Dopo questo excursus puramente esemplificativo della notevole produzione letteraria in lìngua napolitana nei secoli precedenti l’ottocento, torniamo al discorso iniziale ed osserviamo come proprio a partire dagli anni in cui il nostro Regno perde l’indipendenza, vede saccheggiate le proprie risorse economiche e finanziarie, costretta al’emigrazione una gran parte della popolazione, si assiste alla nascita di una vera e propria poesia napolitana, pienamente autonoma rispetto ad altre correnti letterarie dell’epoca, il cui massimo esponente è Salvatore Di Giacomo (Napoli, 1860 -1934), autore di componimenti poi diventati canzoni, come A Marechiaro, Era de maggio, ‘E spingule francese e di numerosi drammi, il più famoso dei quali è senz’altro Assunta Spina.
Quando un napoletano
afferma, riferendosi a un esponente del gentil sesso: “Chella è ‘na zèza”, sappiate che non sta
facendo ciò che si può definire propriamente un complimento. Riprendendo,
infatti, un antico modo di dire, con questo termine si vuole indicare una donna che fa
continuamente smorfie o vezzi, che si abbandona a smancerie di ogni genere e
che è un’insopportabile chiacchierona, oltre che civettuola.
Roberto de Simone
individua nel personaggio Zeza il carattere di prostituta o perlomeno di
ruffiana, e questo sia perché zeza era comune nome d’arte di prostitute o
tenutarie di bordelli, sia per il ruolo da essa esercitato nella vicenda.
Il significato di
“zèza” risale alla Commedia dell’Arte e, soprattutto, a quella consuetudine di attribuire il
nome di un personaggio teatrale a chi assume nella vita di tutti i giorni il
comportamento del personaggio stesso. Zeza, infatti, è il diminutivo di
Lucrezia, moglie di Pulcinella, e dunque un nome proprio che successivamente è
diventato aggettivo e poi aggettivo sostantivato per indicare una donna che
aveva le medesime caratteristiche di questo personaggio.
Fu nel corso del Seicento,
quando il Carnevale
Napoletano raggiunse il periodo di maggiore splendore, che la
“Canzone di Zeza” iniziò a diffondersi per le strade della città, recitata da
attori improvvisati e accompagnata dal suono del trombone.
La storia è quella dell’amore
tra la figlia di Pulcinella, Tolla (o Vicenzella) con Don Nicola, studente
calabrese, le cui nozze sono fortemente contrastate dal padre di lei che teme
di essere disonorato, mentre sua moglie Zeza, che è di ben altro avviso, vuole
far divertire la figlia “co’ ‘mmilorde, signure o co’
l’abbate”. Pulcinella sorprende gli innamorati e reagisce violentemente,
ma, punito e piegato da Don Nicola, alla fine si rassegna. Anche se si tratta
di un testo “popolare”, si affrontano comunque, seppure in chiave grottesca,
tematiche universali quali il conflitto tra le generazioni, la ribellione
all’autorità paterna – rappresentata da Pulcinella – e la risoluzione dello
scontro col matrimonio che, per certi versi, ricompone l’equilibrio familiare.
Fino alla prima metà
dell’Ottocento, la “cantata vernacola […] sul gusto delle atellane che
successero alle feste Bacchiche, alle Dionisiche e, quindi, ai fescenini e alle
satire” e che “trae argomento dagli amori di un Don Nicola, studente calabrese,
con Vincinzella, figlia di Zeza e Pulcinella”, si rappresentò nei cortili dei
palazzi, nelle strade, nelle osterie e nelle piazze ad opera di attori
occasionali o compagnie di quartiere, che si facevano annunciare a suon di
tamburo e di fischietto e ben presto divenne un testo così famoso da essere
conosciuto a memoria da tutti i ceti sociali di Napoli. Le parti femminili
erano interpretate da soli uomini perché le donne non potevano essere esposte alla pubblica
rappresentazione ed è una tradizione che si conserva ancora oggi. Nella seconda
metà del XIX secolo, a seguito dell’emanazione di divieti ufficiali che ne
proibivano la rappresentazione per le strade “per le mordaci allusioni e per i
detti troppo licenziosi ed osceni”, la “Zeza” fu accolta, esclusivamente nel
periodo di Carnevale, nei teatri frequentati soprattutto dalla plebe, dove il
pubblico notoriamente interloquiva cogli attori nel corso della rappresentazione
“con sfrenatezze di gergo e di gesti”. A causa di questi impedimenti,
la “Zeza” si diffuse quindi nelle campagne adiacenti e, con caratteri
sempre più diversificati, nelle altre regioni del Reame di Napoli.
