Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Le Bonifiche del Regno di Napoli nelle documentazioni cartografiche e di archivio e nella realtà odierna

Posted by on Ago 8, 2023

Le Bonifiche del Regno di Napoli nelle documentazioni cartografiche e di archivio e nella realtà odierna

Riassunto

L’articolo intende mettere in luce alcuni problemi dovuti al gran numero di terreni paludosi presenti  in tutte le province del Regno di Napoli con note su alcune delle carte geografiche e topografiche    che illustrano il problema. Nel secondo paragrafo è illustrata la realtà della bonifica dei Regi Lagni, iniziata già in epoca aragonese e portata a compimento dal Vicerè Pedro de Toledo.

Abstract – The essay aims to highlight the problems caused by the large number of marshlands in     the Kingdom of Naples’ provinces, shown on some of  the maps and topographic maps illustrating   the problem. The second section discusses the status of drainage of Regi Lagni, begun in the Aragonese period and completed by the Viceroy Pedro de Toledo.

1  Introduzione

Il problema del deflusso delle acque interne e l’annesso fenomeno dell’impaludamento di vasti territori del regno di Napoli, dalle vaste aree costiere delle province di Terra di Lavoro, Napoli, Principato Citra, Capitanata, Molise, Abruzzo Ultra 1 e 2, Calabria Citra e Calabria Ultra 1 e 2, a quelle delle aree interne di numerosi bacini fluviali e lacuali, è sempre stato particolarmente importante dall’antichità al XIX secolo, e ha improntato di sé molti degli avvenimenti del territorio medesimo.

Perché ci si soffermasse con estrema attenzione, e anche con un notevole impiego di capitali statali,   si dovette attendere, tranne casi particolari (come quello trattato nel  2°§),  il  periodo  immediatamente successivo alla restaurazione borbonica (1815) e l’operato di Carlo Afan de Rivera  la personalità più importante per circa trent’anni, dal 1824 al 1852, a capo del Corpo di Ponti e  Strade, equivalente del Ministero per i Lavori Pubblici2.

La regione Campania fu quella maggiormente interessata dall’operato statale, considerando le aree costiere, quali il bacino inferiore del Volturno, i Regi Lagni e la Piana del Sele; le  aree  a  coltivazione intensiva: Paludi di Napoli, l’Agro Nocerino e il Bacino del Sarno; e le vallate interne: Vallo di Diano, Matese e distretto di Nola.

Le bonifiche furono individuate come le opere più importanti per la ripresa dello  sviluppo  economico, sia agricolo che industriale, atte a consentire la rinascita dell’agricoltura in plaghe considerate improduttive, ed anche a rendere sempre maggiormente produttive aree a vocazione

Carta topografica ed idrografica dei contorni di Napoli levata per ordine di S.M. Ferdinando 1°. Re del Regno delle Due Sicilie dagli ufficiali dello Stato Maggiore e dagl’ingegneri topografi negli anni 1817.1818.1819 (Stralcio del f. 1).

1 Il primo paragrafo è a cura di S. Conti (P.A. presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, Fac. Lettere e  Filosofia) e il secondo di G. Pignatelli Spinazzola (Ricercatore presso la medesima università, Fac. Lettere e Filosofia)

2 A. Di Biasio, Carlo Afan de Rivera e il Corpo dei Ponti e Strade, Latina, Amministrazione Provinciale, 1991; G. Foscari, Prassi amministrativa e attività pubblicistica a tutela del territorio: l’opera di Carlo Afan de Rivera

nell’ottocento borbonico, in «Economia, società e politica del territorio nel Mezzogiorno (secc. XV-XIX), a cura di A. Musi, Salerno 1992; C. D’Elia, Bonifiche e Stato nel Mezzogiorno (1815-1860), ESI, Napoli 1994.

industriale, come successe dopo l’alluvione del 1842 nel Matese, con la bonifica dei corsi d’acqua   del Torano e del Volturno, per la ricostruzione dei cotonifici distrutti dall’alluvione medesima3.

Numerosa è la documentazione d’archivio posseduta dagli archivi statali, mentre per ciò  che  concerne la documentazione cartografica, non sono numerose le carte specifiche, probabilmente andate perdute nel corso degli anni, pertanto è importante rifarsi sia alla cartografia generale del regno, dall’Atlante di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni a quello di Benedetto Marzolla, e a carte topografiche, quali la Carta Topografica e Idrografica dei Contorni di Napoli4.

