Alta Terra di Lavoro

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30 AGOSTO DI OGNI ANNO GIORNO DI LUTTO PER I NAPOLITANI, MICHELINA VENIVA UCCISA

Posted by on Ago 29, 2020

30 AGOSTO DI OGNI ANNO GIORNO DI LUTTO PER I NAPOLITANI, MICHELINA VENIVA UCCISA

Michelina Di Cesare, uno dei simboli della nostra guerra di liberazione dall’esercito savoiardo che per la storia è terminata circa un secolo e mezzo fa ma nei cuori e nell’animo di noi Napolitani è una guerra che si combatte ancora, la vediamo ovunque e tirata per la giacchetta da tutti. La sua immagine viene usata, anzi direi abusata, per fare quadri,  per fare sculture, la vediamo in giro per feste e sagre, c’è chi gli ha messo la corona di femminista o c’è chi pensa che sia ciociara. C’è stato anche chi avuto il coraggio di portala sui giornali scandalistici e sono certo che presto la vedremo anche sulle buste delle patatine. Per noi insorgenti Michelina è una guerrigliera morta per difendere il suo Dio, la sua Terra, il suo Re e il suo popolo e nient’altro e la nostra associazione oggi la vuole ricordare con un articolo scritto da Giuseppe Ressa che parla della Repressione a 360 gradi.

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Carmine Crocco e il brigantaggio meridionale

Posted by on Ago 23, 2020

Carmine Crocco e il brigantaggio meridionale

Fatta l’Italia, si sono dovuti fare gli italiani. La rivisitazione della celebre frase di Massimo d’Azeglio, primo ministro del Regno di Sardegna, non poteva essere più profetica. Infatti, a partire dalla proclamazione del Regno d’Italia, 17 marzo 1861, fino al 1865, nelle province meridionali, si assistette, accanto all’entusiastica adesione al movimento risorgimentale, all’esplosione di un vasto e radicato movimento di rivolta. 

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Il Sergente dell’Esercito Borbonico Domenico Fuoco

Posted by on Ago 18, 2020

Il Sergente dell’Esercito Borbonico Domenico Fuoco

Parlare del sergente Domenico Fuoco divenuto in seguito un capobrigante sanguinario e spietato non è cosa semplice. Ci troviamo di fronte ad una personalità molto complessa, controversa e discutibile, ma certamente trattata in maniera troppo di parte dalla letteratura del tempo e comunque in maniera superficiale e troppo semplicistica anche da alcune recenti pubblicazioni.

La trattazione del brigantaggio post-unitario, merita certamente considerazioni meno sbrigative di quelle che comunemente vengono fatte. Si trattò di un fenomeno che interessò tutto il Mezzogiorno d’Italia. Ogni paese ebbe i suoi numerosi briganti che sommati ai tanti manutengoli, coloro cioè che li spalleggiavano, costituivano una buona fetta della popolazione. Possibile che nei nostri piccoli, umili e pacifici paesi di colpo nascessero tanti spietati delinquenti? Anzi di piú, intere famiglie di delinquenti? Certo oggi le risposte meritano considerazioni ben piú profonde di quanto se ne siano fatte in passato.

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IL GIURAMENTO dei “BRIGANTI”

Posted by on Ago 15, 2020

IL GIURAMENTO dei “BRIGANTI”

“Noi giuriamo davanti a Dio e dinanzi al mondo intiero di essere fedeli al nostri augustissimo e religiosissimo sovrano Francesco II (che Dio guardi sempre); e promettiamo di concorrere con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze al suo ritorno nel regno; di obbedire ciecamente a tutti i suoi ordini, a tutti i comandi che verranno sia direttamente, sia per i suoi delegati dal comitato centrale residente a Roma.

Noi giuriamo di conservare il segreto, affinchè la giusta causa voluta da Dio, che é il regolatore de’ sovrani, trionfi col ritorno di Francesco II, re per la grazia di Dio, difensore della religione, e figlio affezionatissimo del nostro Santo Padre Pio IX, che lo custodisce nelle sue braccia per non lasciarlo cadere nelle mani degli increduli, dei perversi, e dei pretesi liberali; i quali hanno per principio la distruzione della religione, dopo aver scacciato il nostro amatissimo sovrano dal trono dei suoi antenati,Noi promettiamo anche coll’aiuto di Dio di rivendicare tutti i diritti della Santa Sede e di abbattere il lucifero infernale Vittorio Emanuele e i suoi complici.

