Posted by altaterradilavoro on Lug 1, 2019
Finita quella balossada (bricconata, come ebbe a definirla lo stesso Re Galantuomo) della liberazione delle Due Sicilie dal “tiranno borbonico” inizia il tempo degli affari.
Un tempo in cui ritroviamo tutti gli ingredienti classici degli
scandali che si sono succeduti in questi centocinquantanni
nell’Italietta padana – e per favore non chiamatela borbonica! Che di
borbonico non ha nulla, a cominciare dalla rapacità fiscale travasata
dal sistema sabaudo in quello tricolorato.
Uno dei primi scandali, quello delle Ferrovie Meridionali è una
sorta di paradigma di come sia stato edificato questo paese. Su una
serie di ruberie legalizzate in cui sono sempre stati invischiati
uomini che avevano in mano le leve del potere politico-militare ed
economico. Uomini che l’hanno quasi sempre fatta franca. A partire da coloro i quali si arricchiscono con la costruzione
delle ferrovie meridionali e non solo, lucrando cifre enormi, grazie a
compiacenti padrini politici (al Re Galantuomo viene affibbiata la
definizione di “re traversina” in quanto avrebbe ricevuto
ingenti somme da tutti i costruttori di ferrovie della novella Italia)
nello stesso parlamento: ne sono il prototipo Susani deputato e
faccendiere e Bastogi deputato e banchiere. Entrambi escono indenni
dalla inchiesta parlamentare, un’inchiesta specchio di un’Italia
fasulla, costruita su intrighi e tradimenti. Nelle conclusioni della
commissione si deplora il comportamento dei parlamentari, non si decide
altro.
Bastogi, con la sua società da 100 milioni di capitale,
diventa costruttore di ferrovie e Susani diviene segretario del
consiglio di amministrazione della stessa!
***
Tutto inizia con il Decreto del Dittatore, firmato il 25 settembre
1860, col quale si concede ai signori Adami e Lemmi (ovvero alla
società da costituirsi che si denominerà Società Italia meridionale “la
quale dovrà per la vendita de’ titoli valersi della Banca David Pietro
Adami e compagni di Livorno”) la costruzione delle Ferrovie della
Italia Meridionale.
In un articolo addizionale al decreto si farà poi esplicita menzione ai diritti della società De la Haute [Delahante? – NdR] che ha firmato un atto col governo borbonico:
“La Società Adami e Lemmi si obbliga a stralciare dalla sua
concessione e rilasciare a vantaggio delle Società De la Haute le linee
ferrate delle Apulie e degli Abbruzzi coi relativi due passaggi degli
Apennini come risulta dall’atto del Governo Borbonico in loro favore,
qualora piaccia al Dittatore, ovvero piaccia al Parlamento Italiano,
entro il termine d’un anno dalla data del Plebiscito d’unione, di dare
il necessario complemento all’atto di concessione e colle identiche
condizioni attuali in favore della stessa Società De la Haute, ma
solamente così e non altrimenti.”
Con la proclamazione del regno d’Italia e il potere saldamente nelle
mani della destra la concessione del Garibaldi viene messa in
discussione dal governo sabaudo (chiamatelo italiano se vi piace).
Intanto il duo Adami-Lemmi compra diversi giornali a Napoli per
orientare la pubblica opinione. Inizia uno scontro senza esclusione di
colpi durante il quale svolge un ruolo di mediazione fra moderati e
mazziniani anche l’icona del federalismo in salsa padana, il Cattaneo.
Lo stesso Cattaneo che aveva redatto il contratto, firmato poi da
Antonio Bertani, segretario generale della dittatura, nel
settembre-ottobre 1860.
L’affaire delle ferrovie diventa un ginepraio in cui entrano Talabot
e la concessione borbonica di giugno, la società Vittorio Emanuele del
Lafitte e poi la nuova società creata appositamente dal Bastogi.
La proposta Bastogi viene portata in parlamento il 16 giugno 1862,
della commissione incaricata di vagliarla fa da segretario Guido Susani
da Mantova eletto nel collegio di Sondrio. Sarà lui l’uomo che gli
spianerà la strada.