Carta topografica ed idrografica dei contorni di Napoli levata per ordine di

S.M. Ferdinando 1°. Re del Regno delle Due Sicilie dagli ufficiali dello Stato Maggiore e dagl’ingegneri topografi negli anni 1817.1818.1819 (Stralcio del f. 1).

3 ACS, Ministero dei Lavori pubblici, Bonifiche, I serie, f. 75, fasc. Caserta K21; I serie, f. 75, fasc. Caserta K1.

4 «L’atlante geografico del Regno ebbe una lavorazione durata circa 25 anni. I primi rami, relativi alla Calabria, furono incisi nel 1788 da Giuseppe Guerra…I rilievi della Terra di Lavoro e dell’area napoletana erano già pronti nel 1783-84, ma furono incisi successivamente. Negli anni 1788-89 furono eseguiti sei fogli relativi alle Calabrie, il foglio del basso Cilento e Caserta. A questi fecero seguito, nel 1792-94, i fogli delle isole Pontine, Gaeta e Napoli… nel 1801 riprese l’attività cartografica nel regno di Napoli; per la prima volta  viene inciso un quadro d’unione di tutta l’opera… Nel   1804 compare per la prima volta la campagna… il foglio di Gaeta, già inciso nel 1794, viene sostituito da un diverso rame, più grande degli altri in quanto il rilievo si amplia per dieci miglia ad occidente, forse per gli accresciuti interessi verso i confini con lo Stato della Chiesa. In tre anni, tra il 1806 ed il 1808, vengono incisi ben 13 fogli… ma dovettero passare ancora quattro anni prima che potesse venire inciso l’ultimo foglio, il numero 20, relativo alla Basilicata interna. La revisione del rilievo della Terra di Bari, inciso nel 1807 e completamente rifatto nel 1810, fu la causa di ulteriori ritardi. Carta topografica e idrografica dei Contorni di Napoli. «E’ il primo lavoro di topografia affidato al Deposito Generale della Guerra. La carta fu progettata da Ferdinando Visconti e all’inizio doveva comporsi di soli 9 fogli…Successivamente la carta fu ampliata con l’aggiunta di altri 3 fogli verso nord. Nel 1839, infine, si raggiunse il numero di 15 includendo Caserta, Capua e la foce del Volturno (Valerio, 1983, pp.126-127; 144-145). «Le 23 carte di  cui si compone l’atlante del Regno delle Due Sicilie furono disegnate nella scala di 1:420.000, che è la stessa utilizzata per la riduzione in sei fogli dell’atlante geografico di Rizzi Zannoni, pubblicata a Napoli nel 1808… Il continuo lavoro   di revisione e di aggiornamento lo indusse, nel 1850, ad avviare una diversa e rinnovata edizione dell’Atlante  corografico del Regno. Le carte furono completamente ridisegnate, in scala molto più grande (1:280.000) e furono pubblicate, nel 1854, sotto il nuovo titolo di Descrizione del Regno delle Due Sicilie. La revisione è totale: l’orografia è trattata in modo decisamente diverso rispetto alla prima edizione». Per la figura e l’opera di Benedetto Marzolla, in particolar modo il suo Atlante Geografico del Regno, cfr. V. Valerio, Benedetto Marzolla. Brindisino, Geografo e Cartografo dell’800 Europeo, Barbieri Selvaggi Editori, Brindisi 2008.

