Le origini sansalvatoresi del Maestro Antonino Votto – di Antonello Santagata
Allievo di Arturo Toscanini e maestro di Riccardo Muti e Claudio Abbado. La frase basterebbe da sola a spiegare la caratura del personaggio Antonino Votto. Ma si vedrà che non basta.
Il padre di Antonino, Leucio Salvatore, era nato a San Salvatore Telesino (con quei nomi di dove altro poteva essere?) e aveva sposato la napoletana Antonia Penna. Leucio era sottoufficiale armaiolo e seguiva gli spostamenti, insieme alla famiglia, del reggimento Cavalleria Savoia. Per cui Antonino nacque a Piacenza nel 1896 (un altro fratello era nato a Padova). Nel loro girovagare, durante un soggiorno infantile a Firenze si avvicinò alla musica cominciando a studiare pianoforte. A nove anni, però, si iscrisse al conservatorio di San Pietro a Maiella a Napoli dove si diplomò in pianoforte e concertazione con il massimo dei voti nel 1915, in tempo per andare in guerra.
Durante gli anni del conservatorio la futura celebrità viveva a Napoli dagli zii materni ma frequentava il paese dove era nato il papà, tanto è vero che si racconta di un suo amore giovanile con una ragazza di San Salvatore.
A controprova della sua formazione meridionale negli anni che contano è il fatto che nei momenti di ira si esprimeva in napoletano. I biografi ricordano, tra gli altri, un episodio quando a Palermo stroncò una performance dell’allora giovanissimo Pavarotti con un lapidario “Nunn è ccosa!”
La sua carriera iniziò a Trieste come maestro nei teatri della città dove insegnava anche pianoforte. Dopo una tournée di successo in Argentina nel 1921, venne assunto alla Scala di Milano come sostituto di Arturo Toscanini. Nel giro di pochi anni divenne il principale collaboratore del maestro di Parma fino a diventarne il successore. Con Toscanini in America, Votto divenne il direttore d’orchestra più richiesto in Italia, in Europa e anche negli Stati Uniti. Negli anni Trenta diresse a Praga, Barcellona, Amsterdam, Ginevra, New York, in Egitto e nei maggiori teatri italiani. Si impose, insomma, come dice la Treccani, “in Italia, soprattutto alla Scala, e all’estero come uno dei più puntuali interpreti del melodramma italiano”.
Nel 1941 ottenne, al conservatorio di Milano, la prima cattedra istituita in Italia di Direzione d’Orchestra che conserverà fino al 1973 quando, a causa di una sopraggiunta cecità, smise di dirigere.
E’ stato il maestro grandissimi talenti tra i quali Claudio Abbado e Riccardo Muti. Quest’ultimo non ha mai perso l’occasione per ricordare con riconoscenza il suo maestro tanto da dichiarare in occasione della sua morte nel 1985: “Votto, con rara competenza e senza spavalderia aveva dischiuso i segreti del dirigere a centinaia di giovani, credendo fermamente nei valori di una scuola italiana che affonda le sue radici, attraverso Toscanini, in un atteggiamento di assoluta moralità di fronte alla musica. Sono orgoglioso di essere stato suo allievo e, come musicista, gli sono grandemente debitore”.
Numerosa è la sua discografia riguardante in particolare l’opera lirica ma anche il repertorio sinfonico. Era il direttore preferito, tra gli altri, dalla Callas, che diresse fin dagli esordi, e da Renato Del Monaco. La sua collaborazione con Luchino Visconti diede vita a memorabili messe in scena. Come il suo maestro Toscanini, dirigeva a memoria senza bisogno della partitura e sosteneva che non esistono cattive orchestre ma solo cattivi direttori.
Ai suoi allievi predicava di dirigere con gesti misurati ma autorevoli senza mai cadere nel divismo direttoriale. Ancora Muti definisce questa impostazione come la “regola ferrea di Antonino Votto”.
L’insieme del suo modo di vedere nella direzione lo riassunse nel libro “Consigli per i giovani che aspirano alla direzione d’orchestra” pubblicato postumo nel 1999.
Il modo sobrio ed austero nel dirigere probabilmente rispecchiava il suo carattere. Viene descritto come burbero, laconico, severo, severissimo. Muti ricorda che non sorrideva mai ma che aveva un cuore grande.
In conclusione, Antonino Votto per circa cinquant’anni è stato considerato tra i migliori direttori d’orchestra italiani, conosciuto e apprezzato in Italia e all’estero.
Dai tempi degli studi al conservatorio non si ha testimonianza che il maestro sia mai tornato a San Salvatore o abbia avuto contatti con gente del luogo ma il paese telesino lo ricorda con una strada a lui intitolata e con una associazione musicale che porta il suo nome. Anche Piacenza, sua città natale, gli ha dedicato una via. A San Salvatore, ancora ci sono lontani parenti di quel ramo dei Votto.
Antonino Votto aveva due sorelle e due fratelli, uno di essi, Pariso Votto, viveva a Firenze e dopo una iniziale carriera di discreto cantante lirico come baritono assunse prima il ruolo di Soprintendente del Teatro Comunale di Firenze fino a divenire Direttore, per molti anni, del Maggio Musicale Fiorentino di cui fu tra gli ideatori.
Una figlia di Pariso, Silvia, è stata varie volte assessore alla cultura nell’amministrazione comunale del capoluogo toscano in epoca precedente a Giorgio La Pira. (fonte Emilio Bove).
Morì nel 1985 a Milano e non ebbe discendenti adottando come suo il figlio della moglie, il cui figlio si chiama Antonino.
Milano e il mondo della musica, in particolare, non l’hanno mai dimenticato. E’ del 2019 un convegno internazionale di studi organizzato dal conservatorio Verdi con il patrocinio della Università milanese nel quale si è dibattuto sulla modernità e sull valore degli insegnamenti di colui che, in quella sede, è stato definito “l’ultimo direttore italiano moderno nato nell’Ottocento”.
Antonello Santagata