Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

LE DUE SICILIE PRIMA DELL’UNITA’

Posted by on Feb 5, 2019

LE DUE SICILIE PRIMA DELL’UNITA’

Le Due Sicilie erano lo stato italiano preunitario più esteso territorialmente e comprendevano tutto il Sud continentale d’Italia, l’Abruzzo, il Molise, la parte meridionale del Lazio e la Sicilia, nel 1860 vi erano poco più di nove milioni d’abitanti (poco più di un terzo di tutta la Penisola)

Era diviso in 22 province di cui 15 nel Sud continentale e 7 in Sicilia: Napoli e la sua provincia; Abruzzo Citeriore con capoluogo Chieti; Primo Abruzzo Ulteriore con capoluogo Teramo; Secondo Abruzzo Ulteriore con capoluogo L’Aquila; Basilicata con capoluogo Potenza; Calabria Citeriore con capoluogo Cosenza; prima Calabria Ulteriore con capoluogo Reggio; Seconda Calabria Ulteriore con capoluogo Catanzaro; Molise con capoluogo Campobasso; Principato Citeriore con capoluogo Salerno; Principato Ulteriore con capoluogo Avellino; Capitanata con capoluogo Foggia; Terra di Bari con capoluogo Bari; Terra d’Otranto con capoluogo Lecce; Terra di Lavoro con capoluogo Capua e poi Caserta;
in Sicilia i capoluoghi di provincia erano: Palermo, Trapani, Girgenti (Agrigento), Caltanisetta, Messina, Catania, Noto.

La storia delle Due Sicilie era cominciata nel lontano 1130 con i Normanni e il loro sovrano Ruggero II, il regno durò 730 anni e i suoi confini rimasero in pratica invariati comprendendo comuni che avevano spesso origine greca; le dinastie che si susseguirono ebbero origini straniere e questo avvenne per l’oggettiva incapacità di generarne una propria ma occorre rilevare che i loro sovrani divennero in breve dei Meridionali a tutti gli effetti, assumendone la lingua e le usanze.

Ai Normanni (1130-1194), seguirono gli Svevi (1194-1266), gli Angioini (1266-1442) e gli Aragona (1442-1503); a loro subentrarono gli Spagnoli (1503-1707) e poi gli austriaci per solo ventisette anni (1707-1734);
i più importanti sovrani delle varie casate furono nell’ordine: Ruggero II d’Altavilla , Federico II di Svevia, Carlo I d’Angiò, Alfonso I d’Aragona e il vicerè spagnolo Pedro de Toledo.
Nel 1734 la Spagna rioccupò il Regno strappandolo agli Asburgo e iniziò l’era borbonica con i suoi re: Carlo (1734-1759), Ferdinando I (1759-1825), Francesco I (1825-1830), Ferdinando II (1830-1859) e Francesco II (1859-1861).

Carlo, figlio di Filippo V, re di Spagna e di Elisabetta Farnese, entrò in Napoli il 10 maggio 1734, sconfisse il 25 maggio gli Austriaci nella battaglia di Bitonto e restituì alla Nazione la piena indipendenza, sotto uno scettro

“che unisce ai gigli d’oro della Casa di Francia ed ai sei d’azzurro di Casa Farnese le armi tradizionali delle Due Sicilie: il cavallo sfrenato, vecchia assise di Napoli e la Trinacria per la Sicilia” ;
l’incoronazione di Carlo si celebrò nel duomo normanno di Palermo nel 1735, a testimoniare la continuità della monarchia meridionale nata nello stesso luogo nella notte di Natale del 1130 con Ruggero II.

Nella successiva guerra contro l’Austria, del 1744, Carlo fu vittorioso a Velletri, e si confermò nuovo interprete e simbolo della secolare Nazione: il Sud d’Italia non aveva più a capo un semplice vicerè ma un sovrano tutto suo:

A.Genovesi, Lettera a Giuseppe De Sanctis, 3 agosto 1754
“Amico, cominciamo anche noi ad avere una patria e ad intendere quale vantaggio sia per una nazione avere un proprio principe. Interessianci all’onore della nazione. I forestieri conoscono, e il dicono chiaro, quanto potremmo noi fare se avessimo miglior teste. Il nostro augusto sovrano fa quanto può per destarne” .

Successivamente, con la Prammatica del 6 ottobre 1759, re Carlo stabilì la definitiva separazione tra la corona spagnola e quella delle Due Sicilie.

