Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Come il Terzo Reich censurò i musicisti non ariani

Posted by on Ago 6, 2019

Come il Terzo Reich censurò i musicisti non ariani

Ottant’anni fa scoppiava la seconda guerra mondiale: voluta dal nazionalsocialismo, essa ha colpito tante popolazioni innocenti prima dell’Europa e poi di altri continenti, fino a includere 47 nazioni. Il 24 agosto 1939, alcuni giorni prima dello scoppio delle ostilità e l’invasione della Polonia, da Castel Gandolfo risuonò accorata la voce di Pio XII tramite i microfoni di Radio Vaticana: «Un’ora grave suona nuovamente per la grande famiglia umana (…). Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra» (cfr. Acta Apostolicæ Sedis, XXXI, 1939, p. 334). È doveroso commemorare gli avvenimenti di ottant’anni or sono davanti a Dio «per onorare i morti e per compiangere tutti quelli che questo dilagare di crudeltà ha ferito nel cuore e nel corpo, completamente perdonando le offese» (Giovanni Paolo II, Lettera apostolica nel 50° anniversario dell’inizio della II Guerra mondiale, 27 agosto 1989). Il doloroso ricordo di quei fatti drammatici può essere richiamato anche tramite la musica, mediante il suo linguaggio universale; in particolare, tramite la Entartete Musik, «musica degenerata». Con questa etichetta, ai musicisti ebrei – ma anche slavi e, in generale, non ariani – fu proibito di suonare e di esprimersi nei paesi del Terzo Reich. La censura colpì compositori (passati e presenti), esecutori, la musica atonale e di avanguardia, così come jazz, swing e tutto ciò che è associato alla musica americana nera. Fu così che compositori come Mendelssohn, Meyerbeer, Mahler, Schönberg, Weill, Berg, Hindemith, Stravinskij e Gershwin furono considerati portatori di elementi non-tedeschi e furono attaccati, mentre invece Bach, Handel, Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Weber, Schumann, Brahms, Wagner e Bruckner furono visti come padroni di un linguaggio musicale puramente germanico e risuonarono ovunque nel Terzo Reich. Benedetto XVI, l’8 ottobre 2009, in una grande sala da concerto di Roma vicino al Vaticano, ha partecipato a un concerto in occasione del 70° anniversario dello scoppio della seconda guerra mondiale. Un’orchestra giovanile tedesca ha eseguito brani di Felix Mendelssohn (1809–47) e Gustav Mahler (1860-1911). Sulla scia del Papa tedesco possiamo ascoltare musica – proibita sotto il regime nazista – di questi due compositori, entrambi ebrei di nascita, poi battezzati (l’uno luterano, l’altro cattolico) e che hanno sperimentato durante la loro vita un forte antisemitismo. Ostilità contro Mendelssohn, il volto brillante e raffinato del Romanticismo? Questo compositore, pianista, direttore d’orchestra e insegnante romantico tedesco è una figura fondamentale della musica del XIX secolo. Fu anche una grande forza nel risveglio della musica di Johann Sebastian Bach. Tuttavia, Mendelssohn fu sempre più denigrato dopo la sua morte. All’inizio del 1888, George Bernard Shaw, durante i suoi anni come critico musicale, scrisse: «Ora vediamo abbastanza chiaramente che Mendelssohn, pur esprimendosi nella musica con tenerezza e raffinatezza toccanti, e talvolta con una nobiltà e un fuoco puro che ci fa dimenticare tutta la sua gentilezza in guanti bianchi, il suo sentimentalismo convenzionale e il suo spregevole oratorio da mercato, non fu nel rango principale dei grandi compositori» (George Bernard Shaw, London Music in 1888-1889, London, Constable 1937). Perché tanta avversione? Tutta colpa della penna avvelenata di Wagner, che nel 1850 aveva screditato Mendelssohn nel suo infelice pamphlet Das Judenthum in der Musik (Il giudaismo in musica). La ragione, bambinesca, per cui Wagner si sentisse offuscato da Mendelssohn nella sua natia Lipsia gli fa scrivere: «Questi ci ha dimostrato che un ebreo può avere un enorme talento specifico, possedere la più raffinata e svariata cultura, il senso dell’onore più forte e più delicato, senza tuttavia riuscire neppure una volta, pur con l’ausilio di tutte queste qualità, a esercitare il profondo effetto, coinvolgente cuore e anima, che noi ci attendiamo dall’arte, poiché la riteniamo capace di questo, poiché abbiamo provato questo effetto innumerevoli volte» (Riccardo Calimani, Destini e avventure dell’intellettuale ebreo, Mondadori 2002, p. 365). Avversione contro Mahler, con il quale la sinfonia conobbe il trionfo e la crisi? Questo grande compositore e direttore ebreo austro-ungarico è ricordato per le sue dieci sinfonie e altrettanto per i suoi vari cicli di Lieder con orchestra, in cui si combinano diversi aspetti del romanticismo. Sebbene la sua musica sia stata respinta per lo più fino ai primi anni ’60, Mahler è stato in seguito considerato un importante precursore degli sviluppi musicali del XX secolo. La vita di Mahler a Vienna fu resa burrascosa da un crescente antisemitismo. Sul quotidiano Reichspost del 14 Aprile 1897 c’era scritto: «Nel numero del 10 aprile abbiamo riportato la notizia del nuovo Opernkapellmeister Mahler. Già allora avevamo un piccolo presentimento in merito all’origine dell’illustre personaggio, e per questo motivo non volevamo entrare in merito alla sua origine ebraica (…). La stampa ebraica starà a vedere se tutti gli elogi fatti a Mahler non saranno prematuri e se non saranno spazzato via dal vento della realtà al momento che si presenta sul podio “con atteggiamenti da ebreo”» (Jens Malte Fischer, Gustav Mahler, Yale University Press 2013, p. 252). Alla fine fu cacciato dal suo incarico da una velenosa campagna stampa nel 1907 che sosteneva la «cattiva gestione» dell’Opera Imperiale di Vienna da parte di Mahler. Buon ascolto!