2  I Regi Lagni

Il gran numero di canali che raccoglievano le acque piovane e sorgive tra Nola e la foce del fiume Volturno, sin dagli inizi del XVI secolo hanno preso il nome di Regi Lagni. Il canale principale di questo bacino idrografico, che partiva dal Ponte delle Tavole presso l’abitato di Marigliano ricollocandosi dopo un’ampia ansa intorno ad Acerra al centro della piana campana, corrispondeva    al corso del Clanio, un solco torrentizio che sin dall’antichità era  di  impedimento  alle  comunicazioni tra la costa e l’entroterra, specialmente nei mesi invernali. Già in epoca augustea i centri abitati lungo il suo corso erano spesso minacciati dalle inondazioni, tanto da considerare Liternum, circondato dalle acque stagnanti, un ignobilis vicus. I devastanti effetti sulla piana  dovettero accentuarsi notevolmente durante il medioevo per l’abbandono delle campagne, e proprio   il corso del Clanio fu identificato con i confini settentrionali del ducato napoletano5. Solo in epoca normanno-sveva ed angioina saranno avviati una serie di timidi interventi tesi a restituire all’agricoltura la Campania Felix eternata dagli autori classici, flagellata oramai dalle inondazioni e dalla malaria. Un diploma del 1311 di Roberto d’Angiò al Giustiziere di Terra  di  Lavoro,  rappresenta in questo senso il primo tentativo di risolvere i problemi di ristagno delle acque del Clanio, causati dal percorso lungo e tortuoso (il canale iniziava presso Nola  e  proseguiva  nei  territori di Marigliano, Acerra, Afragola, Caivano, Crispano, Cardito, Melito, Airola, Capodrise, Marcianise e Trentola, confluendo attraverso il Vena nel bacino del Patria, e di qui sino al mare),     ma soprattutto dalla humana malitia. La consuetudine, consolidatasi per secoli, di riversare nelle acque i residui della lavorazione della canapa e del lino ne aveva infatti ostruito in più punti il  naturale deflusso, causando frequenti inondazioni nelle stagioni più piovose e fastidiosi ristagni in estate6. La questione fu nuovamente affrontata dalla prima metà del XV secolo, nell’ambito degli interventi di pianificazione territoriale intrapresi dai sovrani aragonesi per la bonifica dei terreni paludosi nell’ottica dello sfruttamento delle vie d’acqua e del potenziamento degli sbocchi sul mare per l’approvvigionamento e la difesa delle città intorno alla capitale7. In questo  senso,  particolarmente interessanti appaiono i progetti per il riassetto del bacino del Clanio attraverso la pulitura degli alvei, l’innalzamento degli argini e la creazione di nuovi canali di scolo, e per il recupero del Volturno in prospettiva di una sua navigabilità sino a Capua, considerata unitamente a Nola caposaldo del sistema difensivo intorno alla città di Napoli8. Tuttavia, nonostante gli sforzi intrapresi dai tecnici reclutati dai sovrani aragonesi, ancora alla metà del secolo successivo  i  problemi dovevano essere ben lungi dall’essere risolti, tanto che nel 1544, malo ayre che dona la palude, il vicerè don Pedro de Toledo intervenne con la realizzazione di qualche ponte e del nuovo Lagno della Pietra.

Solo alla fine del secolo fu deciso di intervenire drasticamente sul risanamento idraulico  delle  pianure a nord della capitale su iniziativa del vicerè Juan de Zuniga9. Nei primi mesi del 1589 un   gran numero di tecnici fu infatti incaricato di rilevare l’intero percorso dei lagni, poi riportato in un unico disegno da Mario Cartaro, in modo da poter avviare la prima fase  dei  lavori,  diretti  da Rinaldo Casale e supervisionati dal regio ingegnere Benvenuto Tortelli: entro la metà  del  1594 furono così allargati i lagni principali, migliorato il percorso del Clanio presso Acerra, rinforzati gli argini tra Carbonara e Casolla e rifatti numerosi ponti. Alla morte del Tortelli (nel novembre del 1594), la supervisione delle opere fu affidata a Domenico Fontana, nominato Ingegnere Maggiore    un paio di anni prima e già più volte presente in Terra di Lavoro, promotore di un intervento assai   più ambizioso rispetto a quello del predecessore. A causa della scarsità  dei  finanziamenti,  la  seconda fase dei lavori (1595-1599) dovette proseguire molto lentamente, tanto che l’architetto di Sisto V fu costretto a  ridimensionare il  progetto rinunciando al rifacimento di ben sei lagni tra Nola  e Marigliano e, soprattutto, alla foce diretta che avrebbe disimpegnato il Patria. Dai primi anni del secolo successivo, comunque, nuovi fondi stanziati dai vicerè Fernando Ruiz de Castro e Francisco  de Castro (1599-1603) permisero il definitivo avvio dell’ambizioso programma con la realizzazione dei nuovi controfossi, l’allargamento, lo scavamento e la rettifica del lagno mastro, l’adeguamento  dei lagni secondari e, soprattutto, la creazione della foce artificiale. Nonostante un nuovo rallentamento delle operazioni determinato dalla austera politica economica del vicerè Pimentel de Herrera (1603-1610), dalla morte di Domenico Fontana (sostituito dal figlio Giulio Cesare) e, soprattutto, da contenziosi sorti dopo una serie di ispezioni, alla fine del 1609 i lavori di bonifica poterono considerarsi conclusi, così come parzialmente rappresentato nella  pianta  Campaniae  Felicis Typus, incisa da Alessandro Baratta e pubblicata nel 161610, se si  escludono  limitati  interventi “di completamento” durante il viceregno di Pedro Fernandez de Castro (1610-1616).

