Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

CROCIATE

Posted by on Lug 25, 2019

CROCIATE

Lo sapevate? Le crociate non furono atti di aggressione ingiustificata dell’Europa contro il mondo islamico, bensì una risposta, per troppo tempo rinviata, a secoli di aggressioni musulmane. Una risposta che nell’XI secolo si fece più risoluta di quanto non fosse mai stata in passato. Non si trattò di imperialismo religioso, ma di guerre finalizzate alla riconquista di terre originariamente cristiane e alla difesa dei loro abitanti. Scopo delle crociate non era la conversione forzata dei musulmani al cristianesimo. Secondo il giornalista Amin Maalouf, autore di Le crociate viste dagli arabi, il sacco di Gerusalemme avvenuto nel 1099 a opera dei crociati fu «il punto di partenza di un’ostilità millenaria tra l’Islam e l’Occidente» Lo studioso e apologeta dell’Islam John Esposito spende sulla q uestione qualche parola in più, e accusa le crociate («le cosiddette guerre sante») di avere portato il caos in una società pluralistica: «Trascorsero cinque secoli di coesistenza pacifica prima che gli eventi politici e un gioco di potere tra l’Impero e il Papa portassero alle cosiddette guerre sante, durate secoli, che contrapposero il cristianesimo all’Islam e si lasciarono alle spalle un duraturo retaggio di fraintendimenti e diffidenza». Maalouf non sembra prendere neanche in considerazione il fatto che tale «millenaria ostilità» possa avere avuto inizio con la velata minaccia – che risaliva a più di 450 anni prima che i crociati entrassero a Gerusalemme – rivolta dal profeta Maometto ai capi non musulmani dei paesi limitrofi: «Convertitevi all’Islam se volete essere risparmiati»3. Né discute la possibilità che i musulmani possano avere alimentato quella «millenaria ostilità» impadronendosi, secoli prima delle crociate, di una vasta porzione di terre cristiane – ben due terzi di quello che in precedenza era stato il mondo cristiano. Mentre per Esposito i «cinque secoli di coesistenza pacifica» furono esemplificati dalla conquista musulmana di Gerusalemme nel 638: «Le chiese e la popolazione cristiana non furono danneggiati in alcun modo» \ L’autore evita però di menzionare il sermone pronunciato da Sofronio nel giorno di Natale del 634, quando il patriarca denunciò «la selvaggia, barbarica e cruenta spada» dei musulmani e le difficoltà che aveva creato ai cristiani. Miti politicamente corretti: le crociate furono un attacco ingiustificato dell’Europa contro il mondo islamico Falso. La conquista islamica di Gerusalemme nel 638 segnò l’inizio di secoli di aggressioni musulmane, e da allora i cristiani in Terrasanta si trovarono ad affrontare una spirale di persecuzioni sempre più violente. Solo un paio di esempi: all’inizio dell’VIII secolo furono crocifissi sessanta pellegrini provenienti da Amorium; all’incirca nello stesso periodo il governatore musulmano di Cesarea arrestò un gruppo di pellegrini di Iconio e li giustiziò con l’accusa di spionaggio – risparmiando però i pochi che si convertirono all’Islam; i musulmani, infine, pretendevano dai pellegrini del denaro, minacciandoli di saccheggiare la Chiesa della Resurrezione in caso di rifiuto. Alla fine dello stesso secolo un sovrano musulmano proibì l’esposizione della croce all’interno di Gerusalemme. Incrementò inoltre la tassa sulla persona (gizyah) imposta ai cristiani e impedì loro di impartire ad altri – fossero anche i propri figli – qualsiasi insegnamento di natura religiosa. Per i cristiani in Terrasanta brutali oppressioni e violenze efferate divennero all’ordine del giorno. Nel 722 il califfo al- Mansur ordinò che sulle mani dei cristiani e degli ebrei di Gerusalemme fosse impresso un segno di riconoscimento. Quanto alle conversioni al cristianesimo, esse furono trattate con particolare durezza. Nel 789 i musulmani decapitarono un monaco che aveva lasciato l’Islam per abbracciare il cristianesimo e saccheggiarono il monastero di San Teodosio a Betlemme, uccidendo diversi religiosi. Lo stesso destino toccò ad altri monasteri della regione. All’inizio del IX secolo le persecuzioni si fecero così dure che in molti fuggirono a Costantinopoli o in altre città cristiane. Il 932 vide altre chiese devastate e nel 937, il giorno della Domenica delle Palme, la furia dei musulmani si riversò sulle chiese del Calvario e della Resurrezione, che furono saccheggiate e distrutte. Non si trattò di imperialismo religioso, ma di guerre finalizzate alla riconquista di terre originariamente cristiane e alla difesa dei loro abitanti. Scopo delle crociate non era la conversione forzata dei musulmani al cristianesimo. Secondo il giornalista Amin Maalouf, autore di Scopo delle crociate non era la conversione forzata dei musulmani al cristianesimo. Secondo il giornalista Amin Maalouf, autore di Le crociate viste dagli arabi, il sacco di Gerusalemme avvenuto nel 1099 a opera dei crociati fu «il punto di partenza di un’ostilità millenaria tra l’Islam e l’Occidente» Lo studioso e apologeta dell’Islam John Esposito spende sulla questione qualche parola in più, e accusa le crociate («le cosiddette guerre sante») di avere portato il caos in una società pluralistica: «Trascorsero cinque secoli di coesistenza pacifica prima che gli eventi politici e un gioco di potere tra l’Impero e il Papa portassero alle cosiddette guerre sante, durate secoli, che contrapposero il cristianesimo all’Islam e si lasciarono alle spalle un duraturo retaggio di fraintendimenti e diffidenza». Maalouf non sembra prendere neanche in considerazione il fatto che tale «millenaria ostilità» possa avere avuto inizio con la velata minaccia – che risaliva a più di 450 anni prima che i crociati entrassero a Gerusalemme – rivolta dal profeta Maometto ai capi non musulmani dei paesi limitrofi: «Convertitevi all’Islam se volete essere risparmiati» parola in più, e accusa le crociate («le cosiddette guerre sante») di avere portato il caos in una società pluralistica: «Trascorsero cinque secoli di coesistenza pacifica prima che gli eventi politici e un gioco di potere tra l’Impero e il Papa portassero alle cosiddette guerre sante, durate secoli, che contrapposero il cristianesimo all’Islam e si lasciarono alle spalle un duraturo retaggio di fraintendimenti e diffidenza». Maalouf non sembra prendere neanche in considerazione il fatto che tale «millenaria ostilità» possa avere avuto inizio con la velata minaccia – che risaliva a più di 450 anni prima che i crociati entrassero a Gerusalemme – rivolta dal profeta Maometto ai capi non musulmani dei paesi limitrofi: «Convertitevi all’Islam se volete essere risparmiati»3. Né discute la possibilità che i musulmani possano avere alimentato quella «millenaria ostilità» impadronendosi, secoli prima delle crociate, di una vasta porzione di terre cristiane – ben due terzi di quello che in precedenza era stato il mondo cristiano. Mentre per Esposito i «cinque secoli di coesistenza pacifica» furono esemplificati dalla conquista musulmana di Gerusalemme nel 638: «Le chiese e la popolazione cristiana non furono danneggiati in alcun modo» \ L’autore evita però di menzionare il sermone pronunciato da Sofronio nel giorno di Natale del 634, quando il patriarca denunciò «la selvaggia, barbarica e cruenta spada» dei musulmani e le difficoltà che aveva creato ai cristiani. Miti politicamente corretti: le crociate furono un attacco ingiustificato dell’Europa contro il mondo islamico Falso. La conquista islamica di Gerusalemme nel 638 segnò l’inizio di secoli di aggressioni musulmane, e da allora i cristiani in Terrasanta si trovarono ad affrontare una spirale di persecuzioni sempre più violente. Solo un paio di esempi: all’inizio dell’VIII secolo furono crocifissi sessanta pellegrini provenienti da Amorium; all’incirca nello stesso periodo il governatore musulmano di Cesarea arrestò un gruppo di pellegrini di Iconio e li giustiziò con l’accusa di spionaggio – risparmiando però i pochi che si convertirono all’Islam; i musulmani, infine, pretendevano dai pellegrini del denaro, minacciandoli di saccheggiare la Chiesa della Resurrezione in caso di rifiuto. Alla fine dello stesso secolo un sovrano musulmano proibì l’esposizione della croce all’interno di Gerusalemme. Incrementò inoltre la tassa sulla persona (gizyah) imposta ai cristiani e impedì loro di impartire ad altri – fossero anche i propri figli – qualsiasi insegnamento di natura religiosa. Per i cristiani in Terrasanta brutali oppressioni e violenze efferate divennero all’ordine del giorno. Nel 722 il califfo al- Mansur ordinò che sulle mani dei cristiani e degli ebrei di Gerusalemme fosse impresso un segno di riconoscimento. Per i cristiani in Terrasanta brutali oppressioni e violenze efferate divennero all’ordine del giorno. Nel 722 il califfo al- Mansur ordinò che sulle mani dei cristiani e degli ebrei di Gerusalemme fosse impresso un segno di riconoscimento. Quanto alle conversioni al cristianesimo, esse furono trattate con particolare durezza. Nel 789 i musulmani decapitarono un monaco che aveva lasciato l’Islam per abbracciare il cristianesimo e saccheggiarono il monastero di San Teodosio a Betlemme, uccidendo diversi religiosi. Lo stesso destino toccò ad altri monasteri della regione. All’inizio del IX secolo le persecuzioni si fecero così dure che in molti fuggirono a Costantinopoli o in altre città cristiane. Il 932 vide altre chiese devastate e nel 937, il giorno della Domenica delle Palme, la furia dei musulmani si riversò sulle chiese del Calvario e della Resurrezione, che furono saccheggiate e distrutte. Per reazione, i bizantini passarono da una politica difensiva nei confronti dei musulmani a una posizione offensiva finalizzata alla riconquista di parte dei territori persi. Nel sesto decennio del X secolo il generale Niceforo Foca (futuro imperatore bizantino) condusse contro i musulmani una serie di campagne vincenti, riguadagnando il controllo di Creta, della Cilicia, di Cipro e persino di parte della Siria. Nel 969 Foca riconquistò l’antica città cristiana di Antiochia e nel decennio seguente i bizantini estesero questa campagna fino in Siria. Nella teologia islamica una terra appartenuta alla Casa dell’Islam vi appartiene per sempre – e se così non fosse è dovere dei musulmani combattere fino a riprenderne il controllo. Nel 974, a fronte delle perdite subite a opera dei bizantini, il califfo abbaside (surtnita) di Baghdad invocò il jihad. Questo seguì le campagne che ogni anno, dal 944 al 967, il sovrano della dinastia hamdanide (sciita) di Aleppo, Sayf al-Dawlah, condusse contro i bizantini. Accusando i bizantini di avere occupato terre appartenenti all’Islam, Sayf al-Dawlah incitò i musulmani a muovere loro guerra. E il suo appello ebbe un tale successo che aderirono al jihad combattenti musulmani provenienti persino dall’Asia Centrale. I contrasti tra sunniti e