Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

La nascita e la rinascita di una Nazione

Posted by on Set 18, 2024

La nascita e la rinascita di una Nazione

Un popolo che desidera la sua indipendenza, i suoi diritti, le sue libertà e condivide i suoi ideali rappresenta, per l’imperialismo occidentale e la tirannia della sua o di un’altra élite, una minaccia del suo dominio su tutti gli Stati suoi alleati fino a quando entrambi “signori democratici” avranno la libertà nociva di lanciare una serie di accuse che, di fatto, sono calunnie prive di realtà.

L’obiettivo dell’imperialismo occidentale e, soprattutto, della tirannia d’élite è chiaro: sottomettere uno o più popoli in nome delle ideologie politiche che non soddisfano e danneggiano le loro esigenze e i loro bisogni, causando ribellioni derivati dai disastri delle politiche dei governi collusi con vari criminali comuni e impopolari politici nazionali e stranieri. Ormai la “richiesta della democrazia” si mutò in metodo di illusione al pubblico, il quale non si aspetterà che prima o poi dovrà accettare il nuovo ordine politico del governo per non rischiare di essere emarginato dalla società civile di appartenenza con chiusure forzate dei loro profili o con arresti ingiusti. Tutte queste ingiustizie che possono verificarsi sia nei momenti opportuni sia all’improvviso, mediante la volontà dell’élite nazionale o straniera, causano ribellioni che assunsero vari caratteristiche diverse al suo interno: la rivoluzione nazionale e la guerra d’indipendenza.

Entrambi eventi storici sono caratterizzati dalla partecipazione spontanea di un popolo volto alla conquista dei suoi diritti e alla difesa della sua indipendenza nazionale ma avvolte è accaduto che nelle rivoluzioni e nelle guerre d’indipendenza le élite, composte da personaggi appartenenti alle famiglie ricche e di vari colonizzatori cambia casacca, presero il sopravvento per poter affermare la loro supremazia nei confronti dei loro popoli non solo imponendo leggi sbagliate ma manipolandoli, con la conseguenza di dare origine tensioni e conflitti politici, sociali ed etnici che causarono morti, crisi economiche, illegalità ed emigrazione. Se un popolo non vuole subire tali mali è necessario trovare le soluzioni adeguate, in tal modo che una rivoluzione nazionale o una guerra d’indipendenza può divenire nei fatti legittimo.

La sollevazione popolare dipende dalla condivisione di un ideale politico legato ai principi morali civile-religiosi di quel popolo in rivolta. Naturalmente il popolo, di fronte alla sua opposizione di un regime ritenuto illegittimo, non può reagire da solo senza ricevere i supporti da altri abitanti e movimenti politici. Quindi è necessario il sostegno collettivo di tutti i movimenti politici di opposizione al popolo se i primi: non vengono guidati dai personaggi sgraditi allo stesso popolo; siano esenti dal collaborazionismo di quel regime illegittimo; detenere la trasparenza nel rappresentare il loro popolo e far legare i loro ideali politici ai suoi valori civile-religiosi. Va chiarito una cosa molto importante sul fatto dell’esistenza dei movimenti politici dediti a supportare il proprio popolo: la maggior parte dei popoli che presero parte al rovesciamento delle dittature e del colonialismo non notarono che i loro partiti di opposizione non si adeguarono alla salvaguardia delle loro tradizioni nazionali civili perché resero le loro rivoluzioni o guerre d’indipendenza in una ingiustificata lotta per la presa di potere, come nei casi delle rivoluzioni colorate nel Maghreb arabo e nelle conquiste dell’indipendenza dell’India e del Pakistan nel 1947, dove l’incapacità dei partiti di opposizione e dei movimenti d’indipendenza di garantire stabilità e diritti ai loro popoli diede spazio ad una lotta fratricida e al terrorismo. La lotta fratricida, considerata un grave dolore alla fratellanza tra legittimi rappresentati e un popolo, può essere evitata se un partito puramente trasversale, libero da ogni influenza ideologica e dalle ingerenze politico-criminali e straniere, deve divenire un movimento di coalizione multipartitico. Per molti o pochi lettori può sembravi strano che tale proposta potrebbe rappresentare una forma di monopartitismo, dando retta alla propaganda occidentale che auspica democrazia e pluralismo politico per favoreggiamento e piacimento di Washington e di molte élite falsamente “legittime”.

Per dare una giusta e precisa spiegazione, per il termine “movimento di coalizione multipartitico” non si intende quel solo movimento politico che assoggetta gli altri partiti per avere tanto consenso popolare in nome di una qualunque ideologia, per poi instaurare la dittatura. Il vero significato è che il movimento di coalizione multipartitico è naturalmente un partito politico, volto sia all’attaccamento degli ideali politici alla società civile e alla religione del popolo sia all’invito degli altri partiti di diverso colore di favorire il “buon rapporto di amicizia”, con il dovere di rispettare l’indipendenza strutturale di sé stesso e degli altri. Il movimento di coalizione multipartitico può essere nazionale o interetnico, in base alla situazione storica di un determinato popolo, ma per salvaguardare il buon rapporto di amicizia interpartitica (ossia tra lo stesso movimento politico e gli altri partiti, fazioni o gruppi) e societaria (tra il movimento politico e i partiti e il suo popolo) va applicata un metodo di equilibrio interno per poter raggiungere gli obiettivi attinenti agli ideali condivisi del popolo. È la cosiddetta “democrazia interna al partito” o, meglio, “ai partiti”, basato sulla partecipazione spontanea di tutti gli individui di diversa classe sociale uniti dalla leadership che deve avere il dovere di mantenere vivi gli ideali civile-religiosi del popolo nell’anima di una rivoluzione o di una guerra di indipendenza. La leadership, in quanto guida principale della sollevazione popolare, non deve cedere ai desideri di autoritarismo, del culto della personalità e di potere e ricchezza, i quali rappresentano un danno per il popolo, pur di non tradire ad esso. Quindi il leader della coalizione multipartitico deve saper relazionarsi con i presidenti degli altri partiti e con il popolo per non complicare il buon rapporto di amicizia.

