Alta Terra di Lavoro

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LA NOTTE DELLA TAMMORRA 2019 DI CARLO FAIELLO HA CHIUSO IL SIPARIO

Posted by on Ott 8, 2019

LA NOTTE DELLA TAMMORRA 2019 DI CARLO FAIELLO HA CHIUSO IL SIPARIO

La Notte della Tammorra 2019 organizzata dal Canto di Virgilio con la direzione artistica di Carlo Faiello che si è tenuta alla rotonda Diaz di Napoli la sera di ferragosto anche quest’anno ci ha regalato importanti novità e grosse emozioni.

Per fortuna non sono mancate le inestinguibili polemiche che alla fine hanno solo certificato la riuscita dell’evento e guai se non ci fossero perché un evento senza polemiche vuol dire che è stato un flop.

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ACCADDE OGGI NELLE DUE SICILIE… (1815 – 1861 e oltre…)

Posted by on Ott 1, 2019

ACCADDE OGGI NELLE DUE SICILIE… (1815 – 1861 e oltre…)

(a cura di don Luciano Rotolo, della Fondazione Francesco II delle Due Sicilie)

01 OTTOBRE

1820
• A Napoli si aprono solennemente le sessioni del nuovo Parlamento; la cerimonia si svolge nella chiesa dello Spirito Santo con la presenza di Re Ferdinando I che emette il giuramento; il Presidente del Parlamento pronunzia allora un discorso al quale risponde, in nome del Re, il figlio Duca di Calabria e Vicario Generale del Regno Francesco. Tutta la cerimonia si svolge nella massima sontuosità possibile, compreso anche il corteo reale che passa per le vie della Capitale tra due ali di truppa.

• Il Real Governo costituzionale abolisce la commissione incaricata di revisionare e approvare i libri importati dall’estero.

1821
• Viene eseguita la condanna a morte dei sei carbonari sovversivi, colpevoli dell’assassinio del Cav. Francesco Giampietro, già Direttore di Polizia (nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1821, la vendita carbonara detta “Seguaci di Cristo” aveva decretato l’omicidio del Cav. Giampietro. Un gruppo di carbonari si recò nella sua abitazione e lo strappò dai suoi cari; in strada venne pugnalato con 42 colpi. Sulla sua fronte venne anche inchiodato un sinistro e minaccioso cartello che recitava: numero 1 dei 26).

1822
• In previsione dell’imminente viaggio all’estero di Re Ferdinando I, che sarà accompagnato dal Principe Ruffo, si affida temporaneamente il Ministero degli Esteri al Principe della Scaletta mentre la Presidenza del Governo è assunta dal Cav. Luigi dè Medici.

1829
• S. M. il Re Francesco I, la Regina Maria Isabella, la Real Principessa Maria Cristina (promessa sposa del Re di Spagna Ferdinando VII), il piccolo Real Principe Conte di Trapani con al seguito il Cav. Luigi dè Medici e altre personalità, partono per la Spagna affinchè siano celebrate le nozze reali; il corteo reale in questa giornata passa il confine, raggiungendo Terracina negli Stati Pontifici.

1831
• Un gruppo costituito da 30 persone, radunatasi nel fosso di S. Erasmo appena fuori Palermo, entra nella città tentando di sollevare il popolo contro il Real Governo. La popolazione però non si unisce ma, al contrario, cerca di respingerli; i rivoltosi, visibilmente risentiti, dopo aver ucciso due cittadini e ferito diversi altri, fuggono e si disperdono nelle campagne.

• A Napoli si apre la nuova Società Commerciale Anonima, detta Banca Fruttuaria (che differenza con il triste presente: le ex Due Sicilie oggi non possiedono neanche un istituto bancario…).

1832
• Un Real Decreto di Re Ferdinando II vuole accelerare il corso della giustizia, facilitando le condizioni per la presentazione spontanea in giudizio degli imputati.

1834
• Un Real Decreto stabilisce il prezzo del sale che fino ad allora veniva venduto in forma di monopolio o privativa a Napoli e nel suo territorio; con questa decisione il Sovrano viene incontro ancora una volta ai bisogni della popolazione più bisognosa.

1838
• Continua il viaggio del Re in Sicilia, iniziato il 22 settembre, accompagnato dalla Regina e da diversi Ministri del Real Governo; in questa giornata Ferdinando II lascia Messina per raggiungere Catania.

1841
• La speciale Commissione Militare, istituita dal Real Governo per giudicare gli arrestati e gli imputati della tentata rivolta dello scorso 8 settembre nella città dell’Aquila, mette in stato di accusa 140 individui.

