Nella primavera del 1860, dopo la vittoria franco-piemontese della II guerra d’indipendenza, Francesco Crispi inviò in Sicilia due esuli siciliani fuggiti dopo la fallita rivoluzione del 1848, Rosalino Pilo e Giovanni Corrao, allo scopo di organizzare un’insurrezione che sarebbe servita da pretesto per l’invio di una spedizione condotta da Giuseppe Garibaldi.
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Ancora non son suonate le ore tre del 15 maggio che Garibaldi è già in piedi e sorseggia un caffè bollente preparato dal frate spogliato Giovanni Froscianti, un umbro cinquantenne di Collescipoli, che gettato il saio è diventato un bestemmiatore turco.
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All’alba del 14 giunge il cambio e Giò, con gli altri genovesi, rientra in Salemi sotto l’acqua. Tutta la brigata Cacciatori delle Alpi si aduna su una spianata nei pressi della porta che da Salemi conduce a Trapani e a Calatafimi. Il generale, in groppa al suo cavallo, passa in rassegna la truppa, poi, sentiti gli esploratori inviati verso Vita, decide di sciogliere l’adunata e di rimandare tutti agli alloggiamenti.
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Alle 8 di sera del 12 maggio la colonna Landi lascia Alcamo per Calatafimi. Gli ordini sono di riunirsi con le truppe provenienti da Castellammare e andare a intercettare la colonna di filibustieri e di insorti provenienti da Marsala.
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A Marsala la notte è trascorsa tranquilla. Le guarnigioni borboniche di Trapani e Sciacca sono rimaste al loro posto.
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