Alta Terra di Lavoro

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La farmacia Ignone e il tradimento a Francesco II

Posted by on Set 22, 2019

La farmacia Ignone e il tradimento a Francesco II

Oggi non esiste più. La farmacia Ignone era la farmacia ufficiale della Real Casa Borbone delle due Sicilie. La farmacia Ignone aveva fornito per secoli i re di Napoli, aiutandoli a curarsi dalle malattie e dai malanni. Questa farmacia si trovava all’inizio di via Chiaia, sotto la foresteria, quella che oggi è il palazzo della prefettura.

Gli Ignone fino al 4 settembre 1860 si erano sempre dichiarati “devotissimi al re”; già, fino a quella data, perchè poi tutto cambiò. I giorni che precedettero il 7 settembre, data dell’ingresso di Giuseppe Garibaldi a Napoli, furono molto burrascosi in città. Il popolo era stato avvisato dell’imminente arrivo dell’ “eroe dei due mondi” alla stazione e non voleva farsi trovare impreparato. Francesco II era concentratissimo sul da farsi, per il futuro del Regno. Stava preparando l’atto con il quale avvertiva i napoletani della sua partenza, per impedire che la capitale potesse subire vittime e danni materiali dall’avanzata nemica ( cosa che invece avvenne). Contemporaneamente inviava a tutte le Corti europee una protesta contro l’acquiescenza di queste ultime agli accadimenti rivoluzionari nel Sud d’Italia. Questo proclama sarebbe stato pubblicato il 5 settembre di quello stesso anno.

Il re aveva una sana abitudine che aveva appreso dai suoi avi: farsi vedere in giro, farsi conoscere dalla sua gente. Si dice infatti che, come il suo bisnonno Ferdinando I delle Due Sicilie, era solito parlare in napoletano. Dunque, come dicevamo all’inizio dell’articolo, il 4 settembre del 1860 sarà una data traumatica per il re; questa giornata segna la più grande ferita per Francesco II perché sarà il giorno in cui capirà che anche il suo popolo gli aveva girato le spalle. Solo pochi mesi prima, il 26 giugno, aveva concesso la Costituzione, per ingraziarsi gli abitanti del suo Regno.

Il 4 settembre il Sovrano, in compagnia della moglie Maria Sofia e di altri due uomini, decise di fare una passeggiata, la sua ultima passeggiata, per le strade di Napoli, utilizzando una carrozza di legno scoperta. Molti furono gli uomini e le donne che si inchinarono e si tolsero il cappello in segno di rispetto. Ma non fecero in tempo nemmeno a fare cento metri che la carrozza dovette fermarsi, per un ingombro di vetture e carri; gli operai ingaggiati dalla farmacia Ignone avevano ostruito il passaggio. C’era una grossa scala con sopra un operaio, che, forse per sfida, forse in segno di libertà, non badò alla presenza del re e continuò a svolgere il proprio lavoro.

Gli Ignone infatti si preparavano ad accogliere Garibaldi e i suoi mille nel migliore dei modi, e non vollero farsi trovare coi simboli borbonici. A Napoli erano presenti dappertutto gli araldi dei Borbone: da palazzo San Giacomo alle ringhiere che proteggevano le statue equestri di piazza del Plebiscito, ovunque si potevano guardare gli stemmi della dinastia reale. Così la farmacia della Real Casa Borbone delle due Sicilie, baluardo da sempre della monarchia, si apprestava anch’essa a smontare ogni riferimento alla famiglia dei Borbone: scomparvero la scritta REALE e i gigli. Re Franceschiello rideva e scherzava e addirittura fece pervenire alla famiglia Ignone un quadro direttamente dal Palazzo Reale, in segno di ringraziamento per il lavoro svolto negli anni. Il giorno dopo il re e la regina partirono alla volta di Gaeta, imbarcandosi sulla nave Messaggero.

Rivolgendosi al fedelissimo Vincenzo Criscuolo, unico suddito a potersi rivolgere al Re e alla Regina con l’appellativo di “Signore” e “Signora”, Francesco II pronunciò una frase profetica sul futuro del sud: “Vincenzino, i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere, ad essi rimarranno solo gli occhi per piangere”. E come per magia, la farmacia Ignone non riuscì a sopravvivere e ad oggi non esiste più. Nulla gli valse l’aver tradito il suo re.

Francesco Li Volti 

fonte  https://www.storienapoli.it/2019/09/19/la-farmacia-ignone-e-il-tradimento-a-francesco-ii/

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Il banditismo sociale nell’ex Reame siculo-partenopeo

Posted by on Ago 31, 2019

Il banditismo sociale nell’ex Reame siculo-partenopeo

“Il governo d’Italia è stato vigliacco, col Mezzogiorno. Sa di poter osare tutto quaggiù; e, nel fatto, può tutto osare, e tutto osa quaggiù. Ormai il governo dispone del Mezzogiorno elettorale. In venti anni lo ha, elettoralmente, demoralizzato. […] Povero Mezzogiorno! È Depretis al Governo? Quaggiù comanda Grimaldi. È Rudinì? Quaggiù imperversa Nicotera. È Giolitti? Quaggiù striscia Lacava. È Sonnino? Quaggiù impera Crispi. È Pelloux? Quaggiù torna a strisciar Lacava. Sempre così,sempre. E sarà sempre così, perché il Settentrione capitalista e militarista fa i suoi affari, restando al timone dello Stato, grazie alla degradazione politica del Mezzogiorno”. [1]

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Mamma Rai, figli & figliastri di Erminio De Biase

Posted by on Ago 23, 2019

Mamma Rai, figli & figliastri di Erminio De Biase

Qualche settimana fa, l’Italia letteraria ha perso due pezzi da novanta; due scrittori che, negli ultimi lustri, si sono imposti all’attenzione del grande pubblico: Andrea Camilleri e Luciano De Crescenzo, ambedue meridionali che – se fossero vissuti nell’Ottocento – avremmo potuto definire duosiciliani.

