Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

“Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro” a Scurcola Marsicana, il Video integrale dello Spettacolo

Posted by on Ott 30, 2022

“Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro” a Scurcola Marsicana, il Video integrale dello Spettacolo

E siamo ad 8, otto rappresentazioni dello spettacolo “Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro” che l’Ass.Id.Alta Alta Terra di Lavoro è riuscito a mettere in scena nonostante la mancanza di padrini, di protettori e della mancanza di capacità di creare “particolari” relazioni. Venerdì 14 di ottobre ’22 è andato in scena a Scurcola Marsicana per la prima volta abbiamo visto la formazione dei musicanti al gran completo, quattro, e un inedito monologo recitato da un nuovo attore, un’attrice per essere precisi, che porta a 11 il numero dei protagonisti. Lo spettacolo, come già spiegato, è un percorso storico che parte dal 1799 per terminare alle guerre mondiali attraverso l’utilizzo della recitazione e della musica entrambi identitari e gli elementi comuni che lega tutte le rappresentazioni emersi a Scurcola Marsicana sono due: il primo e che tra chi ha visto la rappresentazione nessuno ha mai detto che è uno spettacolo dialettale e il secondo e che è uno spettacolo molto colto che ci conferma sempre più di come abbiamo realizzato un unicum nel panorama artistico che va oltre i confini dell’alta Terra di Lavoro assumendo una dimensione universale.

A Scurcola Marsicana s’è notato come ormai i Musicanti, Silvano, Angelo, Loredana e Marco hanno raggiunto un amalgama e un intesa importante che ha portato delle novità finali come l’inserimento della zampogna nella Tammurriata Nera che è stata una chicca molto apprezzata. Cinzia è diventata cosi padrona della Poesia “Terra di Lavoro” che sembra quasi che Pasolini quando l’ha scritta pensasse a lei come Elena che è così brava a recitare la Poesia su Michelina da portare Raimondo, autore del capolavoro, ad affermare che la recita meglio di lui e che è tutto dire. Loredana ormai vive cosi intensamente le sue recitazioni che da la sensazione di averle vissute in prima persona recitando praticamente se stessa con la ciliegina di Leda che ha portato in scena per la prima volta un monologo, sempre scritto da Raimondo, recitandolo nell’unica maniera possibile rispettando, con i tempi recitativi giusti, lo spirito del testo diversamente dagli altri che sono pieni di patos e tensioni e simile a quello finale su S.A.R. Maria Sofia ultima Regina di Napoli in visita al campo prigionieri italiano Austriaco della Prima Guerra Mondiale, insomma la quiete dopo la tempesta.

Maya Tedesco come responsabile del corpo di ballo è cosi padrona dello spettacolo che riesce in ogni situazione e scegliere gli abiti giusti e appropriati riuscendo a cambiare sempre i tempi d’ingresso a seconda del palcoscenico che lo ospita. Sulla qualità interpretativa dei balli nulla da aggiungere perché le ballatrici essendo figlie della scuola TraDanze sono una garanzia assoluta come un assegno circolare a vita.

Se lo spettacolo esiste perché esiste il genio di Raimondo ma la riuscita la si deve anche perchè si è stati capaci di selezionare i giusti Musicanti e i giusti attori che attraverso i testi hanno incarnato il linguaggio, la mimica e l’interpretazione del proprio territorio che viene traferito al pubblico attraverso se stessi confermando che la lingua Laborina non è un dialetto ma una lingua Madre figlia dei Placiti Cassinesi. Una lingua si definisce Volgare e Madre quando ha sottolingue e nello spettacolo ne ascoltiamo 4, una piccola parte di quelle che esistono partendo da Sora fino alle pendici di Montevergine, che sono Arpinate-Sorano, Sangiorgese, Cassinese e Cellolese.  

