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L’infedeltà della Tirannia d’élite

Posted by on Set 4, 2024

L’infedeltà della Tirannia d’élite

C’è un proverbio napolitano che cita così: “ ‘A carne fa ‘a carne e l’amicizia fa le corna ”. Ossia chi pensa di fare l’amico ma, prima o poi, ci tradirà per determinati motivi. Purtroppo il tradimento di una persona inflitto ad un’altra può scatenare momenti di rabbia e di tristezza per l’ultimo, ma colui o colei che lo ha tradito non si renderà conto che quello che ha fatto potrebbe andare incontro alle gravi conseguenze, fino a divenire complice in sé stessa/o.

L’unica soluzione per ripudiare quel tradimento è l’acquisizione della coscienza per poi ottenere nel nostro atteggiamento sensibilità, altruismo e responsabilità nei confronti di una persona che gli è stata vicino e che vuole riappacificarsi con essa, giurando fino in fondo che non la vorrebbe lasciarla da sola. Questo obiettivo e, soprattutto, dovere è totalmente assente nei governi europei divenuti ostaggi non solo dell’Occidente americano ma di un altro fenomeno che, attualmente, continua a nuocere la vita dei popoli: la Tirannia d’élite. Sicuramente non conoscerete tale concetto per il fatto che i mass media sono concentrati a seguire le notizie della propaganda occidentale che, in realtà, affermano l’esatto contrario. Però sarebbe giusto che i lettori abbiano il dovere, il diritto e la libertà di scoprire tante verità per evitare di mettersi nei panni di certi politicanti che sono nei loro governi attuando politiche a favore dell’Occidente e delle famiglie ricche, al dispetto dei bisogni dei propri popoli. Per saper amare un popolo bisogna essere fedeli, come dovrebbe fare naturalmente un marito nei confronti della propria moglie. La verità è proprio questa novità rimasta inascoltata e occultata dai giornali e dai libri scolastici e universitari, per cui sarebbe meglio discuterla. La cosiddetta

Tirannia d’élite, o elitaria, non è un nuovo fenomeno, perché esso ha avuto origini storiche a partire dall’Antica Grecia, dove iniziò ad affermarsi la dottrina dell’oligarchia attraverso i governi dei Quattrocento del 411 a. C. e dei Trenta tiranni del 404 a. C. Durante gli anni del Medioevo, la tirannia oligarchica si sviluppò all’interno del feudalesimo in cui le famiglie ricche, di maggioranza baronali e aristocratiche, ebbero in mano la gestione della vita e dei beni affidati alla propria comunità contadina, anche se veniva svolta in maniera non del tutto regolare e umana. Con l’avvento dei nuovi periodi storici che caratterizzarono l’Europa e il mondo intero fino agli anni Duemila, ossia il protestantesimo, la Massoneria, il colonialismo europeo, le dittature militari e l’imperialismo occidentale, rifiorirono tale fenomeno, tant’è che la parola “oligarchica” venne mutata in “elitaria” con l’affermazione anche della borghesia che, assieme all’aristocrazia, dominerà la vita economica, sociale e politica di un proprio popolo, fino a quando sarà responsabile di numerose conseguenze negative e drammatiche causate dal suo modo di esercitare la politica (divisione interna, dittatura, anarchia, crisi economica-sociale, conflitti e criminalità). Il fenomeno si può suddividere in tre tipi: La Tirannia d’élite può essere partitica, neocolonialista e del doppio gioco.

La Tirannia d’élite rappresenta indubbiamente e chiaramente lo “Stato dei pochi”, dove al suo interno prevalgono gli unici interessi di più gruppi alleati o di un solo gruppo isolato che sarebbe disposto a detenere il potere per poter dominare sulla Nazione, sempre a sfavore del suo popolo. Inoltre essa assume alcune caratteristiche di un regime monopartitico e militare, in particolare il culto della personalità e di una sola ideologia politica dominante all’interno della società civile e la sottomissione mentale e informatica del popolo da parte dello stesso dittatore, ma c’è anche da dire che nelle fasi di transizione democratica o all’interno della stessa democrazia il pluralismo, che veniva così elogiato e auspicato da molti intellettuali e politici occidentali per garantire “più diritti e libertà al popolo”, non fece altro che riconfermare la natura della citata Tirannia d’élite che consistette sulla salvaguardia dei soli politici e non dell’intera comunità civile. Ovviamente tutto ciò non sta a significare la negazione del pluralismo, ma il vero timore che esso stesse divenendo un’altra forma di