        Sia dell’uno che dell’altro ho letto qualche libro: qualcuno m’è piaciuto di più, qualcun altro di meno. Succede. Scorgendo, in più di un romanzo di Camilleri qualche decisa stoccata all’unità d’Italia pensai subito che da siciliano “controcorrente” qual era sapesse veramente come erano andate le cose nel 1860; per di più, nei primi anni ’70, egli aveva curato – insieme con Leonardo Sciascia – una trasmissione radiofonica nella quale immaginava una “intervista impossibile” con Maria Sofia l’ultima Regina di Napoli,[1] il cui finale dava ulteriormente credito alla mia supposizione. Tutto questo convincimento è, però, decadde quando, non molto tempo fa, in una trasmissione televisiva di… bla-bla-bla (quelle che vengono definite talk-show) esaltò l’unificazione della penisola italica, nonostante in più di un libro avesse fatto intendere il contrario come, per esempio, quando afferma che il nuovo governo sabaudo risponde con la sola parola che sa adoperare per ogni moto meridionale nato a torto o a ragione: repressione;[2] o parla di una politica economica dissennata nei riguardi del Mezzogiorno d’Italia:[3] come, per esempio, quando Garibaldi sbarcò a Marsala, funzionavano circa tremila telai; dopo l’unità ne restarono in funzione meno di duecento e la stoffa che cominciò ad arrivare da Biella la si dovette pagare a prezzo doppio… e la gente che si guadagnava il pane coi telai andò, con rispetto parlando, a minarsela…[4]

Evviva la coerenza!

            Quello che, però, mi ha maggiormente colpito è il fatto che, nella giornata della sua morte, ogni rete RAI abbia interamente stravolto il suo palinsesto quotidiano per trasmettere immagini, interviste, motti e sentenze del “caro estinto”, in tutte le salse possibili e immaginabili. Con conseguente ipertrofia di… cabasisi, come Lui stesso si avrebbe detto col suo tono di voce roco e sornione. Addirittura ogni TG ha dedicato più del 50% del suo tempo di trasmissione al triste avvenimento!

            Il caso ha voluto che, nemmeno ventiquattr’ore dopo, ci lasciasse anche Luciano De Crescenzo. Per lo scrittore partenopeo, però, i notiziari radiotelevisivi, hanno diffuso solo un normale servizio di tre minuti relegato, peraltro, al termine del telegiornale. “Perché mai?” mi sono chiesto, in un primo momento. Ma non c’era da pensarci tanto: Luciano De Crescenzo era sì uno scrittore, uno scrittore famoso che ha prodotto, come Camilleri, un infinito numero di opere e come lui letto in tutto il mondo ma… aveva il difetto, il peccato originale, oserei dire, di non appartenere al carrozzone politico  della sinistra come invece Andrea Camilleri, rigoroso militante prima del PCI e poi del PD che sempre di sinistra (sic!) è e, come ben si sa, la cultura è di sinistra, come lo sono gli intellettuali e gli intellettualoidi radical-chic…

Non a caso, prima parlavo di coerenza: ambedue i romanzieri si sono affermati ed hanno fatto la loro fortuna di scrittori raccontando, nel bene e nel male, la propria terra. Ambedue vivevano a Roma. Uno di loro ha disposto di rimanervi anche da morto facendosi seppellire in un camposanto “acattolico” (definizione ripetuta all’infinito dagli speaker della Radio e della Televisione per paura che non si capisse bene). L’altro, invece, ha scelto l’abbraccio dalla sua Napoli, che, prontamente, ha ricambiato all’illustre figlio quell’amore mai tradito.

Erminio de Biase


[1] Anche se erroneamente, nel titolo, le aveva attribuito la casata d’Asburgo anziché di Wittelsbach.

[2] A. Camilleri – Biografia del figlio cambiato – Milano 2003 – p.12

[3] A. Camilleri – Ibidem

[4] A. Camilleri – Un filo di fumo – Milano 2002 – pp. 31/32

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S.M. Francesco II, Re delle Due Sicilie

Posted by on Lug 18, 2019

S.M. Francesco II, Re delle Due Sicilie

da…REAL CASA DI BORBONE DELLE DUE SICILIE

Francesco II è l’ultimo Sovrano a regnare sulle Due Sicilie; è con lui che avviene l’invasione del Regno da parte prima dei garibaldini e poi dell’esercito sabaudo, e quindi l’annessione al neonato Regno d’Italia. Il tutto solo un anno dopo la morte di Ferdinando II, avvenuta quando questi aveva solo 48 anni, mentre Francesco si è trovato inaspettatamente sul Trono alla giovane giovane età di 23 anni.

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