Ringraziamo la Città di Scurcola Marsicana, la comunità e il Sindaco De Simone Nicola per l’opportunità che ci è stata riservata. Un ringraziamento all’amico “Peppino” che s’è speso per portare lo spettacolo nella sua Scurcola. Ringraziamo, altresì, l’Ass.Borghi Autentici d’Italia che ha contribuito alla realizzazione e alla organizzazione dello spettacolo e un affettuoso saluto ad Olimpia e Francesco per la loro presenza attenta e molto apprezzata. Lunedì 31 ottobre alle 21 si può vedere lo spettacolo integrale cliccando di seguito

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La lingua napoletana (II)

Posted by on Nov 4, 2019

La lingua napoletana (II)

L’unità linguistica delle Due Sicilie

di Massimo Cimmino

Quanto detto è stato attuato, in particolare, inducendo l’erronea convinzione che le lingue preunitarie dovessero considerarsi semplicemente “dialetti”, intesi quali versioni regionali dell’unica lingua degna di questa nome, il toscano, ufficializzato come “lingua italiana”.
Ma, a ben vedere, si è fatto strumentalmente ricorso ad un’accezione del tutto secondaria del termine “dialetto”, che, derivato dal greco diàlektos, ha il primigenio significato di “discussione”: basti pensare che la dialettica è appunto l’arte della discussione.


La differenza tra lingua e dialetto, in effetti, è di ordine politico-sociale, non linguistico. Il linguista norvegese Binar Haugen (1906 – 1994) ha provocatoriamente liquidato questa distinzione affermando testualmente che: “Una lingua è un dialetto con alle spalle un esercito e una flotta”.
Invero, il napolitano ed il siciliano sono lingue romanze derivate – al pari del toscano – direttamente dal latino. Secondo una classificazione linguistica piuttosto diffusa, tali lingue (toscana, napoletana e siciliana) apparterrebbero al ceppo cosiddetto dei “dialetti centro-meridionali”, geograficamente distinto dal ceppo dei “dialetti settentrionali” (suddistinti in gallo-italici e veneti) da uno spartiacque che si ottiene tracciando una linea ideale che parte da Massa e finisce a Senigallia, più o meno ricalcante la cosiddetta “linea gotica”.
A fronte di questa teoria, intesa a far rientrare queste lingue in una cornice comunque “italiana”, vi è quella, di più ampio respiro, sostenuta dallo svizzero Walther von Wartburg (Riedholz, Soletta, 1888 – Riehen, Basilea, 1971), e più tardi ripresa dal tedesco Heinrich Lausberg (Aquisgrana 1912 – Munsler 1992). Questi insigni studiosi di linguistica dividono l’area in cui sono parlate le lingue romanze in due grandi settori: la Romània occidentale, nella quale rientrano le lingue parlate nella parte continentale dell’Italia geografica, e la Romània orientale, che comprende, tra le altre, le lingue parlate nella parte peninsulare di quest’ultima, nonché il corso ed il siciliano.
Va ricordato, a questo punto, che l’abate Ferdinando Galiani, famoso economista e letterato, nella sua opera “Del dialetto napoletano”, data per la prima volta alle stampe nel 1779, rivendica il primato della poesia in “volgare” alla cosiddetta “scuola siciliana”, un movimento culturale formatosi alla corte di Federico II di Hohenstaufen tra il 1230 ed il 1250. Principale esponente di tale scuola fu Jacopo da Lentini (1210-1260), che Dante nella “Commedia” chiamerà “il Notaro” (Purgatorio, Canto XXIV, 56). Questa tesi è oggi unanimemente condivisa dagli studiosi della materia, dovendosi precisare che la lingua usata dai poeti siciliani era in realtà il napolitano, detto anche “pugliese” per essere all’epoca la Puglia la più importante regione del Regno. Alcune canzoni citate da Dante nel De vulari eloquentia contengono espressioni prettamente napolitane. Galiani fonda il primato del napolitano sulla presenza nella nostra lingua del maggior numero di vocaboli di immediata derivazione latina. Volendo fare un solo esempio tra tanti, basti pensare ai termini di cummare e cumpare, che, con la sola elisione della lettera “t”, riproducono le espressioni cum matre e cum patre, stando ad indicare coloro che condividono con la madre e, rispettivamente, con il padre, la responsabilità dell’educazione del figlio.
D’altra parte, la stessa precedenza data nella nostra cultura al nome proprio rispetto al cognome affonda le sue radici nella latinità. I romani, infatti, individuavano la persona – nell’ordine – con il praenomen, corrispondente al nostro nome di battesimo, con il nomen, che designava la gens di appartenenza, ed infine con il cognomen, equivalente al nostro soprannome. La tesi del Galiani trova conforto nella considerazione che i primi documenti ufficiali in “volgare” sono i cosiddetti “placiti cassinesi”, contenenti dichiarazioni giurate scritte in napolitano, risalenti al periodo che va dal 960 al 963 ed aventi ad oggetto l’appartenenza di certe terre ai monasteri benedettini di Capua, Sessa e Teano. Con i re aragonesi, poi, il napolitano acquista dignità di lingua ufficiale, sostituendo il latino negli atti e nei documenti. Nei secoli successivi, pur rientrando il Regno nell’orbita dell’impero spagnolo, si assiste nondimeno ad una notevole produzione letteraria in lingua napoletana, nell’ambito della quale giganteggiano le figure di Giulio Cesare Cortese (Napoli, 1570-1640), autore tra l’altro de La Vaiasseide, e di Giambattista Basile (Giugliano, 1566-1632), che ne Lo cunto de li curiti ovvero Lo trattienemento de li piccirilli raccoglie per la prima volta le fiabe più celebri (da Cenerentola alla ), fiabe che ispireranno poi molti favolisti della moderna cultura europea, quali Perrault ed i fratelli Grimm.
Merita di essere ricordato Andrea Ferrucci (Palermo, 1651 – Napoli 1704), autore della celebre Cantata dei pastori (1698), recitata nei teatri popolari nella notte di Natale fino all’ottocento ed in anni recenti rivisitata e rappresentata, in particolare da Concetta e Peppe Barra. Tra i poeti di lingua napolitana troviamo anche Alfonso Maria de’ Liguori (Marianella, 1696 – Nocera de’ Pagani. 1787), il Vescovo poi canonizzato, che scrive e musica il canto natalizio Quanno nascette ninno.
Anche l’opera buffa muove i primi passi, a cavallo tra i secoli XVII e XVIII, in lingua napolitana. Un esempio di questo genere è II trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti (Trapani, 1660 – Napoli, 1725), scritta inizialmente su libretto in napolitano, poi italianizzato.