Giusto un esempio: secondo il principio della democrazia sedile, un sistema parlamentare suddiviso in sedili e facente parte della civiltà del mio popolo napolitano, nobiltà e popolo, oltre a dover avere i diritti di rappresentanza, devono essere solidali proprio attraverso gli organi rappresentativi. La leadership, per dovere, deve favorire la solidarietà del suo movimento di coalizione con altri partiti e con il popolo per legittimare una rivoluzione nazionale o una guerra d’indipendenza. Senza solidarietà si precipita nell’anarchia e nella dittatura del partito unico. Una leadership solidale con tutti, partiti e popolo, e non collusa con personaggi ottusi e imperialisti stranieri è il motore della democrazia interna ai partiti, la quale sarà lo strumento del movimento di coalizione multipartitico.

Per non causare una totale confusione per i lettori sarebbe opportuno farne altri esempi legati su movimenti politici della coalizione multipartitici e personaggi illuminati:

– Il Partito Comunista di Jugoslavia, fondato nel 1937 dal croato Josip Broz Tito, si rafforzò negli anni della resistenza jugoslava contro le forze di occupazione e collaborazioniste nazi-fasciste durante la Seconda Guerra Mondiale. Tito, all’interno dell’ideologia del suo partito, promosse un motto multietnico con la seguente frase: “Fratellanza e Unità”, il che stava a significare la forte compattezza di tutte le sette etnie (serbi, croati, sloveni, bosniaci, macedoni, albanesi e montenegrini) per rendere la Jugoslavia stessa uno Stato non solo socialista ma anche unito nel rispetto della diversità, inaugurando un particolare federalismo che garantisce più autonomia di tutte le competenze ai popoli federati, un esempio di legittimità politica avvenuto in Europa. Grazie a quel motto multietnico che il Partito Comunista di Jugoslavia che si sarebbe mutato, nel 1952, in Lega dei Comunisti, divenne il vero movimento di coalizione delle etnie slavo-meridionali per opporsi alle divisioni interne e alla violenza del nazionalismo fino alle sanguinose guerre jugoslave del 1991-2001.

– Il Congresso Nazionale Indiano è il principale partito di massa che supportò il processo di indipendenza indiana non solo per applicare la sua democrazia interna al partito ma anche di essere stata intercomunitaria per l’alleanza religiosa tra musulmani e indù tramite un accordo preso da Mahatma Gandhi con il Movimento Khalifat nel 1920 per contrastare il colonialismo britannico. Purtroppo la repressione coloniale permise ai britannici di poter stabilire le riunioni segrete con i leader dei musulmani e degli indù, fomentando la divisione etnico-religiosa tra le due comunità. Il divide et impera dei  britannici nel subcontinente indiano impedì la realizzazione dell’alleanza interreligiosa tra musulmani e indù, causando lo scoppio di una serie di guerre tra Pakistan e India dopo la conquista delle loro indipendenze nel 1947.

– in Vietnam, in Laos e in Cambogia si costituirono i principali movimenti di coalizione multipartitica nel profondo attaccamento del patriottismo dei tre popoli indocinesi: Viet Minh (Lega per l’indipendenza del Vietnam), Lao Issara (Laos Libero) e Khmer Issarak (Khmer Libero). Questi movimenti politici furono fondati nel 1945 dopo il ritiro del Giappone dai loro popoli, i quali inaugurarono una dura lotta per l’indipendenza contro il colonialismo francese e l’imperialismo americano, dietro il sostegno politico di quei tre movimenti di coalizione citati. La vita dei tre movimenti di coalizione ebbero momenti di mutamenti interni: il Viet Minh, guidato da Ho Chi Minh, si sciolse per costituire la Repubblica socialista nel Vietnam del Nord con lo scopo di istituire il Viet-cong (Fronte di liberazione nazionale del Vietnam) fino alla completa riunificazione nazionale del Paese nel 1975; la Lao Issara si sciolse nel 1949 per le divergenze politiche che comportò l’istituzione del fittizio “Regno del Laos”  sotto il dominio franco-americano, ma il suo erede Pathet Lao (Terra dei lao) condusse il suo obiettivo della conquista dell’indipendenza e, soprattutto, dell’eguaglianza multietnica, riuscendo a liberare la stessa Laos il 2 dicembre 1975 con il rovesciamento della monarchia di Savang Vatthana e la proclamazione della Repubblica Popolare Democratica; Anche il Khmer Issarak subì lo stesso scioglimento per motivi politici quando nel 1970 il principe Norodom Sihanouk fu deposto illegalmente da un colpo di Stato condotto dal militare Lon Nol che costituì la Repubblica di Khmer filo-americana ma sarà rovesciata dai Khmer rossi nel 1975, i quali diedero origine al genocidio cambogiano, inteso a colpire e ad assassinare le principali famiglie e individui legati alle influenze capitaliste o colpevoli di tradire la causa dei Khmer rossi, con il risultato di 3 milioni di cambogiani uccisi, che ebbe fine soltanto con l’intervento militare vietnamita nel 1979 che permise ai cambogiani di istituire un nuovo governo legittimo e democratico fino al ripristino della monarchia avvenuto nel 1993. I tre movimenti politici indocinesi possono rappresentare esempi di coalizione multipartitica, dove assieme al desiderio dell’indipendenza e del benessere socio-economico si verificò una importante fusione tra nazionalismo e comunismo, mediante la quale il Vietnam e il Laos si adeguarono alla modernizzazione economica con l’applicazione del modello di economia socialista di mercato.