Il 31 luglio 1862, Bastogi invia al ministero dei Lavori pubblici una lettera, sdilinquendosi in una sviolinata patriottica:
«Poiché era a mia notizia che due compagnie di capitalisti esteri
si facevano concorrenza per ottenere la cessione della costruzione e
dell’esercizio delle strade ferrate meridionali. mi parve potesse
giovare alla dignità e agli interessi del nuovo regno d’Italia che
anche una compagnia d’Italiani si accingesse al concorso.
Non manca la protervia di chi, sentendosi di potersi permettere di tutto e di più, in un post scriptum
promette una mancia per gli abitanti di quelle provincie che si stanno
trasformando in una vera e propria colonia, una elemosina
rappresentante il 10 per cento delle azioni della società fondata dal
Bastogi:
«P. S. Sebbene tutto il capitale della futura società sia
sottoscritto, mi obbligo a cedere a favore dei Napoletani e dei
Siciliani 20,000 (venti mila) azioni, purché siano soscritte entro
dieci giorni.
***
Nella sostanza – già allora lo fecero notare in diversi – le
condizioni proposte dal Bastogi sono analoghe a quelle della casa
Rothschild e Talabot, con piccole varianti, ma in nome della italianità
anzi della tangente a una trentina di deputati, il parlamento vota a
favore della cordata tricolore.
Il parlamento praticamente è cosa loro, un luogo dove dei privati
cittadini scorrazzano per promuovere i propri interessi personali. Un
aspetto, questo che viene anche descritto nella relazione della
commissione d’inchiesta parlamentare ma che non conduce a nulla.
Resta mera recriminazione moralistica, senza tradursi in atti politici incisivi o provvedimenti giudiziarii.
Leggiamo nella relazione della commissione d’inchiesta:
“Ora, le voci sinistre, insistenti, ripetute, divulgate dalla
stampa non riguardavano soltanto fatti personali al deputato Bastogi e
al deputato Susani, ma si allargavano a più generali accuse contro
altri deputati, e, nella loro indeterminatezza, acquistavano per
avventura un carattere di maggiore gravità. ”
***
In questa storia tutta gestita da padani e loro accoliti d’oltralpe
(francesi) troviamo di tutto e di più, operai che per mesi non vengono
remunerati per il loro lavoro, liste di lavoranti gonfiate al punto da
segnare mille unità lavorative quando ce n’erano appena un centinaio.
Non mancano avvocati spergiuri e gole profonde che si tirano
fuori e ritrattano, come il Sinibaldi che, dopo essersi sottratto ad un
interrogatorio accampando motivi di salute, così scrive alla
commissione:
“Essere onninamente falso che io abbia dichiarato né in pubblico
né in privato a persona vivente sapere che sia stato distribuito denaro
ai deputati perché votassero favorevolmente alla proposta Bastogi. —
Essere del pari falso che a me sia stata fatta offerta né di denaro né
di collocamento o di altri vantaggi qualunque per adoperarmi a
procacciare voti favorevoli a quella concessione. ”
Ovviamente in parlamento per orientare la discussione si tirano in ballo “i partigiani del sistema borbonico”
e non mancano le più variegate scuse per mancata esecuzione dei lavori,
per cui vengono tirati in ballo il governo, il colera e il brigantaggio.
Scrive Gian Antonio Stella ne “I misteri di via dell’Amorino”:
“Quanto puzzasse quella storia lo dimostra un dettaglio.
L’assemblea generale dei soci della Società italiana per le Strade
ferrate meridionali, nel novembre 1862, aveva eletto un consiglio
d’amministrazione in cui 14 membri su 22 erano parlamentari: il
presidente Pietro Bastogi, il segretario generale Guido Susani (di cui
si scriveva avesse preso oltre un milione per pilotare l’affare), i due
vicepresidenti cioè i baroni Bettino Ricasoli e Giovanni Barracco. E
poi ancora Antonio Allievi, Rodolfo Audinot, Bartolomeo Cini, Felice
Genero, Giacomo Filippo Lacaita e cosi via… Tutti nobili, banchieri,
affaristi o comunque legati alla casa reale.”