fonte http://lanuovabq.it/it/come-il-terzo-reich-censuro-i-musicisti-non-ariani

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TRA FRANCESI, SAVOIA, TEDESCHI ETC, CI SONO RIMASTI SOLO PALAZZI E CHIESE PERCHE’ NON TRASPORTABILI…….

Posted by on Giu 24, 2019

TRA FRANCESI, SAVOIA, TEDESCHI ETC, CI SONO RIMASTI SOLO PALAZZI E CHIESE PERCHE’ NON TRASPORTABILI…….

REAL SITO BORBONICO (Casina Vanvitelliana )
FUSARO…BACOLI

La Loggia del Fusaro è un’altra delle delizie architettoniche costruite da Carlo e da Ferdinando.

Nel 1752 Re Carlo acquistò il Fusaro creando, proprio in mezzo al lago, su un naturale livello granitico, una “casinetta ottagonale”. Ferdinando IV nel 1782 diede poi incarico all’architetto Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, di progettare e realizzare la residenza di caccia, la Casina Reale del Fusaro.

Furono costruiti “sei bassi terranei’ destinati alla scuderia reale, a “osteria per gli ospiti che vi si recavano a diporto”; fu restaurata l’antica foce di Torre Gaveta, e soprattutto, fu incrementata la coltura delle ostriche, di cui il re era molto ghiotto (al punto che si divertiva a partecipare alla vendita del pesce e delle ostriche del Fusaro).

Verso la sponda del lago “furono costruiti vari fabbricati, uno detto Baraccone, che un altro fabbricato detto Cassone per conservarvi i “pesci a vivo che comprendeva una grande tettoia sostenuta con archi e pilastri per porvi a riparo barche ed attrezzi da pesca ad uso della famiglia reale”; la vendita”.

Così quello che un tempo era l’alloggio del guardiano divenne il “Real Casino” al centro del Fusaro.

Solo successivamente verrà costruito il pontile di legno, mentre l’ “Ostrichina”, ossia la villa a riva, progettata dall’architetto di Casa Reale Antonio De Simone, inaugurata nel 1825, aveva anche un ampio spazio per consentire la sosta delle carrozze reali.

Molti furono i grandi eventi che vi ebbero luogo e gli ospiti illustri. Ad esempio, il 15 maggio del 1819 Re Ferdinando offrì al Fusaro un pranzo in onore dell’Imperatore d’Austria Francesco II.

Ma se sotto l’aspetto architettonico questo monumento è legato al prestigioso nome di Carlo Vanvitelli, sotto quello decorativo richiama il nome di uno dei più illustri paesaggisti del ‘700: Philipp Jacob Hackert.

La struttura è composta da due piani sovrapposti, ma non simili. Quello inferiore risulta più ampio a causa di due ambulacri posti l’uno verso nord, l’altro verso sud ed ambedue ai lati delle arcate frontali. Tra questi due ambienti e la sala centrale vi sono due vani semicircolari utilizzati come corridoio, quello a lato nord e come cassa scale, quello opposto, al lato sud. Queste aree furono adibite a cucina, alloggi per il personale di servizio, dispensa e, più tardi, uffici e ripostiglio. Attualmente, dal mese di ottobre del 2001, gli ambulacri sono stati trasformati in “galleria degli ospiti illustri”.