tutela dell’oligarchia partitica e personalistica di una o più élite contrapposte. La Tirannia d’élite è un fenomeno non solo anti-collettivo ma è anche imperdonabile, in quanto non accetta l’opposizione del suo popolo alle sue richieste politiche proposte dalla sua élite. Quindi l’élite stessa tende ad imporre la sua dittatura oligarchica (che sia un governo nazionale o un regime coloniale) se vengono soddisfatti i suoi interessi privati e ideologici. Quello che ci può e vi può interessare sulla discussione di tale spietato fenomeno è com’è stato il suo sviluppo negli eventi storici di vari Paesi. Per es. la Francia continua a festeggiare la presa della Bastiglia avvenuta il 14 luglio 1789 ma ignora che dietro di quella mobilitazione popolare agitarono vari sobillatori legati alle sette massoniche, sancendo l’avvento della Massoneria in Europa. Quella data si verificò la presa di potere che veniva compiuto mediante la corruzione, il trasformismo e la manipolazione, tutti provenienti dalla propaganda oligarchica che rese impuniti i crimini di molti fedeli delle loro élite desiderose di potere e ricchezza durante le rivoluzioni e le guerre d’indipendenza. Così è stato e così è avvenuto negli Stati dell’Europa, delle Americhe, dell’Asia, dell’Africa e dell’Oceania. Nell’esercitare il potere l’élite non solo emanava leggi per “occidentalizzare” l’economia del suo popolo (portando ad essi, nella maggior parte dei casi, svantaggi sociali) ma reprimeva il suo dissenso e la sua opposizione con una violenza inaudita e disumana, come avvenne nella controrivoluzione di Vandea del 1793 e nelle altre rivolte. La forma di opposizione di un popolo nei confronti dell’oligarchia della sua élite o di un’altra si fondava sul pacifismo e sulla ribellione che, bene o male, erano caratterizzati dalla volontà popolare per la difesa della propria Nazione anche mediante il desiderio della costituzione di una nuova classe dirigente fedele e onesta. Però la rivoluzione e la controrivoluzione furono i principali metodi di opposizione di un popolo al suo governo ritenuto dal primo illegittimo, condividendo vari ideali come il patriottismo e il nazionalismo neutrale (conciliandolo con i principi del comunismo del proprio popolo), se nei fatti attingevano alle esigenze e ai bisogni del popolo. Esempi particolari lo si possono trovare, oltre la famosa e citata rivolta di Vandea che fu spontanea poiché condotta dalla popolazione, dai borghesi e dai nobili benevoli esiliati, nella rivoluzione corsa del 1729-69, nelle guerre d’indipendenza europee contro l’imperialismo franco-giacobino-

napoleonico tra il 1794 e il 1815 (compresa l’Insorgenza italica), nella prima guerra d’indipendenza indiana del 1858, nella ribellione antisabauda del 1859 e 1870, nella guerra d’indipendenza cubana del 1898, nella rivolta dei Boxers cinesi del 1899-1901, nella rivoluzione cinese di Xinhai del 1911, nella guerra d’indipendenza irlandese del 1919-22, nella rivoluzione cubana del 1959, nella rivoluzione nicaraguese del 1979-80 ed molti altri. La lotta armata legittima e il pacifismo non erano gli unici mezzi intrapresi in quei periodi storici citati, c’erano anche coloro che impiegarono la libera critica nei confronti dei governi illegittimi favorendo ripetutamente il sentimento di indifferenza popolare a quella tirannia, la quale però rispose con una spietata repressione. La libera critica non avveniva soltanto nelle situazioni eccezionali ma anche sotto i governi legittimi che tentarono di difendere l’indipendenza dei propri popoli dal terrorismo di un solo gruppo politico o dall’imperialismo straniero. Giusto due esempi: le parole “pennarulo” e “caudillo”.

La prima parola fu coniata dal nostro re Ferdinando II di Borbone che, intento a proteggere l’indipendenza dei popoli siculo-napolitani e a favorire il loro progresso economico-sociale, si oppose alle proposte dei signorotti liberali a causa delle loro rivolte settarie che minacciarono il Regno delle Due Sicilie. Per tale motivo il nostro re, con occhio attento e cosciente dei suoi doveri, iniziò a etichettare quei professionisti liberali come “pennaruli”, il cui vero significato non s’intende il ripudio della libertà culturale ma la critica alla mentalità egoistica delle classi dominanti che furono la borghesia e l’aristocrazia, ma entrambi gruppi sociali rappresentarono una minoranza ostile alle riforme duosiciliane volte allo sviluppo economico e al benessere popolare che, per contrastarle, usarono la violenza politica organizzando varie rivolte e colpi di Stato con la conseguenza di infliggere gravi danni economici e sociali ai napolitani e ai siciliani. Purtroppo nel 1860 la minoranza dei pennaruli, con l’aiuto dell’esercito mercenario del generale piemontese Garibaldi, ebbero la meglio sui Borbone, sull’esercito regio e sul popolo napolitano, i cui ultimi furono costretti a sottomettersi al colonialismo sabaudo ma si rifiutarono di farlo, rispondendo con una eroica resistenza partigiana per poi pagare un prezzo molto alto con fucilazioni, arresti ingiusti, processi farsa, deportazioni ed emigrazione. La seconda

