli, alle vergini, ad un popolo che come noi si chiama cristiano e divide con noi l’eterna fede dei nostri padri.
I dispacci dei giornali di Vienna confermano le notizie del cominciamento delle stragi in Damasco, già conosciute per telegrafo; e aggiungono le seguenti parole: il contegno delle autorità turche è affatto insufficiente, e piuttosto dannoso che utile.
Anche l’Indépendance conferma l’inerzia delle autorità turche nel reprimere i massacri della Siria, è invano che la Turchia cerchi di scolparsene; le stesse milizie regolari contribuirono in gran parte colla loro condotta alle straggi. E ciò sarà pur troppo vero, poiché come abbiamo scritto ieri, sarà difficile che i soldati musulmani vogliano portare le loro armi contro i loro correligionari, i quali nel fanatismo religioso di quel popolo barbaro, possono essere considerati quai rigeneratori della fede turca.
Atene 14 luglio. Assicurasi che il governo greco ha deciso di mandare in Siria un reggimento d’infanteria, ponendolo sotto gli ordini della Francia.
In tutto il regno furono istituiti mediante sovrano decreto dei comitati per raccogliere sussidii in favore dei cristiani del Libano. (Corr. del Diav.)
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 168, 20 luglio 1860
Notizie politiche.
[…] lTALIA. Torino 17 luglio. I grandi orrori di Palermo ci vengono descritti dall’Espero, nel suo
N. 19, del 14 di luglio, ed eccone le precise parole che sono preziose confessioni.
Gli uomini che comandano a Palermo, secondo l’Espero, “hanno inaugurato l’anarchia, distruggendo ogni amministrazione civile; gittati sul lastrico tutti i magistrati; depauperata la finanza, estinguendo ogni fonte di reddito; trasandato in fine ogni provvedimento di pubblica sicurezza. Accadono ogni giorno violenze di ogni guisa. Uomini fatti a brani in pieno giorno e nelle vie più frequentate di Palermo; a Biancavilla 14 uccisi; a Patti case saccheggiate ed arse; a Resuttana una famiglia di sedici persone esterminata! Si vogliono preporre alla pubblica cosa uomini inetti, o disprezzati, o macchiati nell’onore, quando lo sperpero del danaro pubblico, la malversazione, le frodi, i furti sfacciati passano ogni immaginazione”.
Milano 18 luglio. La Perseveranza reca i seguenti dispacci:
Napoli 13 luglio. Il direttore della vecchia polizia fu pugnalato. Circola un proclama di Garibaldi.
Torino 17 luglio (sera). A Napoli la sera del 15, la Guardia Reale ha fatto fuoco sul popolo. Torino 17 luglio (sera). A Napoli vi è cangiamento ministeriale. Il signor Liborio Romano è nominato ministro dell’interno: il generale Pianelli ministro della guerra.
Roma 11 luglio. Oggi tornò qui il duca di Gramont, ambasciatore di Francia. A Parigi e a Roma diceasi che con lui, o dopo, verrebbero due senatori francesi, uno dei quali il cardinale Marlot, arcivescovo di Parigi, a proporre al Papa una coserella: cioè, un’alleanza offensiva e difensiva de’ tre Stati italiani ancora superstiti, contro già vi potete immaginar chi. Chiacchiere senza sugo, perché il Papa può e deve difendersi, ma non può offendere nessuno, e in questo nessuno è compreso quel tale, cui si vorrebbe far guerra.
È l’antica storia del 1848, né il Papa farà mai altra risposta. Quanto a Napoli, che cosa ei farà, nol sa certo neppur esso. Ora lo vediamo pregar pace ed alleanza da chi seguita a fargli guerra, né vuol saperne d’accordi. Intanto giungono a Napoli gli amnistiati, i quali hanno da gran tempo fame e
sete di certe cose. Sul vapore, che li portava, promisero di far quanto prima una visita anche a noi, e può darsi, ma che vogliano ammazzare tutti i cardinali e i prelati, come dicono, nol credo. I napoletani son buona gente, e quanto a cattiverie, dicono assai più che non facciano. Confesso però che, sebbene io non appartenga agli ammazzabili, pure non vorrei vedere i lazzaroni a Roma, essendochè, a quanto si sente, patiscono d’un certo difetto del granchio. (Cart. della Gazz. di Venezia.)
Altra del 13 luglio (sera). A Napoli, a tutto ieri sera, regnava quiete pienissima.
I Gesuiti dovettero lasciare tutti la Sicilia, e 300 di loro, tutti Siciliani, già arrivarono qui.