fonte http://www.quicampania.it/tradizioni/lingua-napoletana-02.html

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“Voci, Canti e Suoni di Briganti in Terra di Lavoro” a Scurcola Marsicana 22 agosto 2023

Posted by on Ago 21, 2023

“Voci, Canti e Suoni di Briganti in Terra di Lavoro” a Scurcola Marsicana 22 agosto 2023

“Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro”, un evento per celebrare la storia e la passione dei briganti. L’appuntamento è fissato per martedì 22 Agosto 2023 alle ore 21:00, una serata da non perdere.

Gli spettatori avranno modo di assistere a monologhi teatrali unici recitati in lingua laborina, lingua figlia dei Placiti “Cassinesi” ancora in uso negli abruzzi, in terra di lavoro e in molise, portati in scena da artisti talentuosi e appassionati. Leda Panaccione, Elena Sorgente, Cinzia Zomparelli, Roberta Evangelista e Raimondo Rotondi daranno voce a figure di briganti e brigantesse, riportando in vita le loro storie, emozioni e aspirazioni con il cappello spirituale di Pier Paolo Pasolini.

La serata sarà accompagnata da melodie e canti che richiameranno l’epoca dei briganti. Il gruppo “Musicanti e Cantori di Terra Laboris” composto da Angelo Fusco, Diego Fusco, Adriano Macioce e Daniele Tersigni, porterà in scena esibizioni coinvolgenti che ci trasporteranno indietro nel tempo. I testi dei brani, curati da Raimondo Rotondi, saranno una vera e propria finestra sulla storia e le emozioni di quei tempi. Infine, Le danze, curate da Maya Tedesco, aggiungeranno un elemento di movimento e vitalità alla serata. Claudio Saltarelli è il curatore storico-artistico

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