sciiti finirono tuttavia per ostacolare gli sforzi del jihad islamico, e nel 1001 l’imperatore bizantino Basilio II concluse una tregua decennale con il califfo fatimita (sciita). Ma non dovette trascorrere molto tempo prima che Basilio si rendesse conto di quanto fossero inutili simili tregue. Nel 1004 ‘Abu ‘Ali al-Mansur al-Haklm (985-1021), sesto califfo fatimita, voltò bruscamente le spalle alla fede cristiana della madre e degli zii (due dei quali erano patriarchi) ordinando di devastare le chiese, dare alle fiamme le croci e impossessarsi dei beni ecclesiastici. E con la stessa ferocia attaccò gli ebrei. Nel decennio che seguì furono rase al suolo trentamila chiese e un numero incalcolabile di cristiani si convertì all’Islam semplicemente per avere salva la vita. Nel 1009 al-Haklm pronunciò contro i cristiani la sua più clamorosa disposizione: ordinò la distruzione della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme insieme a quella di molte altre chiese (fra cui la Chiesa della Resurrezione). La Chiesa del Santo Sepolcro, ricostruita dai bizantini nel VII secolo dopo che i persiani avevano dato alle fiamme l’edificio originale, e che tra l’altro funse da modello per la moschea di al-Aqsa, sorge nel luogo in cui la tradizione situa la tomba di Gesù. Al-Haklm dispose quindi che la tomba presente all’interno della chiesa fosse rasa al suolo. Pretese poi che i cristiani portassero pesanti croci intorno al collo (mentre agli ebrei furono imposti grevi pezzi di legno scolpiti a forma di vitello) e continuò a imporre loro umilianti decreti che culminarono nell’ordine di accettare l’Islam o lasciare i suoi domini. Dopodiché l’imprevedibile califfo allentò la presa sui non-musulmani e restituì persino buona parte dei beni sottratti alla Chiesa. Ad avere contribuito almeno in parte al cambiamento intervenuto nella condotta di al-Haklm fu probabilmente il suo legame sempre più debole con l’ortodossia islamica. Nel 1021 egli scomparve in circostanze misteriose; alcuni dei suoi seguaci lo proclamarono divino e fondarono la setta di Druze che si basava su questo mistero e sulle dottrine esoteriche del mistico musulmano Muhammad ‘Ibn ‘Isma’Tl al-Darazi, da cui la setta prende il nome. E grazie ai cambiamenti nella politica di al-Hakim, proseguiti anche in seguito alla sua scomparsa, nel 1027 i bizantini ebbero la possibilità di ricostruire la Chiesa del Santo Sepolcro Ciò nonostante la posizione dei cristiani continuava a essere molto precaria e i pellegrini non smettevano di subire minacce. Nel 1056 i musulmani espulsero trecento persone da Gerusalemme e vietarono ai cristiani europei di entrare nella Chiesa del Santo Sepolcro. il suo legame sempre più debole con l’ortodossia islamica. Nel 1021 egli scomparve in circostanze misteriose; alcuni dei suoi seguaci lo proclamarono divino e fondarono la setta di Druze che si basava su questo mistero e sulle dottrine esoteriche del mistico musulmano Muhammad ‘Ibn ‘Isma’Tl al-Darazi, da cui la setta prende il nome. E grazie ai cambiamenti nella politica di al-Hakim, proseguiti anche in seguito alla sua scomparsa, nel 1027 i bizantini ebbero la possibilità di ricostruire la Chiesa del Santo Sepolcro Ciò nonostante la posizione dei cristiani continuava a essere molto precaria e i pellegrini non smettevano di subire minacce. Nel 1056 i musulmani espulsero trecento persone da Gerusalemme e vietarono ai cristiani europei di entrare nella Chiesa del Santo Sepolcro. E quando poi dall’Asia Centrale giunsero i fanatici e sanguinari turchi selgiuchidi, sia per i cristiani del luogo sia per i pellegrini (i cui pellegrinaggi subirono una battuta d’arresto) ebbe inizio un altro periodo di terrore e di crescenti difficoltà. Una volta che nel 1071 ebbero sbaragliato i bizantini a Manzicerta e fatto prigioniero l’imperatore Romano IV Diogene, le porte dell’intera Asia Minore si spalancarono e la loro avanzata divenne praticamente inarrestabile. Nel 1076 conquistarono la Siria; nel 1077 Gerusalemme. L’emiro selgiuchide ‘Azlz bin ‘Uwaq assicurò che non avrebbe colpito gli abitanti di Gerusalemme, ma una volta occupata la città i suoi uomini uccisero tremila persone. Quello stesso anno a Nicea, pericolosamente vicina alla capitale dell’Impero, i selgiuchidi stabilirono il sultanato di Rum (in riferimento a Costantinopoli, la nuova Roma); quindi continuarono a minacciare i bizantini e a tormentare i cristiani residenti in tutti i loro nuovi domini. L’impero cristiano di Bisanzio, che prima dell’invasione islamica comprendeva terre estese dal Sud Italia al Nord Africa, dal Medio Oriente all’Arabia, arrivò a coprire poco più della Grecia. Pareva che la sua scomparsa per mano dei selgiuchidi fosse imminente. Ma, nonostante la Chiesa di Costantinopoli considerasse i papi scismatici e si fosse scontrata con loro per secoli, il nuovo imperatore Alessio I Comneno (1081-1118) mise da parte il proprio orgoglio e chiese aiuto. E fu così che come risposta a tale richiesta ebbe inizio la Prima crociata. L’impero cristiano di Bisanzio, che prima dell’invasione islamica comprendeva terre estese dal Sud Italia al Nord Africa, dal Medio Oriente all’Arabia, arrivò a coprire poco più della Grecia. Pareva che la sua scomparsa per mano dei selgiuchidi fosse imminente. Ma, nonostante la Chiesa di Costantinopoli considerasse i papi scismatici e si fosse scontrata con loro per secoli, il nuovo imperatore Alessio I Comneno (1081-1118) mise da parte il proprio orgoglio e chiese aiuto. E fu così che come risposta a tale richiesta ebbe inizio la Prima crociata. Miti politicamente corretti: le crociate furono un esempio anzitempo dell’avido imperialismo predatorio dell’Occidente Imperialismo predatorio? Difficile. Papa Urbano II, che al Concilio di Clermont del 1095 bandì la Prima crociata, stava chiamando i cristiani a un’azione difensiva – un’azione che ci sarebbe voluta da tanto tempo. Come egli stesso spiegò, si trovava costretto a bandire la crociata, dal momento che, senza alcuna azione difensiva, «la fede cristiana sarebbe stata messa sempre più a rischio» dai turchi e dalle altre forze musulmane. Dopo avere ammonito i fedeli a conservare la pace tra di loro, Urbano II rivolse l’attenzione del suo pubblico a quanto stava accadendo ai cristiani orientali: Poiché i fratelli che vivono a Oriente hanno urgentemente bisogno del vostro aiuto, è vostro dovere correre a portare loro il sostegno che gli è stato spesso promesso. Infatti, come la maggior parte di voi ha udito, i turchi e gli arabi li hanno attaccati e hanno invaso le frontiere della Romania [l’Impero greco] spingendosi fino al luogo del Mediterraneo chiamato Braccio di San Giorgio. Essi sono penetrati sempre più a fondo nelle loro terre e li hanno sconfitti in sette battaglie. Se li lasciate agire ancora per un poco continueranno ad avanzare, opprimendo il popolo di Dio. Per la qual cosa insistentemente vi esorto – anzi non sono io a farlo, ma il Signore – affinché persuadiate con continui incitamenti, come araldi di Cristo, tutti, a qualunque ordine appartengano (cavalieri e fanti, ricchi e poveri), affinché accorrano subito in aiuto ai cristiani per spazzare dalle nostre terre quella stirpe malvagia. Lo dico ai presenti e lo comando agli assenti, ma è Cristo che lo vuole. Impossibile non notare come il papa non dica nulla a proposito di un’ipotetica conversione o di una possibile conquista. Un appello a «spazzare dalle nostre terre quella stirpe malvagia» suona oggigiorno di un’eccessiva durezza; comunque sia, non si trattò un incitamento a uno sterminio di massa bensì un’esortazione a liberare dal dominio islamico terre in precedenza cristiane. Un altro resoconto del discorso del papa a Clermont riferisce che Urbano parlò di un «imminente pericolo che minaccia voi e tutti i fedeli che ci hanno portato qui». Da Gerusalemme e da Costantinopoli è pervenuta e più di una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i persiani, gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, stirpe dal cuore incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate con il ferro, con la rapina e con il fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propria religione. Abbattono gli altari dopo averli sconciamente profanati profanati […]. Il regno dei greci è stato da loro già tanto gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere attraversato con un viaggio di due mesi. […] Gerusalemme è l’ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte quasi un altro paradiso di delizie; il Redentore del genere umano la rese illustre con la sua venuta, la onorò con la sua dimora, la consacrò con la sua passione, la redense con la sua morte, la fece insigne con la sua sepoltura. E proprio questa regale città posta al centro del mondo, è ora tenuta in soggezione dai pròpri nemici e dagli infedeli, è fatta serva del rito pagano. Essa alza il suo lamento e anela a essere liberata e non cessa d’implorare che voi andiate in suo soccorso. Da voi più che da ogni altro essa esige aiuto poiché a voi è stata concessa da Dio sopra tutte le stirpi la gloria delle armi. Intraprendete dunque questo cammino in remissione dei vostri peccati, sicuri dell’immarcescibile gloria del regno dei cieli. Le crociate non furono manifestazioni anzitempo del colonialismo europeo in Medio Oriente. Il massacro degli ebrei e dei musulmani avvenuto nel 1099 a opera dei crociati fu un atto atroce, ma niente affatto inusuale rispetto alle abitudini belliche dell’epoca. Le crociate non furono bandite allo scopo di colpire gli ebrei né i musulmani. I crociati marciarono dall’Europa al Medio Oriente – si sente spesso ripetere – e una volta arrivati a destinazione si diedero al saccheggio e uccisero indiscriminatamente uomini, donne e bambini musulmani ed ebrei, costringendo con la forza i superstiti a convertirsi al cristianesimo. In un mare di sangue fondarono nel Levante le prime forme di colonie europee, che ispirarono e fecero da modello a legioni di futuri colonialisti. Qui si svolsero i primi omicidi di massa della Storia. Una macchia nel passato della Chiesa cattolica, dell’Europa e dell’intera civiltà occidentale, così orrenda da portare papa Giovanni Paolo II a chiedere scusa per le crociate all’intero mondo islamico.» Qualcosa di vero? No. Praticamente ogni affermazione contenuta in questo paragrafo è falsa, benché numerosi «esperti» la diano ormai per scontata. Gerusalemme è l’ombelico del mondo, terra ferace sopra tutte quasi un altro paradiso di delizie; il Redentore del genere umano la rese illustre con la sua venuta, la onorò con la sua dimora, la consacrò con la sua passione, la redense con la sua morte, la fece insigne con la sua sepoltura. E proprio questa regale città posta al centro del mondo, è ora tenuta in soggezione dai pròpri nemici e dagli infedeli, è fatta serva del rito pagano. Essa alza il suo lamento