– il Partito Ba’th o Baath (la Rinascita) è stato ed è l’elemento principale dell’affermazione dell’integrazione dei popoli arabi nel rispetto delle loro indipendenza e del socialismo arabo, senza rinnegare la religione islamica. Fondato nel 1940, si costituì il direttorio composto da Michel Aflaq (siriano cristiano), Zaki Al-Arsuzi (siriano sciita), Salah Al Din Al Bitar (siriano sunnita) e Akram al-Hurani (siriano socialista) che dettero un impronta nazionalista, socialista e laica alla corrente unificatrice araba. Ben presto il baathismo dette origine ai partiti nei vari popoli arabi, anche se tale corrente subì una ingiusta divisione interna tra sinistra socialista e destra nazionalista, lasciando che gli stessi popoli divenissero ostaggi e vittime dell’imperialismo occidentale. L’Iraq di Saddam Hussein venne invasa dagli americani dal 2001 al 2011 e la Siria di Bashar al Assad rimane coinvolta in una guerra civile, causata d’altronde dal terrorismo islamico e imperialista americano con i suoi alleati (soprattutto i membri della cosiddetta “opposizione politica”).

– Lo Sinn Féin (Noi stessi), il partito politico irlandese, è stato la forza unificatrice sociale ed ideologica durante la guerra d’indipendenza irlandese avvenuta tra il 1919 e il 1922, in cui la popolazione irlandese, inizialmente rimasta indifferente nei confronti del sentimento nazionalista dei suoi connazionali a causa della sua influenza dal colonialismo britannico, iniziò a credere nella causa indipendentista e repubblicana isolana prendendo parte alle sollevazioni cittadine sostenute dallo stesso partito e dal suo braccio militare IRA (Esercito Repubblicano Irlandese) contro la repressione coloniale dell’esercito britannico e dei mercenari Black and Tans fino al 1922, quando l’Irlanda non divenne una Repubblica a tutti gli effetti ma fu uno Stato dominion, ossia soggetta all’imperialismo britannico, scatenando una sanguinosa guerra civile tra pro e anti Trattato anglo-inglese che si concluse nel 1923, ma la riunificazione nazionale è molto presente in tutto il popolo irlandese, compreso quello dell’Irlanda del Nord che continua ad essere una colonia unionista dell’Inghilterra.

– l’Unione per il Progresso Nazionale, sotto la guida del principe illuminato burundese Louis Rwagasore, divenne un altro movimento politico di coalizione multietnico, assumendo le stesse caratteristiche attuate dalla Lega dei Comunisti di Jugoslavia del Maresciallo Tito: la convivenza tra le due etnie, tutsi e hutu, deve garantire l’unità nazionale del Paese africano. Nonostante la dura opposizione dei nobili del clan batare e dei membri del PDC (Partito Democratico Cristiano) sostenuti dai colonialisti belgi, l’UPRONA riuscì ad ottenere la vittoria nelle elezioni politiche del 18 settembre 1961 e fu incaricato di comporre il nuovo governo che, purtroppo, ebbe vita breve, perché il 13 ottobre 1961 Louis Rwagasore fu assassinato da un venditore greco assoldato dai membri del clan batare e colonialisti belgi, preoccupati per la prevalenza popolare di Rwagasore e del suo partito. Il suo assassinio divise le etnie burundesi e lo stesso UPRONA, il quale successivamente diverrà lo strumento di potere e di dominio del Paese in mano ai soli membri dell’etnia tutsi attraverso la dittatura militare che si concluse nel 1993 con l’indizione delle elezioni politiche multipartitiche, dove vinse il Fronte per la Democrazia in Burundi guidato da Melchior Ndadaye, ma anch’egli viene assassinato il 21 ottobre dai militari collusi con i tiranni tutsi e gli imperialisti belgi e francesi. Non va dimenticato che non solo l’UPRONA di Rwagasore ma il FRODEBU di Ndadaye dettero esempio di coalizione multipartitica e multietnica nel Burundi in Africa, cosa che non avvenne in Rwanda dove tra il 1959 e il 1994 era governata dai soli tiranni estremisti hutu, sempre con l’aiuto complice del Belgio (responsabile di aver fomentato la ingiusta e inesistente divisione etnica) e della Francia.

– Il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia (MIS) condusse la sua guerra d’indipendenza tra il 1944 e il 1950 con il suo costante appoggio alla popolazione sicula troppo stanca di subire le stesse ingiustizie coloniali compiute dai piemontesi sabaudi dal 1860. Andrea Finocchiaro Aprile assunse il ruolo di mediatore tra le fazioni politiche del MIS, suddivise tra l’area socialista con al capo Antonio Canepa e Concetto Gallo e l’area conservatrice con al capo Lucio Tasca Bordonaro, nonostante le pressioni della mafia. La repressione e il terrorismo coloniale del nuovo Stato “italiano” e della mafia minacciarono la vita degli abitanti isolani che scelsero di prendere parte alle manifestazioni e alla lotta armata condotta dall’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia) che aveva avuto come membri molti personaggi importanti e amati dal popolo siciliano, come Salvatore Giuliano e lo stesso Concetto Gallo. La lotta per l’indipendenza siciliana si interruppe nel 1950 mediante le pressioni coloniali degli ascari anti-siciliani e della mafia nei confronti del popolo isolano di dimenticare per forza il suo ideale di indipendenza, ma alcuni abitanti hanno a cuore il ricordo del MIS in quanto è stato la forza unificatrice multipartitica e popolare per il riscatto identitario dell’isola.