A proposito dei primi anni di vita unitaria, scrive Paolo Valera ne “Il cinquantenario: note affrettate per la ricostruzione della vita pubblica italiana”, nel 1911:
“In tutto quel periodo non c’è un attimo di vita sincera. Non
c’erano che venduti, che corrotti, che violenti, che gaglioffi, che
bricconi, che malviventi.
I ministri trafficavano e si circondavano di sicari della penna;
i deputati facevano degli affari, i giudici rendevano dei servigi, la
pubblica sicurezza era infame e sovrana; i monopolii nazionali venivano
abbandonati ai banchieri della speculazione ladra, le imposte erano
così scorticatrici che il Governo non poteva esigerle che coi massacri
e con gli stati d’assedio.”
Ovviamente non tutti la pensano come noi, ecco il ritratto
edulcorato di Pietro Bastogi, delineato da Sergio Romano, nella
risposta ad un lettore sul Corriere della Sera del 3 gennaio 2007:
“Pietro Bastogi fu certamente uno dei maggiori protagonisti di
questo primo «miracolo italiano». Dopo essere stato eletto alla Camera
toscana nel 1848, si avvicinò a Cavour, ne conquistò la fiducia e
divenne ministro delle Finanze nel governo del 1861, vale a dire nel
momento in cui vennero prese alcune delle decisioni economiche e
finanziarie che avrebbero segnato il futuro dello Stato unitario. Da
allora rimase in Parlamento, ma fu soprattutto finanziere. Creò la
Banca toscana di credito e promosse la Società delle strade ferrate
meridionali della quale ebbe la presidenza.”.
Chiudiamo con le parole di J. Tivaroni:
“Si sprecarono somme ingenti per costruire delle ferrovie, senza
che avessero merci e viaggiatori da trasportare; per scavare porti
senza navi da ospitare, per creare delle preture senza cause, degli
impiegati senza lavoro, delle scuole senza scolari”.
Noi però al posto di “si sprecarono” avremmo scritto “si intascarono”.
ALCUNI DEI PERSONAGGI CHE DIRETTAMENTE
O INDIRETTAMENTE ENTRANO A FAR PARTE
DI QUESTA VICENDA DELLE FERROVIE MERIDIONALI
Alessandro Bixio, il salotto parigino Nel 1853 con Lafitte ottiene dal parlamento subalpino la concessione per la costruzione della strada ferrata Modana-Ciamberì. Nasce la Compagnia Vittorio Emanuele che dal 1865 verrà rinominata Società per le Strade Ferrate Calabro-Sicule e cesserà di esistere nel 1871. Meno noto del fratello Nino ma molto più potente, fu Vicepresidente dell’Assemblea Nazionale e anche ministro dell’Agricoltura e Commercio anche se per pochi giorni. |
Amico di Cavour fin dal 1840, si dice che nel salotto parigino di Alessandro Bixio si sia fatta veramente l’Italia, più che in quello della Cristina Trivulzio di Belgiojoso, in rue d’Anjou. La sua azione consiste principalmente nel far da tramite con il mondo politico parigino. Grazie alle sue vaste relazioni in varie occasioni informa Cavour degli umori e delle opinioni predominanti nei circoli politici e finanziari della capitale francese.
|
Giuseppe Garibaldi, abile manipolatore A noi identitari piace dipingerlo come servo sciocco di interessi stranieri, senza acume politico. In realtà è un abile manipolatore, ne fanno fede i due decreti (uno del 2 giugno 1860 a Palermo e l’altro del 31 agosto del 1860 a Rogliano) in cui promette la terra ai contadini per farne massa d’urto contro l’esercito borbonico e la cosa riesce perfettamente. Fa uno scaltro uso dei media del tempo, dei giornali ma anche del telegrafo, ad esempio, inondando l’Europa con i resoconti delle sue mirabolanti imprese, come il disarmo di diecimila soldati in Calabria senza sparare un colpo. |
Sulla questione che stiamo trattando ovvero la concessione al duo
Adami-Lemmi della costruzione delle ferrovie in tutto il mezzogiorno
secondo taluni sarebbe stato il Bertani, valendosi della fiducia
eccessiva in lui riposta dall’eroe dei due mondi, a gestire la firma
del contratto.
