La Rivoluzione sarda del 1793-1796
Tra il 23 gennaio e il 22 febbraio 1793 la Repubblica francese tentò di invadere la Sardegna per rafforzare le sue posizioni marittime, ma fu respinta dalla resistenza locale di 4000 valorosi miliziani sardi e di un manipolo di soldati piemontesi.
La vittoria portò all’auto-convocazione degli Stamenti – l’assemblea dei rappresentanti dei ceti dell’isola ereditata dall’epoca spagnola – non più riuniti dal 1720. Si arrivò alla formulazione di 5 rivendicazioni, affidate a una delegazione di sei rappresentanti, da esporre al sovrano: rinnovazione delle corti generali per ogni decennio; osservanza e conferma dei privilegi e leggi fondamentali dell’isola; nomina di soggetti sardi alle maggiori cariche ecclesiastiche e laiche; stabilimento di una terza sala nella Regia Udienza, cioè un Consiglio di Stato ordinario con il compito di esaminare ogni supplica inviata al Viceré e infine un Ministero per gli affari sardi a Torino. I delegati arrivarono nella capitale del regno a luglio dello stesso anno.
Il responso di Vittorio Amedeo III, sostanzialmente negativo, fu comunicato il primo aprile 1794 dal Ministro Granelli direttamente al Viceré Vincenzo Balbiano, il quale aveva già prepotentemente posto fine agli Stamenti. Il fermento crescente nella capitale sfociò il 28 aprile in una rivolta, dopo l’arresto dei due intellettuali Vincenzo Cabras e Bernardo Pintor. Gli insorti catturarono il Viceré, i poteri vennero assunti dalla Regia Udienza e nel giro di una settimana più di 500 piemontesi vennero imbarcati a forza per il continente. Di recente il 28 aprile è stato dichiarato dal governo regionale “Giorno della Sardegna” o “Sa die de Sardigna”. Il governo piemontese cercò l’alleanza con le forze moderate, nominando in giugno il nuovo Viceré Filippo Vivalda e conferendo le maggiori cariche rimaste vacanti a elementi sardi ma ligi al potere sabaudo, tra i quali il già delegato Gerolamo Pitzolo, che ottenne il posto di Intendente generale e il Marchese della Planargia, nominato Generale delle armi.
Una nuova sollevazione scoppiò il 6 luglio 1795 e culminò nell’omicidio di Pitzolo e nell’imprigionamento di Planargia, il quale a sua volta fu ucciso il 22 luglio. Il partito patriottico ormai al potere intensificò la diffusione di scritti giustificativi e materiali propagandistici, tra cui anche un periodico intitolato Giornale di Sardegna. Nel Logudoro e nel sassarese si diffuse un forte movimento antifeudale che reclamava la soppressione delle giurisdizioni signorili – mediante il riscatto – come era avvenuto nella terraferma. All’agitazione offrì una sponda istituzionale il governo cagliaritano. L’ala più radicale del partito patriottico, la quale faceva capo il Giudice della Regia Udienza, Giovanni Maria Angioy, fu la più attiva nel sostegno alla protesta antifeudale. I vassalli dei villaggi settentrionali si sentirono pertanto dei “ribelli legali”, spalleggiati da Cagliari a individuare nel governo di Sassari la roccaforte dei loro oppressori.
Già nel 1989 Enzo Cadoni propose di retrodatare una sorta di “rivoluzione letteraria sarda” agli anni 1559-1566, sulla base di una nuova documentazione d’archivio relativa a “inventari di biblioteche e materiale librario circolante in Sardegna; presenza di libri, manoscritti a stampa o negli inventari di beni post mortem”. Le costituzioni dell’Università di Cagliari del 1764 inclusero un punto specifico su quella che era stata descritta come una “pubblica biblioteca universitaria”, cioè che doveva essere fornita dei migliori libri. L’istituto godette dell’invio di una serie di pubblicazioni da parte della Corte e della Stamperia reale di Torino. Più rilevanti furono le opportunità offerte dalla cessione delle raccolte gesuitiche, dopo la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 e assegnate all’Ateneo nel 1779. La Biblioteca venne aperta al pubblico nel 1792, quando fu ultimato l’ordinamento dei volumi ex gesuitici. [1]
Il Viceré Vivalda era ostaggio del movimento patriottico, mentre Angioy fece il suo trionfale ingresso a Sassari alla fine di febbraio 1796. A Cagliari il partito patriottico, accusato di cospirare con i francesi, andava perdendo terreno, visto lo spavento causato dai moti rurali. Nel mentre si consolidava l’alleanza tra il Viceré e i gruppi moderati per un ritorno all’ordine e all’obbedienza al monarca. Il 2 giugno 1796 Angioy decise di marciare su Cagliari, sperando in un intervento di Napoleone Bonaparte, visto che questi aveva già trionfato sui Savoia a Mondovì il 21 aprile. All’inizio fu seguito da una moltitudine di uomini armati ma quasi tutti lo abbandonarono lungo la strada. Il 9 giugno egli scrisse da Oristano al Viceré per proporre la mediazione francese ma Vivalda – forse avendo i suoi sospetti confermati – lo destituì dalla carica di alternos e spedì contro di lui le milizie capeggiate da tre membri della deputazione.
Solo l’8 giugno il Re sabaudo aveva accolto dimostrativamente le cinque domande del 1793. Angjoy decise di abbandonare l’isola, si imbarcò a Porto Torres per Genova e si aggiunse alle schiere di esuli italiani già rifugiatisi in Liguria, mentre il Viceré scatenò una dura repressione. Dalla capitale si diffusero nei mesi successivi testi come Su patriottu sardu a sos feudatarios, o nella versione italiana L’Achille della sarda liberazione. Di questo giornale esiste una sola copia, datata al 30 aprile 1796, conservata alla Biblioteca dell’Università di Cagliari (Manoscritti Baylle, 7.17V). Esso fu fatto uscire dopo l’agosto del 1796. Si rigetta l’assolutismo in favore di una monarchia costituzionale parlamentare e viene condannato il dispotismo della “nazione” piemontese nei confronti di quella “sarda”. Il concetto di nazione tradizionale era quello della specificità regionale inserita dei domini di un sovrano. In questo testo la nazione è un tutt’uno che si rapporta direttamente al re, il quale è una parte del governo. [2]
Riferimenti e note
Testo in gran parte tratto e riassunto da La “sarda rivoluzione” del 1793-1796, di Carlo Capra in, Gli italiani prima dell’Italia. Un lungo Settecento, dalla fine della Controriforma a Napoleone, Roma, Carocci editore, 2019, pp. 310-313 & https://www.iconur.it/storia-degli-uomini/2-la-sarda-rivoluzione-1793-1796
[1] La ‘rivoluzione delle idee’ in Sardegna alla fine del Settecento. Le acquisizioni della Biblioteca Universitaria di Cagliari, Giovanna Granata, in Biblioteche e saperi. Circolazione di libri e di idee tra età moderna e contemporanea, a cura di Giovanna Granata, in Temi e testi. “Testi e studi della storia delle idee e della cultura” N.184, Roma, Edizione di storia e letteratura, 2019, pp-39-77, pdf disponibile su Google Scholar.
[2] Un testo giacobino sardo, L’Achille della sarda liberazione, P. Cuccuru, Firenze, Il Pensiero Politico, Volume 12 fascicolo 1, 1979, pp. 52-64.
Tommaso Balsimelli
fonte