Alta Terra di Lavoro

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LA PENTOLA DEL CUT “PIPPITEA”ANCHE A ROCCASECCA

Posted by on Ago 13, 2021

LA PENTOLA DEL CUT “PIPPITEA”ANCHE A ROCCASECCA

Una sera avevo degli impegni che sono saltati e mia moglie mi chiede di accompagnarla a Roccasecca per vedere lo spettacolo teatrale del Cut (centro universitario di cassino) che avevo visto qualche giorno prima al Manzoni di Cassino e svogliatamente vado anche io. Per fortuna l’ho accompagnata perché ho avuto conferma per l’ennesima volta che gli spettacoli in diretta, che siano musicali o teatrali, vederli più volte non si sbaglia mai perché di volta in volta o vedi cose che ti erano sfuggite precedentemente oppure i protagonisti si esibiscono in maniera diversa come è accaduto proprio a Roccasecca il 5 di agosto 2021.

La prima cosa da dire è che lo spettacolo s’è tenuto davanti alla Chiesa Santa Maria Assunta di Roccasecca in uno scenario naturale ben incorniciato in un gioco di luci, all’altezza degli spettatori che ha confermato che il teatro popolare, la commedia dell’arte, insomma quello dove l’attore è dominante sul copione nello stile di “capitan fracassa”,  non è per la gente ma è della gente e la sensazione che ho avuto a Roccasecca, grazie al Cut di Giorgio Mennoia, e che stessi recitando anch’io. Un’altra cosa notata, che al Manzoni dato la distanza che c’era tra me e il palco mi era sfuggito, è la cura che hanno avuto gli attori nella scelta dei costumi e del trucco cosa che Eduardo riteneva fondamentale per la riuscita di un buono spettacolo.

Giorgio alla fine s’è lamentato perche i suoi ragazzi hanno troppo improvvisato allungando la commedia, mi sembrava che al Manzoni è durata di più pensa un po, ed io dico meno male che lo hanno fatto altrimenti che attori sono? Si sa che il regista deve lamentarsi sempre per qualcosa ma gli attori, i guitti, i commedianti, chiamateli come volete, sono per definizione ribelli, anarchici, capricciosi, indisciplinati ecc ecc perché se così non fossero non farebbero gli attori soprattutto quelli che lo fanno per pura passione.

Fare nomi non è giusto perché una commedia con tanti attori diventa un corpo unico dove se tutti i componenti non sono concentrati, preparati e in armonia tra loro salta tutto ma per uno come me, che ama il volgo linguaggio delle nostre origini, “mi sono consolato” ad ascoltare Anna De Santis, nessuno credo si offenderà se la cito, che ha sciorinato un laborino-cassinese che fino a qualche anno fa si sentiva tra i quartieri di San Silvestro e Monte Maggio di Cassino e che forse non ascolteremo più.

Molti anni fa ma molti, quando ero ancora bambino e vivevo la strada come un militante di sezione di partito rispettavamo un codice d’onore non scritto che proibiva la bestemmia perché era “peccato” ma permetteva l’uso delle parolacce che usavamo con una tale frequenza al cui cospetto “er monnezza” era un chirichetto quindi, sentire “la f……re mammeta” a cui si replicava “f…..re soreta” mi ha regalato una carezza al cuore anche se mancava un altro pezzettino nella risposta che era “mpanata e fritta”. Chi pensa che sia volgare andate a risentire i dialoghi teatrali tra Concetta e Peppe Barra che hanno fatto la storia del teatro e poi, i grandi sacerdoti del pensiero unico non affermano che nell’arte bisogna togliere qualsiasi censura e l’artista deve sentirsi libero di manifestare la sua arte come meglio crede senza freni e limiti?

Anche in questa occasione c’è stata l’intrusione nel contemporaneo ema con un impronta più profonda rispetto al Manzoni ma mi hanno fatto notare che con Aristofane nasce questa variante e che non c’è nulla di strano, benedetta ignoranza che ti permette di imparare sempre cose nuove, ma penso che forse, il dubbio è d’obbligo, credo che nel teatro medievale e nella commedia dell’arte gli attori, i guitti, i giullari hanno sempre utilizzato la satira e l’ironia contro i potenti di turno o verso i personaggi influenti ma usavano metafore o doppi sensi che riconducevano al vero bersaglio senza nominarlo mai. Abbiamo sentito parlare del Covid ma forse si potevano utilizzare i nomi delle pandemie dell’epoca, come per esempio la peste che veramente era terrificante e decimante, oppure si scomodava la tradizione che per esorcizzare il male non lo si nominava mai ma si usavano frasi come “la brutta bestia”, “il bubbone”, “il brutto male” ecc ecc.

Alla fine quello che scrivo lascia il tempo che trova è vale come il due nella briscola e che forse è utile solo per soddisfare la mia voglia di giocare e scherzare, ma quello che conta veramente è il Cut di Cassino che per quello che fa e per come lo fa è un vanto per Cassino e per tutta l’alta Terra di Lavoro e spero che “pe cient ann ancora” continui a farlo.

L’ultima considerazione la lascio per il Vice Sindaco Valentina Chianta e per Benedetto Vecchio che nell’estate Roccaseccana dedicata agli spettacoli non hanno dimenticato il territorio ospitando importanti realtà come il Cut di Cassino. di seguito delle pillole dello spettacolo  

Claudio Saltarelli

1 Comment

  1. Grazie Claudio, apprezzo e condivido ogni parola scritta in questa tua considerazione sullo spettacolo e sul valore del teatro. Un abbraccio grande con immensa stima e amicizia.

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