Con loro erano due novelli Gesuiti, di provenienza un po’ singolare. Son due Garibaldini, uno di Feltre nel Veneto, di 17 anni, l’altro di non so dove, di 21. Il Feltrino ha una ferita di taglio, avuta all’assalto di Palermo, e mostra essere per la sua età, molte avanti negli studii; l’altro entrò come fratello coadiutore. Furono tocchi al vedere la pazienza, la calma e il coraggio dei Padri, in mezzo a non lievi pericoli, e chiesero di seguirli. Il bellissimo collegio reale di Palermo, di 1.400 (sic) giovani, è chiuso. Da Napoli pure vengono Gesuiti. Il Governo tolse loro gli undici collegii, stipendiati dall’erario; ma non, sinora, quei che possiedono in proprio.
Per dare luogo a questi Padri, si dovette mandarne di questi e di quelli in Prussia, Inghilterra, Irlanda e Stati Uniti, preferendo i paesi protestanti, dove in generale la nostra religione ora è più libera”. (Cart. della Gazz. di Venezia)
Palermo 12 luglio. Domenica scorsa ci fu la seconda rassegna alle falde del monte Pellegrino, molto più solenne della precedente.
V’erano oltre a 12.000 uomini, comprese da due a tremila guardie nazionali. (Lomb.)
FRANCIA. Parigi 15 luglio. Il vascello francese Fontenoy, che doveva surrogare il Donauerth nelle acque di Napoli, ebbe l’ordine di recarsi a Bairut, e partirà a quella volta da Tolone tostochè vi sarà giunto un commissario francese incaricato d’una missione in Siria. A quanto si crede, le truppe
che verranno mandate in Siria saranno comandate dal generale Trochu. […]
Il Diavoletto, Anno XIII, N. 169, 21 luglio 1860.
Fatti e commenti
(n) Sembra che l’Europa non abbia voluto riconoscere fino ad ora altra volontà, altra potenza, che quella che emana dalla Francia e che sta nella persona di Napoleone III.
I re, i principi dei diversi paesi d’Europa è a Napoleone che si volgono, è ad esso ch’essi domandano la parola d’ordine, quasi il permesso d’esistere. Non parliamo del governo di Piemonte, infeudato a quello di Parigi, non parliamo di Francesco II di Napoli, caduto sì basso da servire alla volontà dell’ambasciatore francese, vero potente nella corte borbonica, non risvegliamo altre memorie intorno ad altri principi i quali salirono la moderna scala santa delle Tuileries per chiedere assistenza e protezione al rettore fortunato dell’Europa; non ricordiamo le visite, i ritrovi, gl’incontri che resero ancor più grande il prestigio del Napoleonide, circondandolo di un’aureola di potenza ch’esso medesimo non poteva sperar d’ottenere a così facile prezzo. Tralasciamo questi infelici ricordi per toccare ad un nuovo fatto, che viene in certo modo a ribadire quella catena di cui l’Europa s’era cinta quasi a sua insaputa, e dentro alla quale invano si scuote, divisa com’è nelle sue forze tarpate dalla diffidenza sparsa a larga mano fra i membri della grande famiglia di cui essa è composta.
E il Sultano che ora viene a giustificarsi con un suo autografo dinanzi alla gran corte di Parigi – è Abdul-Megid che domanda venia e promette riparo a Napoleone III l’Imperatore della Francia; è al solo Napoleone, non all’Europa cristiana tutta, che il Sultano dà la sua parola e giura voler riparare ai mali che pesano sulla Siria cristiana.
Delle promesse della Porta, che vogliamo anche credere di buona fede, non sappiamo quale calcolo ne possa fare l’Europa; né sappiamo se oramai queste bastino a quietare le apprensioni, a far tacere i giusti risentimenti, a togliere di mano alla indignata giustizia la spada vendicatrice dell’umanità oltraggiata; ma se pur anche la civile Europa, le potenze occidentali potessero riporre la loro fede nelle parole del Sultano, esse non dovevano essere rivolte al solo Imperatore della Francia, ma a quanti principi cristiani conta l’Europa offesi dai massacri della Siria.
I colpevoli saranno puniti, scrive il Sultano – ma da chi lo saranno dessi, se le falangi turche assistono inerti, e forse consenzienti, alle nefande orgie insanguinate del Libano e di Damasco. La parola del Sultano sarà dessa ascoltata, laddove il fanatismo religioso opera in consonanza alle leggi segnate nel corano?
La mano dell’ammalato avrà la forza di brandire la spada e chiamare a giudizio coloro che si lordarono del sangue cristiano?
Al tempo la risposta – e dal tempo attendiamo pure che in Europa alla dissoluzione succeda l’ordine e quella pace di cui pur tanto abbisogna.
