Alta Terra di Lavoro

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La verità su Giuseppe Garibaldi

Posted by on Lug 27, 2019

La verità su Giuseppe Garibaldi

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807 e morì a Caprera il 2 giugno del 1882. Il personaggio, esaltato come eroe dalla storiografia dell’attuale regime, era in realtà di ben diversa levatura.

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«La sua ragione d’essere è la guerra a Dio e alla sua Chiesa». La Massoneria è stata e resta «inimica vis»

Posted by on Lug 3, 2019

«La sua ragione d’essere è la guerra a Dio e alla sua Chiesa». La Massoneria è stata e resta «inimica vis»

La Massoneria ha mai provato a distruggere la religione in Italia? Hai mai agito per bloccare l’azione della Chiesa cattolica e affossarla? La risposta è positiva. Nel senso che la Massoneria sin dalla sua nascita ha provato a scalfire il potere ecclesiastico con azioni eversive che sono state arginate dai papi. Angela Pelliccieri, storica del Risorgimento e docente di Storia della Chiesa, premette ad Aleteia: «La massoneria moderna nasce a Londra nel 1717: la chiesa emette la prima delle sue centinaia di condanne e scomuniche nel 1738 con la lettera apostolica In Eminenti di Clemente XII. “Contenti di una certa affettata apparenza di naturale onestà”, scrive il papa a proposito dei liberi-muratori. Il papa ha ragione: la massoneria ha sempre sulle labbra la parola “morale”, ma la morale cui si riferisce non è la morale rivelata». LA PERSECUZIONE ANTI-RELIGIOSA E infatti, fa notare Pellicciari, nel 1853 J.M. Ragon, luminare della massoneria francese, così puntualizza: “la Massoneria non riceve la legge, è lei stessa a stabilirla”. «Pio IX e Leone XIII, i papi che assistono, durante il risorgimento, allo smantellamento di tutti gli ordini religiosi della religione cattolica (pur definita religione di stato), alla persecuzione di vescovi e preti, alla riduzione in povertà assoluta della maggioranza della popolazione costretta ad un’emigrazione di massa, individuano nell’odio massonico e protestante l’origine anticattolica e, quindi, antitaliana, di tanta violenza e sfacelo». L’ERRORE DEI PRINCIPI Come in Francia durante la rivoluzione, come durante l’impero del massone Napoleone, come in America Latina, come in Spagna e Portogallo, la massoneria è società rivoluzionaria che i principi appoggiano «senza accorgersi di firmare la propria rovina», sentenzia la storica della Chiesa. «I papi lo ricordano spesso ma non sono ascoltati. Sotto il pontificato di Gregorio XVI la polizia scopre una documentazione di estremo interesse riguardante la carboneria (una società segreta di derivazione massonica) che mostra come l’odio per la chiesa si accompagni a quello per la famiglia». “DISGUSTO DELLA RELIGIONE” Così scrive il settario conosciuto con lo pseudonimo di Piccolo Tigre: “L’essenziale è isolare l’uomo dalla famiglia, è fargliene perdere le abitudini […] Quando avrete insinuato in qualche animo il disgusto della famiglia e della religione (l’una va quasi sempre a seguito dell’altra) lasciate cadere qualche parola che provocherà il desiderio di essere affiliato alla Loggia più vicina. […] Il fascino di ciò che è sconosciuto esercita sugli uomini una tale potenza, che ci si prepara tremando alle fantasmagoriche prove dell’iniziazione e dei banchetti fraterni”. L’AVVERTIMENTO DI PIO XII Nel 1821 Pio VII scrive a proposito dei carbonari: “Costoro simulano un singolare rispetto e un certo straordinario zelo verso la Religione Cattolica”, ma “non sono altro che dardi scoccati con più sicurezza da uomini astuti, per ferire i meno cauti; quegli uomini si presentano in vesti di agnello ma nell’intimo sono lupi rapaci”. Il papa, secondo Pellicciari, ha ragione: nel documento noto col nome di Istruzione permanente redatto nel 1819 si legge: “dovete presentarvi con tutte le apparenze dell’uomo serio e morale. Una volta che la vostra buona reputazione sia stabilita nei collegi, nei ginnasi, nelle università e nei seminari, una volta che abbiate catturato la confidenza di professori e studenti, fate in