La Repubblica Cisalpina e la Prima Restaurazione (1797-1800)
La Repubblica Cisalpina nacque il 29 giugno 1797 con il proclama del Generale in capo dell’Armata d’Italia, Napoleone Bonaparte, unendo le già esistenti Repubblica Transalpina e Cispadana. La Costituzione della repubblica, che ricalcava quella francese dell’anno III, fu emanata l’8 luglio. Il testo aveva come preambolo la Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo e del cittadino. Non c’era una religione di Stato e tutti i culti erano tollerati.
Il tricolore cisalpino, con il verde al posto del blu nella sua bandiera, fu presentato con bande verticali invece che orizzontali, come nella Repubblica Cispadana. [1] Il potere esecutivo venne demandato a un Direttorio, al quale facevano riferimento i ministri dipartimentali e municipali. Il potere legislativo fu invece affidato a un corpo suddiviso in un Gran consiglio, a cui competevano le leggi, e in un Consiglio dei seniori, al quale spettava l’approvazione o il rigetto delle stesse. Le funzioni dell’organo legislativo furono affidate a quattro comitati consulenti. [2] Il 17 ottobre fu firmato il Trattato di Campoformio, tra Napoleone e austriaci, con cui la Repubblica Cisalpina venne ufficialmente riconosciuta come Stato indipendente. L’Austria ricevette la terraferma veneta fino all’Adige, Istria e Dalmazia. Furono uniti alla Cisalpina Brescia, Valtellina, Bologna, Ferrara e Romagna. La Francia ottenne per sé le Isole Ionie. [1]
Il concorso bandito nel settembre 1796 dall’amministrazione della precedente Repubblica Transalpina con tema Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia fu la più alta espressione di dibattito nell’Italia del XVIII secolo. Vi parteciparono 57 scrittori, i quali proponevano quasi tutti l’unità della penisola, in forma repubblicana e centralista o repubblicana e confederale. Il vincitore fu Melchiorre Gioia, intellettuale poliedrico piacentino. Egli escluse a prescindere la monarchia e la democrazia radicale; il suo modello era la Costituzione francese del 1795. Gioia propose delle modifiche alla base da lui presa: maggior potere legislativo del parlamento rispetto al senato, abolizione del requisito di proprietà per eleggere le camere; tassazione progressiva e fissazione della dimensione della proprietà terriera [3]. La riforma costituzionale imposta il 1° settembre 1798 dall’ambasciatore francese presso Milano, oltre a disporre il rafforzamento dell’esecutivo e il dimezzamento del numero dei componenti del corpo legislativo – suddiviso ora in un Consiglio degli juniori, formato da 80 membri e in un Consiglio degli anziani di 40 membri – prevedeva l’accorpamento dei dipartimenti, ridotti da 20 a 11. [2] La vendita di proprietà ecclesiastiche incamerate dalla Cisalpina per un guadagno 300 milioni di lire favorì l’ascesa socioeconomica solo di una minuscola parte della popolazione [4] così come i contratti agricoli passati dall’istituzione ecclesiastica a quella secolare divennero più svantaggiosi per i contadini padani. [5]
Il 10 aprile 1799, per far fronte alla crisi seguita dall’offensiva militare austro-russa, il Direttorio esecutivo venne autorizzato a fornirsi di tutti i mezzi straordinari politici, economici e militari per assicurare la “tranquillità e la conservazione” della Repubblica. Il Direttorio provvide a nominare un comitato militare, un comitato di finanza e un comitato di salute pubblica [2]. Quando i membri del Direttorio e i rappresentanti della cisalpina dovettero fuggire da Milano dopo la sconfitta di Cassano, pochi rimpiansero la dipartita dei “giacobini” che avevano dissacrato la religione e richiesto così tanti sacrifici per le ambizioni dei francesi. [3]
I massacri contro le truppe francesi a Verona avvenuti tra il 16 e il 17 aprile 1797 avevano già dimostrato come fosse tesa la situazione sociale ben prima del contrattacco monarchico. [1]
Le armate della seconda coalizione antifrancese entrarono a Milano il 28 aprile 1799, guidate dal Generale russo Aleksander Suvorov. Il ricostituito dominio asburgico comprendeva il territorio dell’ex Lombardia austriaca e le città e regioni anteriormente venete, istriane e dalmate. Il territorio venne suddiviso in dieci province, la cui amministrazione fu affidata a congregazioni delegate, sottoposte al governo centrale insediato a Milano e sotto la guida di un commissario imperiale che prendeva ordini da Vienna. [2] Non una completa “Restaurazione”.