Che Garibaldi non c’entri francamente fa ridere visto che a Palermo
si discuteva delle ferrovie da costruire nel mezzogiorno fin da giugno. |
Agostino Bertani e i milioni di Lugano
Se dovessimo credere a quanto scrivono i suoi detrattori ogni
commento su Bertani sarebbe superfluo, ma non siamo così ingenui da
prendere queste affermazioni per oro colato e riporteremo anche un
punto di vista garibaldino.
Leggiamo in Rivelazioni ed altri documenti inediti riguardanti la rivoluzione italiana (Napoli, 1864):
“Bertani, segretario di Garibaldi, prima della spedizione della Sicilia (1860) era semplice officiale di sanità a Genova, facendo visite a un fr. e 50 cent.
Oggi 1861 esso è colonnello di Stato Maggiore e la sua fortuna,
secondo i più modesti calcoli, raggiunge almeno la cifra di 14 milioni!
Non si conosce l’origine se non di 4 milioni. E l’origine ancora di
questa non è pura!… Questi 4 milioni furono la mancia che Bertani
pretese dai banchieri Adami e comp. di Livorno, perché loro fosse
accordata una concessione di ferrovia, che essi grandemente
sollecitavano.”
Fu l’uomo che tenne i contatti col Re Galantuomo che a Lugano
gli passava i finanziamenti per la spedizione in Sicilia, come rivelò
il Fanfulla. Rappresentò, dal 1866, il collegio di Lecce ma il suo
impegno non fu entusiasmante.
Riportiamo quanto scrive Jessie White Mario, sottolineando che a
nostro avviso Bonghi aveva ragione, peccato che anch’egli collaborò a
ridurre i regni di Napoli e Sicilia a colonie del nord:
“CALUNNIA I. — Ferrovia dell’Italia Meridionale. Contratto Bertani, Adami e Lemmi. — Con questo titolo il giornale del signor Bonghi denunciò il contratto, che il segretario generale Bertani, valendosi della fiducia eccepiva in lui riposta dall’eroe di Varese e Calatafimi, in un intervallo di crisi ministeriale aveva stipulato coi signori Adami e Lemmi per la costruzione di tutte le ferrovie in Napoli e in Sicilia. E domanda se fossero state le popolazioni di Napoli e di Sicilia quelle che avessero operato la prodigiosa rivoluzione che or le conduce nel grembo della grande patria italiana, o fossero invece stati Bertani e la ditta Adami e Lemmi che avessero intrapresa e felicemente condotta a termine la conquista dei due regni per formarne colonia da sfruttare a beneficio delle loro intraprese industriali e bancarie. ”
Giuseppe Mazzini, padre nobile della tangenteInventore della dazione per il partito. Come raccomandazione per il suo sodale, Adriano Lemmi, scrive a Garibaldi: «[…] dove altri farebbe pro suo d’ogni frutto d’impresa, egli mira a fondare la Cassa del partito e non sua». La sua richiesta viene accolta e il 25 settembre 1860, il Dittatore nella reggia di Caserta firma il decreto di concessione dell’intera rete ferroviaria del Mezzogiorno al duo Adami-Lemmi da Livorno. |
Con questa concessione inizia una guerra per bande nella quale i
confini politici destra-sinistra sono sempre stati sfumati, una guerra
per l’accaparramento delle risorse pubbliche che non è mai terminata:
vedi gli ultimi casi dell’Expo di Milano e del Mose a Venezia. |
| Pietro Augusto Adami, finanziere d’assalto Leggiamo nel profilo delineato da Pier Giorgio Camaiani per la Treccani: “Nel 1860 aiutò finanziariamente la spedizione dei Mille, soprattutto sovvenzionando i volontari che partirono da Livorno. In stretti rapporti con Garibaldi, fin dal giugno del ’60 iniziò con lui trattative per la concessione della costruzione delle ferrovie siciliane, costituendo, con Adriano Lemmi, suo congiunto e anch’egli banchiere livornese, la “Società Italica Meridionale”. |
Dopo essere entrato in Napoli, Garibaldi concesse alla società
livornese (25 sett. 1860) l’appalto non soltanto per la Sicilia, ma per
tutto l’ex regno borbonico.