La rivoluzione deve percorrere la sua strada, terminare la sua corsa; se rapida, raggiungerà il suo fine più presto, se lenta fia più lunga la prova dolorosissima.
A Napoli essa alza la sua bandiera e mena il pugnale; Garibaldi fa spargere in questa capitale dei reali dominii borbonici di terraferma programmi e minacce, incitanti alla rivolta, alla diserzione, allo spergiuro; e le reali guardie sono costrette a sedare i tumulti coll’armi; ahi! che non è senza una ragione che scriviamo da tempo, l’Italia doversi preparare a ben tremende prove; è lo studio della storia, è il passato che ci rende chiaro il quadro i futuro, che ci fa leggere nel buio, da cui siamo circondati, il più tristo avvenire.
La prudenza e la saviezza della politica austriaca salverà, lo speriamo, i paesi che ad essa diede il Signore da custodire, dai mali di cui è minacciata l’Italia; ne affida in ciò il suo attuale posarsi e quella politica d’aspettazione della quale usa con tanto senno.
Rivista Politica.
Trieste 17 luglio.
I giornali di Francia e del Belgio accennano nei loro ultimi numeri a certe voci intorno al movimento nazionale dell’Irlanda, ed a qualche segnale che spunta nel Belgio stesso d’una possibile annessione, od assorbimento che dire si voglia di questo regno, col quale si vorrebbero allargare i confini dell’Impero giusta i vecchi principii del gran zio ai quali sta così attaccato il nipote padrone della Francia, il che non sarebbe che lo svolgimento d’una di quelle tali idee che sono figlie della mente napoleonica.
La Nation di Dublino dice senza ambagi che il movimento per la petizione nazionale, con la quale l’Irlanda chiede l’autonomia ed una esistenza a sé, va crescendo progressivamente; anche l’Armonia di Torino così scrive in questo argomento:
“È degna d’essere tenuta d’occhio l’agitazione che va crescendo in Irlanda: pare che il seme gettato da qualche opuscolo venuto in luce in questi ultimi giorni sulla questione irlandese non sia caduto in terreno sterile. La domanda di un Parlamento nazionale è già fatta; resta a vedersi l’accoglienza che otterrà in Inghilterra”.
Anche il Globe, giornale protestante di Londra, in un suo scritto sulla questione irlandese e parlando dei conflitti avvenuti testè nel settentrione dell’Irlanda, ai quali accennammo nel Diavoletto di ieri, così si esprime sugli ultimi fatti di quel regno:
“Numerosi drappelli di persone appartenenti alle società orangiste (società protestanti) entrando in Lurgon (Irlanda), venivano dalla campagna con tamburi e pifferi alla testa, e contavano parecchie migliaia d’individui. Recaronsi al tempio protestante, e, dopo il servizio divino, quando questi drappelli trovaronsi due miglia e mezzo circa fuori di Lurgon, diedero indietro e piombarono sui cattolici romani a Movntaghi presso Derryad. Ne venne una mischia. I protestanti corsero ad una casa protestante del vicinato, presero armi a fuoco e tirarono sui cattolici, sedici de’ quali restarono feriti. Il conflitto ebbe luogo presso una cappella cattolico-romana”.
A questi particolari ecco quali osservazioni vi fa seguire l’Armonia di Torino:
“La persecuzione dei cristiani in Turchia risuscita la questione d’Oriente. Perchè la strage dei cattolici in Irlanda non farà nascere la questione irlandese? L’Europa diplomatica non se n’ è ancora data pensiero. Il liberalismo moderno non si cura dei patimenti dell’Irlanda; ma tuttavia questi sussistono e datano da secoli. L’Armonia ha già annunziato la pubblicazione a Parigi d’uno libro importantissimo d’uno scrittore del Constitutionnel, intitolato La question irlandese. È una serie di fatti irrefragabili, e meriterebbe d’essere tradotto in ogni lingua e sparso pel mondo. Ma i liberali non ne parlano, perchè essi non amano la libertà, sibbene la rivoluzione”.
Dal Giornale di Verona riportiamo i seguenti tre dispacci il primo dei quali riguarda la nostra monarchia, e ci porta due consolanti notizie. Ecco i dispacci:
Vienna 16 luglio ore 8, ant.
Decisa la riattivazione del ministero del commercio. Avvicinamento dei conservatori ungheresi e tedeschi nell’interesse generale della monarchia.
- Vienna 18 luglio ore 11 ant.