L’opera dei sovrani della dinastia borbonica fu, per molti versi, meritoria, con loro il Sud non solo riaffermò la propria indipendenza ma ebbe un indiscutibile progresso nel campo economico, culturale, istituzionale; grazie a ciò, all’epoca dell’ultimo re, Francesco II, l’emigrazione era sconosciuta, le tasse molto basse come pure il costo della vita, il tesoro era floridissimo per non parlare poi dello sviluppo culturale che fece contendere a Napoli la supremazia culturale europea di Parigi; al momento dell’unità la percentuale dei poveri nel Sud era pari al 1.34% (come si ricava dal censimento ufficiale del 1861) in linea con quella degli altri stati preunitari.

“La rappresentazione del Mezzogiorno come un blocco unitario di arretratezza economica e sociale non trova fondamento sul piano storico ma ha genesi e natura ideologiche. I primi a diffondere giudizi falsi sugli inferiori coefficienti di civiltà su quell’area sono gli esuli napoletani che, nel decennio 1850-1860, con la loro propaganda antiborbonica non solo contribuiscono a demolire il prestigio e l’onore della Dinastia, ma determinano anche una trasformazione decisiva nell’immagine del Sud”.

“La storiografia ufficiale continua ancora oggi a sostenere che, al momento dell’unificazione della penisola, fosse profondo il divario tra il Mezzogiorno d’Italia e il resto dell’Italia: Sud agricolo ed arretrato, Nord industriale ed avanzato.

Questa tesi è insostenibile a fronte di documenti inoppugnabili che dimostrano il contrario ma gli studi in proposito, già pubblicati all’inizio del 1900 e poi proseguiti fino ai giorni nostri, sono considerati, dai difensori della storiografia ufficiale: faziosi, filoborbonici, antiliberali e quindi non attendibili “ .

Dopo la caduta del regno del Sud al coro di lagnanze degli esuli rientrati in Patria si aggiunsero anche gli uomini che avevano servito i Borbone e, come faceva rilevare Francesco Saverio Nitti ai primi del 1900:

“Una delle letture più interessanti è quella dell’Almanacco Reale dei Borboni e degli organici delle grandi amministrazioni borboniche. Figurano quasi tutti i nomi di coloro che ora esaltano più le istituzioni nostre [del regno d’Italia] o figurano, tra i beneficiati, i loro padri , i loro figli, i loro fratelli, le loro famiglie“ .

“La memoria dei vinti è stata sottoposta ad un’incredibile umiliazione … più grave è stato il taglio del filo genetico per cui c’è un pezzo d’Italia che ha dovuto vergognarsi del proprio passato, e poi ci si lamenta che manca la dignità, ma la dignità proviene dal riconoscimento della propria ascendenza … bisogna prima di tutto ridare al Mezzogiorno il senso della sua precedente grandiosità, riscattare questa presunta inferiorità etnica del Sud da operazioni di tentata cancellazione della sua memoria.

Ricordo che Rosario Romeo scrisse nella sua storia su Cavour un elogio a Ferdinando II, confrontandolo con il vincitore Vittorio Emanuele II, con grande scandalo dei risorgimentalisti che consideravano ciò intollerabile”

In realtà la “Questione meridionale”, tutt’oggi irrisolta, nacque dopo e non prima dell’unità; persino un ufficiale piemontese, il conte Alessandro Bianco di Saint-Joroz, capitano nel Corpo di Stato Maggiore Generale, scrisse nel 1864 che

“Il 1860 trovò questo popolo del 1859, vestito, calzato, industre, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia, tutti, in propria condizione, vivevano contenti del proprio stato materiale. Adesso è l’opposto. La pubblica istruzione era sino al 1859 gratuita; cattedre letterarie e scientifiche in tutte le città principali di ogni provincia. Adesso veruna cattedra scientifica……Nobili e plebei, ricchi e poveri, qui tutti aspirano, meno qualche onorevole eccezione, ad una prossima restaurazione borbonica” .

La popolazione dai tempi del primo re della dinastia borbonica Carlo III (1734) a quelli di Ferdinando II (1859) si era triplicata ad indicare l’aumentato benessere (è chiaro che si parla di livelli di vita relativi a quei tempi quando il reddito pro capite in Italia era meno di un quarantesimo di quello di oggi e molte delle comodità attuali erano inesistenti), la parte attiva era poco meno del 48%.