– Il Populismo russo fu il principale movimento rivoluzionario che si affermò in Russia nella seconda metà dell’Ottocento in risposta all’autocrazia nobiliare russa e alla servitù della gleba basata sulla schiavitù e sullo sfruttamento dei contadini russi. La dottrina populista dall’area studentesca iniziò a penetrare nella sfera militare e intellettuale, con l’invito degli studenti di entrare al contatto con il popolo, come il caso dell’intellettuale Michail Bakunin che disse “Andate tra il popolo!” inteso come il richiamo dei russi all’appoggio dei contadini sfruttati ed emarginati. Il populismo russo eredita le istanze riformiste e radicali dello slavofilismo e, nonostante che esso era composto da piccoli borghesi e condotto con azioni armate, aveva spinto lo stesso governo zarista russo di prendere gli interventi più seri per migliorare la società russa. Tra i sovrani illuminati che inaugurò le riforme amministrative ed economico-sociali per la Russia fu lo zar Alessandro II di Romanov in cui il 3 marzo 1861 abolì la servitù della gleba, sancendo la liberazione dei contadini dalla schiavitù, ma le insistenze della nobiltà rurale impedì la diffusione di tale riforma, lasciando che il movimento populista si affermi ancor di più nella società russa, arrivando alla costituzione delle due organizzazioni rivoluzionarie: la Narodnaja Volja (Volontà del popolo) e Čërnyj Peredel (Distribuzione delle terre nere) che ispireranno alla rivoluzione russa del 1905 iniziata dopo la repressione sanguinaria della manifestazione pacifica presso il Palazzo d’Inverno, costituendo una vera coalizione multipartitica rivoluzionaria (socialisti rivoluzionari, liberali, socialdemocratici, monarchici costituzionalisti) contro l’assolutismo zarista che accolse la proposta di una nuova rappresentanza politica con la creazione della Duma, il primo Parlamento russo, e dei Soviet, organo di rappresentanza sindacale, ma l’equilibrio di tale coalizione multipartitica si ruppe a causa dell’estremismo bolscevico di Lenin, Trockij e Stalin che presero il potere nell’ottobre del 1917 e governarono la Russia fino al 1991. Il populismo russo tende a rappresentare l’esempio di coalizione multipartitica caratterizzato dalla piena opposizione alla schiavitù non solo contadina, nei confronti della nobiltà agraria, ma anche popolare, nei confronti degli oligarchi locali protetti dal colluso presidente Boris Eltsin che furono emarginati da Vladimir Putin.

– Il Carlismo svolse un ruolo fondamentale nella storia della Spagna. Fondato nel 1833 dopo la morte del sovrano Ferdinando VII e quando il suo trono fu preso da Isabella II di Borbone dietro il forte appoggio dei liberali massonici che vollero imporre le loro riforme “moderne” al dispetto delle tradizioni nazionali spagnoli. Quindi Don Carlos non riconobbe la nuova regina in quanto violava la Legge sulla successione al trono, per il fatto che Isabella II fu convinta dai liberali massonici di sbarazzarsi di Don Carlos e i cattolici per rendere la Spagna il Paese “liberale” con una nuova religiosa “laica” ma, in realtà, vicina ai principi massonici. Così il carlismo prese piede non solo per la presunta irregolarità di successione monarchica appena compiuta ma anche per il duro centralismo liberale che soffocava le antiche e legittime autonomie riservate ai popoli spagnoli (catalogni, baschi) che iniziarono a rivendicarli in nome delle loro identità, dal quale diventa parte integrante del movimento carlista. Nonostante le guerre rivoluzionarie e le fucilazioni commesse dall’esercito liberale, il carlismo continuava a portare avanti la sua battaglia politica dovendo, però, affrontare le inutili manipolazioni dell’inesistente nazionalismo e del suo sostenitore generale e dittatore Francisco Franco, nei confronti dei quali il principe Carlo Hugo, dopo la fine della dittatura franchista, accusò lo stesso Franco di aver venduto la Spagna agli Stati Uniti e al capitalismo rapace, dando origine alla corrente di socialismo autogestionario e del federalismo, ammettendo che la Spagna, come l’Italia, è l’insieme delle comunità nazionali. Visto la conoscenza di tali ideali descritti, si può ammettere che il carlismo non ha di fatto connotati reazionari e dittatoriali, ma rappresenta un movimento politico trasversale e una vera coalizione multipartitica come risoluzione dei problemi dell’indipendentismo.

