Da Casamari salendo sul Monte Pedicino sino a giungere a Peschio Macello, dal 1400 circa al 1870, fu la zona di confine tra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico nel territorio del Comune di Veroli. L’ampio territorio comprendente le località di Scifelli, Fontana Fratta, Fontana Fusa, Case Cocchi, Tor dei Conti, Case Volpi, Case Verrelli, Colle Grosso, Santa Maria Amaseno, Prato di Campoli, Le Pratelle, Mugliera, Trasoto sino a Trisulti, che circonda la frazione di Santa Francesca, rappresenta un’area di notevole interesse storico a partire dalle testimonianze del basso medioevo per la presenza di una dozzina di eremi, alle strutture militari collegate alla gestione del confine e all’epidemia di colera, sino alle testimonianze connesse con il brigantaggio comune e quello della reazione contro l’espansionismo dei Savoia.
C’è tanta voglia di natura, c’è tanta voglia sport e di salute ma c’è anche tanta voglia di sognare di far volare la mente ma non guardando al futuro, come è stato fatto per circa un trentennio ubriacati dalla modernismo che anche se ci ha regalato lo smartphone, il wi-fi e il bluetooth facendoci credere di poter far a meno del trascendente lasciandoci un senso di solitudine e di impoverimento dell’anima fino ad arrivare ai confini dell’angoscia, ma guardando al passato per ritrovare l’epica e il mito che rende sempre attuale le “Metamorfosi” di Ovidio che attraverso la narrazione del Mito ci spiega il quotidiano e l’essenza dell’essere umano. Questa necessità è la chiave di successo dello spettacolo “Voci, Canti, Suoni dei Briganti in Terra di Lavoro”perchè narrando attraverso l’arte e in lingua laborina un periodo storico che è diventato mitico si offre una coperta per riscaldare i cuori a chi ha capito che forse è meglio vivere fuori dal “Truman Show”, ma è anche la chiave di successo della nascita e il fiorire di tanti Cammini Naturalistici legati alla figura dei “Briganti Insorgenti” che si affiancano a quelli Sacri nati già da molti anni. Il Regno che è stato un palcoscenico a cielo aperto delle gesta dei Briganti e in particolar modo la Terra di Lavoro che è la stata la provincia più fedele al Re di Napoli e la più agguerrita a difendere la secolare storia della Patria Napolitana, di percorsi potenziali ne ha “a zeffunno” e a breve verrà inaugurato uno legato alla figura di Luigi Alonzi alias Chiavone di Sora grazie all’idea del laborino Mauro Pisani, uno delle colonne portanti del “Comitato Sorantica 1999”, e del Campanino Simone Rinaldi che Martedì 13 dicembre alle 21 ci spiegherà quello che stanno creando, per vedere basta cliccare di seguito
La cattura dello “Sparviero” non fu merito del generale Pallavicini, che lo braccava, ma la “soffiata” di una sua compagna di nome Rosa Giuliani, abbandonata da Schiavone per amore verso Filomena Pennacchio, “bella, occhi scintillanti, chioma scura e cresputa, profilo greco”.
Il brigantaggio post-unitario fu, come già accennato in precedenti saggi, un rilevante fenomeno sociale, rappresentativo del nascente disagio del Mezzogiorno dell’Italia unita.Numerosi furono i protagonisti di tale lotta insurrezionale, così come fu diversa l’origine sociale di tali “briganti” che nelle rispettive terre native portarono avanti azioni di guerriglia per il legittimo re Borbone. Tra i più noti briganti, immortalati dalla storiografia risorgimentale, si menziona Luigi Alonzi, detto “Chiavone”.
Dei capibanda che fecero grosso brigantaggio nell’ex Regno delle Due Sicilie al momento della realizzazione dell’unità d’Italia, Luigi Alonzi, detto Chiavone, è forse il più importante e il più rappresentativo.