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L’elettrone e le due fenditure

Posted by on Giu 9, 2024

L’elettrone e le due fenditure

Un elettrone (un treno di elettroni) che passa attraverso una singola fenditura, si comporta come una particella: a giudicare da ciò che si vede sullo schermo dall’altra parte, l’elettrone è una particella.
Se passa (passano) attraverso due fenditure, quello che accade dall’altra parte ci fa capire che l’elettrone è un’onda.


Conclusione (una delle possibili): un’entità quantistica esiste in una molteplicità di stadi dei quali ne vediamo uno alla volta e quale di essi vediamo dipende dal tipo di contesto (Plank) nel quale lo osserviamo, dal tipo di relazione (Rovelli) a cui lo sottoponiamo.
In somma, è un po’ come il vaso di Rubin: o vediamo il vaso centrale, o due volti di profilo separati da uno spazio centrale (quello che nell’altra visione è il vaso).
I Domanda: è possibile, per noi, avere una visione unica, non concettuale dell’elettrone che unifichi i due stadi? I due stati divengono separati nell’esperimento. Di fatto non lo sono, letteralmente viaggiano assieme.
II Domanda (da qui comincia la metafora della nostra esistenza come specie): ma l’elettrone, quale “esperimento” sta facendo su se stesso? Che “pensa” di sé?
Be’, se vive in un mondo ad una sola fenditura, e pensa, sente come noi, si vedrà come particella: quello che succede sullo schermo al di là della fenditura, gli farà pensare una certa cosa di sé. In un mondo a due fenditure, invece, lo schermo gli darà una diversa risposta a seguito della quale egli di sé penserà altro (e forse, in questo caso, la penserà come noi: “sono un’onda”).
Se è diverso da noi, le due nature saranno percepite come fuse in una sola inscindibile natura.
III Domanda: l’elettrone potrebbe avere altre “nature”? Probabilmente sì. Se qualcuno riuscisse ad effettuare un nuovo tipo di esperimento, potrebbe rivelarne, magari, una terza natura (un altro stato) diversa dalle prime due.
Le relazioni generano le “cose”: viviamo in un mondo di interazioni, non di cose, dice il fisico Prof. Rovelli. Varrebbe per il mondo dei fenomeni quantistici, ma a ben riflettere vale anche per noi e per il mondo macroscopico.
Interagendo con quello che gli altri chiamano albero, io sin da piccolo ho le stesse sensazioni, le stesse risposte che hanno avuto gli adulti di oggi e quelli delle generazioni passate. Poiché a queste risposte si dà il nome di “albero” io imparerò a dare il nome albero a quell’insieme di sensazioni e a considerarlo una cosa posta là, nello spazio fuori di me, che è uno spazio, un posto, un luogo dove io debbo collocare quelle sensazioni, quello che mi genera quelle percezioni.
Il gioco è fatto: io, sono entrato a far parte della famiglia umana che cataloga quelle sensazioni come albero, quelle altre come nuvole, quelle altre ancora così e colà, ecc…
L’altro. Ma se io avessi la possibilità di interagire diversamente con quelle stesse cose, altro riceverei come stimolo da esse e, dunque, altro di esse descriverei; anche altro.
Questo altro non è presente nelle percezioni-descrizioni dei miei conspecifici (almeno della maggioranza di essi), dunque dovrebbe essere ad esse aggiunto. Invece, quasi sempre, viene derubricato a percezione soggettiva e, perciò, non vera, non reale, mentre, erroneamente, quelle degli altri, che sono frutto degli stessi processi, sono considerate oggettive e, dunque vere e reali.
Il secondo altro: visti i limiti della nostra specie, limiti presenti anche a livello percettivo-cognitivo, potrebbe essere che esista qualche “cosa”, “là”, fuori di noi, con il quale noi non siamo in grado di
interagire. Per esempio, se non facessero parte della “famiglia” delle onde elettromagnetiche, che conosciamo e percepiamo direttamente in un certo range di lunghezza d’onda, avremmo persino difficoltà a concepire le onde radio…
Potrebbe ancora essere che questo qualcosa che noi non siamo attrezzati per percepire (pensare il contrario, farebbe di noi dei mostri biologici, assurdi persino teoricamente parlando) possa interagire lui con noi (un po’ come gli ultravioletti che, sebbene non li percepiamo, ne sentiamo gli effetti dopo una lunga esposizione alla luce solare) in forme e con modalità che abbiamo difficoltà persino ad immaginare.
Prima Conclusione: noi e quello che “fuori” di noi è presente, possiamo essere molto più ricchi e variegati di ciò che abitualmente pensiamo.
Seconda conclusione: quando qualcuno dice di aver percepito, sentito, interagito con cose di cui la maggioranza dice di non aver mai avuto sentore (il numero reale di coloro che non hanno mai avuto esperienze anomale è inferiore a quello desumibile dalle dichiarazioni pubblicamente fatte: e questo è un fatto) andrebbe quanto meno non ostracizzato allontanandolo dal novero delle persone credibili o da quello di coloro che hanno tutte le rotelle che girano come dovrebbero. Invece accade proprio questo e, quel che è peggio, purtroppo, lo si registra anche negli stessi ambiti (ufologico, metafisico e… mistico-religioso) che, di per se stessi, sono anomali, e quindi poco credibili e poco accettabili secondo una visione ancora positivista e materialista del mondo. Un uomo di fede, infatti, può rigettare UFO e “spiritismo”; un ufologo può avere in uggia il paranormale (… e/o concezioni ufologiche diverse dalla sua) e così via. Uno scienziato, generalmente, rigetta tutto il precedente. Per quasi tutti quelli che ne accettano l’esistenza, poi, questi vari domini sono fra loro separati pur avendo fenomeni che si dipanano avendo, quanto meno, gli stessi risultati.
In somma: fin quando la nostra natura umana si esprimerà alla grande, ci sarà sempre qualcuno e qualcosa più a sud di qualcun altro. La visione unitaria è bel lungi dal venire.

Fiorentino Bevilacqua, 05.06.2024

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