e anela a essere liberata e non cessa d’implorare che voi andiate in suo soccorso. Da voi più che da ogni altro essa esige aiuto poiché a voi è stata concessa da Dio sopra tutte le stirpi la gloria delle armi. Intraprendete dunque questo cammino in remissione dei vostri peccati, sicuri dell’immarcescibile gloria del regno dei cieli. Le crociate non furono manifestazioni anzitempo del colonialismo europeo in Medio Oriente. Il massacro degli ebrei e dei musulmani avvenuto nel 1099 a opera dei crociati fu un atto atroce, ma niente affatto inusuale rispetto alle abitudini belliche dell’epoca. Le crociate non furono bandite allo scopo di colpire gli ebrei né i musulmani. I crociati marciarono dall’Europa al Medio Oriente – si sente spesso ripetere – e una volta arrivati a destinazione si diedero al saccheggio e uccisero indiscriminatamente uomini, donne e bambini musulmani ed ebrei, costringendo con la forza i superstiti a convertirsi al cristianesimo. In un mare di sangue fondarono nel Levante le prime forme di colonie europee, che ispirarono e fecero da modello a legioni di futuri colonialisti. Qui si svolsero i primi omicidi di massa della Storia. Una macchia nel passato della Chiesa cattolica, dell’Europa e dell’intera civiltà occidentale, così orrenda da portare papa Giovanni Paolo II a chiedere scusa per le crociate all’intero mondo islamico.» Qualcosa di vero? No. Praticamente ogni affermazione contenuta in questo paragrafo è falsa, benché numerosi «esperti» la diano ormai per scontata. Miti politicamente corretti: i crociati fondarono colonie europee in Medio Oriente Quando i crociati risposero all’appello di papa Urbano II e partirono per il Medio Oriente, un gruppo di influenti condottieri incontrò l’imperatore bizantino Alessio Comneno. Quest’ultimo, in linea con il volere del papa, riuscì a persuaderli a uno a uno che qualsiasi territorio avessero conquistato sarebbe ritornato all’Impero bizantino. Ma in seguito all’assedio di Antiochia del 1098 i crociati mutarono la loro posizione. Mentre l’assedio si trascinava per tutto l’inverno e le armate musulmane, da Gerusalemme, si spostavano verso nord, i crociati attesero l’arrivo dell’imperatore bizantino con le sue truppe. Se non che l’imperatore, ricevuto un rapporto secondo cui la situazione dei crociati ad Antiochia era senza speranza, richiamò le sue truppe. I crociati, sentendosi traditi, si infuriarono, e nonostante l’enorme differenza numerica conquistarono Antiochia, rinunciarono agli accordi con Alessio e iniziarono a stabilire delle proprie forme di governo che, tuttavia, non avevano niente a che vedere con un sistema di tipo coloniale. Nessuno che conosca le vicende – di molto posteriori – della Virginia, dell’Australia o delle Indie Orientali olandesi parlerebbe dei territori occupati dai crociati come di colonie. A grandi linee, si intende infatti per colonia una terra governata da una potenza geograficamente distante. Ma i territori dei crociati non erano retti dall’Europa, né i nuovi governi stabiliti in queste terre rispondevano ad alcuna potenza occidentale. I crociati non trasferivano in Europa i beni accumulati in Medio Oriente, né strinsero accordi di carattere economico con i paesi europei. Se si erano stabiliti nei territori occupati, piuttosto, era per fornire una protezione permanente ai cristiani in Terrasanta. Molti crociati cessarono persino di considerarsi europei. Al riguardo, il cronista Fulcherio di Chartres scrisse: Ecco che noi, che fummo occidentali, siamo diventati orientali. L’Italico o il Franco di ieri è divenuto, una volta trapiantato, un Galileo o un Palestinese. Il cittadino di Reims o di Chartres si è mutato in Siriaco o in Antiocheno. Abbiamo già dimenticato i nostri luoghi d’origine: molti dei nostri li ignorano o addirittura non ne hanno mai sentito parlare. Qui c’è chi già possiede casa e servi con tanta naturalezza come se li avesse ricevuti in eredità dal padre; chi ha preso per moglie – anziché una compatriota – una Siriana, un’Armena o magari una Saracena battezzata; chi ha qui suocero, genero, discendenti, parenti. Uno ha ormai figli e nipoti, un altro beve già il vino della sua vigna, un altro ancora si nutre con i prodotti dei suoi campi. Ci serviamo indifferentemente delle diverse lingue del paese: tanto l’indigeno quanto il colono occidentale sono divenuti poliglotti e la reciproca fiducia avvicina le razze anche più estranee fra loro. Si avvera quanto ha detto la Scrittura: «Il leone e il bue mangeranno a una medesima mangiatoia». Il colono è ormai divenuto quasi un indigeno, l’immigrato si assimila all’originario abitante. Né si materializzò un’altra conseguenza del colonialismo, ovvero l’emigrazione su larga scala dal proprio paese natale. Nessun fiume di colonizzatori giunse infatti dall’Europa per insediarsi nelle terre dei crociati. Miti politicamente corretti: la presa di Gerusalemme fu un evento unico nella storia medievale e generò la diffidenza dei musulmani nei confronti dell’Occidente Dopo un assedio durato cinque settimane, il 15 luglio 1099 i crociati entrarono a Gerusalemme. La testimonianza anonima di un contemporaneo ha impresso con forza quel che accadde in seguito nella memoria del mondo: Uno dei nostri cavalieri, di nome Letoldo, salì sulle mura della città. Quando raggiunse la cima tutti i difensori della città fuggirono rapidamente lungo le mura e per le strade. I nostri uomini allora li inseguirono e li braccarono, uccidendoli e massacrandoli fino al Tempio di Salomone. E là scoppiò una tale carneficina che i nostri erano immersi fino alle caviglie nel sangue del nemico. L’emiro al comando della torre di David si arrese al Conte [di Saint-Gilles] e aprì le porte della città nel punto in cui i pellegrini solevano pagare il tributo. Al che nostri pellegrini invasero la città, perseguitando e uccidendo i saraceni fino al Tempio di Salomone. Qui i nemici si barricarono e resistettero per tutto il giorno con un tale accanimento che l’intero tempio traboccava del loro sangue. Ma alla fine i pagani si arresero e i nostri rinchiusero nel tempio moltissimi uomini e donne, uccidendoli o tenendoli in vita a seconda di come credevano meglio. Sul tetto del tempio vi era una folla di pagani di entrambi i sessi, a cui Tancredi e Gaston de Beert diedero i loro stendardi [affinché si proteggessero]. Quindi i crociati si sparpagliarono per la città, impossessandosi di oro e argento, di cavalli, di muli e di case piene di ogni ben di dio. Dopodiché, piangendo per la felicità, i nostri uomini si recarono ad adorare il sepolcro del nostro Salvatore Gesù, adempiendo così al loro dovere nei Suoi confronti. Suona terribilmente stonato, per la nostra sensibilità moderna, tanto entusiasmo di fronte a un simile, ingiustificato massacro. Ma tale è la differenza tra la mentalità di allora e la nostra. Con parole del genere, nel settembre del 1099, tre potenti condottieri crociati – l’arcivescovo Daiberto, Goffredo duca di Buglione e Raimondo conte di Tolosa – si vantarono di fronte a papa Pasquale II delle imprese dei crociati a Gerusalemme: «E se volete sapere cosa ne fu dei nemici che trovammo là, sappiate che nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava con il sangue dei saraceni all’altezza delle ginocchia dei cavalli». Significativo il fatto che lo stesso Goffredo, uno dei più stimati condottieri crociati, non abbia partecipato alla carneficina: forse perché più consapevole, rispetto ai soldati semplici, di quale tradimento rappresentasse tutto questo nei confronti dei principi che guidavano i crociati. Balderico, vescovo e autore di una storia di Gerusalemme dell’inizio del XII secolo, narra di come i crociati uccisero nella città tra le venti e le trentamila persone. Il che probabilmente è esagerato, per quanto i testi musulmani ne indichino persino di più. Benché le prime fonti islamiche non specifichino il numero delle vittime, ‘Ibn al-GawzT, circa un secolo dopo l’accaduto, scrisse che i crociati a Gerusalemme «uccisero più di settantamila musulmani». ‘Ibn al-‘AtTr, un contemporaneo di Saladino – il condottiero musulmano che verso la fine del XII secolo portò a termine impressionanti vittorie contro i crociati – , riporta la stessa cifra. Lo storico del XV secolo ‘Ibn Tagribrrdl arriva a parlare di centomila vittime. Così, un secolo dopo l’altro, l’entità del massacro si è ingigantita al punto che un ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, nel novembre del 2001 raccontò presso la rinomata università cattolica di Georgetown che i crociati non solo trucidarono tutti i combattenti o persino tutti i musulmani di sesso maschile, ma «ogni donna o bambino musulmano si trovasse sul Monte del Tempio», finché il sangue arrivò loro non solo alle caviglie, come riportano le cronache cristiane, ma «alle ginocchia», come si erano vantati Daiberto, Goffredo e Raimondo. Quest’azione atroce, questo oltraggio – ci è stato ripetuto tante e tante volte – fu «il punto di partenza di un’ostilità millenaria tra l’Islam e l’Occidente»7. Ma forse sarebbe più esatto dire che fu l’inizio di un millennio di propaganda antioccidentale che ha visto ogni motivo di risentimento gonfiato a dismisura. L’assedio dei Gerusalemme da parte dei crociati fu indubbiamente un’azione atroce – soprattutto alla luce dei princìpi religiosi e morali da essi professati. Tuttavia, per gli standard bellici dell’epoca, non era niente che esulasse dall’ordinario. A quei tempi saccheggiare una città sotto assedio che resisteva agli invasori era un principio militare generalmente accettato. Nel caso invece in cui non avesse opposto resistenza era doveroso mostrare pietà. Secondo alcune fonti i crociati assicurarono agli abitanti di Gerusalemme che li avrebbero risparmiati, ma poi vennero meno alla parola data. Altri testi riferiscono che essi concessero a molti ebrei e musulmani di lasciare la città e mettersi in salvo. Il conte Raimondo, ad esempio, assicurò personalmente la salvezza al governatore fatimida di Gerusalemme, ‘Iftikar al-Dawlah. È probabile, di conseguenza, che i crociati considerassero ostinati alla resistenza coloro che, malgrado vi fossero queste alternative, sceglievano di restare in città – e così di perdere la vita. E cosa dire di questi fiumi di sangue all’altezza delle caviglie o delle ginocchia? Nient’altro che retorica. Quando i cronisti cristiani o i condottieri crociati se ne vantarono, tutti devono averli considerati semplici abbellimenti del discorso. E del resto, un fenomeno del genere non è neanche lontanamente possibile. Perché si creasse tanto sangue non bastava l’intera popolazione di Gerusalemme, neppure se agli abitanti si fossero aggiunti i rifugiati provenienti dalle regioni circostanti. Il fatto che l’assedio di Gerusalemme non sia stato un evento così fuori dall’ordinario spiega probabilmente il carattere laconico dei primi