Posted by altaterradilavoro on Dic 27, 2018
La tradizione napoletana di bruciare una pigna nel periodo
natalizio nasce da un leggenda sulla fuga in Egitto della Savìcra Famiglia.
Tra il popolo napoletano,
notoriamente superstizioso e attaccato alle sue leggende,
a Natale
e a Capodanno era ed è tuttora tradizione benaugurate bruciare una pigna in
casa per far diffondere l’odore della sua resina che si
scioglie sul fuoco e raccoglierne e mangiarne i frutti.
Quella di bruciare la pigna è un vecchia tradizione
che possiamo far risalire al 1600 e rielaborata dal maestro Roberto
de Simone che la musicò e ne affidò il canto a Concetta
Barra.
La leggenda è una delle tante che ruotano intorno alla fuga
in Egitto della Sacra Famiglia. Ed è giunta sino a noi grazie
alla tradizione dei “cunti”, ovvero dei
racconti che si tramandavano oralmente e che costituiscono il patrimonio
condiviso di tutti i napoletani, talvolta più della parola
scritta.
La “leggenda del lupino”
racconta che la Sacra Famiglia, per sì che Gesù Bambino scampasse alla strage
degli Innocenti ordinata da Erode, fu costretta a fuggire da
Nazareth. Durante il tragitto, la Madonna, con il Bambino tra le braccia, per
sottrarsi ai persecutori chiese aiuto alle piante e agli alberi che trovava lungo
il percorso. Così si rivolse al lupino dagli alti
fusti che ben avrebbe nascosto e riparato la mamma e il santo Bambino, ma il
lupino si rifiutò di offrire loro riparo e così come pena per la sua asprezza e
il mancato aiuto, venne condannato per sempre a generare frutti amari.
Procedendo nella fuga, la Madonna trovò un pino e chiese aiuto anche a lui. Il pino benevolmente spalancò le sue enormi fronde per accogliere e nascondere madre e Figlio ai loro aguzzini. Gesù allora, in cambio della protezione ricevuta, benedisse il frutto di quest’albero e in ogni pinolo impresse una “manina” in ricordo della sua benedizione. Ma soprattutto fece dono alla pianta del pino dell’odore dell’incenso per perpetrare il ricordo della sua generosità.
fonte
https://grandenapoli.it/vuoi-un-buon-natale-devi-bruciare-pigna-la-leggenda-del-lupino/?fbclid=IwAR0L2oomn9JEaHAiOn4sMsCQ_qkk9TbaqoVfZFSs9J23Sc_2Z0TuFYhaXFI
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Posted by altaterradilavoro on Dic 21, 2018
Tra sacra rappresentazione e dramma pastorale ecco la Cantata dei Pastori di Carlo Faiello. L’opera nasce dalla contaminazione di elementi colti con altri della Commedia dell’arte per un concerto davvero speciale
Nel giorno del Santo Natale, alla Domus Ars
alle ore 20,30 si rinnova la tradizione della Cantata dei Pastori (in replica
poi anche il 26, 27, 28, 29 e 30 dicembre).
Carlo Faiello propone la tradizionale opera
di Perrucci tra
tradizione e innovazione, scegliendo le composizioni più interessanti e
rappresentative relative al periodo natalizio: dalle pastorali di Sant’Alfonso
Maria de’ Liguori alle più famose melodie di Roberto De Simone; dall’archivio
sonoro di estrazione orale all’Ave Maria di Fabrizio de Andrè, oltre ai brani
composti dallo stesso Faiello.
Protagonista
dello spettacolo è Giovanni Mauriello,
già fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare e custode della celebre
versione della Cantata degli anni ‘70.
Sulla
scena anche le cantanti e attrici Antonella
Morea, Elisabetta D’Acunzo e Marianita Carfora con la partecipazione
del figlio d’arte Matteo Mauriello.
Le scene e i costumi sono a cura di Bruno De Luca. Le parti musicali, elaborate
da Carlo Faiello che cura anche la direzione musicale, sono affidate all’Orchestra
Santa Chiara: Vittorio Cataldi alla fisarmonica e piano; Fulvio Gombos al contrabbasso;
Gianluca Mercurio alle percussioni; Pasquale Nocerino al violino; Edo Puccini
alla chitarra.
“La Domus Ars è un centro di cultura che ha lo scopo di promuovere e
diffondere la cultura campana nel mondo. Da sette anni mettiamo in scena per il
Natale La Cantata, ogni anno, però, è sempre diversa. Il nostro è un
allestimento minimale e essenziale ma, optando per la forma concerto, ho voluto
restituire all’opera una suggestione diversa”, spiega Carlo Faiello.
Notizie sulla Cantata
di Andrea Perrucci:
La storia è quella di Giuseppe e Maria che vagano per le
campagne di Betlemme alla ricerca di un riparo, ostacolati dal perfido Belfagor
e protetti dalla spada divina dell’Arcangelo Gabriele. Nel difficile viaggio vengono
accompagnati da due figure popolari partenopee, Razzullo, scrivano napoletano
assoldato per il censimento, e Sarchiapone, maschera ispirata quasi
direttamente alla tradizione popolare dei Pulcinella.
Pubblicata nel 1698 è
l’opera teatrale più conosciuta del letterato Andrea Perrucci. Rappresentata
per oltre tre secoli a Napoli, il testo fu creato per opposizione agli
spettacoli “pagani e blasfemi!” che distraevano il popolo dai festeggiamenti
del Santo Natale. La Cantata è un lavoro misto di sacra rappresentazione,
cantata e dramma pastorale che vive della contaminazione di elementi colti con
altri propri della commedia dell’arte.
Orario spettacoli: tutte le sere alle ore 20,30 tranne il 26
dicembre (ore 18,30) e il 30 dicembre (ore 19).
Ingresso €15,00 ridotto € 10,00
I giovani fino al 26° anno di età, gli over 60,
possono acquistare i biglietti a prezzo ridotto.
Domus Ars
Via Santa Chiara, 10
Info e prenotazioni: 081.3425603 – 338.8615640 direzione@domusars.it
25, 26, 27, 28, 29, 30 Dicembre 2018
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Posted by altaterradilavoro on Set 15, 2018
La Tammurriata, impropria- mente detta (infatti va decisamente e più correttamente identificata con ‘o ballo e ‘o canto ‘ncopp’o TAMMURRO), è una danza antichissima e sicuramente pregna di simbologie tutte legate ai cicli delle stagioni, alla fertilità, alla spiritualità, all’amore.
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Posted by altaterradilavoro on Giu 22, 2018
Dal 21 al 24 giugno, nella Reggia-Museo e nel Real Bosco di Capodimonte, c’è il primo Festival della musica popolare del Sud Italia. Ha la direzione artistica del famoso musicologo, attore e cantante napoletano Peppe Barra, la collaborazione di Antonio Acocella e di Maria Varriale del Centro di cultura popolare del Mediterraneo, il coordinamento di Aurora Giglio, presidente dell’associazione Musicapodimonte, e il sostegno della Regione Campania.
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Posted by altaterradilavoro on Gen 6, 2018
“ Era entrata nella bottega di Peppino Ascione, suo cugino, quello che faceva i Santi. La bottega era piccola e i cinque o sei Santi, grandi, al naturale, di legno scolpito, la riempivano.
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