Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Massimiliano Verde: difendere la lingua napoletana è un diritto dell’umanità

Posted by on Giu 8, 2019

Massimiliano Verde: difendere la lingua napoletana è un diritto dell’umanità

Intervista al Palazzo di Vetro dell’ONU con il Presidente dell’Accademia Napoletana, venuto recentemente a New York per salvare il napoletano

“Era arrivato il momento che qualcuno seriamente si occupasse di preservare un patrimonio dell’identità culturale italiana e non solo… A Napoli circa il 70% dei suoi abitanti parla ancora il napoletano come prima lingua… “Gomorra e Ferrante? In quanto storico e studioso della cultura, della lingua, dell’arte io non mi occupo di fictions…. puntare e sensibilizzare i giovani soprattutto, ad una lingua, quale quella napoletana che è quella dell’antifascismo, della democrazia e della resistenza al nazismo…

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Massimo Felice Abbate il notaio del Re, ringrazia l’Alta Terra di Lavoro

Posted by on Mar 31, 2019

Massimo Felice Abbate il notaio del Re, ringrazia l’Alta Terra di Lavoro

Ancora complimenti per la serata ieri, “me so fatto chiatto”

1) la splendida interpretazione pasoliniana di Cinzia.

2) le canzoni aspre e ruvide di Silvano, assolutamente non necessitanti dei facili consensi Eugeniani.

3) la magica recitazione di Loredana e dell’altra attrice di cui, mea culpa, non ricordo il nome.

4) Raimondo sempre un numero uno

5) ‘o CORE, (E CHE CORE!) dell’ ALTA TERRA DI LAVORO.

Salutamme


Foto scattate da Enzo de Maio

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Alan Lomax racconta come Sanremo ha annientato la musica italiana

Posted by on Feb 2, 2019

Alan Lomax racconta come Sanremo ha annientato la musica italiana

Negli anni 50 il festival nacque puntando sulla canzone di derivazione Usa. Il risultato è che siamo condannati al provincialismo musicale. E a imitare le popstar Usa

E’ un perfetto cold case antropologico e cultural-musicale. L’assassinato lo conoscevamo: si tratta del pop italiano. Ci siamo mai chiesti perché il mainstream musicale d’Italia è da sempre così integralmente debitore, come produzione, sound e perfino birignao compositivi, della musica inglese e americana? Ci siamo chiesti perché, mentre altre culture si sono manifestate con caratteristiche se non altro riconoscibili, da noi in un modo o nell’altro (e a parte meravigliose eccezioni, ovvio) siamo ancorati a un altrove che ci relega al ruolo di provinciali? Ci siamo chiesti perché le nostre popstar negli Usa o in Inghilterra non attecchiscono e vengono sempre viste, quale più quale, meno, come cloni di un qualcun altro?

A parte le solite eccezioni: David Byrne che elogia De Andrè, Bowie che ama Anima Latina di Battisti, il progressive, poco altro, musicalmente risultiamo non pervenuti.

E infine chiediamoci come mai altre tradizioni hanno proposto nel Novecento musiche pop fatte di fortissime radici locali, etniche (o come direbbero i musicologi: extracolte) come il blues, il jazz, il rock e poi il folk di varie derivazioni, il flamenco, il fado, la samba. E invece da noi niente o quasi. Per chi ci guarda da fuori l’Italia è ancora l’Opera, apprezzata in tutto il mondo. E forse, un po’ Modugno, o Napoli. Per il resto (a parte le solite eccezioni: david Byrne che elogia De Andrè, Bowie che ama Anima Latina di Battisti, il progressive, poco altro), non pervenuti. Un suono italiano mainstream non c’è.

La risposta è in quel rituale, anno dopo anno più stanco e meno facente funzioni, che si chiama Sanremo, che è anche di fatto l’assassino della musica popolare italiana, cioè di quella scintilla archetipica che ci avrebbe potuto rappresentare nel 900 con una fisionomia culturale. E’ un fatto, non una supposizione. Sanremo in tv è nato con il preciso intento di fare fuori la musica popolare italiana.

