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L’iconografia della strega nell’arte (Parte 1)

Posted by on Nov 13, 2023

L’iconografia della strega nell’arte (Parte 1)

Non è facile dire davvero come e quando sia nata l’”arte”, quale sia stato l’impulso primordiale a spingere l’uomo a rappresentare qualcosa: unica certezza è che le prime immagini e rappresentazioni raffigurate dall’Antico furono i dipinti parietali presenti in numerose grotte europee che descrivevano, a volte con dovizia di particolari, scene di caccia, cavalli, bisonti, elefanti ed altri animali in procinto di esser uccisi dal cacciatore che sta per scagliare la freccia contro di loro. Pensiamo, ad esempio, alla grotta di Montespan in Catalogna, a quella di Gargas o di Arcy sur Cure, nell’area francese per fare solo alcuni esempi. 

In realtà queste scene, ben lungi da essere semplici raffigurazioni, sono espressione di una magia primitiva che rientra a pieno titolo nelle credenze feticiste e religiose dell’uomo antico.

L’Antico fu così al contempo, artista e mago, dipingeva perché attratto dallo stimolo visivo e dal “bello”, ma anche perché la selvaggina si moltiplicasse e la caccia fosse favorevole. Forse la vera origine dell’Arte è nella magia che alberga la sua più antica alcova.

Dalla grotta alla tela l’aspetto magico e “demoniaco”, nell’accezione più ampia del termine, ha da sempre permeato i lavori  di artisti intrisi di quel tormento e dannazione che è espressione della vertigine che si genera dalla nostra attrazione verso il vuoto, il  pericolo di abbandonare e cadere dal sentiero, ma anche per la curiosità che ci spinge, consapevoli del pericolo, a guardare di sotto.

E’ la seduzione del curioso, dell’inconoscibile conosciuto, l’attrazione dell’inconsistente e del mostruoso, di ciò che non ha una sua natura perché appena tenta di acquisire una sua consistenza si trasforma in qualcos’altro di tangibilmente difforme. Il Daimon assume, così, varie forme e vesti, subendo continue mutazioni nell’iconografia anche a causa dell’evoluzione dei tempi.

Vogliamo in questo articolo approfondire uno dei tanti temi del numinoso, ovvero l’evoluzione di un’antica figura pagana poi demonizzata: la donna-strega, il veicolo del diavolo, come definita dagli autori del famigerato Malleus Maleficarum, i frati domenicani Jakob Sprenger ed Heinrich descrivevano le donne come abili tentatrici:

 “sono difettose di tutte le forze, tanto dell’anima quanto del corpo; […] sembrano appartenere a una specie diversa da quella degli uomini … e in effetti come conseguenza del loro primo difetto, quello dell’intelligenza, sono più portate a rinnegare la fede; come conseguenza del secondo, e cioè delle loro inclinazioni e passioni smodate, studiano, escogitano varie vendette, sia attraverso stregonerie sia in qualunque altro modo. Non c’è quindi da stupirsi se in questo sesso c’è tanta abbondanza di streghe”.

la Strega nell’arte del Demoniaco

La figura della strega si inizia a delineare tra il XII e il XIII grazie a Giovanni di Salisbury ma, a parte le rare illustrazioni inserite nei trattati e manuali antistregoni come nel Tractatus contra sectium valdensium, è nel 1400 che si diffondono le prime immagini della strega elaborate dagli artisti.  Il fenomeno della “stregoneria” affonda le sue radici in un lontano passato quando l’uomo e la donna vivevano nell’immanenza della Grande Dea dai mille nomi, “ Inde primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem”  e successivamente Diana Paganorum. Caratteristiche dei rituali dedicati a queste divinità sono le celebrazioni che si svolgevano in luoghi ad essa consacrati come fonti e pietre alle quali si associavano una serie di pratiche apotropaiche per propiziare la fertilità e la procreazione. Prederanno il nome di Sabba.

Tornando alla raffigurazione “artistica”, l’aspetto della donna-strega doveva essere orribile, rispecchiare la laidezza delle sue azioni.

Nelle prime decadi del Quattrocento la strega ha una immagine che definiremmo “alla valdese”, ovvero raffigurata come una donna nella sua quotidianità ma allo stesso modo tentatrice e laida (fig.0)

come nelle incisioni xilografiche presenti nel De Lamiis et pythonicis mulieribus di Ulrich Molitor o nel De Ritter von Turm. Si tratta dunque della rappresentazione di una donna-massaia che, però, è legata al “male” in ogni suo affare.

Gaspar Isac nel suo “Abominazione degli stregoni”, raffigura un gran numero di streghe all’interno di una cucina tra pentacoli, filtri, pentolini, mucchi d’ossa e strani animali. E’ in luoghi come questi che “queste anima maledette van preparando il loro tormento mentre attizzano le fiamme che eternamente ardono”.

Una particolarità che meriterebbe di esser segnalata è che fino a quel periodo mai nessun artista osò raffigurare, una strega completamente nuda. A partire dal 1420 ca, l’intensificarsi dei processi per stregoneria e la netta separazione tra questa pratica e le eresie muteranno anche gli aspetti artistici ed iconografici. Scompaiono le donne-massaie per lasciar posto alla raffigurazione della condannata e torturata. Per parlare di arte, però, dovremo aspettare almeno un altro secolo. Alla fine del Quattrocento, pur persistendo focolai eretici e malattie inspiegabili come la peste, si assiste ad un cambiamento delle condizioni culturali delle genti europee. La donna, anche se strega, riprende ad essere fonte di riflessione per artisti e poeti. L’immagine della strega beneficia di questi cambiamenti e abbandona il topos antiestetico.

Inizia ad apparire il “nudo” di profilo o di spalle e la strega inizia ad apparire bella, sensuale, con le sue zone erogene ben evidenziate. Colui che più di tutti rappresenta al meglio questo cambio di paradigma è il Durer che raffigura quattro donne completamente nude mentre mettono in bella mostra l’enorme e carnoso deretano (Fig.1-2). E’ il simbolo della chiusura di un secolo, il Quattrocento, e l’abbandono dell’immagine medusea della strega.

Andrea Romanazzi

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