modo che a cercare la vostra compagnia siano soprattutto quanti sono arruolati nella milizia clericale […] Si tratta di stabilire il regno degli eletti sul trono della prostituta di Babilonia: che il clero marci sotto la vostra bandiera mai dubitando di seguire quella delle chiavi apostoliche”. I CONSIGLI DEL MASSONE I carbonari puntano sull’infiltrazione all’interno del clero. Il 18 gennaio 1822 Piccolo Tigre scrive agli affiliati piemontesi: “servendosi del pretesto più futile, ma mai politico o religioso, create voi stessi, o meglio ancora fate in modo che siano create da altri, associazioni aventi come fine il commercio, l’industria, la musica, le belle arti. Riunite in un luogo qualsiasi, anche nelle sacrestie o nelle cappelle, le vostre tribù che ancora non sanno nulla; mettetele sotto la guida di un prete virtuoso, noto, ma credulone e facile da ingannare; infiltrate il veleno nei cuori scelti, infiltratelo a piccole dosi e come per caso; in seguito, pensandoci, sarete stupiti voi stessi del vostro successo”. “SEPPELLIREMO LA CHIESA” Qualche anno più tardi il “cugino” Vindice così sintetizza lo scopo della carboneria: “E’ la corruzione alla grande che abbiamo cominciato, la corruzione del popolo attraverso il clero e del clero per mezzo nostro, la corruzione che senza dubbio ci porterà un giorno a seppellire la Chiesa”. L’INGRESSO NELLA LOGGIA «Segreto, giuramento, nessuno scrupolo nell’uso di qualsiasi mezzo perché il fine giustifica i mezzi, calunnia, menzogna, omicidio, sono le armi cui le associazioni segrete ricorrono per mettere in atto i propri piani – afferma l’esperta – Il giuramento in particolare accompagna tutti gli avanzamenti di grado all’interno del percorso massonico». Al momento del suo ingresso in loggia come apprendista il candidato così giura: “Prometto di non palesare giammai i segreti della Libera Massoneria; di non far conoscere ad alcuno ciò che mi verrà svelato, sotto pena di aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il mio corpo cadavere in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, questa sparsa al vento per esecrata memoria ed infamia eterna”. LA DENUNCIA DEI PONTEFICI A cominciare da Clemente XII e fino a Leone XIII tutti i papi denunciano con fermezza, con coraggio, con patriottismo, con analisi storiche e filosofiche dettagliate, i propositi rivoluzionari delle logge che, esaltando la “libertà”, mirano ad ottenere libertà solo per se stessi formando all’interno dei vari stati come uno stato nello stato che detta legge su ogni aspetto della vita pubblica. GLI ARTICOLI “ANTI-CHIESA” Nel 1864, all’indomani del merito “grandioso” che le logge si attribuiscono per aver sferrato il più duro attacco alla chiesa cattolica nella sua patria di elezione (Roma e l’Italia), gli articoli 3 e 7 delle costituzioni della massoneria italiana stabiliscono: “Art. 3. Suo fine [della massoneria] diretto e immediato si è di concorrere efficacemente all’attuazione progressiva di questi principii nell’Unità, sì che divengano gradualmente legge effettiva e suprema di tutti gli atti della vita individuale, domestica e civile”; “Art. 7. A meta ultima de’ suoi lavori si prefigge di raccogliere tutti gli uomini liberi in una gran famiglia, la quale possa e debba a poco a poco succedere a tutte le sette, fondate su la fede cieca e l’autorità teocratica, a tutti i culti superstiziosi, intolleranti e nemici fra loro, per costruire la vera e sola chiesa dell’Umanità”. LA CONDANNA UFFICIALE DELLA MASSONERIA “Personificazione permanente della rivoluzione, [la massoneria] costituisce una specie di società a rovescio, il cui scopo è un predominio occulto sulla società riconosciuta, e la cui ragione d’essere consiste nella guerra a Dio e alla sua Chiesa”, scrive Leone XIII nel 1902 poco prima di morire. «La ferma condanna della chiesa contro la massoneria – conclude Pellicciari – contro tutti i tipi di massoneria (“condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate”, scrive Clemente XII), vale fino ai nostri giorni come esplicitamente ricordato dal cardinal Ratzinger nella Dichiarazione sulla massoneria del 1983.