1849
• Papa Pio IX, esule nelle Due Sicilie a motivo della rivoluzione nei suoi Stati e ospite di Re Ferdinando II nella Reggia di Portici, in questa giornata torna nuovamente a Napoli; qui visita il Monastero e la comunità delle monache Benedettine di San Gregorio Armeno, il Monastero e la comunità delle Adoratrici Perpetue a San Giuseppe dè Ruffi e, infine, il Monastero e la comunità religiosa delle Francescane di Donnaregina.

• Il Real Governo ordina la convocazione annuale dei Consigli Distrettuali e Provinciali dei Domini al di qua del Faro.

• Negli Abruzzi, ad Atessa, fa scalpore la notizia della morte, sopraggiunta all’età di cento e uno anni, di una donna chiamata Domenica Alberico.

1859
• Un Real Decreto di Re Francesco II nomina i suoi cugini Luigi M. Ferdinando e Filippo Luigi Maria, figli del Conte di Aquila, “Tenenti di Vascello”.

• Un Real Decreto di Re Francesco II concede la privativa di anni dieci alla Ditta Brioellet e Compagni, che ha inventato un nuovo processo chimico con artificio meccanico di combustione.

• Un Real Decreto di Re Francesco II concede la privativa per anni cinque al sig. Eduardo Pisani, inventore di una nuova macchina atta a macinare le carrube e altre sostanze zuccherose.

1860
• A Isernia, finalmente liberata dai terroristi garibaldini e dai collaborazionisti, si espongono da tutti i balconi le nostre Bandiere Nazionali e si rialzano gli Stemmi Nazionali; vengono quindi arrestati tutti i corrieri e le corrispondenze postali dei terroristi garibaldini; infine si organizza con i contadini un servizio di guardia urbana alla città e si aprono i collegamenti con Capua, dove è presente il nostro Esercito Reale.

• Sempre in Molise, a Guardia, grazie ai cittadini Antonio Lilli e Nicola Onorato, la popolazione insorge al grido di Francesco II contro i terroristi invasori e contro i collaborazionisti; in breve tempo prendono il controllo della città, arrestando il collaborazionista giudice Calapai e altri liberali che vengono tradotti a Isernia per essere giudicati di tradimento.

• All’alba le truppe comandate dal nostro Generale Von Mechel, dopo una faticosa marcia di aggiramento iniziata dalle ore 12:00 del giorno precedente, sbaraglia le avanguardie dei terroristi garibaldini a Valle e a Molino (in questi combattimenti perde anche il figlio Emilio, colpito a morte) e si insinua nel mezzo dello schieramento nemico, costringendo i terroristi a fuggire verso Maddaloni. Alla sua destra il Generale Ruiz, sconfitti i terroristi a La Nunziata e a Castelmorrone, si attesta sulle alture di Caserta Vecchia con circa 3.000 uomini; purtroppo, ed è un grave errore, non comunica la sua presenza al Generale Von Mechel.

• Contemporaneamente D’Orgemont attacca da Capua, conquistando S. Tammaro e investendo S. Maria; Polizzy invece attacca S. Angelo.

• Il terrorista Garibaldi, che si ritiene abbia avuto conoscenza del piano di attacco duosiciliano grazie a una spia traditrice, con sicurezza lascia sguarnite le retrovie di Caserta e concentra le truppe, comprese le riserve, proprio lì dove sa che più forte sarà l’attacco nel tentativo di sfondare le linee; il risultato è quello di impiegare per ore fino al pomeriggio le nostre truppe in combattimento, sfiancandole e bloccando la loro offensiva.

• Nelle periferie di Napoli, alla notizia che Re Francesco II sta guidando un offensiva militare, si registrano diverse rivolte contro i terroristi garibaldini e i loro collaborazionisti.

• Il nostro Generale Von Mechel, completamente isolato e senza notizie dal resto delle altre forze in campo, con gli uomini stanchissimi per le marce e per i combattimenti, si attesta sulle sue posizioni con 5.000 uomini. L’ordine del Comandante in Capo Gen. Ritucci prevedeva che avesse dovuto avanzare dalla destra dei garibaldini, accerchiandoli alle spalle, ma la suddetta mancanza di comunicazioni gli ispira prudenza; non sa che davanti a lui le posizioni dei terroristi sono praticamente vuote e che diversi garibaldini si sono sbandati, fuggendo verso Napoli, credendo di essere stati sconfitti.

