Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

“LETTERA DALLA FRANCIA” TESTIMONIANZA ARTISTICA DI FULVIO COCUZZO SULLA TRATTA DEI FANCIULLI

Posted by on Apr 24, 2023

“LETTERA DALLA FRANCIA” TESTIMONIANZA ARTISTICA DI FULVIO COCUZZO SULLA TRATTA DEI FANCIULLI

Da anni trattiamo la tragedia della “Tratta dei Fanciulli” dell’alta Terra di Lavoro costringendo il mondo intellettuale risorgimentale laborino, che cerca in tutti i modi di “storicizzarlo”, a parlarne. Abbiamo intervistato studiosi come Loreto Giovannone e Giuseppe Antonio Violetta che ne hanno parlato in maniera scientifica e ci sono anche artisti come il nostro Raimondo Rotondi che ha scritto un monologo teatrale in lingua laborina che tanta emozione sta riscuotendo ovunque viene presentato, e c’è, altresi, Fulvio Cocuzzo il cantastorie dell’alta Terra di Lavoro che ha scritto e musicato “Lettera della Francia”, sempre il lingua laborina, ispirandosi a due lettere ritrovate nell’archivio storico di Alvito. Fulvio ci permette di pubblicare il testo scritto e il pezzo da lui interpretato. Pubblichiamo anche le lettere originali tratte dal testo scritto da Ugo Iannazzi ed Eugenio Maria Beranger forniteci sempre da Fulvio e rimodulate dal Prof. Gianandrea de Antonellis

LETTERA DALLA FRANCIA
( Maggio 2009- Aprile 2010)

Cara madre , io di scrive queste tue riche di lettera per farti sapere lottimo stato della mia salute e così spero di sentire di voi…

Oie mamma mamma no n’é vere niente
Ne sto n’salute e manche sto cuntiente
Oie mamma , te so’ ditte na bescia
Ce sto a lassa’ la vita a sta fatia

Scime alle quattre e mezza la matina
Rentrame ch’é già mesanotte bona
Apuò alle scure e chi po’ chiurre glie uocchie
Pe’ via deglie delure e glie peruocchie

Mia cara madre ti faccio sapere
Se tu ne puo’ manna’ sessanta lire
So’ le sessanta lire pe’ glie viaie
Tu trovale e ne lieve da ste vuaie

Oie ma’ , t’avessa dice tanta cose
Ma non ci ho tempo pe startelle a scrive
Nen sacce cumme seme ancora vive
Miese a ste nfierne che ne dà repose

De paisiane ce ne steme tanta
Trattate cumme aglie pegge pezziente
A fa’ glie cunte quande vià a rescote
Nen se mette a pizze ne solde becuate

Oie ma’ ,  le sacce ca a vu ve dispiace
Ca i’ ve manne a pete glie quatrine
Vu stete  tutte a casa bieglie n’pace
E nu frastiere a fa’ sta brutta fine

E p’ulteme te scrive glie salute
Che te glie manna frateme Donate
S’aeva sta alla casa ca é vaglione
Sta sempre a chiagne e nen se sente buone

Se vire cumme seme deventate
Che chella poca forza che ne resta
Sembrame pruopa chiglie streppeiate
Che vieve a Sante Rocche pe’ la festa

Mia cara madre ti stonghe a pregare
Vi’ de trevuarle sse sessanta lire
Se no ne sta a responne , e che  m’o’  di’?
N’te so’ chiù figlie e n’te vuoglie senti’

Adesso ti saluto , cara madre ,  io  che sono il vostro figlio Antonio …… e se voi non mi mantate il viaggio non mi fate più risposta. ( lettera di Antonio Persichetti da Lione )