resoconti musulmani a riguardo. Intorno al 1160 due cronisti siriani, al-‘Aziml e ‘Ibn al-QalanlsT, lo descrissero ognuno dal proprio punto di vista. Nessuno dei due fornì una stima delle vittime. Al-‘Azlml disse soltanto che i crociati «raggiunsero Gerusalemme e la sottrassero agli egiziani. Goffredo la conquistò. I suoi uomini diedero alle fiamme la chiesa degli ebrei». ‘Ibn al-Qalanlsl aggiunse qualche dettaglio: «I franchi presero d’assalto la città e se ne impossessarono. La maggior parte dei suoi abitanti fuggì verso il tempio e in tantissimi furono uccisi. Gli ebrei si rifugiarono nella sinagoga e i franchi la bruciarono a loro insaputa. Quindi, il 22 sa’ban [14 luglio] di quell’anno, il tempio capitolò, ed essi distrussero i sepolcri e la tomba di Abramo». Solo in seguito gli autori musulmani realizzarono il valore propagandistico dell’enfatizzare (ed esagerare) il numero delle vittime. E in ogni caso, è storicamente provato che le armate musulmane, nell’invadere una città, si comportarono spesso nello stesso identico modo. Il che non vuole certamente giustificare la condotta dei crociati, né suggerire che «tutti lo fanno» richiamandosi ad avvenimenti simili: così fanno del resto gli apologeti dell’Islam quando si confrontano con le realtà del moderno terrorismo jihadista. Un’azione atroce non ne giustifica un’altra. L’intenzione, piuttosto, è spiegare che il comportamento dei crociati a Gerusalemme non fu né più né meno di quello degli altri eserciti dell’epoca – dal momento che tutti i paesi descrivono allo stesso modo assedi e resistenze. Nel 1148, ad Aleppo, il comandante musulmano Nur ed- Din non esitò a ordinare l’uccisione di tutti i cristiani. Mentre nel 1268, quando le forze jihadiste del sultano mammalucco Baybars sottrassero Antiochia ai crociati, Baybars fu estremamente irritato dalla notizia che il conte Boemondo VI, sovrano dei crociati, aveva già lasciato la città. Così scrisse a Boemondo, per assicurarsi che sapesse cosa i suoi uomini avevano commesso ad Antiochia: Avessi visto i tuoi cavalieri, prostrati sotto le zampe dei cavalli, le tue case prese d’assalto dai saccheggiatori e corse dai predoni, le tue ricchezze pesate a quintali, le tue dame vendute a quattro per volta e comprate al prezzo di un dinàr della tua stessa roba! Avessi visto le tue chiese con le croci spezzate, i fogli dei falsi Vangeli sparpagliati, i sepolcri dei Patriarchi sconvolti! Avessi visto il tuo nemico musulmano calpestare il luogo della messa, e sgozzati sull’altare monaci e preti e diaconi, e i Patriarchi colpiti da repentina sciagura, e i principi reali ridotti in schiavitù! Avessi visto gli incendi propagarsi per i tuoi palazzi, e i vostri morti bruciare al fuoco di questo mondo prima che a quello dell’altro; i tuoi palazzi resi irriconoscibili, la chiesa di San Paolo e quella di Qusyàn [la cattedrale di San Pietro, il centro della vita religiosa cristiana di Antiochia, N.d.R.] crollate e distrutte, allora avresti detto: «Oh foss’io polvere, e non avessi mai avuto una lettera con tale notizia!» Ma ancora più tristemente nota è forse l’invasione di Costantinopoli del 29 maggio 1453, quando i jihadisti – come i crociati a Gerusalemme nel 1099 – spezzarono la lunga resistenza opposta al loro assedio. E anche qui, come riporta lo storico Steven Runciman, vi furono fiumi di sangue. I soldati musulmani «uccidevano chiunque incontrassero nelle strade, uomini, donne e bambini, indiscriminatamente. Il sangue scorreva a fiumi dalle alture di Petra al Corno d’Oro. Ma poi la violenza si placò, e i soldati realizzarono che prigionieri e oggetti preziosi avrebbero portato loro maggiori profitti». Proprio come i crociati, che violarono i santuari tanto della sinagoga quanto della moschea, i musulmani profanarono monasteri e conventi, privandoli dei loro abitanti, e saccheggiarono le abitazioni private. Inoltre occuparono la Hagia Sophia, che per quasi mille anni era stata la più grande chiesa della cristianità. Durante le ultime ore di agonia della città i fedeli si erano rifugiati tra le sue sacre mura. I musulmani interruppero la celebrazione dell’Orthros (il mattutino), mentre i sacerdoti, secondo la leggenda, presero le urne sacre e scomparvero all’interno delle mura orientali della cattedrale, attraverso le quali ritorneranno un giorno per portare a termine il servizio divino. In seguito i musulmani uccisero i deboli e gli anziani e ridussero gli altri in schiavitù. Quando la carneficina e il saccheggio ebbero fine, il sultano ottomano Mehmed II ordinò a uno studioso islamico di salire sull’alto pulpito della Hagia Sophia per dichiarare che non esisteva Dio al di fuori di Allah e Maometto era il suo Profeta. L’antica, magnifica chiesa fu trasformata in una moschea; centinaia di altre chiese a Costantinopoli e in altri luoghi subirono lo stesso destino. Milioni di cristiani si unirono alle misere schiere dei dimmi; altri furono schiavizzati e molti martoriati. crociati a Gerusalemme nel 1099 – spezzarono la lunga resistenza opposta al loro assedio. E anche qui, come riporta lo storico Steven Runciman, vi furono fiumi di sangue. I soldati musulmani «uccidevano chiunque incontrassero nelle strade, uomini, donne e bambini, indiscriminatamente. Il sangue scorreva a fiumi dalle alture di Petra al Corno d’Oro. Ma poi la violenza si placò, e i soldati realizzarono che prigionieri e oggetti preziosi avrebbero portato loro maggiori profitti». Proprio come i crociati, che violarono i santuari tanto della sinagoga quanto della moschea, i musulmani profanarono monasteri e conventi, privandoli dei loro abitanti, e saccheggiarono le abitazioni private. Inoltre occuparono la Hagia Sophia, che per quasi mille anni era stata la più grande chiesa della cristianità. Durante le ultime ore di agonia della città i fedeli si erano rifugiati tra le sue sacre mura. I musulmani interruppero la celebrazione dell’Orthros (il mattutino), mentre i sacerdoti, secondo la leggenda, presero le urne sacre e scomparvero all’interno delle mura orientali della cattedrale, attraverso le quali ritorneranno un giorno per portare a termine il servizio divino. In seguito i musulmani uccisero i deboli e gli anziani e ridussero gli altri in schiavitù. Quando la carneficina e il saccheggio ebbero fine, il sultano ottomano Mehmed II ordinò a uno studioso islamico di salire sull’alto pulpito della Hagia Sophia per dichiarare che non esisteva Dio al di fuori di Allah e Maometto era il suo Profeta. L’antica, magnifica chiesa fu trasformata in una moschea; centinaia di altre chiese a Costantinopoli e in altri luoghi subirono lo stesso destino. Milioni di cristiani si unirono alle misere schiere dei dimmi; altri furono schiavizzati e molti martoriati. Miti politicamente corretti: il condottiero musulmano Saladino fu più clemente e magnanimo dei crociati Uno dei più noti protagonisti delle crociate è il condottiero musulmano Saladino, che unì gran parte del mondo islamico e inflisse ai crociati numerose sconfitte. Oggigiorno Saladino è divenuto il prototipo del combattente musulmano magnanimo e tollerante, «testimonianza» storica della nobiltà dell’Islam e persino della sua superiorità sui malvagi colonialisti occidentali. In Le crociate viste dagli arabi Amin Maalouf dipinge i crociati come individui praticamente selvaggi che arrivano addirittura a ingozzarsi della carne delle loro vittime. Ma Saladino… Ma Saladino… Era sempre affabile e non permetteva che l’ospite partisse da lui senza avere mangiato alla sua tavola, né che gli chiedesse alcuna cosa senza che la richiesta fosse soddisfatta. Faceva onore a chiunque gli si presentasse, fosse stato anche un infedele. Non riusciva ad accettare che qualcuno fosse venuto da lui e fosse poi ripartito deluso; e così alcuni non esitavano ad approfittarne. Un giorno, nel corso di una tregua con i Franchi, giunse all’improvviso dinanzi alla tenda di Saladino il principe signore di Antiochia e gli presentò una richiesta: la restituzione di un territorio che il Sultano aveva conquistato quattro anni prima. E il Sultano gliene fece dono! L’adorabile bonaccione! Se glielo avessero chiesto avrebbe rinunciato all’intera Terrasanta! Del mito di Saladino solo una cosa è vera: nel 1187 egli partì alla conquista di Gerusalemme perché i crociati, sotto il comando di Rinaldo di Chàtillon, prendendo esempio dal libro sacro del profeta Maometto avevano iniziato ad assaltare le carovane. E in questo caso le carovane musulmane. Consapevoli di come simili atti mettessero in pericolo la sopravvivenza stessa del loro regno, le autorità cristiane di Gerusalemme ordinarono a Rinaldo di sospendere le incursioni. Ma quest’ultimo persistette, finché Saladino, che aspettava solo un buon pretesto per muovere guerra ai cristiani, ne trovò uno ottimo negli assalti di Rinaldo Molto dipende dal fatto che Saladino, quando nell’ottobre del 1187 riconquistò Gerusalemme, trattò i cristiani con grande magnanimità – in netto contrasto con l’atteggiamento tenuto dai crociati nel 1099. Tuttavia il vero Saladino non fu un multiculturalista in anticipo sui tempi, né la versione prematura di Nelson Mandela come si vuole dare a intendere oggi. Quando a Hattin, il 4 luglio del 1187, i suoi uomini sconfissero definitivamente i crociati, egli ordinò l’esecuzione di massa dei suoi avversari cristiani. Secondo il suo segretario ‘Imaded-Dln, Saladino «ordinò che fossero decapitati [in conformità al Corano XLVII, 4: “Quando in combattimento incontrate i miscredenti, colpiteli al collo”], preferendo l’ucciderli al farli schiavi. C’era presso di lui tutta una schiera di dottori e sufi, e un certo numero di devoti e asceti: ognuno chiese di poterne ammazzare uno, e sguainò la spada, e si rimboccò la manica. Il Sultano era assiso con lieto viso, mentre i miscredenti eran neri». Così, quando alla fine di quell’anno Saladino e i suoi uomini entrarono a Gerusalemme, la loro magnanimità non fu altro che pragmatismo. In un primo tempo il condottiero aveva programmato di giustiziare tutti i cristiani presenti in città. Ma quando il comandante crociato Baliano di Ibelin minacciò a sua volta di distruggere la città e uccidere tutti i suoi abitanti prima che Saladino la invadesse, quest’ultimo cedette – per quanto, una volta entrato, abbia ridotto in schiavitù molti dei cristiani che non avevano i mezzi per pagarsi la fuga….. Dal Libro Guida politicamente scorretta all’Islam e alle crociate ed. Lindau cosa senza che la richiesta fosse soddisfatta. Faceva onore a chiunque gli si presentasse, fosse stato anche un infedele. Non riusciva ad accettare che qualcuno fosse venuto da lui e fosse poi ripartito deluso; e così alcuni non esitavano ad approfittarne. Un giorno, nel corso di una tregua con i Franchi, giunse all’improvviso dinanzi alla tenda di Saladino il principe signore di Antiochia e gli presentò una richiesta: la