• Alle ore 03:00 il terrorista Garibaldi, prevedendo l’offensiva del nostro Reale Esercito (purtroppo si sospetta che qualche spia gli abbia trasmesso il piano), si reca in ferrovia da Napoli a S. Maria di Capua e da lì, in carrozza giunge a S. Angelo quando la battaglia è già iniziata.
Una fucilata uccide il suo cocchiere mentre alcuni nostri militari, nel tentativo di ucciderlo, colpiscono a morte un suo ufficiale che lo scorta; ma il terrorista, protetto sicuramente dalle forze del male, si salva purtroppo anche in questa occasione…
L’offensiva del nostro Real Esercito è forte e accesa, coinvolgendo tutta la linea del fronte: da Piedimonte al fiume Volturno, da Maddaloni a Caserta e a S. Maria.
Tra i soldati sono presenti anche Re Francesco II, suo fratello Alfonso Conte di Caserta e suo zio il Conte di Trapani.
Con i nostri soldati ci sono anche diverse bande di contadini e di cittadini che vogliono difendere la Patria dall’invasore.
Si combatte per ben tredici ore accanitamente.

• Purtroppo nel pomeriggio le nostre forze ricevono l’ordine di ripiegare. Alle ore 17:00 il Comandante in Capo Gen. Ritucci, non avendo notizie delle truppe di Von Mechel e con gran parte delle truppe ancora fresche e non impegnate, ritiene di sospendere i combattimenti, facendo rientrare i soldati a Capua.
Ritucci crede di dover riprendere i combattimenti l’indomani, con le truppe fresche e riposate: sarà invece un errore fatale!
Re Francesco II, presente coraggiosamente nella mischia sin dalla mattina, è fortemente contrario a questa scelta ma non può e non vuole creare una crisi nello Stato Maggiore nel mezzo di una offensiva militare…

• Il nostro Real Esercito in questa giornata perde circa 1500 uomini sul campo su 33.000 impiegati nella battaglia; i garibaldini, su 20.000 uomini impiegati, registrano 506 morti, 1328 feriti, 1389 dispersi e sei pezzi di artiglieria abbandonati. Purtroppo la vittoria è per i terroristi di Garibaldi.

• Il terrorista Garibaldi fa arrivare nella notte, tramite ferrovia, sulla linea del fronte due battaglioni di soldati piemontesi, sbarcati a Napoli il giorno precedente. Questi soldati stranieri vengono immediatamente inviati di fronte alle posizioni di Von Mechel, che erano praticamente sguarnite. Approfittando delle truppe duosiciliane fatte rientrare a Capua dal Generale Ritucci, Garibaldi fa trasportare i suoi terroristi, sempre tramite ferrovia, da S. Maria a Caserta dove sta affluendo un altro reggimento piemontese, al comando del Colonnello Corte. Il grave errore di Ritucci permette ai terroristi, coadiuvati dai piemontesi presenti senza alcuna dichiarazione di guerra, di riorganizzarsi per il giorno seguente!

1861
• A Malta si ritrovano numerosi legittimisti europei, reclutati dal Comitato Borbonico di Marsiglia, per programmare uno sbarco di uomini chiamati a ricongiungersi e a dare aiuto a Borjes; sono previsti sbarchi di combattenti non solo da Malta ma anche da Tunisi e dalle isole Jonie. Un banchiere di Marsiglia ha finanziato tutta l’operazione, donando 5.000 franchi.

1862
• A Palermo si verificano dei fatti incresciosi che, ancora una volta, dimostrano quanto sia ignobile e senza alcun principio morale il governo dei savoja e della loro nuova italia. In questa giornata, infatti, nell’antica Capitale dell’isola vengono accoltellate in luoghi diversi ben 13 persone.
Uno degli accoltellatori viene arrestato e confessa di aver compiuto il suo crimine su ordine di un “guardapiazza” (cioè un mafioso): bisognava colpire a caso e alla cieca; in cambio aveva avuto del denaro proveniente dal Principe Raimondo Trigona di S. Elia, Senatore e molto vicino al re piemontese Vittorio Emanuele II.
In conclusione le indagini dimostrano che questi omicidi e accoltellamenti avevano lo scopo di sconvolgere l’ordine pubblico, per giustificare una forte repressione militare che avrebbe cercato di eliminare tutti gli elementi ancora fedeli all’antica Patria duosiciliana.
Naturalmente i risultati di questa indagine non vengono resi pubblici e il reggente della Questura di Palermo, il bergamasco Giovanni Bolis (amico del terrorista La Farina), provvede a chiuderla immediatamente.

1863
• A Ginosa una colonna mobile di cavalleggeri piemontesi e di collaborazioniste guardie nazionali circondano un gruppo di patrioti combattenti, comandati da Coppolone e Pizzichicchio; i nostri combattenti però, pur perdendo 25 cavalli, riescono a sfuggire alla cattura, nascondendosi nelle paludi del bosco della Rita.