Agustín Farabundo Martí, Augusto César Sandino e José Martí sono state le principali figure di resistenza latino-americana contro l’imperialismo americano e la tirannia oligarchica partitico-militare, sua fidata alleata, e che hanno ispirato profondamente i loro popoli che realizzarono i loro ideali politicamente diversi. In particolare Farabundo Martí abbracciò le rivendicazioni sociali delle classi contadine ingiustamente espropriate delle proprie terre dalle famiglie ricche dedite alla coltivazione del caffè, propensi al profitto che al rispetto dei lavoratori, per cui Farabundo Martí non condivise tale prepotenza appoggiando i contadini tendendo a rendere la loro lotta sociale non solo con caratteri comunisti ma legandolo con elementi nazionali del suo Paese. A causa del fallimento dell’insurrezione popolare del 1932 che Martí, assieme ad altri due compagni, viene fucilato il 1° febbraio per ordine del dittatore militare Maximiliano Hernández Martínez. Il suo pensiero politico ispirò moltissimo al popolo salvadoregno tant’è che il 10 ottobre del 1980 fu fondato, in sua memoria, il FMLN (Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale) in risposta all’assassinio del monsignor Oscar Romero avvenuto l’11 marzo dello stesso anno da parte di un sicario nazionalista assoldato dal regime militare filo-americano, conducendo la sua guerriglia partigiana contro l’esercito nazionale e i paramilitari sostenuti dagli Stati Uniti fino al 1992 quando il FMLN si mutò in partito. Se Farabundo Martí puntò a rendere il nazionalismo salvadoregno interamente socialista, Sandino e il cubano José Martí puntavano sulla fusione tra nazionalismo e socialismo proprio per sostenere l’identità e le esigenze nazionali dei loro popoli e combattere l’imperialismo americano e i suoi alleati. Infatti Augusto Sandino, tra il 1927 e il 1933, condusse la sua guerra anti-imperialista contro la presenza militare americana che supportava il suo governo alleato di Adolfo Dìaz, ottenendo una importante vittoria contro i militari americani che furono costretti a ritirarsi da Nicaragua per motivi economici (ossia la Crisi del 1929) ma segretamente finanziarono la Guardia Nazionale Nicaraguese affidata al spietato politico e militare Anastasio Somoza García che assassinò Sandino assieme ad altri compagni sul monte La Calavera nella notte del 21 febbraio 1934 per imporre la sua dittatura militare e allearsi con gli Stati Uniti, sottomettendo Nicaragua a quella potenza straniera. Anche Sandino, come avvenne a Farabundo Martí, viene ricordato da tutti i nicaraguesi che nel 1961 fondarono il FSLN (Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale) che riuscì, assieme al popolo e alla Chiesa cattolica, a rovesciare la dittatura di Somoza nel 1979 istituendo il nuovo governo provvisorio che provvide a risollevare economicamente e socialmente Nicaragua, nonostante che dovette respingere gli attacchi terroristici dei Contras supportati dagli Stati Uniti per volere del Presidente Ronald Reagan, fino alle elezioni del 1990 che sancirono la vittoria della liberale Violeta Chamorro. José Martí attuò lo stesso obiettivo identico a Sandino nel suo ideale di indipendenza della sua Cuba all’epoca colonizzata dalla Spagna dal 1511, fondando nel 1892 il Partito Rivoluzionario Cubano con la conciliazione dell’elemento radicale con quello liberale nel sostegno della causa indipendentista cubana. Con il suo Manifesto dei Montecristi pubblicato il 25 marzo 1895 auspicò l’indipendenza di Cuba fondata sull’uguaglianza di razze e sulla lotta all’imperialismo straniero, compreso quello americano. Purtroppo non ebbe tempo per realizzare tale ideale perché rimarrà ucciso nello scontro a fuoco con l’esercito coloniale spagnolo il 19 maggio dello stesso anno. Il suo ideale di indipendenza cubana viene messo da parte dagli imperialisti americani che si appropriarono dell’isola, affidandola ai suoi stretti collaboratori cubani che la guidarono fino al 1959, in cui Cuba si poteva definirsi finalmente “libera” dal dominio degli Stati Uniti con l’avvento della rivoluzione nazionale condotta da Fidel Castro e dall’Esercito Ribelle del 26 luglio in nome degli ideali di Marx e dello stesso José Martí, i cui entrambi pensieri vengono inseriti nella nuova Costituzione del 1992. Queste tre figure hanno dato il loro impegno di voler salvaguardare l’identità dei propri popoli offrendo libertà e diritti all’America Latina pur di non vederla assoggettata dall’imperialismo americano ma non sono gli unici: la ebbero a cuore Juan Domingo Perón (Argentina), Jacobo Arbenz Guzmán (Guatemala), Hugo Chávez (Venezuela), Joã Goulart (Brasile), Salvador Allende (Cile), Jorge Eliécer Gaitán (Colombia) e Víctor Paz Estenssoro (Bolivia).

– Nella penisola italica, prima dell’avvento della guerra di conquista del 1859-60, i veri sovrani che meritano di essere ricordati dai popoli d’Italia furono Ferdinando II delle Due Sicilie e Papa Pio IX. Ferdinando II divenne sovrano nel 1830 a soli 20 anni, cioè giovanissimo, ma molto colto. Infatti con il suo “monumento di sapienza civile” rafforzò il riformismo duosiciliano con lo scopo preciso di far accrescere l’economia, migliorare le condizioni sociali dei sudditi e combattere le arroganze locali-rurali dei grandi proprietari terrieri (le famiglie pennarule napolitane e il baronaggio siciliano). Inoltre il sovrano Ferdinando II, oltre ad essersi dedicato a proteggere e a tutelare l’indipendenza economica e nazionale dei due popoli mediterranei unificati, era un amante della penisola italica, giusto per non dimenticare che nel 1832 fu il primo principe italiano a proporre al Pontefice Papa Gregorio XVI, al re piemontese Carlo Alberto di Savoia e ad altri principi l’istituzione di una Lega federale, la vera unità d’Italia che, purtroppo e per colpa dei soli Savoia, non venne realizzata. Sulla stessa linea politica condivise moltissimo anche il Pontefice Pio IX, eletto nel 1846 e, nonostante le manipolazioni subite dalla setta massonico-liberale, iniziò a promuovere la famosa Lega doganale nel 1847 con il Regno di Sardegna e con il Granducato di Toscana, anche se pure le Due Sicilie ne presero parte attivamente. Fu nel 1848 che la vera unificazione nazionale italica si stava quasi per realizzare nel piano economico,  politico (con il suo federalismo giobertano e con l’approvazione delle Costituzioni moderne da parte dei principi italiani) e militare (con una spedizione multinazionale italica composta da napolitani, toscani, piemontesi, lombardi, veneti, pontifici emiliano-etruri e sardi), però l’espansionismo politico-militare dei Savoia posero fine alle speranze dei principi e dei popoli di mettere in atto quella vera unità d’Italia, anche se prima o poi quell’unità nazionale verrà usata dai traditori Savoia per loro interesse ed ha avuto vergognosamente la sua efficacia attraverso lo scoppio della guerra di conquista in violazione del diritto internazionale vigente. Sia Ferdinando II sia Pio IX amarono profondamente l’Italia, quindi altro che “Re bomba” e “Se il papa è andato via”!

