Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Epidemie e storia: 1836, anche il colera arrivò nelle Due Sicilie dal nord Italia

Posted by on Mar 29, 2020

Epidemie e storia: 1836, anche il colera arrivò nelle Due Sicilie dal nord Italia

Come sempre, la storia illumina il presente, anche quello difficile nei giorni del coronavirus. Così, rileggendo quanto accadde per l’epidemia di colera del 1836, si trovano molte analogie con l’attualità. Come per le scarse conoscenze mediche sulla malattia. «Le accurate indagini de’ sapienti sono tornate vane sinora, non che a trovare un farmaco certo e determinato che sani l’infermo tocco dal cholera, ma a conoscere solamente come mai questo si apprenda, per quali particolari cause, come proceda da luogo a luogo. Le diverse opinioni ne rivelano una ignoranza maggiore di quella che noi stessi accusiamo» si leggeva negli Annali civili delle Due Sicilie.

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I 62 giorni di Garibaldi e il saccheggio di Napoli

Posted by on Feb 24, 2020

I 62 giorni di Garibaldi e il saccheggio di Napoli

Garibaldi, il 7 settembre, entrò a Napoli appena 17 giorni dopo essere sbarcato in Calabria, seduto comodamente in treno, senza sparare un colpo, con pochi uomini al seguito (il resto delle camicie rosse giunse il giorno 9); dopo l’arrivo alla stazione si formò un corteo di dieci carrozze che attraversò la Capitale. Un severo giudizio sulla “grandezza militare” della spedizione del Nizzardo fu espresso anche da uomini che avevano condiviso con lui l’impresa, come Maxime Du Camp che parlò [1] di “passeggiata militare, stancante è vero, ma senza rischio alcuno” e di Agostino Bertani che le definì “facili vittorie” causando l’ira di Garibaldi nelle sue memorie [2].

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Quelle fake news sulla nostra storia

Posted by on Feb 18, 2020

Quelle fake news sulla nostra storia

Gaetano Mammone, alias Gaetano Coletta, era un  brigante di Sora che marciò con il cardinale Ruffo. Un uomo spietato, tanto che dalle nostre parti una volta si diceva, per spaventare i bambini, “ti faccio prendere dal Mammone”.

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Quando Mastriani scrisse sui briganti

Posted by on Ott 31, 2019

Quando Mastriani scrisse sui briganti

Morì quasi cieco e indebitato, ma fu uno dei più prolifici romanzieri dell’Ottocento napoletano. Francesco Mastriani scriveva, scriveva, per crescere i figli e onorare i debiti.

Molti suoi titoli divennero famosi, come “La cieca di Sorrento”. Alcuni furono anche rappresentati in teatro dalla compagnia di Federico Stella, in una Napoli nel passaggio tra capitale borbonica e città italiana. Mastriani unitario, Mastriani liberale, Mastriani apprezzato anche da Matilde Serao.

Scriveva della plebe, dei diseredati di Napoli, di quei “Vermi” delle classi inferiori come aveva fatto Victor Hugo per Parigi. I suoi riflettori erano accesi soprattutto su Napoli città, ma fece una eccezione, sempre a puntate per il quotidiano “Roma”, nel settembre del 1886. Pubblicò allora un romanzo, “d’appendice” come si diceva allora, sempre nella classica collocazione del piede di prima pagina, interamente ispirato ai briganti post-unitari.

Il titolo era “Cosimo Giordano e la sua banda”, scovato dal cultore di storia sannita Salvatore D’Onofrio e ristampato dall’appassionato editore cavese Vincenzo D’Amico. Fonti d’ispirazione furono per Mastriani gli articoli di giornali, gli atti della Corte d’Assise di Benevento, anche un precedente libro di Pasquale Villani.

Come era nelle corde della penna di Mastriani, personaggi e vicende storiche si intrecciano a protagonisti di fantasia. Cosimo Giordano, il più famoso capobrigante del Sannio oggetto di uno studio di Abele De Blasio, è nel romanzo un feroce brigante. Un criminale tout court, responsabile con Angelo Pica del massacro dei 41 tra soldati e carabinieri con il loro comandante Bracci agli inizi dell’agosto 1861 tra Pontelandolfo e Casalduni.

Nulla racconta Mastriani del dopo, della rappresaglia successiva dei soldati, concentrato soltanto su Giordano e i personaggi che gli ruotano attorno. Fece così anche Giustino Fortunato, nel suo articolo sui “fatti di Pontelandolfo”. Ma Mastriani aggiunge qualcosa di più, nel suo romanzo. Riconosce al brigantaggio post-unitario insieme caratteristiche politiche e sociali.

Scriveva infatti: “Il brigante sciolse a modo suo il gran problema sociale. La legge esercita il suo impero in nome del re. C’è il brigantaggio sociale e il brigantaggio politico. Il problema non risoluto o mal risoluto degli utili tra i diversi fattori è una delle cause più efficienti del brigantaggio sociale”. E ancora: “Finché l’esistenza non sarà assicurata a tutti per via del lavoro obbligatorio, finchè il ricco e potente calpesteranno il Cristo, non sperate che il brigantaggio si estingua”.

Un’idea chiara, espressa 25 anni dopo le vicende raccontate. Mastriani era anti-borbonico, unitario, liberale. E guardava con attento paternalismo alla miseria e alle classi povere. Pochi sapevano che si fosse occupato anche del brigantaggio e dei briganti. Ora è possibile colmare questa lacuna, nel testo anastatico dell’editore D’Amico. E meno male.

Gigi Di Fiore

fonte https://www.ilmattino.it/blog/controstorie/mastriani_brigante_cosimigiordano-4826155.html?fbclid=IwAR0pf7HWCyiG-xJ3WftUHpxHQTMO_Y9mnPu7VdcXhVrlKtMKvL9pDrTaEF8

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