parola, a differenza della prima, deriva dall’America Latina introdotta nell’Ottocento dopo il periodo delle guerre d’indipendenza dei suoi Stati che intendeva come uomo forte, quella figura politica che ha un rapporto con le forze armate con lo scopo di esercitare personalmente e ideologicamente il potere, illudendo e sottomettendo il proprio popolo di appartenenza. Il fenomeno del caudillismo ha avuto la sua comparsa in alcuni eroi nazionali (Simón Bolívar, José Gervasio Artigas) e dittatori (Francisco Franco, Antonio López de Santa Anna, Rafael Leónidas Trujillo, Fulgencio Batista, Manuel Noriega) che guidarono i loro rispettivi Paesi, divenendo però responsabili di una serie di conseguenze negative inflitte ai loro popoli. Soltanto le due rivoluzioni latino-americane, quella cubana e quella nicaraguese, sono esempi di pura opposizione popolare dietro il supporto di un solo partito. Il popolo cubano era molto risentito profondamente per la durezza della dittatura filo-americana di Batista che aveva trascinato il paese nell’illegalità (determinando prostituzione, gioco d’azzardo, corruzione e omicidi politici) e, quindi, decisero di cacciarlo con una rivoluzione nazionale supportati dai guerriglieri del 26 luglio sotto la guida di Fidel Castro, il quale, dopo la vittoria della rivoluzione avvenuta nel 1959, instaurò un regime comunista anche se il suo pensiero politico conciliava con le idee nazionaliste del martire antenato José Martí. Anche i nicaraguesi subirono la stessa sorte dei cubani ma in seguito riuscirono a salvare il proprio paese dalla dittatura di Somoza con una rivoluzione sandinista tra il 1979 e il 1980, passando all’instaurazione del nuovo governo legittimo socialista nazionale che si dedicò a promuovere le riforme economico-sociali e la nuova Costituzione in riferimento agli ideali politico-civili del Nicaragua e ai principi del diritto internazionale. Altri esempi legati agli obiettivi delle due rivoluzioni citate sono: la rivolta dei Lazzari napolitani quando nel gennaio del 1799 a Napoli, dopo la decisione del Sedile del Popolo per il ricorso alla forza contro l’occupazione francese, resistettero alle baionette degli invasori europei e al tradimento dei napolitani giacobini, dovendo arrendersi per poi riprendere la loro lotta di liberazione nazionale con l’arrivo dell’Esercito sanfedista del cardinale Ruffo nel giorno del 13 giugno, data della Festa di Sant’Antonio di Padova, che salvò la Patria Napolitana nostra dall’imperialismo giacobino e la rivolta dei Boxers quando tra il 1899 e il 1901 i combattenti cinesi, membri della società di

Yihequan (giustizia e concordia), difesero il proprio Impero dal minaccioso imperialismo europeo-giapponese che stava danneggiando le loro condizioni economiche, con il risultato della pesante sconfitta del popolo cinese da parte della spedizione multinazionale imperialista che gli impose il pagamento di un indennizzo di guerra, infliggendo alla Cina una grave umiliazione estera ma tale ingiustizia verrà cancellata dalla rivoluzione del 1911 che portò alla proclamazione della Repubblica. La rivoluzione è stato il mezzo più elogiato e auspicato dai popoli in rivolta, senza però dubitare che la Tirannia d’élite svolse un ruolo fondamentale nella partecipazione alle rivoluzioni e alle controrivoluzioni. Infatti accadeva che una rivoluzione, finita nelle mani dell’élite, rischiava di mutarsi dalla mobilitazione spontanea popolare in una situazione di totale anarchia in cui il popolo diventa vittima di una ingiustificata manipolazione tra le parti in contrasto, come accade anche in una controrivoluzione. Uno dei casi storici che si ricollega a tale caratteristica presente nella Tirannia d’élite è la rivoluzione messicana quando, ad eccezione della prima fase del 1910-11 con il rovesciamento del dittatore Porfirio Díaz e l’instaurazione del governo di Francisco Madero che non riuscì ad applicare la riforma agraria a causa della difficile situazione socio-politica causata d’altronde dal radicalismo rurale di Pancho Villa e dal suprematismo oligarchico di Victoriano Huerta e di Venustiano Carranza, essa divenne un’anarchia gestita dai rivoluzionari “costituzionalisti” con la loro violenza politica che ridussero la presenza dello Stato e la situazione finì sotto il dominio delle contrapposte figure della rivoluzione che, in seguito, vengono assassinati. Potrei continuare ancora a citare altri esempi: la controrivoluzione cubana fomentata dalla CIA e dal governo di Washington per affermare con la forza la dottrina del maccartismo in America Latina contro l’odiato comunismo di Cuba che, nei fatti, non si ispirava tanto alla rigidità sovietica nell’ambito economico, promuovendo lo sbarco nella Baia dei Porci tra il 17 e il 19 aprile 1961 che voleva instaurare la “democrazia americana” in Cuba attraverso la Brigada Asalto 2506 composta da “oppositori politici” e delinquenti comuni ma fortunatamente l’operazione di invasione fallirà con il tempestivo intervento delle forze armate cubane che catturarono i restanti mercenari filo-americani per poi estradarli alcuni; le rivoluzioni colorate orchestrate dai servizi segreti americani che rovesciarono i governi legittimi