Ruhollah Khomeini era un imam sciita che seguì direttamente gli insegnamenti islamici del Corano pur di voler salvare l’Iran dalla dittatura laico-americana dello scià Mohammad Reza Pahlavi retta dal 1953 con un colpo di Stato anglo-americano che depose illegittimamente il governo democraticamente eletto di Mohammad Mossadeq. Khomeini, dall’esilio in Francia, si dimostrò disposto ad aiutare l’opposizione politico-religiosa, composta da comunisti, liberali e mollah, per rovesciare la dittatura di Pahlavi attraverso la trasmissione dei messaggi inviati con la radio agli abitanti iraniani, i quali iniziarono a ribellarsi alla dittatura stessa e alla sua repressione condotta dalla polizia segreta SAVAK. Nel 1979 lo scià Pahlavi fu costretto ad abbandonare il Paese lasciandolo nelle mani del Consiglio rivoluzionario guidato dallo stesso Khomeini e da altri esponenti politici laici, dando origine il nuovo governo provvisorio affidato al liberale islamico Mehdi Bazargan che si dimetterà dopo il fatto degli ostaggi americani presi durante l’assalto popolare all’ambasciata americana di Teheran il 4 novembre. Khomeini inaugurò il regime teocratico per il timore di una possibile ingerenza dell’imperialismo degli USA nel suo Paese, definiti come il “Satana” proprio per i suoi crimini disumani commessi nei confronti di altri paesi. Però tale timore non giustifica affatto la durezza dell’Ayatollah Khomeini compiuta contro altri intellettuali e politici laici, compresi i membri del PMOI (Mojahedin del Popolo Iraniano) e l’unica cosa positiva avuta da Khomeini è stata la prima fase storica della rivoluzione iraniana fino al deterioramento del regime. L’unica soluzione per porre fine e limitare alla rigidità dell’estremismo islamico sarebbe opportuno instaurare una democrazia islamica nell’Iran che non combaciasse per forza con i principi dell’imperialismo occidentale e senza finire nuovamente nelle mani degli stessi e nuovi estremisti manipolatori dell’Islam, di fatto vicina agli ideali del baathismo.

Sun Yat-sen è stato il Padre moderno della nascita dello Stato nazionale cinese nei primi anni del Novecento. Educato dai principi di progresso, Sun non vedeva con buon occhio la politica conservatrice dell’Impero Qing che aveva peggiorato le condizioni sociali dei cinesi anche a causa dell’ingerenza imperialista occidentale, tra cui quello giapponese divenuta più forte dopo la rivolta dei Boxers del 1899-1901. Era un dovere che la Cina doveva liberarsi di quell’ingiustizia attraverso e soltanto una rivoluzione nazionale avvenuta realmente nel 1911 a Wuchang, nella zona centrale della Cina, dove si sarebbe diffusa in tutto il Paese asiatico finché la dinastia Qing dovette abdicare e la monarchia viene abolita per dare posto alla nuova Repubblica democratica e indipendente. Tutto questo grazie al suo famoso pensiero politico definito i “Tre Principi del Popolo” che consistono sull’indipendenza nazionale (Mínzú), sul potere del popolo (Mínquán) e sul benessere del popolo (Mínshēng) che però non viene realizzato a causa della attuale divisione ideologica tra Cina popolare (divenuta comunista nel 1949 da parte di Mao Zedong) e Taiwan (isola degli esiliati nazionalisti cinesi) ma rimane parte integrante del confucianesimo dei popoli asiatici.