restituzione di un territorio che il Sultano aveva conquistato quattro anni prima. E il Sultano gliene fece dono! L’adorabile bonaccione! Se glielo avessero chiesto avrebbe rinunciato all’intera Terrasanta! Del mito di Saladino solo una cosa è vera: nel 1187 egli partì alla conquista di Gerusalemme perché i crociati, sotto il comando di Rinaldo di Chàtillon, prendendo esempio dal libro sacro del profeta Maometto avevano iniziato ad assaltare le carovane. E in questo caso le carovane musulmane. Consapevoli di come simili atti mettessero in pericolo la sopravvivenza stessa del loro regno, le autorità cristiane di Gerusalemme ordinarono a Rinaldo di sospendere le incursioni. Ma quest’ultimo persistette, finché Saladino, che aspettava solo un buon pretesto per muovere guerra ai cristiani, ne trovò uno ottimo negli assalti di Rinaldo Molto dipende dal fatto che Saladino, quando nell’ottobre del 1187 riconquistò Gerusalemme, trattò i cristiani con grande magnanimità – in netto contrasto con l’atteggiamento tenuto dai crociati nel 1099. Tuttavia il vero Saladino non fu un multiculturalista in anticipo sui tempi, né la versione prematura di Nelson Mandela come si vuole dare a intendere oggi. Quando a Hattin, il 4 luglio del 1187, i suoi uomini sconfissero definitivamente i crociati, egli ordinò l’esecuzione di massa dei suoi avversari cristiani. Secondo il suo segretario ‘Imaded-Dln, Saladino «ordinò che fossero decapitati [in conformità al Corano XLVII, 4: “Quando in combattimento incontrate i miscredenti, colpiteli al collo”], preferendo l’ucciderli al farli schiavi. C’era presso di lui tutta una schiera di dottori e sufi, e un certo numero di devoti e asceti: ognuno chiese di poterne ammazzare uno, e sguainò la spada, e si rimboccò la manica. Il Sultano era assiso con lieto viso, mentre i miscredenti eran neri». Così, quando alla fine di quell’anno Saladino e i suoi uomini entrarono a Gerusalemme, la loro magnanimità non fu altro che pragmatismo. In un primo tempo il condottiero aveva programmato di giustiziare tutti i cristiani presenti in città. Ma quando il comandante crociato Baliano di Ibelin minacciò a sua volta di distruggere la città e uccidere tutti i suoi abitanti prima che Saladino la invadesse, quest’ultimo cedette – per quanto, una volta entrato, abbia ridotto in schiavitù molti dei cristiani che non avevano i mezzi per pagarsi la fuga….. Dal Libro Guida politicamente scorretta all’Islam e alle crociate ed. Lindau LE CROCIATE FURONO UN MALE? I mass media demonizzano le crociate, facendo addirittura apparire come vittime i crudeli invasori musulmani. Ma la vera storia come è andata? Ovviamente ci furono degli eccessi, degli errori, commessi da alcuni principi che saccheggiarono alcuni terre di Gerusalemme in cerca di arricchimento, o per ripagare in parte le spese sostenute per le spedizioni di migliaia di soldati pagati. Ma, oltre agli eccessi ci furono pure delle battaglie a difesa della cristianità europea, anche i protestanti parteciparano a qualche crociata, come ad esempio quella alle porte di Vienna, che respinse gli invasori mussulmani. Guardate questo interessante video qui sotto tratto dal sito sentinelledelmattino.org (Cafè Teologico) Crociate Scritto da Rino CAMMILLERI A soli otto anni di distanza dalla morte del Profeta, avvenuta nel 632», l’islam si era steso su Nordafrica, Cipro, la maggior parte del Medioriente e la Spagna. Come era stato possibile? Le ragioni militari sono in fondo semplici: innanzitutto bizantini e persiani si erano dissanguati in secoli di guerre; disponevano solo di truppe di confine, dislocate in piazzeforti e spesso mercenarie, mentre gli arabi erano usi alle armi fin dall’infanzia; non disponevano di reparti di cavalleria in grado di spostarsi rapidamente da un punto all’altro; gli arabi avevano i cammelli, con cui attraversavano velocemente il deserto; concentravano le forze per colpire in un punto, mentre il grosso delle forze imperiali era sparso su confini lunghissimi. Questi ultimi, infine, erano non di rado presidiati da tribù arabe pagate all’uopo e che subito cambiarono campo ai primi attacchi. «Sulla presunta tolleranza dei musulmani», poi, «sono state scritte non poche sciocchezze», che iniziarono «con Voltaire, Gibbon e altri scrittori del XVIII secolo, intenzionati a ritrarre la Chiesa cattolica nella peggiore luce possibile», dice Rodney Stark in quello che, a mio avviso, è il più bel libro mai scritto sulle crociate: Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate (Lindau). Per esempio, i persiani «si ribellarono per più di un secolo al dominio islamico», scatenandosi addosso «la repressione più brutale». E «settanta pellegrini cristiani provenienti dall’Asia Minore furono messi a morte (…), tranne sette che acconsentirono a convertirsi all’islam. Di lì a non molto altri sessanta pellegrini (…) furono crocifissi a Gerusalemme. Verso la fine dell’VIII secolo i musulmani attaccarono il monastero di San Teodosio, nei pressi di Betlemme, massacrarono i monaci e distrussero due chiese vicine. Nel 796 i musulmani misero al rogo venti monaci del monastero di Mar Saba. Nell’809 vi furono molteplici assalti a un gran numero di chiese e monasteri, sia dentro le mura di Gerusalemme sia attorno alla città, con stupri e uccisioni di massa. Gli attacchi si ripeterono nell’813. Il giorno della Domenica delle Palme del 932 esplose una nuova ondata di violenze, con distruzioni di chiese e molte uccisioni» (Moshe Gil). Alla fine del X secolo il sultano d’Egitto e sesto imam fatimide Tariqu al-Hakim costrinse «i cristiani a portare al collo una croce di quasi due chilogrammi, imponendo invece agli ebrei la scultura di un vitello di identico peso». Fece incendiare e radere al suolo 30mila chiese, compresa quella del Santo Sepolcro. Per gli europei gli islamici «avevano proditoriamente occupato con la forza terre che un tempo appartenevano alla cristianità» e «oltraggiavano le regioni cristiane soggette al loro dominio, razziavano le regioni cristiane riducendo in schiavitù la popolazione e si abbandonavano al saccheggio esaltati dal puro desiderio di distruzione» (Derek Lomax). Se Carlo Martello non li avesse fermati a Poitiers nel 732, «forse oggi nelle scuole di Oxford si insegnerebbe l’esegesi coranica», deve ammettere Edward Gibbon). «Nella storia mondiale non vi fu nessuna battaglia più importante di questa » (Hans Delbrück). Ma tutto il libro di Stark è pieno di chicche da mandare a memoria. Come questa: «Non dimentichiamo che il Saladino, il famoso eroe dell’islam tanto ammirato dagli scrittori occidentali, fece chiudere la biblioteca del Cairo e ne gettò i libri tra i rifiuti». L’altrettanto ammirata civiltà islamica? «Quello che sappiamo con assoluta certezza è che dopo la conquista islamica dell’Egitto, del Nordafrica e della Spagna, da tutte queste terre scomparve la ruota». Già: la ruota richiedeva strade, mentre gli arabi erano abituati ai cammelli, di cui avevano il monopolio. Per i cristiani «era giunto il momento di passare al contrattacco». Ma «i grandi nobili e i cavalieri non erano né stupidi né ingenui e di una spedizione in Terrasanta ne sapevano già abbastanza, visto che alcuni vi erano già stati in pellegrinaggio e tutti avevano qualche familiare o compagno d’armi» che lo aveva fatto. «Sapevano anche che ad attenderli tra le sabbie della Palestina non vi erano certo cumuli d’oro». Il Saladino? «A partire dell’Illuminismo » fu «bizzarramente» ritratto «come un personaggio razionale e civilizzato in contrapposizione ai crociati, barbari e creduli». Invece, quando sconfisse i cristiani ad Hattin, riporta il suo segretario Imad ad-Din che prese i templari e gli ospitalieri sopravvissuti e «ordinò che fossero decapitati, preferendo l’ucciderli al farli schiavi. C’era presso di lui tutta una schiera di dottori e sufi, e un certo numero di devoti e asceti: ognuno chiese di poterne ammazzare uno», cosa che il Saladino concesse «a lieto viso». Quel che appare nel film di Ridley Scott, Le crociate, è una balla: presa Gerusalemme, metà degli abitanti fu venduta schiava perché non poteva pagarsi il riscatto. Anche la famosa quarta crociata, quella che prese Costantinopoli anziché Gerusalemme, va ridimensionata: i bizantini si erano sempre comportati slealmente con i crociati, sempre; nel 1189 l’imperatore Isacco II si era addirittura alleato col Saladino in cambio della consegna di tutte chiese latine d’Oltremare ai greci- ortodossi. Anche alla quarta crociata i latini furono traditi dai bizantini: per questo decisero di togliersi quell’impiccio alle loro spalle una buona volta. Riguardo al presunto massacro: meno di duemila vittime in una città, Costantinopoli, di 150mila abitanti. Nulla in confronto alle intere città massacrate da Baibars e dai mamelucchi, massacri di cristiani tutti compiuti in dispregio della parola data: promessa della vita in cambio della resa, rimangiata appena aperte le porte. Anche all’assedio di Acri del 1291, ultimo baluardo cristiano, gli ambasciatori attirati con la promessa di trattare vennero decapitati. Nel maggio 1268 ad Antiochia ci fu «il peggiore massacro (di cristiani, ndr) dell’intera epoca delle crociate». Ma gli storici occidentali sorvolano: il famoso Steven Runciman «gli dedica ben otto righe »; Christopher Tyerman, «che si era dilungato per molte pagine sugli efferati dettagli del massacro di Gerusalemme nella prima crociata, liquida la carneficina di Antiochia in quattro parole». Meglio di tutti Karen Armstrong, che «riserva dodici parole al resoconto della strage, di cui attribuisce la colpa agli stessi crociati, poiché era stata la loro orrenda minaccia a creare un “nuovo islam”, segnato da una “disperata determinazione alla sopravvivenza” ». Sembra di sentire gli odierni commentatori nei confronti del terrorismo e dei kamikaze. «I monaci del monte Carmelo furono massacrati senza pietà». E così finì la storia dei regni latini d’Oriente, che tuttavia «riuscirono a sopravvivere, almeno lungo la costa, un numero di secoli pari a quello vissuto fin a oggi dagli Stati Uniti come nazione». Il bello è che il risentimento per le crociate i musulmani l’hanno appreso nelle università occidentali verso la fine del XIX secolo, laddove prima, per gli arabi, si era trattato, anzi, di un’impresa contro gli odiati turchi. Solo la fede mosse la crociate, e nient’altro: questo va affermato con chiarezza contro ogni giudizio malevolo perché ideologicamente anticattolico. Finirono perché costava troppo all’Europa, in termini di dissanguamento finanziario e umano, mantenere un’isola occidentale così lontana e circondata dalla marea islamica. Ma finché i crociati furono là, l’espansionismo islamico segnò il passo. Per riprendere subito dopo e arrestarsi solo nel XVIII secolo. E solo davanti alla sconfitta militare. IL TIMONE N. 97 – ANNO XII – Novembre 2010 – pag. 20 – 21