Il contratto, redatto dal Cattaneo, firmato tre giorni dopo
da A. Bertani, segretario generale della dittatura, sollevò vivacissime
polemiche.”
Il contratto fu contestato da Cavour e venne modificato dalla
dittatura il 13 ottobre. Dopo un anno Adami firmò col ministro Peruzzi
una nuova convenzione che poi fu ulteriormente modificata ed alla fine
prevedeva la costruzione di 900 chilometri, nei quali erano comprese le
tratte Messina-Siracusa e Palermo-Catania. Per una serie di difficoltà
finanziarie Adami non riusci a costruire tali ferrovie la cui
costruzione fu ceduta alla “Vittorio Emanuele” del Lafitte.
Adami fini a fare il magazziniere della Regia dei tabacchi. |
Adriano Lemmi, il banchiere della rivoluzione
Nel 1847 conosce a Londra Mazzini; due anni dopo lo raggiunge a Roma
per organizzare la difesa della repubblica. Nel 1851 fa evadere L.
Kossuth dalla fortezza di Kütahja, e lo accompagna a Londra e negli
Stati Uniti.
Nel 1853 viene arrestato a Genova, ma interviene il console degli Stati Uniti in quanto è ritenuto cittadino statunitense. In marzo ripara in Svizzera e poi a Costantinopoli, dove resta per alcuni anni ed accumula una notevole fortuna. Nel 1857 finanzia la spedizione di Pisacane e nel 1860 quella di Garibaldi.
Sin dal giugno 1860, in Palermo, inizia una trattativa con Garibaldi
per la costruzione delle strade ferrate siciliane, ma il prodittatore
Depretis, col quale vengono continuate, non stima conveniente stringere
alcun trattato e da invece l’autorizzazione di far gli studi di una
strada da Palermo a Termini al signor Gabrielli.
Ciò malgrado non vengono smesse le trattative, le quali, estese poi
anche alle strade napolitane, si concludono nella convenzione del 28
settembre 1860 fra il colonnello Agostino Bertani, segretario generale
della dittatura, quale rappresentante il Governo dittatoriale
nell’Italia meridionale, in virtù del decreto del 25 dello stesso mese,
e la Società Italica Meridionale.
Cavour e i moderati non vogliono lasciare in mano ai mazziniani un
così grande affare, inizia uno scontro che si conclude con un
compromesso, con la presentazione il 31 maggio 1861, in Parlamento, da
parte di Peruzzi, della “Convenzione colla società Adami per la
costruzione delle strade ferrate calabro-sicule”.
Nel 1885 viene eletto gran maestro della Massoneria.
Lodovico Frapolli, un colonnelloFrequenta il salotto della contessa Cristina Trivulzio di Belgioioso. E’ ministro plenipotenziario della Repubblica Romana a Parigi. Si occupa di ferrovie, come rappresentante di banchieri francesi e inglesi. Nel 1859 con Farini, Dittatore delle Provincie Modenesi e Parmensi, è nominato Direttore del Ministero della Guerra. Collabora col Klapka per raccogliere i prigionieri ungheresi nei campi di concentramento della Lombardia e negli ospedali e formare una legione con i soldati che decidono di entrane a far parte. |
Su incarico di Cavour e per tramite del Farini il 24 aprile 1860 recita a Quarto la parte del dissuasore nei confronti di Garibaldi, invitandolo a non partire. Aiuta il Bertani nel rifornimento d’armi e manda volontari in Sicilia. Il 9 luglio scrive propone a Garibaldi l’acquisto di centomila fucili americani, trentamila francesi e trentamila prussiani. Il 15 agosto arriva nella capitale della Sicilia. Precede Garibaldi a Napoli per prender possesso dell’ufficio telegrafico. Liborio Romano si rifiuta di consegnarglielo, ma il Frapolli agisce di sua iniziativa e occupa l’ufficio. Svolge un ruolo di primo piano nella ricostituzione della massoneria italiana. Raggiunge il 33º e diventa venerabile della loggia “Dante Alighieri”. Nel 1866 viene inviato a Berlino in missione segreta da B. Ricasoli. Negli atti parlamentari non ne abbiamo trovato traccia in riferimento alle Ferrovie Meridionali ma il suo nome spunta in una sentenza che vide coinvolto Lemmi e Adami: “Egli è costante che dopo di ciò, a seguito di lunghe trattative, il Breda con altri socii ebbero a surrogare il Laffitte nella cennata impresa per convenzione stipulata in Milano il 11 giugno 1861; e che con scrittura dello stesso giorno i medesimi si obbligarono di pagare ad un colonnello Lodovico Frapolli, che aveva avuto parte in dette trattative, la somma di lire 450 mila, senza che dalla scrittura risulti la causale di detta obbligazione.”
