NEL NAPOLETANO SPESSO LA “B” DIVENTA “V”
Nel Napoletano, e non solo, spesso la B dell’Italiano diventa V e viceversa: si potrebbe dire che, in un certo senso, si alternano; nel Catalano, la V, addirittura, si legge B. Come mai?
In una vasta area centro meridionale che va dai dintorni meridionali di Roma fino al nord della Calabria, e dall’Abruzzo fino alla Puglia le parole latine che iniziavano con b- mostrano una quasi generale tendenza a indebolire tale consonante in v-.
Scelgo gli esempi dal napoletano: BUCCA > vocca, BIBERE > vévere, BASIUM > vaso, BARCA > varca, eccetera.
Lo stesso accade a volte, come già visto in vévere, anche per le -b- latine intervocaliche. In altri casi però, lo sviluppo di -b- intervocalica ha dato invece una doppia bb: è il caso di diébbete, nobbile, sabbato, eccetera. In nessun caso la b latina si è conservata immutata in quest’area.
In conseguenza di tutto ciò, nel napoletano odierno, come in tantissimi altri dialetti campani e meridionali, non abbiamo mai b, ma solo o una v breve o una bb doppia.
In particolare questa alternanza v/bb si osserva in maniera molto evidente a inizio di parola quando agisce il raddoppiamento sintattico. Se la v- iniziale di vévere è preceduta dalla preposizione a o pe’ o dalla negazione nu, la v- iniziale si raddoppia e si trasforma in bb-: a bbévere, pe bbévere, nu bbévere, ecc. (benché oggi si senta a volte anche a vvévere, pe vvévere, nu vvévere).
Questa alternanza tra v- e bb– si è prodotta in maniera identica anche in quelle parole che in latino già avevano v-, come VELLE > vulé, VOLTA > vota. Abbiamo infatti tu vuò, ma che bbuò; na vota, ma tre bbote, e così via.
Questa completa assenza di una b breve nei nostri dialetti comporta anche che nell’italiano delle regioni sopra citate la pronuncia corrente di parole come sabato, Fabio, subito, abile, ecc. sia sabbato, Fabbio, subbito, abbile, a causa dell’abitudine dialettale trasmessa in eredità anche all’italiano regionale.
Pietro Maturi