Al giorno d’oggi la
“Canzone di Zeza” è una rappresentazione tipica della Campania e
specialmente dei paesi dell’Irpinia: in generale possono cambiare i nomi dei
personaggi e le battute dei dialoghi da paese a paese, ma alla base
permane sempre lo stesso canovaccio.
A San Lorenzello
veniva rappresentata in occasione del carnevale in diversi punti del paese,
senza apparato scenico, perlopiù da quattro attori maschi che, esercitandosi
per anni nello stesso ruolo, finivano per essere considerati, come quelli della
commedia dell’arte, dei veri specialisti. Due di essi, cosa naturale in quei
tempi, ricoprivano, travestendosi da donna, i ruoli di Zeza e Vicenzella o
Tolla. Erano preceduti da un volante che, cavalcando un asino, invitava la
gente a partecipare alla rappresentazione.
Nel 1951 si tenne l’ultima rappresentazione di Zeza con la partecipazione di attori che questa sera vogliamo ricordare: Alfonso Rubano, Michele Ciarleglio, Lorenzo Ciarleglio, e Guido Sagnella. Molti anni dopo ritornò il desiderio di ripresentarla ma risultò vana la ricerca del libretto originario. Allora si decise di ricostruirlo attraverso i ricordi dei più anziani e la rappresentazione si tenne la sera del 4 agosto 1995. A distanza di alcuni anni il libretto fu ripreso e lo storico Don Nicola Vigliotti ed Alfonso Guarino lo ampliarono ed integrarono con l’aggiunta di due personaggi: il maresciallo dei Carabinieri e l’Arciprete Don Pasquale. La vigilia di San Donato del 2004 è stata rappresentata ottenendo un grande successo. L’11 agosto 2019 è stata riproposta con grande successo, nell’ambito di una serata dedicata alla riscoperta delle tradizioni popolari curata dall’Ente Culturale Schola Cantorum San Lorenzo Martire “Nicola Vigliotti” di San Lorenzello.
Real Casa Santa dell’Annunziata – Via
Annunziata 34, Napoli
Rassegna di spettacoli dall’ 8 al 18 agosto 2019
Da giovedì 8 a domenica 18 agosto, il Cortile
della Real Casa Santa dell’Annunziata aprirà al pubblico il suo magnifico
cancello cinquecentesco e si trasformerà ancora una volta in uno spazio
dedicato alla musica e al teatro, palcoscenico di eccezione su cui si
esibiranno per undici serate di seguito i grandi interpreti della tradizione
classica napoletana.
Promossa e sostenuta dall’Assessorato alla
Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, nell’ambito del programma
dell’Estate a Napoli 2019, la rassegna“Estate al Cortile” è realizzata
dall’Associazione Il Canto di Virgilio.
Serate di musica colta, popolare e classica si
alterneranno a spettacoli teatrali offerti gratuitamente al pubblico di
cittadini e turisti che potrà godersi in uno dei luoghi più suggestivi del
centro storico della città, il meglio della produzione artistica della
tradizione classica napoletana.
PROGRAMMA
Giovedì 8
agosto ore 21.00 Antonella
Morea
“Mamma” di Annibale Ruccello
“Mamma” piccole tragedie minimali di
Annibale Ruccello, regia di Geredo D’Andrea,
e’ un testo a più voci raccontate da una sola
attrice :Antonella Morea. Tante mamme e la loro crudeltà, follia, le favole
nere e la crisi profonda di uno status femminile, talvolta difficile e perverso.