1869
• Re Francesco II rientra a Roma; il governo piemontese (autoproclamatosi italiano nel 1861) tramite l’Imperatore francese Napoleone III, gli fa pervenire la proposta di una restituzione dei suoi beni personali in cambio della sua rinuncia al Trono delle Due Sicilie; Re Francesco II scrive la sua formidabile risposta: “l’onore non è in vendita”!

1870
• A Napoli scoppiano dei tumulti e delle violente manifestazioni in seguito alla decisione presa dal Sindaco della città, Paolo Emilio Imbriani, di mutare via Toledo in via Roma, dopo la conquista della capitale papale avvenuta il 20 settembre del 1870.

segnalato da

Carmela Napoletano

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CONSUMO DI CARNE UMANA AL POSTO DI QUELLA ANIMALE PER LIMITARE IL RISCALDAMENTO GLOBALE

Posted by on Set 29, 2019

CONSUMO DI CARNE UMANA AL POSTO DI QUELLA ANIMALE PER LIMITARE IL RISCALDAMENTO GLOBALE

L’ultima proposta degli ambientalisti non è che la logica conseguenza della riscoperta della presunta saggezza dei selvaggi (e della critica ossessiva alla civiltà occidentale promossa dal cristianesimo)

La notizia, riportata da tutti i media nel mondo, è agghiacciante. Un professore svedese alla Stockholm School of Economics, Magnus  Söderlund, ha detto, durante un programma televisivo, che il consumo di carne umana al posto di quella animale potrebbe rappresentare una proposta sostenibile per limitare il riscaldamento globale.
Secondo il ricercatore svedese, mangiare cadaveri umani anziché carne e verdure potrebbe essere la soluzione ideale al problema ambientale, perché questo consumo sostituirebbe l’industria della carne e l’agricoltura che, secondo molti ambientalisti, è in gran parte responsabile del “global warming”.
L’assunzione di questo tipo di cibo, secondo Soderlund, “libererebbe” la civiltà da uno dei tabù più antichi dell’umanità: mangiare altri esseri viventi. “Oggi consumare il corpo di un cadavere significa oltraggiare in qualche modo il defunto”, ha spiegato Soderlund. Domani potrebbe essere la soluzione ai nostri problemi. Quando gli è stato chiesto se fosse stato disposto a mangiare anche lui carne umana, Soderlund ha detto di essere aperto all’idea.
Il cannibalismo, o antropofagia, è forse la prima caratteristica che viene attribuita ai popoli primitivi. Non tutti i popoli primitivi sono cannibali, ma cannibali sono solo i selvaggi. Come meravigliarsi se il ritorno al tribalismo, sempre più diffuso tra gli ambientalisti, implica anche il cannibalismo?
L’antropofagia è la logica conseguenza della scelta indigenista che caratterizza la cultura postmoderna. Il Documento preparatorio al prossimo Sinodo sull’Amazzonia, imbevuto di indigenismo, insiste sulla necessità di riscoprire la saggezza ancestrale dei selvaggi, le loro tradizioni e i loro riti. Tra questi riti c’è il cannibalismo ancora oggi praticato da alcuni di questi popoli.
Gli yanomami dell’Amazzonia, per esempio, praticano il cannibalismo rituale: in un rituale funebre collettivo di carattere sacro, bruciano il cadavere di un parente morto e mangiano le ceneri delle sue ossa, poiché credono che nelle ossa risieda l’energia vitale del defunto, che in questo modo è reintegrato nel gruppo familiare. Allo stesso modo uno yanomami che uccide un avversario nel territorio nemico pratica questa forma di cannibalismo per purificarsi.
I missionari impiegarono secoli per estirpare queste aberrazioni, di cui rimangono poche sopravvivenze. La nuova missiologia non si propone di civilizzare i selvaggi, ma di imbarbarire i popoli civilizzati. È pazzesco, ma la saggezza dei selvaggi è il tema del prossimo Sinodo di ottobre in Vaticano.