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Pietro Bastogi, banchiere e deputatoCassiere della Giovane Italia a Livorno nel 1833, fonda nel 1862
Società italiana per le strade ferrate meridionali. Grazie al lavorio
di Susani, membro della commissione parlamentare che doveva valutare la
richiesta, ottiene la concessione. Nel consiglio di amministrazione
della società figurano ben 14 deputati del parlamento italiano, tra cui
Susani con funzione di segretario! |
Senza colpo ferire si sarebbe intascato un antipasto di una decina di milioni di lire (circa 48 milioni di euro in valuta attuale) grazie alla differenza tra il prezzo di 210mila lire al chilometro ottenuto nel contratto e 198mila al chilometro pagato al subaccollo. Altri 3 milioni li avrebbe utilizzati per comprarsi un nugolo di deputati e un milione e centomila lire per ricompensare il Susani dei suoi buoni uffici. Dall’affare delle ferrovie nasce un impero finanziario (“una potente associazione industriale” ebbe a definirla il senatore Borgnini durante la commemorazione avvenuta in Senato il 17 marzo 1899) che arriva fino ai nostri giorni. Nella “Relazione finanziaria annuale al 31 dicembre 2012” della Bastogi troviamo le notizie seguenti: Società italiana per le strade ferrate meridionali (1862) Società Strade Ferrate Meridionali viene quotata alla Borsa di Milano (1863) Società Strade Ferrate Meridionali assume la denominazione di Bastogi Finanziaria (1972)Bastogi Finanziaria modifica la propria ragione sociale in Bastogi IRBS (1978) Bastogi IRBS modifica la denominazione sociale in Bastogi (1987) Bastogi festeggia 150 anni di storia e si presenta con un nuovo logo (2012)
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Guido Susani, deputato e faccendiereNato a Mantova viene eletto nel collegio di Sondrio. Mazziniano, poi collaboratore di Cavour. Membro della commissione parlamentare che doveva esaminare la richiesta di concessione del Bastogi. Si dice che abbia intascato 1.100.000 lire ovvero 5 milioni di euro in valuta attuale. La concessione delle ferrovie dell’Italia meridionale offrì il tristo spettacolo di parecchi deputati, che dopo di essersi grandemente adoperati con la parola e cogli scritti perché quel contratto avesse effetto, presero poi parte come azionisti o come stipendiati in quella società. |
Nella seduta del 2 luglio 1861 il suo intervento a noi pare voglia
spianare al strada a quella che poi sarà la cordata tricolorata del
Bastogi. Fra l’altro afferma:
“Si chiamano in fatti nemici della patria, aggiotatori, compagni
dei Borboni, si chiamano alleati dei socialisti, dei camorristi, dei
briganti, alleati con quanto v’ha di peggio, affine di farsi battere le
mani da que’ molti che al mondo han paura di tutto.” |
Vittorio Emanuele II, re traversinaFinanziatore neanche tanto occulto della spedizione dei Mille, Vittorio Emanuele II avrebbe lucrato parecchi milioni sulla costruzione delle ferrovie, al punto da meritarsi l’appellativo di “re traversina”. La storia ce lo ha consegnato come “Re Galantuomo”, noi meridionali sappiamo che si impadronisce di un regno pacifico in modo subdolo e spregiudicato. |
Insieme a Cavour finanziano sottobanco Garibaldi, profittando della
ingenuità di Francesco II, giocano su diversi tavoli, quello francese e
quello inglese. Il potere sabaudo liquida la monarchia borbonica
cancellandola finanche dai libri di storia, per tacitare i dubbi che
sorgono nelle cancellerie europee in seguito alle migliaia di
esecuzioni effettuate nelle provincie napolitane per domare la
resistenza alla occupazione militare, dopo la proclamazione del Regno
d’Italia.