fonte http://www.cristianicattolici.net/crociate-storia.html

Read More

E-STATE AL PONTE DI SABATO 27 LUGLIO

Posted by on Lug 24, 2019

E-STATE AL PONTE  DI SABATO 27 LUGLIO

Dopo la musica e il teatro, sabato 27 luglio, ritorna la serie d’incontri con gli autori. Alle 18.30 ci sarà la visita illustrata “I segreti del Real Ferdinando” e poi, a seguire, alle 19.30 la presentazione del libro “Il Pino e il Bambù” (Editore Mnamon), a cura del gruppo Scri.Vi.Mi. (Scrittori Visionari Missionari), una composizione di versi orientali Haiku e Tanka di Margherita Petriccione con le fotografie di Francesca Mele.
L’haiku è la forma poetica giapponese con la quale l’autore viene a contatto con le immagini della natura e lascia che attraverso di esse si delineino i suoi sentimenti, limitandosi a soffermarsi sulla realtà degli avvenimenti quotidiani.
Margherita Petriccione è un’insegnante di matematica in pensione nata a Scauri, si è innamorata degli haiku a prima vista ed ha trovato in essi la forma poetica più vicina alla sua sensibilità. Le sue opere compaiono su prestigiose riviste ed antologie on-line e cartacee ed hanno ricevuto riconoscimenti ed apprezzamenti in ambito internazionale.
Dopo l’incontro con Margherita Petriccione, vi consigliamo di non perdere la performance musicale della Med Free Orkestra alle ore 21 presso il Comprensorio Archeologico di Minturnae.
Non mancate!

Read More

CIVILTA’ CATTOLICA …ROMA 1864

Posted by on Lug 12, 2019

CIVILTA’ CATTOLICA …ROMA 1864

Quanto agli altri funzionarii in ogni ramo d’ordine pubblico, ecco il bel quadro con cui ce li rappresenta;
«Va, o lettore, va pure nelle Corti, nei Tribunali, nelle Prefetture, nei Segretariati, nelle Cancellerie, dovunque, e vedrai l’orrore della confusione, del disordine, e ti spaventerai delle innumerevoli stupidezze che assumendo il potere di ordini, provvidenze, sentenze e giudicati, colpiscono barbaramente il cittadino nelle sostanze, nella libertà, nella sicurezza, nell’onore, ecc. ecc.

Esaminato poi dal lato morale e politico, là trovi cose incredibili ma vere… Trovi soggetti diffamati, vissuti co’ prodotti delle trappole nei caffè e nei lupanari, speculatori di giuoco d’azzardo.

Un mio amico napoletano riconobbe, in un giudicato di mandamento, un ruffiano, che stando egli agli studii in Napoli, due volte per settimana si faceva trovare al caffè detto degli Abruzzesi, e lo portava in… Riscuoteva per tanto officio quattro carlini per volta. Questo ruffiano reggeva giustizia!!!! Il riconoscimento cominciò a trapelarsi, il Giudice fu traslocato e promosso nell’alta Italia…

Trovi camerieri di locande, suonatori, barbieri togati: trovi faccendieri sbrigliati, figli di ballerine e di meretrici; figli di servitori di corte, di camerieri di ministri, figli naturali dì Deputati e nipoti di Senatori, di speculatori di borsa ecc. ecc.(2.»

Tutti benefici effetti del Governo riparatore.

Quindi il Jorioz descrive quanto sia il malcontento della maggioranza dei cittadini; e basterà riferirne questo sol tratto:

«La opinione della maggioranza conclude, che, per servire al pensiero del Governo diretto da Parigi, influenzato da parte sua anche dall’Austria, bisognava spregiare e calunniare le intelligenze virtuose ed allontanarle da qualunque ingerenza governativa ed amministrativa; occorreva scegliere esuli rinnegali, ambiziosi, inetti, servili e schiavi e concentrare nelle lor mani gl’interessi de’ due padroni, l’uno vero e l’altro figurato; l’uno maestro compositore e l’altro cieco esecutore: l’uno prepotente o minaccioso, l’altro osservante fedele (3.»

Una tal dipintura, fatta da un piemontese e da un piemontese al soldo del Governo, ha tutte le apparenze d’essere veritiera. Il sig. Jorioz, si è indotto a farla non per criticare il Governo, ma per porlo sulla via di rimediarvi. E quali sono i mezzi che egli propone? Per disgrazia due, che, in cambio di aiutare la conservazione del bealo regno, ne affretterebbero la rovina.

Accenniamoli.
Per riparare al guasto degli impiegati, il Jorioz propone un pieno rinnovamento del personale.

«In quanto tocca al gravissimo argomento della riforma dell’amministrazione e della magistratura, panni che i principii direttivi avrebbero ad essere i seguenti: Rifare da capo, chiamando a sindacato severo tutta l’opera de’ Governi che si succedettero dalla data del 23 Giugno sino ad ora: senonché l’opera rinnovatrice vuoisi pronta, efficace e definitiva…(1.»

Ma il valentuomo non considera che con ciò il Governo troncherebbe i nervi a sé stesso. Imperocché il sig. Jorioz non può ignorare che la maggior parte dei preposti ai pubblici ufficii, sono appunto i partigiani e i sostenitori del nuovo ordine di cose.

Essi furono sollevati dal fango in cui giacevano, e rimunerati con lucrosi ed onorifici impieghi, appunto perché o martiri della santa causa, o promotori occulti o palesi dell’annessione al Piemonte. Costoro, per conservare il posto e gli onori annessi, debbono volere e procurare il mantenimento dello stato presente e fare che si assodi in modo stabile e duraturo.