Giuseppe Ressa

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“PER LE SCUOLE ITALIANE IL REGNO DI SICILIA NON È MAI ESISTITO”

Posted by on Dic 27, 2018

“PER LE SCUOLE ITALIANE IL REGNO DI SICILIA NON È MAI ESISTITO”

di Massimo Costa

Dove nasce il complesso di inferiorità dei Siciliani.
Risposta: in gran parte sui banchi di scuola (oltre che guardando la TV italiana), che nega ab origine ogni forma identitaria propria della Sicilia.
Questo il libro di testo della Mondadori per la classe di seconda liceo di mia figlia.
Parlando della Sicilia medievale….
Intanto c’è tutta la solita marmellata sull’incontro di popoli, culture, etc. da cui non si capisce nulla se non che sembra che questi popoli stranieri si sono incontrati qua, mentre dall’altra parte i Siciliani, altro popolo (assente dalla storia che conta), stavano a guardare passivamente, mentre quelli andavano d’amore e d’accordo, etc. Sembra scritto da Orlando, vabbè.
Ma la cosa scandalosa è un’altra. Leggiamo:
«Nel 1061, infatti, i Normanni, popolo bellicoso e proveniente dal Nord Europa, giunsero in Sicilia, SACCHEGGIANDOLA E DEPREDANDOLA DI OGNI BENE.» E questo è tutto, gente.
I Normanni (forse scambiati con i Vandali di qualche secolo prima) vengono, saccheggiano, una specie di orda di Unni, va…. Prima dell’Italia solo dolore e morte, specie se si tratta di civiltà occidentale e cavalieri cristiani.
Con un’eccezione, naturalmente: i Saraceni, la cui conquista dell’Isola «diede l’avvio a un periodo di splendore per l’isola…Grazie infatti a un governo politicamente illuminato, che consentì per esempio la pacifica coesistenza tra i popoli garantendo la libertà religiosa…Soprattutto Palermo, capitale del califfato (sic!) arabo…». E io che credevo che i califfi stessero a Baghdad ed al Cairo. Ho scoperto che Palermo era la sede del califfato, mah…
Nella mappa degli “stati nazionali” che si formano: Francia, l’Italia di Berengario II, la Germania del Sacro Romano Impero e, naturalmente, l’Inghilterra dei Normanni (lì si forma uno stato nazionale, da noi fu una “conquista”, non aggiungo altro).
Poi, in una scheda, parlando dei Normanni, si riesce nel capolavoro retorico di parlare di Ruggero I e Ruggero II, SENZA MAI PRONUNCIARE LA “PAROLACCIA” “REGNO DI SICILIA”. RUGGERO II era re, sì, ma non si sa di che cosa, della Normandia, di un suo dominio personale, chissà.
E infine, ciliegina sulla torta, parlando di ciò che successe ai Siciliani “dopo” questa brutale conquista….
«Nei secoli successivi, la Sicilia venne ancora conquistata da Francesi e Spagnoli fino a essere annessa al Regno d’Italia nel 1860.»
Evidentemente il Vespro per loro fu un episodio della “conquista spagnola”. 8 secoli di stato, parlamento, esercito, leggi, moneta proprie, liquidate come un paio di dominazioni (di cui una, la francese, in verità durata solo 16 anni). Poi la “liberazione”, ops, l’annessione (qui gli è scappata giusta), al Regno d’Italia, l’origine di TUTTI O QUASI I NOSTRI MALI.
Poi ci lamentiamo di mancanza di senso civico, rassegna zione, apatia, subalternità a “quello che viene di fuori”, insuccesso delle formazioni politiche “regionali”…. Con questo lavaggio di cervello dalla culla sfido chiunque a provare ad alzare la testa.
Se la cosa ti fa incavolare condividi questo post.

Errori del libro: 1. con tutto il rispetto per i Saraceni di Sicilia, contro i quali non ho come alcuni alcun pregiudizio specifico, pur di esaltare tutto ciò che è musulmano si confonde il loro periodo con quello successivo del Regno di Sicilia. Sotto il Regno di Sicilia, in un certo senso almeno, ci fu tolleranza dei popoli e delle religioni. E sotto il regno di Sicilia ci fu il massimo splendore. Tutto sommato la seconda parte del periodo islamico (l’emirato di Sicilia) fu un periodo positivo, con la costruzione di un primo stato di Sicilia, e una certa floridezza, ma niente di che in confronto al dopo. La prima parte fu di veri saccheggi e stermini di cristiani, una violenza inaudita. I cristiani sopravvissuti erano dimmi, cioè “umiliati”, costretti a pagare la gezia, una tassa speciale, a non poter andare a cavallo, a non costruire nuove chiese, a lasciare il passo a tutti i musulmani che incontrassero per via, a non poter avere dipendenti o servi musulmani, esclusi dalla vita politica del paese, etc. Altro che tolleranza.