Il finanziamento a Garibaldi, tramite Bertani, viene rivelato dal
Fanfulla n° 105, ripreso da Civiltà Cattolica nel 1881 e da Margiotta
nel 1895 che così scriveva, in ““Ricordi di un 33””:
En réalité, Cavour fournissait l’argent par des mandats sur M. Bombrini, directeur de la Banque.
Une preuve irréfutable, c’est celle-ci: Au mois de juin (1860),
le commodore américain William de Rohan, qui se joignait à
l’entreprise, avait conduit en Sicile une seconde expédition de 3.400
volontaires, venant renforcer les Mille de Garibaldi. Puis, il retourna
à Gènes pour prendre encore des hommes et les transporter à Palerme;
c’était le navire le Washington, qui devait faire celle troisième
expédition, mais Bertani déclara au commodore qu’il n’avait plus
d’argent. Celui-ci prend l’express pour Turin, voit Victor-Emmanuel en
personne, et le roi demande à en référer à Cavour. Une heure après, un
aide de camp de S. M. apportait au commodore la lettre suivante:
27 juin 1860.
Commandant,
Je vous renvoie ci-inclus les deux lettres de Médici (général
garibaldien), que vous mettrez dans d’autres enveloppes et livrerez à
Cavour.
J’ai déjà donné trois millions à Bertani.
Retournez immédiatement à Palerme pour dire à Garibaldi que je
lui enverrai Valerio en place de La Farina: et QU’IL S’AVANCE
IMMÉDIATEMENT SUR MESSINE, Francesco (le roi de Naples) étant sur le
point de donner une constitution aux Napolitains.
Votre ami, |
Camillo Cavour, il capo del governoCostituito il nuovo Regno, Cavour non riconosce il decreto dittatoriale a favore del duo Adami-Lemmi. Sembra che abbia inviato degli agenti in Francia ad indagare su un vecchio episodio che aveva visto coinvolto il Lemmi in modo da avere una arma da utilizzare al momento opportuno. La morte lo coglie nel 1861 e forse questo impedisce l’uso delle notizie raccolte a Marsiglia dai suoi agenti, notizie che continueranno a circolare, al punto che Lemmi sarà costretto a smentirle ufficialmente. |
Lo spirito predatorio sabaudo caratterizzò tutti i suoi inviati nelle
Provincie Napolitane e lo stesso Cavour. Le autocitazioni sono
antipatiche ma nel suo caso di dobbiamo fare una eccezione. Abbiamo
scritto circa un anno fa:
“Se Cavour aveva tutta questa premura di selezionare una
efficiente rappresentanza delle terre meridionali, come emerge
dall’articolo di Artom, ci chiediamo per quale motivo avesse scritto a
Cassinis, inviato a Napoli con il compito di affermare e consolidare
l’autorità del Governo e di affrettare i primi atti dell’unificazione
nel Meridione, le seguenti parole:
“Mi restringo a pregarlo a fare ogni sforzo onde si acceleri la
formazione delle circoscrizioni elettorali, vedendo modo di darci il
minor numero di deputati napoletani possibile. Non conviene nasconderci
che avremo nel Parlamento a lottare contro un’opposizione formidabile
[…]”. (Cfr Lettera di Cavour a G. B. Cassinis 8 dic. 1860 – Storia
del brigantaggio di Franco Molfese)
A noi pare che le intenzioni non fossero quelle di selezionare
una buona classe dirigente ma di trovare un congegno che permettesse un
ridotto numero di rappresentanti napoletani.” |
Elea di Zenone
fonte
https://www.eleaml.org/ne/zenone/zde_primo_scandalo_tosco-padano_ferrovie_meridionali_2014.html?fbclid=IwAR0c9jtj81e2d60gOhx91v-6Vpu1LRKMIJPLoZ47VlDAc6tdvUin9g6EdZU
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