per costituire governi filo-occidentali e, per di più, di carattere neo-nazisti, come avvenne in Ucraina durante la rivoluzione di Maidan del febbraio 2014 tacciata come “europeista” ma legata alla propaganda occidentale con lo scopo di contrastare la presenza della Federazione russa di Putin che dovette difendere la minoranza russa di Crimea che venne annessa alla Russia con il consenso popolare alla Russia dopo il referendum del 16 marzo 2014 e di Donbass che si autoproclamò Repubblica indipendente, anche se dovette fronteggiare l’esercito nazionale neo-nazista nella Guerra Ucraina ancora in corso. Assieme a tali rivoluzioni vanno onerosamente inseriti anche le “guerre democratiche” che vengono dichiarate contro quegli Stati “accusati di terrorismo” sempre con lo stesso intento di voler costituire dei governi filo-occidentali, cedendo però i popoli arabi al dominio delle organizzazioni terroristiche islamiche supportate a loro volta dalle stesse potenze occidentali, come le guerre di Iraq (2003-2001), della Libia (2011), dell’Afghanistan (1978-) e della Siria (2011-), dove i vari leader furono rovesciati, assassinati o ostacolati dalle forze militari ribelli e dagli organismi provvisori esecutivi e legislativi fedeli all’Occidente americano che, mediante l’invio dei soldi e delle armi, offrirono maggiore libertà ai nuovi tiranni terroristi di sottomettere e violentare i propri popoli a loro piacimento, dietro la complicità della diplomazia filo-occidentale infiltrata nell’ONU. Qui si vede la totale violazione del diritto internazionale che dovrebbe invitare tutti i governi del mondo a rispettare e ad applicare il principio dell’uguaglianza dei popoli non solo da parte dell’Occidente ma anche dei suoi fidati alleati, tra cui il governo israeliano che tutela il suo ridicolo sionismo, portando avanti la sua politica sulla discriminazione etnica e religiosa contro il popolo palestinese dalla sua fondazione del 1948 fino ad oggi. L’intervento militare occidentale per la pace e la democrazia nascose la sua vera faccia davanti agli occhi dell’opinione pubblica internazionale: il suo vero terrorismo volto a distruggere i futuri dei popoli coinvolti nelle guerre non per loro colpa. Di fronte a una dittatura violenta, sanguinaria e spietata della Tirannia d’élite ancora dominante nei popoli del mondo, l’unica soluzione per abbatterla è di stabilire o di ristabilire l’etica politica che prevede, moralmente e per dovere, responsabilità istituzionale e sociale nei confronti di un determinato popolo, su ispirazione dei pensieri di intellettuali e politici provenienti di quello stesso popolo e non sempre

alle dipendenze dei modelli stranieri. Se il nostro Giambattista Vico con il suo “De ratione” ci insegna che un intellettuale deve saper rapportarsi con il suo popolo andandolo incontro e inserendo i suoi bisogni al centro della sua attenzione, allora Sun Yat-sen, per esempio, trasmise al suo popolo cinese i “Tre Principi del Popolo” per rendere la Cina uno Stato libero e potente.

L’indipendenza nazionale, il benessere economico, l’egualitarismo sociale e la legittimità politica sono di fatto e maggiormente condivisi dagli ideali di patriottismo e di nazionalismo neutrale dei popoli per dimostrare a tutte le potenze straniere, in particolare all’Occidente e all’Oriente, che essi non sono merci pronti per essere venduti e sfruttati ma sono interamente un popolo che non si vergogna di detenere la sua civiltà e che volle resistere e risolvere i suoi problemi ispirandosi agli ideali civili-politici dei loro antenati. Con questa conclusione si arriva al punto che l’etica impone limiti non solo chi governa ma anche chi prova a dominare una Nazione, anche se prima o poi dovranno ammettere la propria responsabilità delle proprie azioni compiute.

Antonino Russo

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