2. errore. L’emirato di Sicilia non fu mai un califfato.

3. errore La valutazione dell’invasione normanna è semplicemente ridicola. I Normanni furono liberatori non barbari invasori. Certo, le guerre non erano passeggiate ed erano violente. Ma fu una conquista rapida e accolta da tutti i cristiani dell’Isola come una vera liberazione. Poi, dopo, la civiltà che ne derivò, segnò uno dei momenti di maggiore splendore per la Sicilia, altro che saccheggi. A meno di non dire che le cattedrali di Palermo e Monreale le hanno fatte…. gli arabi.

4. A parte l’elite dei cavalieri normanni, quello che i Normanni costruirono in Sicilia fu un regno nazionale, ESATTAMENTE COME FECERO IN CONTEMPORANEA IN INGHILTERRA. Dove non a caso c’era il Parlamento come in Sicilia. La Sicilia è un regno nazionale, e viene negato da questo libro, che paradossalmente invece riconosce questo carattere all’identico fenomeno inglese. La parola Regno di Sicilia è accuratamente evitata, E questo è semplicemente un falso storico.

5. Ancora peggio il dopo. Saltata la grande epoca della dinastia Hohenstaufen, sotto cui non c’era proprio alcuna dominazione,. Saltata la monarchia indipendente dopo il Vespro (1282-1412). Si vende come “dominazione” spagnola l’unione personale tra le corone di Spagna e Sicilia di ‘400, ‘500 e ‘600. Persino dopo (‘700) siccome i Borbone di Napoli sono di origine spagnola, anche quella sarebbe “dominazione spagnola”. Un fake spaventoso. La Spagna non ha mai conquistato la Sicilia. E la Sicilia non è mai stata una colonia o un possedimento spagnolo: sempre una monarchia costituzionale, che aveva in comune con la Spagna solo il Re (per vicende dinastiche), il quale inviava un viceré che rispettava in tutto e per tutto leggi e parlamento siciliano. Poi la “dominazione francese” è vera, ma durò solo 16 anni, travolta dal Vespro. Insomma, dire che “dopo i Normanni”, la Sicilia era una pallina da ping pong tra francesi e spagnoli è un insulto alla cultura.

6. Ci si domanderà a questo punto di che cosa fosse mai stato re il buon Ruggero II. A quanto pare era, come scritto in non pochi testi italiani di storia, “re di Napoli”, o forse “delle Due Sicilie”, così completiamo la frittata.

E però è il disegno complessivo ad essere inquietante. La negazione di identità al popolo siciliano (solo spettatore di questi dominatori che vanno e vengono e fanno i fatti loro, nessuno dice che quei popoli non erano dominatori ma i nostri nonni). La negazione di identità allo Stato di Sicilia e alle sue istituzioni, per poter dire che solo il Nord d’Italia ha una sua storia. E che la nostra comincia con “l’annessione all’Italia” del 1860. Se ci pensi è la stessa ragione per la quale tutti i centri storici siciliani hanno visto cambiare la loro toponomastica con i Savoia, Garibaldi, etc. Come se prima ci fossero stati secoli di “nulla”, sbrigativamente e falsamente liquidati come “dominazioni”. Qua l’unica vera dominazione, è quella italiana.

fonte

7https://360econews.wordpress.com/2018/09/19/per-le-scuole-italiane-il-regno-di-sicilia-non-e-mai-esistito/?fbclid=IwAR1T-6QhnzHdx6JE8CvYzmCSKAO3XVliRqOUKxdvrG4izBG_YEO5RTT9t3A

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Piedimonte Matese, feudale.

Posted by on Ago 2, 2018

Piedimonte Matese, feudale.

Anzitutto, che cosa era un feudo? Non era una proprietà privata, che se ne potesse fare quel che se ne voleva. Era un beneficio, cioè una terra data in godimento, e perciò non divisibile o vendibile. Al beneficio era legato il vassallaggio, cioè i doveri verso chi l’aveva concesso, e che si manifestava con l’omaggio (farsi uomo di, stare a disposizione di). Si aggiungeva un terzo carattere: l’immunità, esenzione dalla legge ordinaria. 

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