In questi giorni tanta la solidarietà da parte di imprenditori, banchieri, industriali e personaggi dello spettacolo, oltre che di molte persone comuni, che hanno fatto a gara a “chi donava di più”, aiutando le strutture ospedaliere e di ricerca al fine di combattere questo virus che ha messo in ginocchio l’intero Paese. Milionarie le donazioni, ma anche in questo caso imponente è stata la divisione tra nord e sud: i sovvenzionamenti giunti alle varie strutture sono stati maggiormente rivolti a Nord.
Parlare di Pulcinella come figura mistica e semidivina vuol dire ripetersi come definirlo il filosofo del popolo ma affermare che si può definire Il ministro dei Rapporti con il Popolo è una cosa che bisogna accettare di buon grado. Da quando è nata la commedia dell’arte e i governanti hanno intuito il potere di comunicazione che i personaggi avevano sul popolo, Pulcinella è diventato la punta di diamante di questa comunicazione.
Alle otto del mattino del 14 febbraio 1861, dopo la firma della Capitolazione della piazzaforte di Gaeta, che aveva, gloriosamente, resistito per circa otto mesi all’assedio dei Piemontesi, Francesco II e Maria Sofia, ultimi sovrani Delle Due Sicilie si imbarcavano sulla fregata francese Mouette per raggiunge Roma,luogo del loro esilio.
Il meccanismo, oggi, è lo stesso. Solo su piú vasta scala. Aberrante come la storia vera non insegni nulla e come la sopraffazione, l’ignoranza e il tornaconto abbiano sempre travisato fatti e storia. E il piú incredibile dei fatti é che, pur ripetendosi allo infinito in modalitá e sistemi, questa pratica illegittima e violenta porti sempre il medesimo risultato: impoverimento, distruzione, dissolvimento e negazione di benessere. Chi usa da secoli questi metodi é, dalla stessa storia da essi ingenerata, il peggiore incapace nella gestione economica e sociale. Un ignorante presuntuoso che non sapendo amministrare il proprio, ruba al vicino. Rovinando tutti.
“C’era una volta….” “Un re
!” diranno subito i miei piccoli lettori. “No, ragazzi, avete sbagliato. C’era
una volta un pezzo di legno….” Così inizia il libro di Pinocchio, e invece no,
c’era una volta proprio un re con un lungo naso detto Re Nasone, Ferdinando IV
di Napoli(1751-1825).
Un re molto discusso che
discendeva nietemeno che dal re di Francia Luigi XIV detto il Re Sole, e in
questo si intonava con la canzone “O sole mio”, ed aveva sposato la sorella di
Maria Antonietta, Carolina D’Asburgo.
Quando nacque non era
predestinato al trono essendo il terzo figlio maschio, poi , per una serie di
cause divenne re. Un re anticonformista
che si compiaceva di frequentare i quartieri poveri dei “lazzaroni” e di
osservare come vivevano. In particolare aveva notato il loro cibo, una focaccia
circolare guarnita con pomodoro e formaggio, venduta sulle bancarelle, la
pizza, cioè la schiacciata.
Gli piaceva così tanto che
la introdusse nella cucina di corte, anche se la regina Carolina, aristocratica
viennese non condivideva gli slanci gastronomico- proletari del coniuge, ma poi
si adattò. Utilizzò i forni destinati alla cottura delle famose porcellane di
Capodimonte , famose in tutta Europa per la loro bellezza e la raffinatezza
delle figure, ( vedi sotto) per cuocere le pizze, poi in un secondo tempo, nel
giardino della reggia vennero costruiti dei forni appositi ove venivano
cotte pizze offerte gratuitamente ai meno abbienti.
Il re Nasone aveva avuto
fiuto, questo cibo semplice, sano, appetitoso divenne la caratteristica
gastronomica di Napoli e da lì si diffuse in tutto il mondo, si dice aver naso.
Aveva capito che il re, che chi sta sta al vertice si deve collegare con la
base e viceversa, per sostenersi a vicenda. Come è scritto nelle famosa
Tavola Smeraldina, testo sapienziale del Medio Evo, ciò che sta in alto , sta
in basso.
Quando, più di un secolo
dopo ,il regno di Napoli venne conquistato dai Savoia,toccò all’avvenente
regina Margherita di conquistare la pizza,altro che Garibaldi!
Un pizzaiolo venne invitato a preparare una pizza per i sovrani e , per onorare i colori della bandiera italiana, guarnì la pizza col pomodoro,la mozzarella e il basilico, rosso , bianco e verde, e la chiamò Pizza Margherita. Il nome è rimasto anche oggi nell’Italia repubblicana, per un senso di cavalleresco rispetto nei confronti della ex-regina.Così anche la napoletanissima pizza, gloria dei Borboni e della loro illuminata politica populista, divenne italiana.I coraggiosi emigranti italiani portarono la pizza negli Stati Uniti e la pizza mutò in parte e divenne la Chigago Pizza Style.