Le grandi potenze insistono perchè il Piemonte costringa Garibaldi a non attaccare Messina e
Siracusa. La missione di Manna sarebbe diretta a propugnare non una alleanza ma un trattato speciale.
Vienna 18 luglio ore 12 merid.
Un distaccamento turco ruppe i Drusi presso Damasco. A Bairut giunsero due legni austriaci per proteggere le sostanze e gli interessi nazionali.
Notizie politiche.
ITALIA. Roma 11 luglio. Scrivono al Pays:
“Si assicura che nel caso in cui il soggiorno delle truppe francesi negli Stati pontificii fosse riconosciuto indispensabile per un tempo ancora abbastanza lungo, i due reggimenti che sono attualmente nella nostra città sarebbero immediatamente cambiati”.
Altra del 13 luglio. Chi ora muove aspra guerra alla Chiesa si è la rivoluzione, cui la debolezza del re Francesco II e le insidie dei suoi consiglieri ha aperto le porte in Napoli con gravissimo pericolo di perdervi la corona. Questa guerra non è più occulta, ma aperta e dichiarata. Onde i veri cattolici non si fanno più illusione; conoscono i pericoli che minacciano la Santa Sede, e perciò alzano la voce a sua difesa. Qualche fervente cattolico ha ideato perfino una crociata, desso è il signor Cathelinau della Vandea, uomo che non ha dubitato di lasciare la moglie e i figli per volare a Roma unitamente a diversi suoi connazionali, animati dai medesimi sentimenti. Egli ha mandato fuori
un proclama diretto a tutti i cattolici. (Cart dell’Armonia)
Genova 16 luglio. Questa mattina è partita una spedizione di circa 700 uomini sul vapore l’Amazone: è composta in gran parte dei volontari che erano sull’Utile e sul Clipper. (Un. Ital.) Altra del 18 luglio. Ieri (17) giungeva in Genova, proveniente da Palermo, il generale la Masa. Garibaldi lo ha incaricato di percorrere l’Italia, la Francia e l’Inghilterra all’oggetto di procurare alla Sicilia quanti più mezzi sia possibile in danaro, armi, legni da guerra a vapore, e per far conoscere ai governi ed ai popoli la rivoluzione siciliana sotto il suo vero aspetto! (Il vero aspetto si sa quale è).
Napoli 17 luglio. In seguito alla nomina del nuovo ministero (del quale fa parte nuovamente il sig. De Martino) fu necessario l’intervento della forza armata.
Palermo 10 luglio. Si scrive da questa città, all’Unità di Firenze: “Il consiglio di guerra, presieduto dal colonnello Antonio Mordini, si aduna ogni giorno, ed ogni giorno, può dirsi, è fucilato un malfattore. Così è avvenuto questa settimana. L’uccisione proditoria di un maggiore alla Bagaria e di alcuni militi della colonna Medici richiamò l’attenzione del governo. Un battaglione di Guardia nazionale mobile inviatovi da Palermo tornò la sera del 7 con 14 arrestati ritenuti complici degli assassinii commessi, e forse oggi o domani saranno tradotti dinanzi al consiglio di guerra”.
Il prezzo dei viveri a Palermo aumenta ogni giorno. Mancano le locande per alloggiare tanti forestieri che vi sono; mancano le trattorie, ed innanzi notte ogni giorno si trova difficilmente da mangiare.
Ultime notizie
“Quando tutta Europa è concorde nel temere il Bonaparte, è egli irragionevole il supporre che l’Europa studi per riunirsi insieme a provvedere d’accordo ai comuni pericoli?. A questa domanda che ieri l’altro l’Armonia di Torino volgeva ai suoi lettori, fortunatamente oggi vi rispondono i dispacci telegrafici giunti qui da Vienna, e che ci recarono la buona novella d’un incontro del nostro Imperatore col Reggente di Prussia.
Mentre Napoleone trovavasi a Baden, il nobile e leale Principe che rappresenta la maestà del sovrano in Prussia, indirizzava un’autografo a S. M. Francesco Giuseppe invitandolo ad un convegno ch’ora sappiamo dovere aver luogo a Teplitz il 25 di questo mese.
D’intorno a’ Sovrani delle due maggiori potenze germaniche verranno prendere posto i minori principi alemanni; ed è quindi un formale congresso che verrà tenuto per deliberare in comune intorno alle eventualità che fossero per presentarsi in causa delle complicazioni politiche in cui versa l’Europa.