Nota di BastaBugie: vogliamo ricordare un fatto storico emblematico che ci è tornato in mente leggendo l’articolo sopra riportato.
“Nel 1553 il primo vescovo del Brasile, Pedro Sardina, sbarcò in queste terre. Tre anni dopo, a sud di Alagoas, venne mangiato dagli indios Caeté.” (tratto da: Eduardo Galeano, I figli dei giorni).
Si avete letto bene. Mangiato. Letteralmente. Anzi, fisicamente.
Per ricordare com’era la situazione americana prima dell’evangelizzazione dell’intero continente non si può che consigliare ancora una volta Apocalypto, lo stupendo film di Mel Gibson sui sacrifici umani dei Maia e degli altri popoli precolombiani.
Tutte le informazioni sul film e il trailer si possono vedere sul sito Film Garantiti al seguente link:
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=17

fonte http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5826

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Fabrizio De André: “Napoli è la mia patria morale. L’unico posto dove potrei vivere”

Posted by on Set 4, 2019

Fabrizio De André: “Napoli è la mia patria morale. L’unico posto dove potrei vivere”

Fabrizio De André è stato uno dei più grandi compositori, scrittori e cantautori italiani. Nato a Genova il 18 febbraio del 1940 era noto col soprannome di “Faber” e in quasi quarant’anni di carriera artistica ha inciso tredici album più alcuni singoli.

Le sue canzoni raccontano storie di emarginati sociali, ribelli, prostitute e sono da sempre considerate vere e proprie poesie, tanto da essere state inserite in varie antologie scolastiche di letteratura. Legato profondamente alla sua Genova, amava molto Napoli, tanto da spingerlo spesso a cantare in lingua napoletana e a scrivere la canzone “Don Raffaè“, una chiara denuncia della critica situazione delle carceri italiane negli anni ottanta e della sottomissione dello Stato al potere delle organizzazioni malavitose.

“Non sapevo nemmeno io come e perché – raccontava De Andrè – ma impazzivo per Bovio e Di Giacomo. Poi scoprii che la mamma del mio amatissimo Brassens era figlia di napoletani, e che nelle ballate di quello che rimane il mio primo maestro indiscusso, alcuni studiosi avevano ritrovato echi della melodia campana”. E inoltre: “È la mia patria morale. Dopo Genova e la Sardegna è forse l’unico posto dove potrei vivere. Per la sua cultura, la sua canzone, la sua asimmetria… Per Murolo, Eduardo, Croce e De Sica” In un’intervista a Pietro Cesare, leader di una delle numerosissime tribute band di De André, nel raccontare il dolore della perdita subita con la sua morte, avvenuta l’11 gennaio 1999, fa un paragone con il film di Troisi, “Il Postino”, quando Mario (Trosi) scrive una lettera all’amico lontano Neruda (Noiret): “Carissimo don Pablo, è Mario, siete partito io pensavo che vi eravate portato tutte le cose belle con voi. Invece adesso lo so, ho capito che mi avete lasciato qualcosa“. Infatti è così, De Andrè ci ha lasciati un’eredità artistica imponente attraverso la quale vivrà per sempre. Poi continua spiegando il legame del cantautore a Napoli: “De André era un grande estimatore della canzone napoletana classica; la conosceva e l’amava profondamente. Se ne ritrovava innamorato e ammirato in particolar modo per Libero Bovio e Salvatore Di Giacomo“. Entrato fin da piccolo in contatto con la lingua napoletana tanto da assorbirne suoni, accenti, vocaboli e costruzioni linguistiche e preferirla a qualsiasi altra lingua mediterranea. I dischi del padre di musica napoletana, la sua formazione dedita al teatro di Eduardo e a Benedetto Croce, le similitudini di Napoli e di Genova sono alla base di quest’amore per la nostra terra.

Anche il figlio Cristiano, in un’intervista di qualche anno fa rilasciata alla Repubblica.it, raccontava del legame di suo padre con la città partenopea: “Io ci vengo raramente, ma mi piace tantissimo, si respira quel sentimento di anarchia che piaceva tanto anche a mio padre: è una città che si muove, quando vengo mi sento a casa, come se fossi a Genova…“.

“De André non è stato mai di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di Fabrizio restano“, Nicola Piovani.

fonte https://www.vesuviolive.it/vesuvio-e-dintorni/notizie-di-napoli/72640-fabrizio-de-andre-napoli-e-la-mia-patria-morale-lunico-posto-dove-potrei-vivere/?fbclid=IwAR1gX974hBi5KbgP8yQ8LWGjEkhkgFLYdvoGUpwI3Tilt-GEbckW3caszJw

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Le province siculo-partenopee nel Regno d’Italia (V)

Posted by on Ago 21, 2019

Le province siculo-partenopee nel Regno d’Italia (V)

Parte quinta: L’Età Giolittiana (1898-1921)

L’impronta di Giovanni Giolitti nella politica italiana è stata innegabilmente importante, tanto che questo periodo politico passò alla storia come “Età Giolittiana”. Furono gli anni delle concentrazioni industriali, delle formazioni delle masse popolari socialiste e cattoliche, dell’attività coloniale italiana in Eritrea, Libia e Dodecaneso, delle rivolte per il pane e della nascita del Partito Fascista.

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