Accedendo a questi locali si può provare l’incredibile sensazione di trovarsi sospesi sulle acque del lago; inoltre si possono leggere le biografie e i motivi di legame dei prestigiosi personaggi che hanno segnato la storia d’Europa per oltre due secoli e che furono ospiti al Sito Reale del Fusaro. L’intera dinastia dei Borbone, lo Zar di Russia Nicola I, il Principe di Metternich, Francesco I Imperatore d’Austria, sir William Hamilton, Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, e quindi Gioacchino Rossini e Wolfang Amadeus Mozart, per citarne solo alcuni.

Vanvitelli ed Hackert, attraverso il loro genio creativo, avevano fatto ancora di più. Il piano nobile presentava infatti uno splendido pavimento il cui colore di fondo era un raffinato azzurro pastello, con temi floreali e multiformi decori gialli.

La volta era finemente affrescata con temi pertinenti alla caccia, alla pesca ed alla natura in genere. Le pareti invece erano state coperte da quelle che lo stesso Hackert, rivolto a J.W. Goethe, aveva definito la migliore opera eseguita per la corte di Napoli: il ciclo delle quattro stagioni. L’artista aveva pensato di intervallare ciascuna stagione con il panorama che si può ammirare attraverso le ampie finestre. I dipinti infatti, a grandezza naturale, quindi a tutta parete, presentavano la linea d’orizzonte esattamente coincidente con quella naturale del lago senza alcuna soluzione di continuità. Una fusione completa tra i suoi capolavori e quelli che la natura aveva generosamente distribuito intorno al lago. Una sintesi di tutti i luoghi più amati da Ferdinando IV.

Purtroppo i capolavori di Hackert scomparvero durante la Rivoluzione Napoletana nel gennaio del 1799. Gli originari pavimenti furono invece rimossi dopo il secondo conflitto mondiale.

L’opera meno appariscente, ma sicuramente di grande ingegno è rappresentata dal tetto, sorretto da un complesso sistema di travi e supporti che hanno garantito grande tenuta contro gli agenti atmosferici, ma anche notevole resistenza alla natura vulcanica dei Campi Flegrei.

Dal Casino si ammira un panorama di eccezionale bellezza e, in particolare, il tramonto rappresenta uno spettacolo unico che estasiò e continua ad estasiare, con immutata intensità, potenti, artisti e gente comune.

Nelle giornate di bel tempo è di ineguagliabile suggestione vedere l’immagine della Casina riflessa nelle calme e trasparenti acque del lago, come fosse uno specchio ed ancora vere e proprie colonie di pesci che disegnano strane figure geometriche mentre compiono straordinarie evoluzioni fra gli scogli o ancora i rocchi, proprio quelli voluti da Re Ferdinando IV, pietre ammucchiate in una sorta di conca sulle quali venivano deposte le fascine con le ostriche perché queste non entrassero in contatto con il fango, disseminati, come tanti crateri, intorno all’isolotto.

Il posto è stato definito più volte un luogo d’incanto, un gioiello architettonico sull’acqua muta e trasparente. Maurice Coste inviato dal governo francese proprio per studiare l’allevamento delle ostriche del Fusaro, gridò ad un miracolo che andava “fatto anche in Francia”. Un gioiello che destò le meraviglie di geni, come Mozart e Goethe.

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Vernissage della mostra “il Sacro nella città degli Angeli”

Posted by on Apr 24, 2019

Vernissage della mostra “il Sacro nella città degli Angeli”

Alfio Borghese, ancora instancabile organizzatore di eventi culturali, ha presentato sabato 20 maggio a Boville Ernica la mostra d’arte sacra nell’ambito della manifestazione “Pasqua con Giotto” promossa dall’amministrazione comunale rappresentata dal sindaco Enzo Perciballi e dal consigliere Martina Bocconi con delega al turismo e centro storico.

La kermesse ha visto esposte le opere di 20 artisti nel suggestivo spazio espositivo allestito nella chiesa di San Francesco dal meraviglioso soffitto ligneo a cassettoni. Qui artisti contemporanei si sono inconsapevolmente misurati con maestri del passato che hanno lasciato le loro tracce sulle pareti della chiesa sulle quali ancora sopravvivono porzioni di affreschi che narrano il livello qualitativo, il prestigio, le stratificazioni pittoriche ed architettoniche dell’edificio chiesastico.

Alfio Borghese, nel suo prologo introduttivo, nell’auspicare una prospettiva di successo della esordiente manifestazione, ha anche ricordato come medesime iniziative del più recente passato – fra le quali la biennale d’Arte Sacra di Sora ideata e curata per diverse edizioni da Michele Rosa – abbiano attirato complessivamente migliaia di artisti anche dall’estero. Dunque una “Pasqua con Giotto” che va continuata sulla scia di quella storica esperienza che ha segnato un periodo particolarmente fecondo nel territorio frusinate.