Stiamo solo riportando il racconto del più grande musicologo del 900. Vale a dire Alan Lomax, l’uomo che con le sue registrazioni ha scoperto buona parte del blues (Muddy Waters, tra i tantissimi altri), i padri del jazz (Jelly Roll Morton, ripescato in un infimo albergo), molta musica sudamericana, e ha reso consapevoli gli spagnoli di possedere un tesoro chiamato flamenco
Bene, proprio Lomax nel 1954-55 riuscì a organizzare un viaggio in Italia, sponsorizzato dalla Bbc, insieme a un giovane ricercatore (da quel momento in poi considerato il fondatore dell’etnomusicologia italiana) Diego Carpitella. Un anno on the road, dalla Sicilia alla Val d’Aosta, al Veneto. Registrazioni nelle strade, nelle piazze, nelle case di paese: dai canti dei pescatori calabresi di pescespada ai cori della Liguria.
Sorpresa: secondo Lomax “il paesaggio sonoro italiano era il più ricco, vario e originale” da lui mai incontrato, come ha ricordato la figlia Anna.
Lomax riteneva la tradizione musicale italiana la più interessante in Europa. Il resoconto del viaggio si legge nel libro autobiografico L’anno più felice della mia vita (Il Saggiatore) e si ascolta nella serie dei dischi Italian Treasury. Accessibilissimi, e a tutti sconosciuti meno agli specialisti.

E qui viene il bello, o meglio, il giallo, o meglio il noir. Lomax entusiasta, dopo aver incontrato Alberto Moravia e Francesco Rosi, e dopo aver fornito le sue registrazioni a Pier Paolo Pasolini (che le userà per Decameron, senza citarlo), andò a parlare alla dirigenza Rai. Citò l’esempio delle piccole stazioni radio negli Usa, che trasmettevano musica del posto finanziandosi con la pubblicità locale. Il dirigente, il maestro Giulio Razzi, nel frattempo sorrideva.

Fu una scelta precisa della Rai, puntare su Sanremo (di cui Razzi era uno degli organizzatori) per la tv. La più potente e centralista azienda culturale italiana decise di concentrarsi sulla canzone derivata dalla tradizione Usa di Tin Pan Alley, il popolare italiano venne tolto di mezzo dai media prima ancora di entrarci. Risultato di questa scelta di paradigma: il pop della penisola nacque facendo fuori le proprie radici, e imitando la canzone Usa. Sarebbe giusto ricordare che l’irrilevanza di tanto pop mainstream italiano ha un’origine precisa.

Lomax riteneva la tradizione musicale italiana la più interessante in Europa. Bene: Sanremo l’ha distrutta

fonte https://www.linkiesta.it/it/article/2016/02/13/alan-lomax-racconta-come-sanremo-ha-annientato-la-musica-italiana/29259/

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DICEVANO DI NAPOLI

Posted by on Nov 20, 2018

DICEVANO DI NAPOLI

La Napoli del Seicento

Maximilien Misson (magistrato francese, 1687) – “La bellezza della sua posizione, la quantità di nobiltà che vi si vede, la moltitudine dei suoi mercanti, il gran numero dei suoi palazzi, la magnificenza delle sue chiese, tutto questo la rende considerevole. È ancora una delle più belle città del mondo, forse anche la più bella … Roma, Parigi, Londra, Vienna, Venezia e tante altre città famose hanno in verità dei bei palazzi; ma questi sono inframmezzati da brutte case, laddove Napoli è generalmente tutta bella.

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“Napoli ad occhio nudo”

Posted by on Mag 25, 2018

“Napoli ad occhio nudo”

Non ho letto interamente “Napoli ad occhio nudo” di Renato Fucini ma il suo reportage mi è tornato alla mente guardando sul più grande quotidiano nazionale la foto di un orologio con al centro del quadrante una pizza. L’articolo accanto recitava: “Napoli regala ai turisti gli orologi antiscippo”.

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