Privarsi dell’opera di tali aderenti, sarebbe pel Piemonte un lucro cessante ed un danno emergente. Un lucro cessante, perché difficilmente si troverebbero persone egualmente interessale per lui, e che siano disposto ad usar in suo vantaggio di qualsivoglia mezzo, onesto o disonesto che sia.

Sarebbe poi un danno emergente; perché questi, vedendosi defraudati del premio dei loro meriti, si gitterebbero senza difficoltà al partito contrario, sulla speranza di buscarsi alcuna cosa ed afferrare novamente un impiego.
Rispetto all’altro male l’Autore non dissimula lo stato miserando delle Finanze pubbliche, e la prossima bancarotta a cui esse vanno incontro:

«Che l’erario sia agli estremi non dobbiamo negarlo.Che dei milioni ci gravino, nemmeno possiamo negarlo. Che altri milioni già si afferrino, nemmeno possiamo negarlo. Che le rendile fisse e gravosissime dello Stato si spendano allegramente e si dissipino senza guardarci tanto pel sottile, nemmeno possiamo negarlo. Salta poi agli occhi anche dei più balordi il fallimento prossimo, pregno di malanni(1.»

Per allontanare il più che puossi tanta rovina, che seco trascinerebbe nell’abisso il mal congegnato regno, raccomanda che si evitino i debiti nuovi, anzi si estinguano i già fatti. Ma per conseguire ciò, bisogna non solo mantenere sulle popolazioni i presenti aggravii, ma crescerne di molti altri, giacché l’annuo disavanzo è di circa trecento milioni di franchi. No, per amor del cielo, grida l’Autore: Non bisogna far debiti, ma pagare i già fatti; evitando gli aggravii…(2.

Or come operare un tanto miracolo? Ecco il mezzo, che, dopo aver mollo meditalo, il Jorioz propone: «Noi abbiamo, egli dice, una strada senza pericoli per saldare i nostri debiti, per ristorare le forze dell’erario e per trovarci pronti a tutti gli eventi, alterando però tutte le insopportabili gravezze che ci desolano.

E qual mai sarebbe questa strada? Eccola… Una sottoscrizione libera di tutto il popolo, da rimanere aperta sino alla estinzione di tutti i debiti…(3.»
Il trovato è veramente meraviglioso; e appartiene a quel genere di medicina, che cura similiasimilibus. Esso consisto in una nuova imposta, da pagarsi perpetuamente, cioè fino all’estinzione di tutti i debiti, e da pagarsi inesorabilmente; giacché guai a quell’impiegato o anche a quel cittadino che ricusasse. Egli acquisterebbe issofatto voce di borbonico e di reazionario, e sarebbe trattato dal Governo siccome tale.

Che te ne sembra, o lettore? Senonché lo scherzo potrebbe finir male; perocché sarebbe facile che, il popolo già smunto ed oppresso per tanti altri capi, perdesse finalmente la pazienza, vedendo al danno aggiunta la beffa, e affrettasse in un modo o in un altro la caduta del beato regno. Onde anche questo rimedio, suggerito dal sig. Jorioz, non sembra applicabile.

Conchiusione.

Dal libro del sig. Jorioz risulta che le province meridionali nel 59 godevano prosperità di Finanze, leggerezza d’imposte, istruzione gratuita e accessibile a tutti, agiatezza pei bisogni materiali, sicché il popolo vivea contento. Tutto ciò per effetto del più scellerato dei Governi.
A questo Governo, così scellerato, che faceva viver bene e contento il popolo, è sottentrato un Governo riparatore; il quale, per riparare a quei mali, ha sciupate le Finanze, ha gravato i cittadini d’insorportabili balzelli, ha resa scarsa e costosissima l’istruzione, ha ammiserito le famiglie facendo crescere più del doppio il prezzo dei viveri; e per soprassello ha sottoposto il paese alle angherie d’ogni genere d’una ciurmaglia d’impiegati, tali, da disgradare al confronto ogni più vii mascalzone. I popoli meridionali, essendo barbari al modo dei Malesi di Pulo-Penango, e però non intendendo la preziosità di tali riparazioni, avversano il nuovo stato di cose, e danno mano ai briganti.

Onde il Governo riparatore è costretto a riparare anche a quest’altro male colla giunta degli stati d’assedio, delle deportazioni, degl’imprigionamenti, delle fucilazioni, del dispotismo militare. Non ostante queste bellissime cose, il popolo napoletano, ostinato nella sua barbarie, persiste a volere il suo legittimo principe; e basterebbe che la bandiera di Francesco secondo s’inalberasse in un sol luogo, a far si che tutti la seguitassero.

Questa, a trarne il sugo, è la sostanza del libro del sig. Jorioz; il quale per ultima panacea vorrebbe che a questo popolo fosse imposta un’ altra contribuzione sullo forma di oblazione spontanea.Non polca la mal consigliala difesa riuscire a un’ accusa più sarcastica e acerba contro il nuovo ordine di cose in Italia. Ciò fu agevolmente inteso dai liberali e dal loro Governo.

Onde il libro del sig. Jorioz, in cambio di accattar lode, venne fieramente censurato dai giornali del partito e dai Deputati in pubblico Parlamento, e il Jorioz, invece di promozione, come egli forse s’imprometteva, fu quasi destituito cosi’ esser posto, come dicono, alla seconda classe. Novello esempio del come i Governi liberaleschi amano d’essere illuminati sulle calamità dei popoli, e comportano la libertà di discussione, quand’ essa per la caparbietà invincibile del vero torna a manifestazione delle loro vergogne.

Read More

LA VOCE DELL’ERGASTOLO DI CARMINE CROCCO

Posted by on Mar 27, 2019

LA VOCE DELL’ERGASTOLO DI CARMINE CROCCO

Dagli archivi polverosi – sconosciuti ai più., accademici compresi – un altro brandello di storia negata. Grazie al nostro infaticabile collaboratore, Nino Gernone, pubblichiamo una intervista a Crocco effettuata durante una “gita scientifica” dal prof. Ottolenghi al carcere dfi Portoferrajo e inserita  da Romolo Ribolla nella sua pubblicazione del 1903. Nel testo è contenuta anche la firma di Carmine Crocco.

Donatello (Crocco) n. 2351

Due guardie conducono nel cortile innanzi a noi un uomo vecchio, che mal si regge in piedi ma che tuttavia cerca di avanzarsi con una certa energia.

Il prof. Ottolenghi gli va incontro e ci presenta Carmine Donatello di anni settantasei, da Rionero in Vulture che sparse tanto terrore verso il 6°, sotto il nome di Croccoe che condannato nel 1872 a morte dalla Corte di Assise e poi graziato, sta orai scontando il trentottesimo anno della sua pena.

Ecco i reati pei quali fu condannato: associazione al delinquere contro le persone e contro le proprietà; formazione di bande armate nelle quali esercitò comando; furto qualificato, tre grassazioni con omicidi; quattro grassazioni semplici; nove assassinii; nove omicidi volontari; quattro ribellioni; dodici estorsioni; numero non ben determinate di saccheggi; due attentati per cambiamento di forma di Governo dal 1860 al 1864.

Ha il tipo etnico del suo paese esagerato nelle proporzioni: la sezione cranica e meno sviluppata della facciale: il segmento anteriore e sfuggente. Forte sporgenza delle ossa zigomatiche e della mandibola asimmetria notevole della faccia a destra. Segmento superiore frontale sfuggente: glabella prominente. La mandibola e sviluppata, specie nella parte mediana, il naso grosso, gibboso e deviato a sinistra.Orecchie ad ansa, specie quella di destra.

Il professore gli domanda:

— Come state?

— Male — risponde il vecchio uomo con voce poco intelligibile.

— Quanto tempo siete stato brigante?

— Circa sei anni, due col passato Governo borbonico e quattro con questo.

— Che banda avevate?

— Di duemila uomini perfino!

— Che professione facevate?

— Quella di Abele, fratello di Caino.

— Come?…

— Il pastore, insomma…

— Quanti anni avevate quando vi deste al brigantaggio?

— Cominciai a darmi alla macchia poco dopo l’epoca della leva.

— Quanti anni sono che siete in carcere?

— Trentotto al 6 di agosto.

— Come fu che da soldato diventaste brigante?

— Per una supplica: mia madre morì nel manicomio di Aversa; io avevo quattro fratellini e sei sorelle tutti più piccoli di me, tutte creature…

Il brigante a questo punto interrompe il suo discorsa perché è scoppiato in un dirotto pianto.

Il professore lo invita a mettersi in capo il berretto, ma non c ‘è verso di persuaderlo. Crocco rimanere a capo scoperto.

— Presentai una prima supplica a Ferdinando II perché raccogliesse quelle cre4ature in un luogo qualunque. Non ebbi risposta. Ne mandai una seconda: nulla; allora un giorno dissi al Re, che avevo spesso occasione di avvicinare essendo soldato: o provvedi per quelle creature o ti darà da fa’! Perquesta minaccia mi fu inflitto un mese di prigione.

Appena uscito disertai, uccisi due gendarmi e mi diedi alla macchia.

Nello stesso tempo che il Crocco s’è commosso al ricordo della famiglia, quando ha raccontato delle sue minacce e della prima vendetta i suoi occhi hanno lampeggiato, nella sua voce, prima fioca, e nel suo gesto c’era qualcosa che rivelava 1’antica fierezza. — Crocco continua:

Nel ’60 si fece la rivoluzione e noi briganti ci unimmo al Governo provvisorio.

Il prefetto del Governo venuto da Torino mi invitò a presentarmi: ma io non accettai per paura che mi facessero subire un processo e mi diedi di nuovo alla macchia.

I nemici d’Italia che stavano con occhi aperti, mi avevano proposto di muovere una reazione contro il Governo provvisorio perché sarebbe riuscito facile fare 1’insurrezione; ma io alzai un giorno bandiera bianca e lasciai la partita politica per darmi di nuovo alla macchia.

— E meglio 1′ insurrezione politica o la macchia?

— La politica!

— Durante 1′ insurrezione quanti uomini voi comandavate?

— Duemila e settecento.

— Ma quando vi deste alla macchia erano molto meno i vostri sottoposti?

— Dai quattro ai sette.

— Quanti omicidi avete commesso?

— Mi accusano di molti, ma io non ne ho commessi che due.

— Come allora si dice che siete reo di tanti delitti pei quali foste dai giudici condannato?