Mamme che poi via si trasformano, nei vari episodi, in figure irrimediabilmente
corrotte dai mass-media, una folla di donne attorniate da ragazzini che si
chiamano Deborah, Samanta, Morgan, nelle cui conversazioni si confondono
messaggi personali, echi televisivi, slogan di rotocalchi; dove la pubblicità
si sovrappone alle confidenze, le telenovelas alla sfera privata e gli inni
liturgici alle canzonette di Sanremo. Fanno da contrappunto musicale brani
famosi dedicati alle mamme. Fisarmonica Vittorio Cataldi.
Venerdì 9
agosto ore 21.00 Lalla
Esposito e Massimo Masiello
” ‘E primme vase tuoje l’aggio avute
io”
L’amore di un uomo e di una donna, in forma di
concerto-spettacolo per uno dei più grandi geni del 900: Raffaele Viviani.
Attraverso le loro voci prendono forma i suoi
innamorati,i guappi, le pro storie. …gli angeli della sua drammaturgia che
chiedono una speranza (da ultimi) per continuare a sperare per vivere.
Un viaggio tra le parole e la vita di Raffaele
Viviani. Attore, commediografo, compositore, poeta e scrittore italiano, egli
intendeva portare in scena la verità, la miseria, l’ingiustizia, e marchiò le
sue sceneggiature e le sue canzoni con una lingua scarna, aspra e tagliente,
ben lontana dallo stile che faceva del teatro colto un’esclusiva delle classi
più agiate, riuscendo perciò a coniugare contenuti profondi ad una possibilità
di fruibilità da parte di tutti. Al piano Luigi Tirozzi
Sabato 10
agosto ore 21.00 Mario
Maglione
‘E stelle ‘e Napule
Nella notte di San Lorenzo, il maestro Mario
Maglione propone un concerto di canzoni classiche napoletane dal titolo ‘E
Stelle ‘e Napule. Lo spettacolo promuove la magia della canzone classica
napoletana. Le melodie classiche cantate da Mario Maglione suscitano forti
sensazioni grazie alla sua bravura nel coinvolgere il pubblico. L’artista,
accompagnato dai suoi musicisti, attraverserà e percorrerà i momenti più
intensi e significativi della storia della canzone classica e popolare
napoletana. Il periodo proposto, va dalla fine del ‘600 ai giorni nostri.
In questo arco di tempo, lo spettacolo evidenzierà
nelle varie fasi, i percorsi e le evoluzioni di quest’arte fatale considerata
patrimonio culturale mondiale.
Celebre in tutto il mondo, la canzone classica
napoletana va oltre i luoghi di appartenenza, divenendo patrimonio comune e
dunque linguaggio universale.
Chitarra- Michele Cordova, Fisarmonica – Andrea
Bonetti
Domenica
11 agosto ore 21.00 Patrizia
Spinosi
“Il mare di fronte” Cantando Napoli dall’altra
parte
Se cantiamo lontano dalla nostra città ci assale
quella dolce malinconia che ha caratterizzato il canto di tutti quelli che nel
secolo scorso l’hanno lasciata.
Con questo concerto Patrizia Spinosi entra nelle
pieghe di un repertorio di struggente passione. La stessa che infondevano gli
interpreti del passato nelle loro esecuzioni, passando, dunque, per Di Giacomo,
Pisano, Libero Bovio, attraversando il repertorio di Gilda Mignonette.
Quando Napoli ci appare “dall’altra parte”,
quando la sentiamo e viviamo da lontano, riusciamo a mettere in un angolo la
timidezza che, per pudore di tutta la retorica intorno alla città e le sue
canzoni, non riesce a liberare le emozioni di chi la canta.