Noi lo promettiamo e lo giuriamo”(Marco Monnier, Notizie documenti sul brigantaggio nelle province napoletane, Barbero, Firenze 1862, pp. 73-74) Le cause della diffusione del fenomeno nacque all’inizio come fenomeno politico in appoggio ai Borboni, ma poi assunse un carattere di protesta sociale.La prima partorì la seconda.Gli eventi del 1860-61 (dopo un susseguirsi di occupazioni violente: dai barbari ai normanni, agli svevi, agli angioini e agli aragonesi) vennero accolti dalla popolazione come un ennesimo episodio di sopraffazione e di assoggettamento: il governo piemontese appariva, in definitiva, un altro usurpatore.

Quando vennero chiamati a votare per il plebiscito di annessione al Piemonte, molti credettero veramente di andare verso la libertà.Ma poi l’egoismo e l’arroganza dei padroni (subito passati dall’altra parte per “tenere tutto”) legittimarono non solo la nuova amministrazione statale, ma si arricchirono ancora di più quando ci furono le vendite dei beni della Chiesa e del Demanio.Così ci descrive la situazione il Croce “..a conseguire il fine di migliorare le condizioni dei contadini sarebbe giovato adoperare i beni ecclesiastici, bene dei poveri da restituire ai poveri e non lasciare che li divorassero invece impiegati e speculatori. Il clero e il politico ambo nemici del nuovo governo, e da questo resi solidali nell’avversione, sarebbero stati, in tal modo, divisi d’interessi”.Quindi se in un primo momento si poteva dire che la rivolta era solo portata avanti da nostalgici (fedelissimi) dei Borbone, dopo, a questi, perseguitati dall’esercito “italiano”, si aggiunsero i contadini, che ribellandosi come i primi, con questi legarono, e si ritirarono sui monti a formare squadre di “briganti” e a fare “banditismo”.

Una guerriglia dunque, condotta su un duplice fronte, quello delle incursioni per razziare e depredare i ricchi proprietari terrieri, e quello sul piano squisitamente militare contro l’esercito piemontese.Un fenomeno che inizia nel 1861 (1.184 briganti uccisi solo in Abruzzo), e pur ormai del tutto spoliticizzati, continuarono ad imperversare fino al 1870, quando il generale Pallavicini, comandante di tutte le forze per la repressione del brigantaggio, catturò gli ultimi banditi Pomponio e Crocitto. A metà 1861, il fenomeno del brigantaggio era assunto a dimensioni così dilaganti che costrinse i piemontesi a portare il numero dei soldati impiegati nel Sud dagli iniziali 22.000 a un contingente di 50.000 nel dicembre del 1861; che aumentato a 105.000 unità, l’anno successivo, fino a raggiungere il numero di 120.000. In cinque anni ci fu una ecatombe di vittime assumendo le proporzioni di una guerra civile. Si calcola che tra il 1861 e il 1865 rimasero uccisi in combattimento o passati per le armi 5212 briganti.

Fu determinante al riguardo la “Legge Pica” del 15 agosto 1863, quando venne proclamato lo stato d’assedio, con rastrellamenti di renitenti alla leva, di sospetti, di evasi e pregiudicati. Le rappresaglie furono atroci e sanguinose da entrambe le parti e spesso le masse furono coinvolte loro malgrado negli scontri pagando con la distruzione di interi villaggi e le fucilazioni senza processo di centinaia di contadini ritenuti a torto fiancheggiatori dei briganti.Massimo d’Azeglio, in una lettera al senatore Matteucci scriveva tra l’altro: “A Napoli noi abbiamo cacciato il sovrano per ristabilire un governo fondato sul consenso universale. Ma ci vogliono, e sembra ciò non basti, sessanta battaglioni…Abbiamo il suffragio universale? Io nulla so di suffragio; ma so che al di qua del Tronto non sono necessari battaglioni, e che al di là sono necessari. Ci dev’essere per forza qualche errore…. Bisogna cangiare atti o principi…” (ed era filo-piemontese!)

Pasquale Peluso

fonte

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L’ITALIA CONTESA “NAZIONE NAPOLETANA” E “NAZIONE ITALIANA” IN GIACINTO DE SIVO

Posted by on Ago 13, 2020

L’ITALIA CONTESA “NAZIONE NAPOLETANA” E “NAZIONE ITALIANA” IN GIACINTO DE SIVO

1. Un legittimista scomodo

Il 14 febbraio 1860, a bordo del piroscafo francese La Mouette, l’ultimo re delle Due sicilie abbandonava per sempre il territorio del regno per rifugiarsi tra le mura amiche della Roma papalina. Le precarie condizioni dell’Italia unita, travagliata dall’insorgenza legittimista nelle province meridionali e dal grave dissesto finanziario, alimentarono però a lungo le illusorie speranze della corte borbonica in esilio di una repentina restaurazione. In breve spazio di tempo, la capitale papale divenne il punto di aggregazione del variegato legittimismo in esilio costituendo la centrale naturale della propaganda borbonica e clericale contro il neonato Regno d’Italia.

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