— Perché io ero il capo e davo gli ordini di ammazzare, ma non uccidevo di mia mano. Quando era decisa la vendetta verso qualcuno, si faceva un piccolo consiglio; il tale, per esempio, non ha voluto mandare quel poco che gli chiedevamo: ebbene ammazzatelo, dicevo io! Se poi non potevano uccidere chi era stato condannato, quello non doveva pero piùuscire di casa!

— Che concetto avevate di Vittorio Emanuele II?

— Fu un grande eroe che fece 1′ Italia; egli caccio gli stranieri, non troppa gente in casa tua portare perché ilmondo e pieno di malizia ed ognuno cerca ciò che gli bisogna: cosa vogliono da noi questi Tedeschi?

— Dunque voi preferite il Governo che successe al Borbone?

— Si, e gli sono anche riconoscente, perché mi ha fatto del bene,mi ha graziato della condanna a morte.

— Avete saputo della morte del Re Umberto? Che impressione vi ha fatto?

Io ho pianto, davvero ho pianto di cuore; se non avessero ammazzato quell’innocente uomo, forse io morivo a casa mia, ai 6 di agosto diquest’anno avrei finita la pena; ucciso Umberto, Vittorio Emanuele III non può aver l’animo di sposto a far grazie; se a me avessero ucciso il padre, io non avrei certo pensato a far del bene, ma a vendicarmi: tutti i condannati hanno detto lo stesso.

— Cosa pensate dei regicidi?

— Gente da poco.

— Sentiste mai parlare di socialismo, di anarchia?

— Si, da qualche condannato stupido che pro fessa queste idee, ed io mi ci sonoappiccicato (ho avuto diverbio, questione). E una cosa impossibile pensare all’anarchia; anche Sparta, Tebe, Corinto, Atene furono sotto 1′ anarchia, e che vantaggi ne ebbero?

— Come, sotto l’anarchia?

— Si, avevano tre giorni 1’anno di anarchiacompleta.

— La vita del brigante e brutta?

— E una vita indipendente.

— Ma ammazzare gli altri?

— Il brigante è come laserpe, se non la stuzzichi non ti morde.

— Trovate giusto che l’esercito freni il brigantaggio?

— Si: il brigante che ammazza un soldato, piange; piange pensando che e tin uomo che lascia la madre, i figli…

Qui il Crocco scoppia nuovamente in un pianto.

— Come credete che si potrebbe frenare il brigantaggio?

— Colla clemenza.
— Quindi bisognerebbe perdonare i briganti?

— Si.

— Ma quando rubano, estorcono?

— Non si ruba, non si estorce in mezzo alla strada e noi teniamo in odio quello che lo fa.

— Vi capito mai di incontrare chi lo facesse nella vostra banda?

— Si, ma allora noi abbiamo fatto si che il birbante cadesse in mano della legge.

— Ma tra i briganti c’ e sempre di questa canaglia!

— Noi li esperimentavamo e se non la pensavano come noi, si diceva: « Non ti uccidiamo perché sei una carogna», e lo mandavamo via.

— Il carcere credete sia utile per frenare ilbrigantaggio?

— Eh! ci si rassegna; nessuno si lamenta della sua condizione, ci si rassegna: ho peccato, devo scontare!

— Credete che dopo una lunga condanna si esca emendati?

— Qualche imbecille c’ e sempre che rifà del male.

— Ma la maggior parte?

— Esce corretta ed emendata.

— Voi riconoscete di aver fatto del male?

— Senza dubbio, ho fatto del male alla società, ma io facevo per difendere la mia vita; per essa avrei dato fuoco a tutto il mondo.
— Lo avreste fatto: e lo rifareste?

— Eh! chi lo sa? Ora 1’animo mio si commuove per 1′ onore che ho avuto, nella mia vecchiaia, di vedere tutti questi signori; non me lo sarei mai aspettato!

— Che ne dite della camorra?

— E la cosa più cattiva del mondo; in essa c’ e un sacco di mascalzoni, di miserabili; i camorristi sono come gli anarchici, cospirano sempre, ma sono schiacciati.

— La mafia la conoscete?

— La paragono allo spurgo del mio naso: il mafioso è uno sporcaccione.

— Quale sarebbe il vostro desiderio?

— Di morire dove sono nato.

— Da giovane eravate religioso?

— All’eccesso.

— Ma il sentimento religioso non vi ha mai frenato nella colpa?

— Quando si è nella furia non si rispetta più niente; ma sempre per difendere la propria vita!

— In carcere vi ha giovato la religione?

— Si, ma senza corona! la mia religione e qui (accennando al cuore).

— Facevate vita libertina, vi piacevano le donne?

— Sì, quando l”e trovavo non le lasciavo, ma non amavo molto né le donne, néil vino.

— Che cosa vi faceva più orrore?

— La morte, 1′ uccisione.

— Che preferivate dunque?

— Amici no; un po’ di pane di granturco e basta.

— Avevate con voi nella vostra banda qualche donna?

— No, quando si trovavano si faceva come il beccafico: si beccava e via.

— Avevano stima di voi le popolazioni della Calabria?

— Pel bene che ho fatto si; quando passavo io tutti mi venivano appresso sicuri, io andavo avanti e dicevo: se volete esser sicuri venite dietro di me: perché io ero astuto, con uno strattagemma ero capace di andare in mezzo all’esercito nemico senza farmi. riconoscere.

— Avete saputo della guerra d’Africa? Sareste voi andato volentieri a combattere laggiù?

— Si, sarei andato anche in una fornace.

— Conosceste Garibaldi?

— Personalmente no.

— Che ne pensate di lui?

— Era un uomo audace. Quello che ha fatto Garibaldi io l’ho tutto qui nel cervello e lo ricordo minutamente.

— Se voi foste stato capo di un esercito come vi sareste comportato?

— Avrei fatto il mio dovere.

Preghiamo il brigante di apporre la sua firma in un foglio che. gli presentiamo, ed egli messosi gli occhiali, lentamente scrive il suo nome, cognome e patria.

Congedato da noi, egli di nuovo colle lacrime agli occhi ci ringrazia della visita, dicendo: “Io sono vecchio, a momenti morirò; vale più questo onore che mi avete fatto che tutti gli onori del mondo!”

ALL’ILLUSTRE

COMM. ALESSANDRO DORIA

D1RETTORE  GENERALE  DELLE  CARCERI

CHE INTRAVEDENDO I NUOVI ORIZZONTI DELLE DISCIPLINE CARCERARIE, NELLA SCIENZA E NELL’AMMINISTRAZIONE SEGUE  LE NOBILI TRADIZIONI DELL’ILLUSTRE  SENATORE MARTINO BELTRANI-SCALIA, QUESTA RELAZIONE DI UNA GITA SCIENTIFICA AI PENITENZIARI DI PORTOLONGONE E PORTOFERRAIO

DEDICA L’AUTORE

Dal Laboratorio di Medicina legale della R. University di Siena, l’Ottobre del 1902.

PREFAZIONE

Da  parecchi anni gli Insegnanti di Medicina legate hanno la lodevole consuetudine di con durre le loro scolaresche a visitare qualche stabilimento penale.


Queste gite, che una volta si limitavano ad una rapida visita dei locali e più rapida rivista dei .condannati, sono andate gradatamente perfezionandosi, essendo orientate più all’esame dei delinquenti che dei locali ed inspirate più alla ricerca scientifica che alla pura curiosità che nei più desta la vista dei luoghi di pena e dei reclusi.


Tali visite agli stabilimenti carcerari, per la grande forza di persuasione che sempre esercitarono i fatti quando sono direttamente osservati, di quando non vengono che riferiti, divennero sempre più istruttive, più convincenti dei lunghi  studi teorici nei manuali di psichiatria forense e di antropologia criminale.


La Scuola di Siena negli anni trascorsi visitò ripetutamente il manicomio dell’Ambrosiana e gli stabilimenti penali di Volterra e San Gemignano.

L’ampia messe annualmente raccolta in queste gite scientifiche e dimostrata dalle pubblicazioni che le ricordano.


Quest’anno il prof. Ottolenghi, aderendo anche al desiderio  espresso  dai suoi studenti, pensò di spingersi fino  alla  vicina /sola d’ Elba per visitarvi gli stabilimenti di Portolongone e Portoferrajo, il primo dei quali comprende uno dei nostri più rinomati ergastoli. La gita si riprometteva quindi di essere tra le più interessanti per la medicina legale, dato il genere degli stabilimenti ed i tipi. di delinquenti da studiare.


L’esito superò infatti ogni nostra aspettativa. Veramente lusingato dell’incarico avuto dal prof. Ottolenghi, mi proverò di esporre qui una breve relazione sull’importante gita, persuaso che i fatti osservati e che tanto ci colpirono  non potranno a meno di interessare tutti coloro i quali non sono indifferenti ai grandi quesiti scientifici e sociali che sono connessi allo studio dei carcerati e degli stabilimenti carcerari.


Le case penali, che una volta erano impenetrabili tombe di vivi, sono, come più volte ci venne ripetendo il prof. Ottolenghi nel suo insegnamento,


il tavolo anatomico degli istituti giudiziari e penitenziari.


Quanti errori ci vengono esse rivelando!


E’ necessario che su quanta in queste case di pena e dato osservare venga richiamata l’attenzione degli studiosi, dei legislatori e dei filantropi, tanto più ora che dalle stesse autorità carcerarie opportunamente e invocato lo studio dei delinquenti negli stabilimenti.


Mentre siamo lieti di rinnovare qui pubblicamente i nostri ringraziamenti al prof Ottolenghi, che ci guidò nell’ interessante viaggio e ci illustrò i tipi più notevoli, in modo da far vibrare per qualche ora innanzi a noi quei reietti dalla società, ci sentiamo in dovere di dichiararci profondamente grati all’onorevole Direzione generale delle carceri che tale visita autorizzò, ed a tutti del personale direttivo degli stabilimenti di Portolongone e Portoferrajo i quali, interpretando con intendimenti moderni i regolamenti carcerari ed aiutandoci colla loro conoscenza pratica, ci fornirono le prime e più necessarie condizioni perchè questa gita riuscisse interessante ed istruttiva.

ROMOLO RlBOLLA

_______________

(i) Rivista di Discipline carcerarie, 1901.

fonte https://www.eleaml.org/sud/crocco/voci_dall_ergastolo_crocco.html






La grotta di Crocco a Monticchio
CROCCO
Read More