Ė il momento, invece, di spiegare la voce e
aprire il cuore ai poeti e ai compositori senza più riserve, vivendo
intimamente la “semplicità” e la forza di tutto l’amore che hanno raccontato.
La Spinosi ha maturità vocale e teatrale, una
grande forza espressiva e saprà far innamorare il pubblico con ogni parola
parlata, con tutte le note cantate.
Un concerto entusiasmante, che scompiglia il
cuore di chi lo ascolta.
Arrangiamenti – Michele Bone’, Chitarra –
Gennaro Esposito
Lunedì 12
agosto ore 21.00 Iolanda
Schioppi
“TROIANE – Figlie di un Dio minore ?”
Testo di Iolanda Schioppi da Euripide Regia di
Iolanda Schioppi
E’ uno spettacolo teatrale in lingua napoletana,
nato da uno studio che affonda le sue radici nella storia e nelle origini del
teatro. L’autrice, Iolanda Schioppi, pone le basi per una riflessione sul tempo
e il suo ripresentarsi nel presente in maniera puntuale, come se l’umanità
intera fosse prigioniera di un incantesimo da sciogliere. Il testo prende a
pretesto il mito e la storia delle Troiane, per tessere un tessuto
contemporaneo che da voce all’amore, alla vulnerabilità della condizione umana,
al potere, alla distruzione, al desiderio di libertà, all’assoggettamento e al
dolore struggente di chi non ha forza e voce per essere sentito o vendicato
ponendo l’attenzione alla lotta contro ogni forma di dominio.
In scena con Iolanda Schioppi, Agnese Laurenza e
Caterina Giugno
Martedì
13 Agosto ore 21.00 Aurora
Giglio
La Notte della Posteggia Napoletana
La notte della posteggia napoletana dedicata ad
una delle massime espressioni della canzone napoletana. Uno spettacolo musicale
che vuole essere un riconoscimento ad un’ antica forma di spettacolo estemporaneo
attraverso un vastissimo repertorio che si estende dalle più note canzoni
classiche napoletane a dei veri e propri tesori della tradizione partenopea
attraverso “macchiette”, momenti di poesia e non solo.
Fisarmonica – Vittorio Cataldi, Chitarra – Edo
Puccini
Mercoledì
14 agosto ore 21.00 Matteo
Mauriello
Soirèe Napoletana
Fantasia di versi, prosa e musica
Un viaggio attraverso storie, luoghi, canzoni e
personaggi del nostro Sud che hanno segnato un’epoca, l’epoca delle
emigrazioni, ma allo stesso tempo il secolo d’oro, la “belle epoque”.
La Napoli di un tempo che fu… che ci sembra così
lontana, ma che invece è così vicina, così presente nei nostri sguardi, nel
nostro vissuto e nei nostri animi.
“Soirèe Napoletana” traccia quindi un percorso
storico di questo immortale e affascinante popolo che ha abitato vicoli,
piazze, che ha dovuto abbandonare questo mare e questa terra per necessità e
che ha infinitamente amato questa nostra meravigliosa città, dominatrice e
dominata.
Chitarra- Sossio Arciprete, Voce- Marianita
Carfora
In scena Matteo Mauriello Attore- Cantante –
Chiara Di Girolamo voce – Sossio Arciprete Chitarra ed effetti – Vinceno
Laudiero flauto
Giovedì
15 agosto ore 21.00 Ciro
Capano & Orchestra
Suoni e Sospiri di Napoli
Recital di Canzoni Classiche Napoletane
Ciro Capano, bravissimo cantante /attore nel suo
“Suoni e Sospiri di Napoli”, recital di Canzoni Classiche Napoletane,
ripercorre a ritroso i fasti della canzone classica napoletana dell’Ottocento e
del Novecento: da Salvatore Di Giacomo a Libero Bovio, da Vincenzo Russo a
Roberto Murolo, da Ernesto Tagliaferri a Salvatore Gambardella fino a Raffaele
Viviani, passando attraverso i vari stili di questi autori. II tutto è filtrato
dal punto di vista di un artista che conosce l’importanza della memoria e del
tenerla viva.