A. Baratta, Campaniae Felicis Typus, in G. Barrionuevo, Panegyricus Ill.mo et Ex.mo D.no Petro Fernandez a Castro…, Neapoli 1616.

5  I. Di Resta, Capua, Bari, Laterza, 1985, p. 4. Per una più ampia analisi della bonifica dei Lagni, si rimanda a R.   Ciasca, Storia delle bonifiche del regno di Napoli, Bari, Laterza, 1928, pp. 15 e sgg.; G. Fiengo, I Regi Lagni e la bonifica della ‘Campania Felix’ durante il viceregno spagnolo, Firenze, Olschki, 1988, pp. 5 e sgg..

6 G. Fiengo, op. cit., p. 8. Il diploma è riportato integralmente in G. Castaldi, Memorie storiche del comune di Afragola, Napoli, Sangiacomo, 1830, p. 140.

7 D. Jacazzi, Sperimentazione e diffusione dell’architettura del classicismo: idee, modelli e artisti nella Campania del Quattrocento, in “Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania, saggi”, a cura di A.

Gambardella e D. Jacazzi, Roma, Gangemi, 2007, pp. 25 e sgg.

8 D. Jacazzi, op. cit., pp. 27-28; G. Pignatelli, La piazza di Capua, chiave e sicurezza del regno. Da città baloardo alla dismissione post-unitaria, in “Territorio, fortificazioni, città. Difese del regno di Napoli e della sua capitale in età

borbonica”, a cura di G. Amirante e M.R. Pessolano, Napoli, Esi, 2008, p. 169.

9 L’analisi del complesso iter della bonifica vicereale è in G. Fiengo, op. cit., passim.

A. Baratta, Campaniae Felicis Typus, in G. Barrionuevo, Panegyricus Ill.mo et Ex.mo D.no Petro Fernandez a Castro…, Neapoli 1616.

Nonostante la prammatica emanata nel 1615 sul contenimento dell’industria del lino e della canapa     e l’aumento dei controlli da parte delle autorità, dal secondo quarto del secolo si resero necessari     una serie di restauri alle nuove opere, realizzati in gran parte sotto la supervisione di Bartolomeo Picchiatti. Tuttavia, già agli inizi del XVIII secolo, il delicato equilibrio idraulico dei lagni doveva oramai essere nuovamente compromesso, e nella quasi totalità dei centri lambiti dai canali l’aria risultava irrespirabile a causa dell’intensificarsi dell’attività manifatturiera, avallata dagli stessi feudatari che vedevano comunque rappresentati i propri interessi nella Giunta.

10 La pianta, ripresa da un disegno di Mario Cartaro (cfr. V. Valerio, Un’altra copia manoscritta dell’‘Atlantino’ del Regno di Napoli, in “Geografia”, I (1981), pp. 39-46; G. Fiengo, op. cit., pp. 85 e sgg.), è in G.  Barrionuevo, Panegyricus Ill.mo et Ex.mo D.no Petro Fernandez a Castro…, Neapoli 1616.

Simonetta Conti (*), Giuseppe Pignatelli Spinazzola (**)
(*) SUN (Seconda Univ. di Napoli, P.zza S. Francesco, S. Maria Capua Vetere (CE), 0823234740 simonetta.conti@unina2.it
(**) SUN (Seconda Univ. di Napoli, P.zza S. Francesco, S. Maria Capua Vetere (CE), 3288460266 g.pignatelli.spinazz@alice.it

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