Alla mostra erano presenti anche opere di artisti storici che hanno operato nel nostro territorio e che hanno arricchito il ventaglio di proposte artistiche presenti come G. Filocamo, F. Rea ed il già citato M. Rosa. A questi ultimi due Borghese ha inoltre tributato ufficialmente il riconoscimento alla carriera artistica consegnando ad ognuno una targa al merito.

Fuori questa sede – ma all’interno di altri due àmbiti chiesastici, anch’essi a navata unica e sempre nel centro storico, Elena Sevi e Marco Gizzi hanno allestito due diverse e particolarissime istallazioni artistiche che hanno evidenziato la personalità ed il percorso maturativo di ognuno di essi, proponendo ora suggestioni teatrali, ora effetti scenografici e multisensoriali ove ombre e giochi di luci hanno reso particolarmente coinvolgente l’interazione tra fruitore, istallazione e “contenitore”.

La ricerca dei luoghi espositivi, ha inoltre permesso di apprezzare il suggestivo contesto urbano d’impianto medioevale e preziosa cornice all’iniziativa culturale.

Particolarmente apprezzata è stata inoltre la proiezione di un audiovisivo illustrato da Umberto Messia sugli affreschi di Giotto presenti nella cappella Scrovegni a Padova, con una sequenza fotografica ad alta definizione alternata alla visione di spettacolari immagini dallo spazio di galassie remote. La visione di nebulose dai colori sgargianti e spettacolari quanto inquietanti buchi neri era sapientemente esaltata dalle musiche di accompagnamento firmate da Ennio Morricone.

Ha chiuso piacevolmente la serata il concerto di musica classica tenuto nella stessa chiesa di S. Francesco, dal quartetto di maestri con musiche di Mozart ed altri, eseguite con strumenti ad arco e clarinetto che hanno prodotto emozioni rievocative di forte intensità.

Cassino, 22 aprile 2019                                   

Errico ROSA

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MARIA GRAZIA ALTIERI CON LA MUSICA POPOLARE RIMETTE LE COSE A POSTO

Posted by on Apr 23, 2019

MARIA GRAZIA ALTIERI  CON LA MUSICA POPOLARE RIMETTE LE COSE A  POSTO

Chi ci segue sa che da tempo cerchiamo di spiegare che la musica popolare, quella che grazie all’aristocratica scuola Musicale Napoletane è diventata “musica esatta” come ci ha ricordato il M.so Enzo Amato nel suo  “La Musica del Sole” ,e che, ballata in tutte le piazze,  è diventata un fenomeno universale,  non è musica del centro sud italia ma è musica del Regno di Napoli quindi “Napolitana”.

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Il Gattopardo di Shostakovich di Fiorentino Bevilacqua

Posted by on Mar 3, 2019

Il Gattopardo di Shostakovich di Fiorentino Bevilacqua

In rete è possibile trovare brani musicali, anche di musica classica, corredati da video adeguati.

Non sempre però, il video è attinente in tutto e per tutto al brano musicale che accompagna.

E’ quanto accade ad un brano di Dmitri Shostakovich che, in rete, ha un titolo che, in inglese, è… The Second Waltz.

Nella parte iniziale del video che correda questo splendido brano di Shostakovich, si vede il Principe di Salina che balla con la figlia di un “galantuomo“, tale Calogero Sedara, impersonata dalla bellissima Claudia Cardinale.

In realtà, nessuno dei due c’entra nulla con Shostakovich.

Essi, infatti, nella trasposizione cinematografica del Gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ballavano al suono di un bel walzer di Verdi ma, se ci rifacciamo agli insegnamenti della Storia non negata, tra una nota e l’altra del gioioso walzer verdiano, possiamo sentire o immaginare di sentire qualcosa di ben diverso: note tristi, un che di funebre; una sorta di… futuro, incipiente ed imminente… lagrimosa di mozartiana memoria.

Ogni cosa può essere letta da due punti di vista purché uno dei due sia quello da cui si guarda con gli occhi della ragione.

Io guardo da… sud per cui, “stonate”, oltre alla gioiosità delle note che accompagnano quel gattopardesco evento mondano, mi appaiono, per il loro colore, anche le fasce che si vedono al petto di Ufficiali in secondo piano rispetto al Principe che piroetta con la bella Angelica …

Il sonno, il lungo sonno” che Tomasi di Lampedusa mette sulla bocca di Don Fabrizio, non è certo quello che durerebbe, a dire di questi, da duemila anni; è più breve, più recente, ma oltremodo dannoso, ugualmente da … “requiem”.

Vae victis…

Dovrebbe bastare…anche per Tomasi di Lampedusa se dovesse riscrivere oggi il suo Gattopardo.

La Storia, la conoscenza, non consentono compromessi.

Il video … https://www.youtube.com/watch?v=IOK8Jb76ibc&feature=share

Fiorentino Bevilacqua

02.03.2019

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