Se il conte di Rechberg accompagna S. M. il nostro Imperatore a Teplitz egli è a supporsi che anche gli altri ministri dei rispettivi sovrani, che prenderanno parte al convegno, si troveranno a questo congresso; il quale per noi, che abbiamo sempre propugnata l’unione della Germania tutta coll’Austria, e la concordia nell’opera di resistenza da opporsi alla invadente potenza del Napoleonide, per noi questo convegno è la più lieta delle notizie che ci potesse recare il telegrafo. Se questo incontro fosse la prima pietra di un edificio contro del quale indarno avesse a combattere e la rivoluzione e la prepotenza, potrebbe dirsi che l’Europa in poco tempo riposerebbe in quella pace ed in quell’ordine che fu sturbato, a danno di tutti ed a favore d’un solo.
Da questo convegno ad una coalizzazione non è lunga la via; e potenti ragioni di vecchia e di nuova data esistono ovunque in Europa, perchè di essa si possano gettare le sorti con isperanza di riuscita. Questa notizia, della quale si ebbe sentore e a Torino e a Milano, quale senso vi abbia fatto, è facile l’immaginarselo; come è facile l’immaginare quale accoglienza avrà avuta a Parigi.
Non vogliamo però abbandonarci interamente alle liete speranze che si levano sorridenti d’attorno, dacchè, se mai avvenisse che quest’opera fosse sturbata nel suo lavoro, sarebbe doppio il nostro dolore; ma a porvi fede ci spingono diverse considerazioni, e prima fra tutte, il sentimento della propria conservazione che ogni principe indipendente, ed ogni governo dee sentire altamente, ed era fin qui minacciato dalla prepotenza del Napoleonide. Sono caduti i legittimi principi di quasi tutta Italia; e a Napoli la rivoluzione lavora a dare l’ultimo crollo a quella regia dinastia, per poscia farsi padrona di Roma, cacciandone il sommo Pontefice; Napoleone colle idee del primo Impero, coi principii della rivendicazione e dei confini naturali, suscita ovunque speranze e desiderii, e lascia aperto l’adito a tutto tentare quasi fosse l’alleato naturale della rivoluziome stessa.
Il convegno di Teplitz è il primo passo verso una potente coalizzazione; il secondo potrebbe farsi a Varsavia ove Alessandro deve incontrarsi col Principe reggente di Prussia.
Napoleone non è uomo da rimanersi inerte in queste circostanze; e il di lui genio politico tenterà qualche colpo onde sventare l’uragano che minaccia addensarsi contro di lui; ragione per la quale vorremmo che ciò che dee farsi lo si facesse sollecitamente; è già lungo il tempo, assai lungo dacchè l’arbitrato delle cause d’Europa viene domandato alla corte delle Tuilleries; è venuta l’ora di affrancarsi di un tale vassallaggio.
Potrebbe darsi che una grande lotta avesse ad iniziarsi in Europa; ma potrebbe pur darsi che l’unione stessa delle potenze, fino ad oggi divise, bastasse a voltare la faccia alla politica che padroneggiò fino a ieri tutta l’Europa”.
- Nella dimostrazione che ebbe luogo a Napoli nell’occasione dello sbarco dei rifuggiati si ebbero a deplorare alcuni ferimenti; fu in causa di una tale dimostrazione che il ministero napoletano, che aveva inaugurata la nuova èra costituzionale, voleva dare la sua dimissione, non restando al suo posto che il solo ministro De-Martino. (V. Dispacci)
- La Patrie ha quanto segue nelle sue ultime notizie. “Le notizie di Damasco sono di suprema gravità. Questa città conta ora una popolazione di 150.000 abitanti, fra i quali 25.000 cristiani cattolici greci e latini; 5.000 israeliti. Le corrispondenze di Bairut non mostrano sospetto delle intenzioni del governo ottomano, ma confermano la sua impotenza; quest’ultimo fatto è tanto più deplorabile in quanto i damaschini sono turbolenti, fanatici e molto ostili agli europei, ed il Pascià non aveva forze sufficienti per contenerli; all’ultime date si era molto inquieti pel Patriarca d’Antiochia che si trovava alla visita nei dintorni di Damasco. Oltreciò vi era agitazione ad Aleppo a Killis e si temeva per queste città; a Balbech i mutualis mostravano cattivissime disposizioni; a Latakiech il vescovo cattolico era stato costretto a rifuggiarsi a bordo d’un bastimento francese con tutti i religiosi del convento Ziaret. Il complesso della situazione era tanto più grave, poichè i fautori delle turbolenze pare abbiano ramificazioni con altri punti del territorio ottomano.
Fiume 19 luglio. Quest’oggi alle ore 10 ant. cessava di vivere fra noi dopo lunga e penosa malattia, il benemerito negoziante nostro concittadino signor Pietro cav. de Scarpa, nella verde età di anni 37.