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La Sicilia non è una federazione di cantoni

Posted by on Dic 21, 2023

La Sicilia non è una federazione di cantoni

Seicento anni fa lo è stasta. La nostra divisione fra siciliani ha determinato la nostra sottomissione allo straniero. E quello straniero i sicilianisti, gli insorgenti siciliani e gli indipendentisti lo ricordano come fratello, come padre e madre definendoli siciliani a prescindere.

Chi è straniero non diventerà mai siciliano se non dopo averci dominati, e determinato la condizione di dominante. le generazioni successive lo hanno chiamato re, siciliano, orgoglio nazionale. Il suo successore diventava siciliano, ma al cambio di casacca si ritornava nella situazione di partenenza. Questo si è ripetuto sempre attraverso ogni casato determinando le dominazioni. Il regno di Sicilia è passato di mano in mano. La storia scambiata come continuazione. Dimenticandosi o sconoscendolo che ogni passaggio da una testa coronata all’altra i siciliani passavano attraverso instabilità e guerre. La Sicilia è un territorio con una grande memoria storica. Tutte le dominazioni hanno contribuito a lasciare in seno alla nostra isola una memoria, l’Italia non fa eccezione e negli ultimi decenni ci ha trasformato in schiavi, edulcorando la pillola mascherata da una democrazia costituzionale, mai manifestatasi nei fatti. Quindi, per dirci orgogliosi di un governo che ci ha amministrato dobbiamo trovare in esso la volontà attraverso gli atti concreti, la sua politica amministrativa l’azione immediata, a trasformare il nostro territorio in meglio apportando cambiamenti radicali in grado di trasformare un indirizzo lavorativo, produttivo, storico a vantaggio del territorio, insomma una radicale trasformazione proveniente dalla volontà legislativa, producendo norme, capitolati produttivi in tutti i campi in grado di moltiplicare ricchezzera benessere, miglioramenti.

Nella nostra storia millenaria queste condizioni li abbiamo ottenuti al tempo della magna grecia e dei governi dell’amministrazione dei Borbone. Per affermare questo si deve dimostrare queste migliorie. Basti ricordare che quello fatto da re Ferdinando II in poco meno di 25 anni è paragonabile al tempo in cui i Romani costruirono le grandi strade consolari. Le strade, l’impiamnto tecnologico che ammodernizza uno stato è l’elemento principale di innovazione strutturale impiantata in Sicilia, e in quel tempo furono costruire 2700 miglia si strade in tutta la Sicilia sia sulla costa, sia nell’interno collegando gli uni agli altri con l’obiettivo di velocizzare il passaggio delle produzioni agricole dall’interno dell’isola verso la costa e i porti, che vendevano quei prodotti in tutto il mondo attraverso le autostrade del mare. Per questo motivo il sovrano prese accordi unilaterali stato per stato e nazione per nazione.

Uno per tutti basti ricordare i patti con gli USA per impiantare i traffici principali fra l’America attraverso il canale commerciale Boston Messina, l’unica città a possedere in Sicilia il porto franco. I guadagni ripianarono anno dopo anno il disavanzo passivo sulla bilancia commerciale per sostenere il debito pubblico delle due Sicilie. Attraverso l’indagine economia il regno dei Borbone anno per anno aveva 20 milioni di ducati in uscita e 12 milioni in entrata con le tasse e imposte. I traffici dei portio di Catania e Messina in Sicilia producevano complessivamente un disavanzo positivo di 11 milioni di ducati. Con questi soldi lo stato non incorreva a grossi perdite e la bilancia finanziaria nel regno era in grado di intervenire per realizzare le grandi infrastrutture in Sicilia e nel continente. Da quando l’Italia ha preso il suo posto nel sud non è mai accaduta una cosa del genere. E dall’essere una nazione ricca e florida siamo diventati i poveri d’Europa.

Alessandro Fumia

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