L’lNFAME TRATTA DEI MINORI VERSO LA FRANCIA
che sia una piaga dolorosissima, a dire il vero poco o nulla conosciuta localmente, e solo in questi ultimi anni indagata in modo documentato grazie ai cospicui studi di Maria Rosa Protasi. Essa interessò soprattutto Alvito. Arpino, Atina, Isola del Liri, Picinisco. Roccasecca, Sora e Vicalvi e si indirizzò sia verso le vetrerie francesi, sia verso l’Inghilterra, dove Londra venne raggiunta da numerosi gruppi di giovani suonatori di pifferi, zampogne ed organetti, alcune volte accompagnati da animali, quali pappagalli e scimmie, e sia verso la lontana Russia, dove altri adolescenti esibiamo orsi ammaestrati provenienti dal territorio dell’odiemo Parco Nazionale d’Abruzzo.
I bambini destinati a lavorare in Francia erano affittati a reclutatori locali, privi di ogni scrupolo, dai genitori ignari e, comunque, a ciò costretti dalla miseria più nera. Trattati come veri e propri schiavi, in modo in parte simile ai suonatori dell’area ligure e parmense, agli spazzacamini piemontesi e valdostani, ai fornaciai friulani, ai figurinai lucchesi, venivano costretti a lavorare dieci-quindici ore (ed anche più) al giorno, prelevando il vetro fuso nei torridi forni.
Il reclutatore, che assumeva di fronte al sindaco l’obbligo di accompagnare questi ragazzi a Lione e nell’area parigina, era spesso un parente o comunque un paesano, pronto a lucrare forti guadagni da questo traffico. La Protasi ha scoperto e pubblicato due lettere, risalenti al 1895. impressionanti per drammaticità, ove questi figlioli nativi di Alvino. in lacrime, implorano le madri per farsi inviare i soldi necessari al viaggio di ritorno; in caso contrario avrebbero tagliato ogni legame con la famiglia”


La prima lettera scritta da Bernardo Antonelli così recita:

Cara Madre
“Io non gio dempo per scrivere ti mandarti a dire tutto cose di preco di farmi il biagere mardarme il viaggio per ritornare perche qua cie male cariche di pi tocchi e per ciò cara matre ti preco ti movete a pietà pe a trovare i solti per il viaggio sono sessanta lire io stanco tutti i giorni a piancere per che qua sordiamo [sortiamo] alle quatro e mezzo e ri tor niamo a mezzanote: per ciò di preco di marnare il viaggio se voi mimate [mi mandate] il viaggio rispontetemi e seno non voglio sentire piu ne tire io non pozzo scrivere perche io piancio e se Catarina non vele man tare al sou figlio melli mantate sole a me. io non vi scrive piu perche non ciò dempo fattelo dire a voce a fiorellino quelle che passiamo noi e son il vostro
Bemarto”

La seconda lettera di Antonio Persichetti alla madre così, invece, ricorda:

Cara madre
“Io di scrive queste tue riche di lettera per fardi sapere lottimo stato della mia puona salute e cosi spero di sendire di voi. Cara madre già voi verme dispiace perché io di manto a pre [?] dire i solti ma piezzà a mandarmi i denari perche il mio fra dello sta sempre a piangere vetete e titto cosi se non ci cimanto il viaggio a noi non gi benzate piu perche voi sete state tutti contento e mo patiamo [oppure: fatiamo, cioè fatichiamo?] noi qua stiamo mezzo al femo [forno?] vetete che qua il stato Senne gateno [cadono] mine tue otre [due o tre] volte lacerne [la gente] tentre [dentro] alla fabrica vetete se voi mi mantate il viaggio non mi fate piu risposta perche noi a noi puniamo allaqua e voi non sapete piu nodizia. Cara Madre mandatami il viaggi trovali che noi a [s]tiamo alle fine e limite e nella [nulla?] puscamo [buschiamo; prendiamo] ma di preco timan darmi lire sesanto se no quanto ri tomo ti buttiamo alla finestra e benza tima tarmi il viaggio se no io non zono piu il vostro figlio in tanto di manto un saluto il mio fratello giacomino e lui sta a biangere noi siamo ri ventiate? peccio del figlio del gioppo fenizio di saluto io cara madre che Sono il vostro figlio Antonio
E se voi non mi mantate il viaggio non mi fate piu risposta”