di Gelsomino Del Guercio

fonte http://www.iltimone.org/news-timone/la-sua-ragione-dessere-la-guerra-a-dio-e-alla-sua/

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L’ultimo Borbone, un re in balia dei “traditori

Posted by on Gen 28, 2019

L’ultimo Borbone, un re in balia dei “traditori

Francesco II lasciò ingenuamente Napoli nel 1860 facilitando, senza volerlo, la conquista dei garibaldini

Il 13 novembre 1860 Pio IX scrive a Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie: “Ho fatto tutto quello che per mia parte era possibile per sostenere in Vostra Maestà la causa della giustizia, e tanto più volentieri l’ho fatto in quanto che ho veduto la Maestà Vostra tradita da uomini cattivi o inetti o deboli […] ho detto tradito perché è verità”. Salito al trono a 23 anni all’improvvisa morte del padre, Francesco è completamente digiuno dell’arte di governo. Cattolico devoto, il re è animato da buonissimi sentimenti ma l’inesperienza e la buona fede lo rendono facile preda della congiura massonica che lo avvolge come in una spirale. Succede così che segue i consigli sciagurati del ministro dell’interno, il massone Liborio Romano segretamente alleato di Garibaldi. Questi lo convince a lasciare Napoli senza combattere facendo appello all’attaccamento alla città, all’amore per il popolo e per la religione cattolica. Ecco il testo della lettera che Liborio Romano indirizza a Francesco II il 20 agosto 1860. Dopo aver accennato ai “segreti disegni della Provvidenza”, alla malvagità degli uomini e alla sfiducia che si è infiltrata nell’esercito e nella marina, il ministro scrive: “La lotta, è certo, farebbe scorrere fiumi di sangue”. Anche ammessa una vittoria momentanea continua – si tratterebbe di “una delle vittorie malaugurate, peggiore di mille disfatte; vittoria acquistata a prezzo del sangue, di uccisioni e di rovine […] Dopo aver rigettato, secondo che ci ispira l’onestà della coscienza, il partito della resistenza, del conflitto e della guerra civile, quale sarà il partito saggio, onesto, umano e degno del discendente di Enrico?”. Il “saggio” consiglio che Liborio Romano offre al re è di allontanarsi da Napoli, invocare a giudice l’Europa, ed aspettare “dal tempo e dalla giustizia di Dio il ritorno della fiducia, ed il trionfo dei suoi diritti legittimi”. Accade l’incredibile: Francesco II lascia la capitale senza opporre resistenza per risparmiare ai napoletani la guerra e a Napoli la distruzione. Ecco il manifesto che indirizza ai sudditi immediatamente prima della partenza: “Una guerra ingiusta e contro la ragione delle genti ha invaso i miei Stati, nonostante che io fossi in pace con tutte le potenze europee”. Il corpo diplomatico conosce il mio amore per

Napoli e il mio desiderio di “guarentirla dalle rovine e dalla guerra, salvare i suoi abitanti e le loro proprietà, i sacri templi, i monumenti, gli stabilimenti pubblici, le collezioni di arte, e tutto quello che forma il patrimonio della sua civiltà e della sua grandezza, e che appartenendo alle generazioni future è superiore alle passioni di un tempo. Discendente di una Dinastia che per 126 anni regnò in queste contrade […] i miei affetti sono qui. Io sono Napoletano, né potrei senza grave rammarico dirigere parole di addio ai miei amatissimi popoli, ai miei compatrioti. Qualunque sarà il mio destino, prospero od avverso, serberò sempre per essi forti ed amorevoli rimembranze. Raccomando loro la concordia, la pace, la santità dei doveri cittadini. Che uno smodato zelo per la mia corona non diventi face di turbolenze”. Il sovrano lascia Napoli il 6 settembre e si ritira a Gaeta dove tenta una valorosa quanto inutile difesa, sostenuto dall’eroismo della moglie Maria Sofia e dall’attaccamento dell’esercito. L’8 dicembre 1860, il giorno dell’Immacolata, Francesco II invia ai popoli delle due Sicilie un manifesto per ricordare ancora una volta le iniquità che ha subite: “Il mondo intero l’ha visto; per non versare sangue, ho preferito rischiar la mia corona. I traditori, pagati dal nemico straniero, sedevano nel mio consiglio, a fianco dei miei fedeli servitori; nella sincerità del mio cuore, non potevo credere al tradimento […] In mezzo a continue cospirazioni, non ho fatto versare una sola goccia di sangue, e si è accusata la mia condotta di debolezza. Se l’amore più tenero per i sudditi, se la confidenza naturale della gioventù nella onestà altrui, se l’orrore istintivo del sangue meritano tal nome, sì, io certo sono stato debole. Al momento in cui la rovina dei miei nemici era sicura, ho fermato il braccio dei miei generali, per non consumare la distruzione di Palermo. Ho preferito abbandonare Napoli, la mia cara capitale, senza esser cacciato da voi, per non esporla agli orrori d’un bombardamento”. “Ho creduto in buona fede che il re del Piemonte, che si diceva mio fratello e mio amico, che si protestava disapprovare l’invasione di Garibaldi […] non avrebbe rotto tutti i trattati e violate tutte le leggi per invadere tutti i miei stati in piena pace, senza motivi né dichiarazioni di guerra”. Oltre che dai numerosi massoni presenti a corte e nei vertici dell’esercito, Francesco II è tradito dal cugino Vittorio Emanuele, “re galantuomo”, che ne invade il regno il 15 ottobre 1860. L’ordine che l’esercito sabaudo riporta è quello che Francesco descrive nel proclama appena citato: “Le finanze non guari sì fiorenti, sono completamente ruinate, l’amministrazione è un caos, la sicurezza individuale non esiste. Le prigioni sono piene di sospetti, in luogo della libertà, lo stato d’assedio regna nelle province e un generale straniero pubblica la legge marziale decretando le fucilazioni istantanee per tutti quelli dei miei sudditi che non s’inchinano innanzi alla bandiera di Sardegna […] Uomini che non hanno mai visto questa parte d’Italia […] costituiscono il vostro governo […] le Due Sicilie sono state dichiarate province d’un regno lontano. Napoli e Palermo saranno governate da Prefetti venuti da Torino.

Angela Pellicciari

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