Il generale Paul Thiébault redasse un interessante resoconto degli avvenimenti della guerra portata dai Francesi nel Regno di Napoli. Poiché il suo scritto non era destinato alla pubblicazione (lo fece stampare la figlia a quasi cento anni di distanza dagli avvenimenti),confessò apertamente sia le stragi di civili (i 60.000 morti «oltre ai caduti in combattimento»), sia il disprezzo degli occupanti transalpini verso i collaborazionisti giacobini napolitani (tanto da disconoscerne subito la neonata Repubblica).
«Ho già detto che i Napoletani erano da disprezzare come soldati, ma da rispettare come uomini. Inquadrati in plotoni regolari non servivano a niente, ma erano combattenti formidabili e terribili nella guerra per bande. La guerra di Napoli iniziò davvero quando non ci furono più armate napoletane. I Napoletani del 1798, feroci e superstiziosi, furono battuti dappertutto. Oltre ai caduti in combattimento, sessantamila di loro furono passati per le armi sulle macerie dei loro paesi o sulle ceneri delle loro casupole. Non riuscimmo, però, mai a vincere la loro resistenza, da nessuna parte».
Paul Thiebault, L’invasione francese del Regno di Napoli (1798-1799). Memorie di un protagonista, traduzione di Raimondo Rotondi, prefazione di Massimo Viglione, D’Amico Editore, Nocera Superiore 2024, pp. 242
La storica provincia di Terra di Lavoro fino al 1927 ha fatto parte integrante della Campania e, fino al 1861, aveva seguito le vicende storico-politiche dei sovrani e delle autorità napoletane. In tale contesto, per l’area ubicata nella parte più settentrionale della provincia compresa tra il confine abruzzese e il mar Tirreno e cioè tra Sora e Gaeta passando per Cassino, appare interessante andare ad indagare, seguendo, chiaramente, i mutamenti negli ordinamenti dettati dai vari regimi succedutisi nel corso degli ultimi due secoli, quali siano stati i luoghi del decentramento subprovinciale relativamente al potere amministrativo, al potere fiscale, al potere giudiziario e al potere politico e i motivi che indussero le autorità del tempo a prescegliere tali luoghi, nonché effettuare una disamina della rappresentanza politica e amministrativa espressa dal territorio.
[….] Solopaca entra nella storia del brigantaggio con i borboni, sia al tempo di Ferdinando IV, scappato in Sicilia, dopo la formazione della repubblica napotetana (1799), che al tempo di Francesco II, dopo la fuga a Roma (1860). Le sue montagne, con i folti boschi e le naturali caverne, servivano egregiamente alle facili avventure dei banditi. Tuttora esiste una lunga galleria sotterranea, in muratura, denominata “grotta dello Staglio”, sita nei pressi della contrada Santianni.
Se a distanza di due settimane dalla messa in scena a Sora dello spettacolo“Voci, Canti e suoni di Briganti in Terra di Lavoro”, presso la Casa della Cultura già Convento di San Francesco, andando in giro per le vie del centro dell’antico e aristocratico capoluogo laborino, persone conosciute e sconosciute ti fermano per dirti di essere rimasti senza parole per quello che hanno visto non pensando che fosse cosi bello vuol dire che il consenso avuto a Scurcola Marsicana non era occasionale e che la nuova forma artistica è quella giusta. Come ha confermato Andrea Nerone e la sua gentile consorte Clara presenti a Sora, andando a prendere un caffè nel loro salotto di casa che grazie ai lusinghieri giudizi e apprezzamenti per lo spettacolo, la bevanda nera mi è sembrata dolcissima nonostante la prenda senza zucchero.
Lo spettacolo “Voci, Canti e Suoni in Terra di Lavoro” che tanti consensi raccoglie ad ogni rappresentazione, sabato 23 settembre alle ore 20 e 30 andrà in scena a Sora che molto ha da raccontare parlando della sua gloriosa e aristocratica storia. Sora è stata Ducato che con Napoli capitale ha raggiunto i suoi massimi livelli amministrativi, politici ed economici al centro della vita del Regno, del Mediterraneo e d’Europa a cui siamo molto legati come laborini e regnicoli per quello che ha saputo dare e donare. Come per Sessa, anche a Sora ci sono le pietre che parlano che ti danno la sensazione di essere accomodati sulle spalle di un gigante che nonostante da italiana, si trova in provincia di Frosinone, rimane sempre il centro più importante dell’alta Terra di Lavoro grazie al suo passato che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Questa corposa e apologetica premessa serve per far comprendere come sia importante andare in scena a Sora e farlo al palazzo della Cultura già convento di San Francesco che ha ospitato anche il nostro Fra Diavolo, è un onore e motivo di orgoglio ma, altresì, una grande responsabilità che se da un lato ti fa tremare i polsi dall’altro ti da stimoli ed energia che sono fondamentali per la riuscita dello spettacolo. A Sora ci saranno delle novità assolute per scelte della direzione artistica e per delle defezioni tra gli artisti che saranno sostituiti da altri che per bravura e per esperienza saranno all’altezza della situazione non faranno rimpiangere gli assenti.