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La tratta dei fanciulli in alta Terra di Lavoro ne parliamo con Giuseppe Antonio Violetta

Posted by on Apr 13, 2023

La tratta dei fanciulli in alta Terra di Lavoro ne parliamo con Giuseppe Antonio Violetta

Chi ci segue da tempo sa che la tratta dei fanciulli che ha investito la neonata nazione italiana e in principal modo quella dell’alta Terra di Lavoro e dalle terre molisane, è stato sempre un tema da noi molto sentito che ci coinvolge emotivamente che va ad affiancarsi a tutte le altre tragedie che la nostra terra ha dovuto sopportare quando smettendo, non per volontà propria, di essere napolitana divenne italiana. Dopo aver avuto il piacere e l’onore di chiacchierare con Loreto Giovannone, esperto della materia, qualche settimana fa dove ci ha informato sul fenomeno a livello nazionale, venerdì 14 aprile alle ore 21, staremo in compagnia di un altro esperto della materia come Giuseppe Antonio Violetta che è un ricercatore e studioso di alto livello dell’alta Terra di Lavoro per l’esattezza di Arce, che ci parlerà del fenomeno circoscritto al nostro territorio

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LA TRATTA DEI FANCIULLI NEL REGNO D’ITALIA

Posted by on Dic 15, 2022

LA TRATTA DEI FANCIULLI NEL REGNO D’ITALIA

“I figl so’ piezz ‘e core”, quante volte abbiamo sentito questo frase, praticamente ci siamo cresciuti, e se in teoria nessuno la contesta e tutti la considerano una delle colonne portanti della civiltà in pratica le cose cambiano un pochino. Sono tantissimi, nel mondo, i bambini che subiscono maltrattamenti, violenze e sfruttamento sul lavoro come, altresì, sono vittime di traffico di essere umani per l’asportazione di organi ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che sono fenomeni dell’età moderna perchè risalgono dalla notte dei tempi ma quello che interessa a noi e capire cosa è accaduto nel neonato Regno d’Italia. Abbiamo molte volte trattato la “tratta dei fanciulli” in alta Terra di Lavoro e in Molise quando da napolitane divennero italiane ma allungando lo sguardo oltre i confini dell’antico Regno ci rendiamo conto che il fenomeno ha riguardato tutta l’italia quando da punto di riferimento universale divenne “savoiarda”. Il suddetto fenomeno emerge quasi sempre nei paesi colonizzati e quindi non è un caso che nella neonata “patria italiana” per circa 60 anni abbiamo assistito a questa tragedia che è ricomparsa nell’immediato secondo dopoguerra, è una tragedia che in tanti cercano tenerla nella naftalina ma come sta accandendo da anni con tutte le vicende “peri 1860”, la “tratta dei fanciulli” sta emergendo come un fiume carsico ed è impossibile prosciugarlo. Il tutto accade anche grazie a Loreto Giovannone ricercatore e studioso laborino da Brocco che da decenni gira gli archivi donandoci degli studi che se per alcuni sono scomodi per noi identitari napolitani sono delle vere e proprie gemme. Venerdi 16 dicembre alle 21 lo avremo ospite nella nostra abituale trasmissione dedicata alla storia identitaria dove ci ha promesso che porterà delle informazioni non inedite ma certamente poco conosciute ai più, per ascoltarlo cliccare di seguito

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“FANCIULLI” TRATTA DEI BAMBINI NEL REGNO D’ITALIA E IN TERRA DI LAVORO

Posted by on Ott 18, 2021

“FANCIULLI” TRATTA DEI BAMBINI NEL REGNO D’ITALIA E IN TERRA DI LAVORO

Senza scomodare Milan Kundera credo che mai nella storia dell’uomo ci sia stata una cancellazione di una Nazione con 8 secoli di vita, quella napolitana, avvenuta con tale disinvoltura e spudoratezza e conseguente trasformazione antropologica come quella subito da un popolo che da napolitano s’è trovato da un giorno all’altro ad essere meridionale di una subnazione.

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