– in Africa permane un’ideologia federalista e compatta che intende contrastare l’imperialismo europeo-occidentale: il panafricanismo. Si affermò nei primi anni del Novecento, vide coinvolgere molti intellettuali e attivisti politici che, in seguito, sarebbero diventati personaggi importanti per la conquista dell’indipendenza dei loro Stati africani, anche se esistette una minoranza che desiderava di fatto una vera libertà africana dalle nuove ingerenze europee e americane negli affari interni dei loro Stati, pagando un prezzo molto alto con esili o condanne a morte. Tra questi personaggi del panafricanismo c’è ne sono due: Patrice Lumumba e Thomas Sankara. Lumumba si avvicinò alla corrente liberale del movimento d’indipendenza congolese, divenendo il principale leader guida per la conquista dell’indipendenza della sua nazione africana. Nonostante l’arresto subito, prese parte nel 1958 ad Accra, nel Ghana divenuta indipendente sotto la guida di Kwame Nkrumah, alla prima Conferenza degli Stati Africani Indipendenti, fondando nello stesso anno il Movimento Nazionale Congolese (MNC) un partito liberal-socialista e nazionalista che ottenne la vittoria elettorale nel maggio del 1960 e il 30 giugno proclama l’indipendenza del Congo. Come prima mossa politica, Lumumba decise di africanizzare l’esercito e la compagnia petrolifera di Katanga di proprietà belga, l’Union Minière du Haut Katanga, senza aspettarsi che tale decisione gli sarebbe costata molto cara. Infatti Belgio, Stati Uniti e un gruppo oligarchico di politici anticomunisti, tra cui Moise Ciombe e il traditore Mobutu Sese Seko che sarà il futuro dittatore dello Zaire (nome propagandistico conferito al Congo) fino al 1997, firmarono la condanna a morte per Patrice Lumumba e i suoi fidati collaboratori ministri che non riuscirono a raggiungere il territorio del nuovo governo legittimo congolese di Stanleyville del fedele Antoine Gizenga, finendo fucilati dai mercenari katanghesi e belgi nella notte del 17 gennaio 1961. Thomas Sankara, come Lumumba, condivise l’ideale di un Africa unita e libera da ogni forma di ingerenza straniera e al momento della sua elezione come Presidente dell’Alto Volta (nome coloniale francese) nel 1983 inaugurò la nuova “Rivoluzione Democratica e Popolare” promuovendo una serie di riforme economiche e sociali: abolizione degli stipendi d’oro riservati ai militari corrotti, modifica del nome del Paese a Burkina Faso (nome tradizionalmente africano che significa: “Terra degli uomini integri”), costruzioni dei luoghi e degli istituti sociali (scuole, ospedali, magazzini di alimentazione e alloggi popolari), la tutela delle donne, la lotta all’AIDS, la riduzione delle impose e la lotta all’imperialismo. Le sue denunce antimperialiste esposte nella riunione dell’ONU del 1984 e dell’Organizzazione dell’Unione Africana del 1987 lo portarono al suo assassinio avvenuto il 15 ottobre dello stesso anno da parte del suo compagno Blaise Compaoré dietro il solito appoggio imperialista della Francia, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Liberia di Charles Taylor. Gli esempi di Lumumba e di Sankara, che fin dagli inizi erano mossi dalla speranza di libertà africana ma alla fine morirono assassinati per tradimento degli altri, hanno rivitalizzato il modello del panafricanismo che tende a rafforzare i legami di solidarietà non solo fra gli Stati africani ma anche tra i vari gruppi etnici, come il citato caso del Burundi grazie alle iniziative dei politici Louis Rwagasore e Michel Ndadaye e quello del Sudafrica durante la lotta del Congresso Nazionale Africano (ANC) per la realizzazione dell’uguaglianza tra i bantu africani e i boeri bianchi fino all’abbattimento dell’apartheid nel 1994.

Ahmed Sukarno è stato il leader della lotta per l’indipendenza della sua Indonesia durante la guerra d’indipendenza tra il 1945 e il 1949. Sukarno, assieme al nazionalista Mohammad Hatta, promosse la campagna di emancipazione nazionale del popolo indonesiano contro prima i giapponesi e poi le truppe coloniali olandesi, e proprio nell’agosto del 1945 che i due leader nazionalisti, visto la resa del Giappone alle forze alleate dopo il bombardamento di Nagasaki e di Hiroshima, proclamarono l’indipendenza della Repubblica d’Indonesia ma il riconoscimento ufficiale di tale nuovo Stato non avverrà a causa dell’occupazione coloniale olandese che inaugurerà una dura repressione, scatenando una nuova guerra d’indipendenza tra le Forze Armate Nazionali Indonesiane, composte da tutti gli abitanti di diversa fede ideologica, e il Regio esercito olandese, conclusasi con la vittoria del primo dopo la firma dell’accordo del riconoscimento dello Stato indonesiano del 27 dicembre 1949. Sukarno e Hatta sostennero il loro popolo per far prevalere la causa d’indipendenza nazionale attraverso l’elaborazione di una nuova dottrina politica quasi identica di quella realizzata da Sun Yat-sen per la sua Cina. È la cosiddetta “Pancasila” (Cinque pilastri) che rappresenta la composizione interna e costituzionale dello Stato moderno indonesiano suddivisa in cinque principi inseparabili: “Fede nell’unico Dio” (Ketuhanan Yang Maha Esa), “Giustizia e civiltà umana” (Kemanusiaan Yang Adil dan Beradab), “Unità dell’Indonesia” (Persatuan Indonesia), “Democrazia guidata dalla saggezza interiore dell’unanimità derivata dalle delibere dei rappresentanti” (Kerakyatan Yang Dipimpin oleh Hikmat Kebijaksanaan, Dalam Permusyawaratan Perwakilan) e “La giustizia sociale per l’intero popolo indonesiano” (Keadilan Sosial bagi seluruh Rakyat Indonesia). Il desiderio della salvaguardia dell’indipendenza indonesiana fortemente presente nel presidente Sukarno lo avrebbe spinto a prendere parte alla famosa “Comunità dei Paesi non allineati” fondata nel 1955 a Bandung con la partecipazione dei Capi di Stato: oltre Sukarno, furono partecipi il Maresciallo Tito (Jugoslavia), Jawaharlal Nehru (India) e Gamal Abd el-Nasser (Egitto) e altri Stati indipendenti, compresi quelli africani, diventarono membri di tale movimento diplomatico fondato sul rispetto dell’indipendenza e dell’uguaglianza di tutti i popoli del mondo. Se Sukarno credeva fermamente nell’ideale del non allineamento, tale esempio non verrà preso in considerazione dai successivi governi indonesiani filo-occidentali che dettero origine la dittatura (sotto la guida del generale anticomunista Suharto) e il neocolonialismo (nei confronti di Timor Est, che ottenne l’indipendenza nel 2002 dopo la sanguinosa guerra d’indipendenza del 1975-1999, e di Nuova Papa Guinea).