Venerdì
16 Agosto ore 21.00 Lello
Ferraro
«Contacunte»
Miti, Storie e Leggende tratti dalla tradizione
dei Cantastorie
Che sia cantata o raccontata è la favola il tema
principale a cui si ispira questo concerto di musica popolare. Sui ritmi e
sulle melodie che caratterizzano la nostra tradizione verranno evocati i Miti,
le Leggende e i Personaggi che popolano il mondo delle nostre fiabe.
In scena il Cantastorie che, accompagnato da
bravissimi musicisti, si attiverà nell’intento di stabilire una relazione con
il pubblico.
Il tutto orientato alla comunicazione essenziale
del racconto in musica; una narrazione di antica memoria, leggera e delicata,
sempre più oscurata dai ritmi turbolenti dei mass-media odierni.
Giovanni Leonetti -chitarre e plettri; Francesco
Migliaccio-Fisarmonica;
Fabio Soriano- ciaramella, flauti.
Sabato 17
Agosto ore 21.00 Fiorenza
Calogero
“Vento del Sud”
Voce mediterranea inconfondibile, che nella sua
ventennale carriera tra l’altro è stata tra le colonne de La Gatta Cenerentola
di Roberto De Simone e di Passione di John Turturro, Fiorenza Calogero con
“Vento del Sud” parla di tutto quello che il vento del Mediterraneo, grande
fucina nella quale le culture sono nate fondendosi nell’accoglienza, può
portare. Parla della fortuna di essere gente del viaggio e dello spostamento.
Fiorenza Calogero – Voce e percussioni, Marcello
Vitale- Chitarra battente Carmine Terracciano -Chitarra napoletana
Domenica
18 Agosto ore 21.00 Enzo
Amato
Neapolitanata
Arie fuori e dentro al Palazzo
Saranno protagonisti del Concerto di chiusura,
Gabriella Colecchia, (una delle più interessanti voci italiane, vincitrice del
prestigioso Luciano Pavarotti International Voice Competition di Philadelphia
ed interprete di grandi opere in tutto il mondo che si è esibita in prestigiosi
teatri tra cui il Teatro Real di Madrid, il Teatro Coliseo di Buenos Aires e il
Teatro San Carlo di Napoli), il chitarrista Francesco Scelzo, ed Enzo Amato, (chitarrista
, compositore e direttore d’orchestra, conosciuto per la sua immensa passione
per il Settecento Musicale Napoletano).
Il Concerto ha come titolo Neapolitanata: Arie
fuori e dentro al Palazzo e presenterà brani colti e popolari di Giovanni Paisiello,
Niccolò Piccinni, Saverio Mercadante, Gaetano Donizetti, Gioacchino Rossini e
Anonimi in voga nel Settecento al tempo dei Borbone
Gabriella Colecchia – Mezzosoprano
Enzo Amato e Francesco Scelzo- Chitarre
Tutte le sere dalle ore 20.30 alle 21.00 “ Una Partenope narrata” a cura di Antonio Faiello Show
Info : 0813425603 infoeventi@domusars.it addetto stampa : Enrica Buongiorno
“Padania” e Regno delle
Due Sicilie hanno solo una cosa in comune: l’autore dell’inno nazionale.
Certo, è una battuta provocatoria. Ma le cose diventano
ancora più paradossali se si pensa che l’autore delle musiche in questione è
Giuseppe Verdi, uno dei padri dell’Unità d’Italia.
Chissà cosa direbbero i nostalgici della Lega Lombarda se
sapessero che proprio Verdi, nel 1848, scrisse un inno chiamato “La Patria – dedicato a
Ferdinando II di Borbone“: avrebbe dovuto sostituire lo storico inno di
Giovanni aisiello.
Re Ferdinando è salutato come padre della patria ed il testo
finisce con un coro di “Viva il Re!“.