Fin da subito intellettuali contro-rivoluzionari italiani inveirono contro la percepita sciagura satanica della Rivoluzione Francese. I propositi laici e l’anima ed estetica palesemente massonico-classicheggiante dei rivoluzionari contribuirono alla diffusione di questo sentimento. Scrisse il bresciano Faustino Bendiscioli in Piccolo quadro ossia Saggio epilogato del sistema moderno dei francesi: «La rovina delle armate Francesi nei momenti della loro auge e della loro gloria più imponente nò, gran Dio, non può essere che opra vostra; e le vostre opere sono le opere dell’eternità. […] e noi non abbiam che a sperare da Voi … che? La gloria della Religione la conservazione del nostro Sovrano, il regno della giustizia, la sicurezza delle nostre proprietà, la tranquillità delle nostre famiglie, la pace…la pace…la pace». [6]
La Regia Cesarea Reggenza Provvisoria di Ferrara ordinò il 31 ottobre 1799: «Lunedì pertanto 4 Novembre si erigerà il rogo nella piazza, ove fu atterrato l’albero infame della libertà, e sovrappostovi il libro suddetto unitamente a quanti Proclami, Editti, libriciattoli, scritti, che disonorarono la cadente età di un secolo, che si arrogò il fastoso titolo d’illuminato; vi si appiccherà il fuoco alle undici della mattina purgando così, se sia possibile, la sopraffaccia della Terra da una sorgente di mali la più funesta che si possa ideare. Non resta, se non che ognuno concorra ad accrescerne le ultrici fiamme col cacciarvi que’ libri, e fogli, che tuttora trovansi sparsi nelle private case, e render più solenne un atto, che solo tende a confortare li buoni, ad illuminare li traviati, ad istruire li tardi Nipoti». [6]
Le vignette conservate al Museo del Risorgimento di Milano e mostrate alla fine di questo articolo sono una fotografia della mentalità che i sovrani assolutistici e i loro nuovi uffici in Italia volevano instillare nella popolazione “liberata”:
Nella prima, una statua di immondizia rappresentante i valori rivoluzionari si scioglie sotto il sole che illumina la Seconda coalizione; nella seconda i rivoluzionari e tutte le loro “eresie” sono puniti venendo raggruppati e gettati all’Inferno, mentre l’Italia ringrazia in ginocchio i suoi “liberatori”; nella terza, si presenta un classico della pubblicistica reazionaria che avrà grande fortuna nei secoli successivi, cioè con la rivoluzione si muore di fame, con l’ordine prestabilito si mangia; nella quarta, il trono dei principi italiani e del Papato viene rimesso al suo posto, con un morto che si rialza dal suo sepolcro, quasi come fosse un miracolo. [6]
Dopo tredici mesi di occupazione austriaca la Grande Armée ritornò in seguito alla vittoria a Marengo del 14 giugno. La riorganizzazione di tutto lo Stato fu affidata da Napoleone a una consulta di cinquanta membri, presieduta da un ministro straordinario del governo francese, incaricato di fatto di controllare e dirigere il nuovo ente cisalpino. Il potere esecutivo venne rimesso a una commissione di nove componenti e in seguito a un comitato governativo di tre membri. A capo dell’amministrazione pubblica vennero nominati quattro ispettori generali. [2]
La Rivoluzione Italiana così finì come quella francese, con l’istituzione di un “dispotismo illuminato” di esponenti dei ceti sociali emergenti. Per il contesto lombardo, molti collegamenti possono essere fatti tra la stagione di riforme radicali dell’arciduca austriaco Giuseppe II, revocate dal fratello Pietro Leopoldo, e la successiva, repubblicana e proto-nazionale.
[1] Emanuele Pagano, L’Italia e i suoi Stati nell’età moderna. Dalla pace di Lodi all’unificazione (1454-1871), Brescia, Morcelliana, 2023, pp. 223-233.
[2] Lombardia Beni Culturali (sito internet), Repubblica Cisalpina 1797-1802.
[3] Carlo Capra, Gli italiani prima dell’Italia: un lungo Settecento, dalla fine della Controriforma a Napoleone, Roma, Carocci, 2019, pp. 317-323.
[4] Emanuele Pagano, L’Italia e i suoi Stati nell’età moderna. Dalla pace di Lodi all’unificazione (1454-1871), Brescia, Morcelliana, 2023, p. 42
[5] Emanuele Pagano, L’Italia e i suoi Stati nell’età moderna. Dalla pace di Lodi all’unificazione (1454-1871), Brescia, Morcelliana, 2023, p. 134.
[6] Slides della presentazione del Dottor Andrea Nossa, Illuminismo e Controrivoluzione. Problemi e ricerche, esposte il 5 marzo 2024 durante il corso di Storia dell’Età dell’Illuminismo tenuto dal Professor Rolando Minuti nell’anno accademico 2023/2024 all’Università degli studi di Firenze.
Tommaso Balsimelli
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