Come si può notare, i modi di intraprendere e di guidare una rivoluzione nazionale e una guerra d’indipendenza sono totalmente diversi in base ad una determinata situazione storica. Naturalmente la maggior parte di quegli ideali vengono dimenticati dai popoli per colpa dell’imperialismo americano anche se, prima o poi, provano a ricordali, mentre alcuni sono stati e continuano ad essere elogiati e condivisi dai popoli per opporsi alle ennesime e altre ingiustizie oligarchiche e imperialiste. Le rivoluzioni nazionali e le guerre d’indipendenza in riferimento agli esempi storici descritti sono stati condotti con la lotta armata che deve essere chiarita su alcuni punti fondamentali. Purtroppo la lotta armata viene usata per favorire i sentimenti di vendetta e il terrorismo ai danni dei popoli, determinando la caduta del progresso e della pace, ma ci sono stati momenti particolari in cui un popolo la usò proprio per combattere la repressione oligarchica, imperialista o neocolonialista del governo che aveva superato i limiti, senza badare però il rischio di una presunta infiltrazione criminale, monopartitica e imperialista. Se la lotta armata debba rendersi legittima in sé stessa, come la riconosce l’ONU con la sua risoluzione 37/43 del 1982, possiamo prendere spunta alla famosa Seconda Convenzione dell’Aja del 1907 che, oltre ad occuparsi sulla risoluzione pacifica delle controversie, stabilisce che una guerra poteva essere condotta sia dai militari sia dai civili nei seguenti punti: avere un comandante responsabile, portare un’uniforme e un segno distintivo ben riconoscibile, portare apertamente e regolarmente le armi e attenersi alle leggi e agli usi di guerra.

La lotta armata può essere legittima se è in riferimento alle leggi giuste di un determinato popolo e al diritto internazionale per dimostrare che la sollevazione popolare può raggiungere i suoi scopi condivisi e ben voluti attraverso una rivoluzione nazionale o una guerra d’indipendenza con la sola natura rivoluzionaria. Per esempio in Colombia continua a permanere la guerra civile scatenata dal 1964 tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), i Narcos e il governo colombiano con lo scopo dei primi di voler imitare l’esempio della rivoluzione cubana. In realtà le FARC non sono altro che un gruppo terroristico (come l’ELN, l’Esercito di Liberazione Nazionale, e l’EPL, l’Esercito Popolare di Liberazione) che, tacciandosi falsamente come “marxista” ed è nota per il sequestro di Íngrid Betancourt Pulecio del 2002 ma liberata nel 2008, si finanzia con il traffico della droga offerta dai narcotrafficanti mafiosi, pur complicando la situazione interna del Paese. L’unico movimento rivoluzionario colombiano ad essere stato fedele alla causa della rivoluzione cubana del 1959, senza farsi colludere con i narcotrafficanti, fu il Movimento del 19 o M-19 fondato dopo i risultati elettorali del proprio 19 aprile 1970 che sancirono la vittoria del conservatore Misael Pastrana Borrero favorito illegalmente dal generale ex-dittatore Gustavo Rojas Pinilla e di fronte a tale frode elettorale si batté per la vera democrazia colombiana. Tant’è che la guerriglia dell’M-19, a differenza di quella dei tre gruppi terroristici citati, ottenne molto popolarità, dovuto anche dal coraggio del comandante Carlos Pizarro Leongómez di ribellarsi alla corruzione e al narcotraffico tra il governo colombiano e i cartelli della droga, di cui rimasero coinvolte le stesse FARC e per non peggiorare la situazione interna l’M-19 si mutuò legalmente come Alleanza Democrática M-19 che contribuì all’emanazione di una nuova Costituzione colombiana del 1991 ma tale partito si divise e il suo leader candidato Leongómez sarà assassinato dal sicario dell’Autodefensas Unidas de Colombia di Carlos Castaño Gil, dietro il patto tra i narcotrafficanti e il governo.

Condurre la lotta armata non è facile ma è troppo rischioso per poter combattere un ingiustizia, se non si bada ad ostacolare i pericoli tesi dai nemici, ma assieme al pacifismo e al dialogo con il popolo possono rappresentare i principali metodi di supporto dell’ideale civile-religioso di un movimento politico di coalizione multipartitico da applicare in una rivoluzione nazionale o in una guerra d’indipendenza. Anche perché lo stesso ideale politico, interamente legato ai principi civile-religiosi di un popolo, deve far comprendere allo stesso movimento di coalizione multipartitico che la civiltà di un popolo può e deve avere a che fare con la politica non per imporre una esagerata superiorità per volontà oligarchica, neocolonialista e imperialista ma per essere aperta e sensibile con altri popoli, sempre nel rispetto del principio di uguaglianza dei popoli. Se il carlismo è la vera civiltà democratica e moderna dei popoli spagnoli, il baathismo è per i popoli arabo-musulmani, il confucianesimo per i popoli asiatici, il populismo russo per il popolo russo, lo jugoslavismo per i popoli slavo-meridionali, il panafricanismo per i popoli africani e il latinoamericanismo per i popoli sudamericani-caraibici, il neoguelfismo è l’assoluta e indubbia civiltà dei popoli d’Italia e, quindi, altro che democrazia e libertà filo-padana e americana!     

Antonino Russo

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.