Bisogna
contestualizzare la situazione storica: l’inno fu scritto dopo le rivolte del
1848, quando tutta Europa si sollevò contro le monarchie. Anche a Napoli ci
furono numerose manifestazioni contro Ferdinando II, tanto da costringerlo ad
emanare una costituzione (che poi fu revocata l’anno dopo).
In tempi di rinnovamento, probabilmente, si pensò che anche l’inno storico
scritto sotto Ferdinando IV dovesse essere cambiato.
Ed ecco che quindi le musiche dell’Ernani, un’opera composta pochi anni prima
da Verdi, furono arricchite con le parole di Michele Cucciniello:
Bella
Patria del sangue versato
se fumanti rosseggian le
impronte
non
più spine ti strazian la
fronte
il martirio la palma fruttò
Viva il Re!
Viva il Re!
Viva il Re!
L’inno fu
però presto dimenticato in quanto, per tradizione, rimase ufficiale la musica
di Paisiello. Il lavoro di Verdi fu ritrovato solo nel 1973, più di cento anni
dopo dalla caduta del Regno, per mano del maestro Roberto de Simone,
che scavò negli immensi archivi del Conservatorio di San Pietro a Majella e
studiò le origini di questa storia, che altrimenti avremmo dimenticato.
Verdi era borbonico?
I conti non
tornano: Verdi fu uno dei più appassionati sostenitori dell’Unità d’Italia,
oggi sono dedicate a lui piazze, strade e monumenti. Com’è possibile che
vent’anni prima dell’unità sosteneva la monarchia di Napoli?
Alcuni autorevoli studiosi, fra cui l’istituto di Studi Verdiani, credono che
l’inno “La Patria” sia un plagio clandestino di un testo mai autorizzato. È
effettivamente strano che Verdi, forte sostenitore di Mazzini, abbia appoggiato
la politica borbonica. Oltretutto il compositore si trovava a Parigi nel 1848.
Michele Coccia, invece, affermò di aver trovato anche le carte in cui si poteva
leggere chiaramente il consenso del compositore per la diffusione della sua
opera, di fatto riconoscendola come originale. E se anche non ci fossero stati
riconoscimenti, l’inno di Verdi era sicuramente molto conosciuto a Napoli.
Oltretutto, quando il compositore di Busseto diventò senatore, si batté molto
per promuovere leggi sul diritto d’autore e per tutelarsi dai numerosissimi
plagi che aveva subito nella sua carriera. Se anche l’inno borbonico fosse
stato fra questi, probabilmente, Verdi ne avrebbe in qualche modo parlato.
Ci sono anche quelli che, come lo storico Pasquale Galasso ed il maestro De
Simone, vedono in Verdi un “opportunismo”: l’Italia stava per cominciare il suo
processo di unificazione e tutti gli intellettuali del paese si sarebbero
affidati a qualunque monarca disposto a compiere l’impresa. E Verdi provò ad
ingraziarsi anche il re di Napoli.
In effetti, ancor prima che cominciasse il processo unitario, a Ferdinando II
fu proposto di unificare l’Italia, ma il monarca non prese mai in
considerazione questa ipotesi per evitare conflitti con Roma.
E
così, in un duello fra immaginazione e storia, Lega Nord e Regno di Napoli
hanno avuto in comune l’autore dei propri inni.
Per l’immaginaria Padania, ovviamente, il discorso è un po’ diverso: l’aria del
“Va,
pensiero” fu adottata da Bossi quando il buon Giuseppe Verdi era
morto da ben ottant’anni.
«Maestro, posso venire da lei per un’intervista?». «Un’intervista? Bene, ma perché non la facciamo per telefono?», mi risponde Peppe Barra (foto). «Perché per telefono non la so fare». Racconto l’episodio a una mia amica, Paola Pozzi, un architetto: «Sai Paola, vorrei fare un’intervista-ritratto a Peppe Barra. Vado da lui. Per conoscere una persona bisogna vedere la sua casa».